Ricerca e innovazione

Innovazione sull’invecchiamento attivo. E’ stato lanciato un nuovo sito Internet per la cooperazione e il sostegno allo sviluppo di idee e progetti innovanti rivolto a tutti coloro che vogliono essere coinvolti nel Partenariato europeo per l’innovazione sull’invecchiamento attivo e in buona salute (EIP on AHA). Gli obiettivi sono i seguenti: trovare partner, fornire e ricercare informazioni, entrare in contatto con gli stakeholder, partecipare al forum, promuovere eventi, creare gruppi e forum privati.

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Intervista al dr Pierpaolo Masciocchi responsabile del settore ambiente ed utilities di Confcommercio-Imprese per l’Italia

Qual’è a suo giudizio il potenziale impatto della green economy nelle imprese italiane, in particolare nel terziario?
Nella definizione della Strategia Europa 2020, la Commissione europea dà una precisa indicazione sul significato della priorità “Crescita sostenibile”: “crescita sostenibile significa costruire un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse, sostenibile e competitiva.
All’interno di questa cornice, le modalità di gestione d’impresa risultano avvicinarsi sempre più alla cultura ambientalista: l’ambiente, da vincolo alla crescita produttiva, viene riconosciuto come motore di innovazione e di sviluppo, in grado di innalzare la capacità competitiva e, per esteso, la qualità della vita dei territori. Ne deriva una accezione originale di sostenibilità e, più nello specifico, di green economy, non solo imperniata sulle soluzioni tecnologiche dei green business ma in grado di esaltare le potenzialità di un sistema economico evoluto, in cui l’offerta “sostenibile” si accompagna a nuovi modelli di consumo consapevole e a policy di lungo periodo. Si tratta di un approccio “pervasivo”, che sta permeando molti settori dell’economia (a partire proprio dalle produzioni e dalle filiere del Made in Italy più legate all’identità del territorio) e che sempre più interesserà l’intera catena del valore economico (ricerca, investimenti, comunicazione, risorse umane e finanza).
In particolar modo per quanto attiene ai settori dei servizi, della distribuzione commerciale e del turismo si avvertono, in questi ultimi anni, i segni di un profondo cambiamento innescato dalle politiche portate avanti a livello europeo. Il consumatore “di servizi” è un consumatore sempre più attento alla qualità ed il suo comportamento sta cambiando radicalmente le politiche delle imprese della distribuzione commerciale e della ricettività turistica.
Recenti studi hanno dimostrato come sia sempre più forte l’orientamento dei consumatori verso i prodotti “bio” o ai servizi certificati ambientalmente tanto che si stanno sviluppando specifiche certificazioni rivolte espressamente alle piccole e medie imprese del terziario come l’EMAS EASY.
Nel rinnovato contesto normativo europeo e nazionale, le performances ambientali si configurano sempre più come fattori di competitività per le aziende nel mercato internazionale; fattori che vanno ad incidere su prezzo, design e qualità.
Il rispetto dell’ambiente che ha rappresentato, in passato e per lungo tempo, un vincolo, se non addirittura un ostacolo, alla crescita economica, oggi può diventare un’occasione di sviluppo e settore strategico per la nascita e crescita di nuove imprese e quindi di occupazione e sviluppo territoriale.

Quali sono i possibili riflessi occupazionali della green economy?
La “green economy” è un modello di sviluppo che si concentra sulla creazione di posti di lavoro, la promozione della crescita economica sostenibile, la prevenzione dell’inquinamento ambientale e del riscaldamento globale mediante un uso efficiente delle risorse naturali e non a disposizione. Parte integrante della “green economy” sono quegli elementi dei settori economici tradizionali che puntano a diminuire i propri usi energetici da fonti d’energia tradizionale, al fine di ridurre le emissioni di gas a effetto serra nella biosfera.
La green economy necessita quindi di nuove professionalità; del resto, che l’economia verde stia diventando sempre più il punto di approdo delle aziende italiane ed anche locali è un fatto ormai acquisito. Si stima, infatti, che in Italia i nuovi posti di lavoro nelle cosiddette rinnovabili, sono stati nel corso del 2011 più di 220mila, per quintuplicarsi a livello europeo. Il trend è, dunque, nettamente in crescita nonostante in Italia la green economy risenta ancora in senso negativo della normativa e della sua instabilità essendo fortemente legata ai sistemi incentivanti. Per uno sviluppo organico sarebbe necessario che anche nel nostro Paese la green economy diventasse una scelta politica e strategica condivisa per consentire di integrare il sistema economico, sociale, formativo, energetico e politico in un’ottica di crescita e di sviluppo.

In questi anni dal punto di vista dei fabbisogni professionali, le imprese stanno richiedendo profili che rispondono alle esigenze della green economy ? il sistema formativo si sta attrezzando per poter promuovere queste competenze?
Si. Le scelte che molte aziende del territorio stanno affrontando nel campo energetico e ambientale stanno innescando nuovi fabbisogni occupazionali, supportati anche dai fondi europei mirati proprio alla promozione delle tecnologie ed ai lavori verdi.
Lo sviluppo delle tecnologie offre infatti molteplici strumenti che permettono di iniziare a dare una risposta a queste sfide, favorendo il ripensamento dei modi di lavorare e agire, creando opportunità attraverso nuove reti di conoscenza (design-thinking e co-thinking), lavorando insieme con i propri clienti o consulenti (co-working), cercando i valori nella diversità.
In uno scenario nazionale decisamente preoccupante per l’occupazione giovanile, i “green jobs” sono, dunque, uno spiraglio di luce. I settori legati alla sostenibilità in senso stretto, ma anche una riconversione ecologica della nostra economia nazionale – svolta quanto mai necessaria e imprescindibile – sembrano infatti leve importanti non soltanto per uscire dalla crisi e far ripartire la crescita economica, ma anche per generare occupazione.
Andando più a fondo, si apprende però che il 15% circa del fabbisogno di green jobs rischia di rimanere insoddisfatto a causa di un’inadeguata preparazione dei candidati.
Fortunatamente però, secondo recenti dati di Unioncamere, l’offerta formativa si sta adeguando, se si pensa che nell’anno accademico 2011/2012 sono stati attivati 193 corsi di laurea in 54 atenei sui temi della sostenibilità ambientale. L’auspicio è quello di contribuire alla costruzione di una nuova politica ambientale rispettosa della salvaguardia del patrimonio esistente ma compatibile, al tempo stesso, con le esigenze della produzione, del commercio, del consumo, dell’innovazione e della ricerca.
Obiettivo finale dovrà essere quello di innescare una rivoluzione culturale nella coscienza ambientale di imprese, cittadini e istituzioni, orientata a valorizzare e premiare il merito e le eccellenze ma, al tempo stesso, a scoraggiare i comportamenti illeciti. Solo così i soggetti ambientalmente meno virtuosi potranno essere riallineati su un percorso di sostenibilità e responsabiltà sociale: uniche leve di sviluppo e competitività non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo.

In che modo i fondi interprofessionali possono sostenere la domanda di competenze necessarie alle imprese che intendono dare valore alla “economia verde” ed investire in questo settore?
La formazione ricopre sempre un ruolo importante nel mondo del lavoro, soprattutto per quei settori ancora in fase di sviluppo, quali la green economy, poiché consente di innalzare le competenze dei lavoratori e, quindi, il loro contributo allo sviluppo dell’impresa, riducendo il rischio che il fabbisogno di green jobs da parte delle imprese rimanga insoddisfatto a causa di un’inadeguata preparazione della forza lavoro.
Proprio in questo settore è possibile sviluppare un circuito virtuoso fra formazione, ripresa economica, qualità del lavoro, tutele. Nell’attuale situazione economica, la green economy rappresenta infatti oggi un importante strumento non solo per tutelare l’ambiente, e quindi le generazioni future, ma un’opportunità che consente di contribuire al rilancio del sistema produttivo ed occupazionale puntando sulla definizione di professionalità emergenti e sulla riconversione in chiave ecosostenibile di figure tradizionali.
In questo senso le nuove figure professionali ricercate sono molteplici: dall’esperto di gestione di rifiuti, al mobility manager sino al bioarchietto o all’energy manager.
È evidente che i Fondi interprofessionali dovranno essere sempre più soggetti attivi in grado di elevare la qualità e gli standard della formazione progettata ed erogata. In particolar modo per l’energy manager, ad esempio, le imprese dovrebbero essere aiutate a comprendere l’importanza di avere al proprio interno una risorsa in grado di raccogliere i dati inerenti i consumi di energia ed analizzarli al fine di individuare misure di efficienza e risparmio energetico che ripagano in pochissimo tempo l’investimento formativo grazie alla riduzione dei costi energetici.
C’è da considerare poi che l’energy manager è una figura obbligatoria per i soggetti privati che consumano, nel caso del terziario, più di 1.000 tep (tonnellate equivalenti petrolio) di energia.
La green economy e la formazione continua nel settore rappresentano quindi una grande opportunità per le imprese e per la loro capacità competitiva. È necessario, però, che facciano parte di una strategia integrata di sviluppo locale e nazionale, in cui chi lavora in sicurezza, nel rispetto dell’ambiente e forma costantemente, grazie all’utilizzo di strumenti come i Fondi interprofessionali, i propri collaboratori su tali temi possa ricevere anche degli incentivi.

Un’indagine CEDEFOP sulle competenze verdi

Sostenere la strategia Europa 2020 sul lavoro e per la green economy comporta accettare la sfida delle “competenze verdi”.
La riflessione ed il dibattito sono già iniziati e le stime sulle opportunità future sono più che favorevoli. La Commissione Europea stima che i paesi dell’Unione abbiano creato in cinque anni 220mila posti di lavoro aggiuntivi nel settore delle energie rinnovabili.
A questi temi è dedicato uno studio recente del Cedefop, Competenze verdi e coscienza ambientale nella formazione professionale. Analizza gli sforzi tesi a sviluppare econmie più efficenti nell’uso delle risorse, il loro impetto sulla domanda di forza lavoro e il modo in la formazione fornisce tali competenze.
Una prima considerazione s’impone: le competenze relative alla sostenibilità ambientale cominciano a essere parte integrante di quasi tutti i lavori, come lo sono state le competenze informatiche.
La domanda tuttavia non è tanto guidata dal mercato (dati i costi iniziali e i benefici non immediati) ma da una nuova consapevolezza ambientale, nuove regole, nuove politiche.
Da qui l’importanza di Europa 2020 e dei suoi obiettivi in materia di risparmio energetico, riduzione di gas nocivi, incremento di fonti di energia rinnovabili. Il perseguimento questi obiettivi può creare oltre un milione di posti di lavoro.
L’Europa è sulla via di ridurre le emissioni e aumentare la quota di fonti energetiche rinnovabili ma è indietro nella riduzione dei consumi energetici. Per due cittadini europei su tre il cambiamento climatico è un problema più serio che le attuali difficoltà economiche, ma perché i prodotti verdi i servizi di mercato maturino, occorrono una regolazione e continui investimenti sul medio e lungo termine.
Le politiche che stimolano la domanda per tecnologie innovative includono tassazioni favorevoli, incentivi e investimenti pubblici sulle infrastrutture. Campagne culturali sull’impatto ambientale e sui costi energetici delle attività economiche possono influenzare i comportamenti e incidere sulla domanda di competenze verdi.
La ricerca Cedefop individua nove lavori e classifica le competenze verdi in ragione dei livelli di qualificazione:

qualificazione elevata ( nanotecnologie, ingegneria tecnica superiore ed ingegneria per lo sviluppo sostenibile);
qualificazione intermedia (analisi e diagnosi energetica, controllo delle emissioni, montaggio di impianti isolanti, installazioni fotovoltaiche);
qualificazione bassa ( raccolta e stoccaggio rifiuti).
I continui effetti del rallentamento economico aggiungono incertezza all’analisi ma i risultati mostrano tendenze di lungo periodo incoraggianti. Per esempio nel settore delle costruzioni, energie rinnovabili e efficienza energetica presentano un potenziale alto per i lavori verdi . Paesi con politiche attive per lo sviluppo delle energie rinnovabili hanno avuto successo nel creare posti di lavoro in questi settori, vedi il caso della Germania che favorito molto la sostenibilità ambientale e ha aiutato a far crescere la domanda specifica.
In generale l’offerta formativa per le figure professionali indagate risulta buona, ma si manifesta una certa carenza di competenze, anche per il ritiro della manodopera anziana e la mancanza di giovani disposti e capaci di rimpiazzarli.
La competenze pratiche e specifiche appaiono più carenti che quelle generiche. Tuttavia alcune competenze trasversali, quali la vendita e la cura del cliente, il lavoro in gruppo, la gestione e la leadership e abilità d’intrapresa stando diventando cruciali in molte occupazioni. In generale, si è espressa la necessità di sistemi di formazione iniziale che forniscano un migliore e più solido bagaglio di competenze di base.
Si può dire che la transizione verso l’economia verde non solo genererà nuovi posti di lavoro ma cambierà l’ambito e il carattere dei lavori esistenti. Fornire competenze verdi richiederà una revisione degli attuali curricula, degli standard delle qualifiche, dei programmi di formazione, nonché una nuova formazione per i docenti e i formatori.
La previsione di fabbisogni professionali può sostenere l’offerta formativa a aiutare a ridurre l’incertezza.
Ma le cifre sui lavori verdi sono ancora insoddisfacenti. In particolare i paesi dell’Europa meridionale e orientale sono meno fiduciosi nel prevedere future richieste di competenze; ciò a causa di scarsità di dati certi, alle basse cifre di alcune nuove occupazioni, all’incertezza sulle prospettive economiche.
Molti stati membri non hanno ancora precise strategie o programmi sulle competenze integrati con le politiche ambientali per lo sviluppo di economie a basso consumo di carbonio. Farlo li metterebbe in buona posizione per rispondere al cambiamento.
Sviluppare l’economia verde in Europa e aumentare l’offerta di competenze dovrebbe essere parte di una più larga strategia destinata a fornire le competenze necessarie per favorire uno sviluppo a più alta intensità di lavoro.

Europa 2020, la strategia dall’Unione Europea per la Green Economy

Lo sviluppo dell’economia verde, delle opportunità che derivano dalla green economy costituisce una opzione di fondo dell’Unione Europea, ribadita in diverse indicazioni agli Stati membri fino alle Linee guida di Europa 2020,. Queste fissano il percorso che dovrà essere seguito per promuovere crescita una crescita “intelligente, sostenibile e inclusiva” che crei nuovi posti di lavoro.
Si tratta di tre priorità e di cinque obiettivi di massima.
Le tre priorità sono:

un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione (crescita intelligente);
un’economia più efficiente nell’uso delle risorse, più verde e più competitiva (crescita sostenibile);
un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale (crescita inclusiva).
I cinque obiettivi da raggiungere entro il 2020:

il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni occupate;
il 3% del Pil dell’Ue investito in ricerca e sviluppo;
un “20/20/20” in materia di clima/energia (meno 20 per cento di emissione dei gas a effetto serra; più 20 per cento di energia da fonti rinnovabili; meno 20 per cento di consumo energetico);
un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani laureato;
20 milioni di persone in meno a rischio di povertà.
Al centro di questa strategia è il rapporto tra uomo ed ambiente, che trova nei programmi europei risorse e strumenti, da declinare nelle politiche nazionali e regionali con investimenti per la sostenibilità ambientale e per la ricerca, la formazione, le nuove competenze.
I programmi richiamano l’obiettivo di un’ Europa efficiente sotto il profilo delle risorse: si tratta di favorire il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l’uso delle fonti di energia rinnovabile, modernizzare il settore dei trasporti e promuovere l’efficienza energetica.
Si richiede inoltre il sostegno ad una politica industriale per l’era della globalizzazione, in grado di “migliorare il clima imprenditoriale”, specialmente nelle piccole imprese, e favorire lo sviluppo di una base industriale solida in grado di competere su scala mondiale.
Va infine considerata la parte che riguarda l’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro. Dinamiche occupazionali più fluide e miglioramento delle competenze lungo l’arco della vita sono condizioni per aumentare la partecipazione al lavoro e per conciliare offerta e la domanda di manodopera. Una prospettiva in cui la formazione continua è fondamentale.

Sicurezza sul lavoro – Formazione di lavoratori

Pubblicati gli Accordi che regolamentano gli obblighi per la formazione in tema di sicurezza sul lavoro di lavoratori

Il 21 dicembre 2011, in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni sono stati siglati gli Accordi che hanno regolamentato gli obblighi per la formazione in tema di sicurezza sul lavoro di lavoratori, preposti, dirigenti e datori di lavoro. Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 dell’11 gennaio 2012, entrano in vigore il 26 gennaio 2012.

In particolare:

– L’ACCORDO (repertorio atti n.221/CSR)

disciplina durata, contenuti minimi, modalita’ di FORMAZIONE e AGGIORNAMENTO di lavoratori, preposti, dirigenti sulla base del rinvio di cui al comma 2 dell’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 (“Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti”), nonché la formazione facoltativa dei lavoratori autonomi, secondo il richiamo dell’art. 21, comma 2, lett. b), del citato Decreto legislativo.

– L’ACCORDO (repertorio atti n.223/CSR)

disciplina durata, contenuti minimi, modalita’ di FORMAZIONE e AGGIORNAMENTO dei datori di lavoro per lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, in virtù del rinvio operato dal legislatore all’art. 34, commi 2 e 3 del D. Lgs. 81/2208.

Formazione finanziata

Fondir – Pubblicati gli Avvisi 2012 per la formazione continua dei dirigenti

Sul sito di Fondir – Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua dei dirigenti del terziario – sono stati pubblicati i nuovi avvisi relativi all’anno 2012.

In particolare, l’Avviso 2/12 riguarda i settori Commercio Turismo Servizi, Logistica Spedizioni Trasporto e Altri settori economici e disciplina sia le modalità di presentazione dei piani formativi sia le richieste di voucher.

Con l’Avviso vengono messi a disposizione delle aziende 5 milioni di euro, di cui 4 per il finanziamento dei piani formativi individuali, aziendali, settoriali e territoriali, ed 1 milione per il finanziamento dei voucher.

Le richieste potranno essere presentate al Fondo a partire dal 1° marzo prossimo.

Si ricorda, in ogni caso, che fino al 29 febbraio prossimo è possibile presentare richieste di finanziamento di piani formativi o voucher, a valere, rispettivamente, sugli Avvisi 2/11 e 3/11.

Lavoratori stranieri

Ingresso di cittadini stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini

Nella Gazzetta Ufficiale n. 200 del 29 agosto 2011, è pubblicato il Decreto 11 luglio 2011 con il quale il Ministero del Lavoro individua in 10.000 unità il contingente annuo relativo all’ingresso di cittadini stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale e tirocini. 

Le quote sono così suddivise:
5.000 unità per la partecipazione a corsi di formazione professionale di durata non superiore a 24 mesi,
5.000 unità da ripartite tra le regione e province autonome, per tirocini formativi e d’orientamento.

Quali modelli organizzativi per la generazione Y ? 

Le 21 juin dernier, la délégation formation et compétences de la CCI de Paris organisait une matinée autour du thème : “Génération Y : nouvelle génération, nouvelle organisation ?” L’occasion de revenir sur les questions que se posent les professionnels RH autour de cette génération.
La génération Y ? « Elle se caractérise par une appétence pour les technologies de l’information et de la communication, le réseau, l’instantanéité ou encore son fort quotient émotionnel, lance Julien Pouget, consultant, formateur et auteur d’un ouvrage sur le sujet. La génération Y est connectée, multitâche, globale, mondialisée, mobile et adaptable… » Une enquête menée par la CCIP vient compléter ce tableau : impatiente, ambitieuse, exigeante, zappeuse, en attente d’équilibre vie privée et vie professionnelle, de reconnaissance, de valorisation, de perspectives de carrière et d’un certain niveau de salaire.
Face à ce constat, les RH observent un certain attentisme. Ils sont ainsi 73 % à s’abstenir de répondre à la question posée par la CCIP : “Avez-vous ou comptez-vous adapter vos pratiques RH à la génération Y ?”. Ce qu’il faut voir dans ce silence ? Pour les uns, il traduit une certaine attente de retours d’expériences, de bonnes pratiques, de recettes simples à appliquer dans son entreprise, pour fidéliser et manager cette génération. Pour d’autres, il n’est pas question d’adaptation, puisqu’ils estiment que cette génération n’existe pas.
Une population minime
« Vous listez les attentes de la génération Y vis-à-vis des managers, intervient une participante dans la salle. Mais j’ai exactement les mêmes ! Ce qui change, c’est la façon de les exprimer. » Christophe Sausse, DRH chez Parot, confirme : « Ce que l’on osait pas dire de façon claire à son manager il y a 10 ou 15 ans, on le fait aujourd’hui. » Là où la génération Y se distinguerait, c’est dans son caractère « beaucoup plus intransigeant, malgré la situation de l’emploi », ajoute Julien Pouget. Et encore… « On parle d’une population minime, nuance Laurent Choain, DRH chez Mazars. On parle de la partie de cette population qui a le choix, avec un certain niveau d’étude, dans des domaines bien spécifiques et en poste. » Christophe Sausse illustre : « Il n’est pas rare aujourd’hui de voir des ingénieurs nous demander de leur envoyer notre proposition d’embauche, pour qu’ils l’étudient. Mais dans le marketing, la communication ou le juridique, les candidats sont beaucoup plus en concurrence. »
La place du management intermédiaire
Reste que cette génération Y, porte bien son nom : “why” en anglais. Elle veut bien travailler, appliquer des décisions, mais elle souhaite comprendre pourquoi. La difficulté, en particulier pour le management intermédiaire, « c’est qu’il n’a pas toujours les réponses à ce pourquoi », note Christophe Sausse. « Ces managers d’employés se “prolétarisent” et sont écartés des centres de décision, reprend Laurent Choain. Cette situation pose la question de la place du management intermédiaire dans l’entreprise. » Pour y répondre, Parrot a mis en place de l’information descendante, de la direction vers les managers, pour qu’ils soient mieux armés pour répondre aux interrogations de leurs collaborateurs.
Nouvelle génération ou non, il existe un réel changement de paradigme, de positionnement, de comportements face à l’emploi, finalement toutes générations confondues. Un changement très certainement amené par la nouvelle génération, quel que soit son nom, mais qui concerne bien toutes les tranches d’âge dans l’entreprise.
Un positionnement différent
Les entreprises doivent donc adapter, au moins à minima, leurs pratiques. « Cette génération, c’est aussi une affaire de culture, appuie Laurent Choain. Elle a une façon différente de voir les choses. Il faut bien le comprendre, et sans essayer de poser là-dessus une échelle de valeur. » Christopher Lemoine, responsable communication chez Michel & Augustin, illustre : « Si elle n’est pas prête à gagner moins pour profiter de sa vie privée, en revanche, elle est prête à revenir travailler le samedi ou à travailler un autre soir plus tard, pour se libérer du temps. » Pour lui donner envie de rejoindre l’entreprise, « il faut faire acte de vente, non pas sur l’acte conventionnel, mais sur une lecture différente de votre positionnement et de l’aventure que vous proposez ; en veillant toujours à être conforme à la réalité », selon Laurent Choain.
Et si les whyers privilégient les relations humaines, « attention à ne pas tomber non plus dans le côté “famille” », prévient Christopher Lemoine. Il explique : « On porte un projet ensemble, on est proche, mais nous n’avons pas vocation à devenir une famille. »
Ne pas fidéliser à tout prix
Pour Christophe Sausse, l’intégration représente également un moment très important. Il commente : « En général on se souvient de la façon dont on a été accueilli. Chez Parrot, le moment clés du processus est une journée dédiée à l’intégration. Celle-ci commence toujours par une rencontre avec le PDG qui présente l’entreprise, ses valeurs, ses missions… »
Au-delà du processus d’intégration pour fidéliser les salariés, « l’entreprise doit identifier les souhaits de développement des salariés, que ce soit sur un point technique ou sur des compétences transversales (management, gestion de projets etc.) », selon le DRH de Parrot. Mais il ne faut pas non plus chercher à fidéliser à tout prix. Certains métiers comme l’audit sont ainsi, par nature, plus facilement voués au turnover ; « des métiers usants, prenants, qui demandent un gros potentiel, une grande réactivité intellectuelle », confirme Laurent Choain, qui conseille de s’attacher à « fidéliser les salariés, les potentiels, qui, demain, conduiront la destiné de l’entreprise ». Surtout, quelles que soient les évolutions qu’engage l’entreprise, elle doit le faire dans la mesure et au regard de son contexte qui lui est propre. Laurent Choain conclut : « Plus on grandit, plus la tentation de structuration et de process est grande. Mais qui a envie d’être aligné ? Dans des organisations comme les nôtres, le danger est de standardiser les métiers, les process et de perdre ce qui faisait la force de l’organisation. Mon rôle de RH, c’est de toujours ramener le balancier vers les personnes. »