Consumo etico e GDO. Alla ricerca di un nuovo homo oeconomicus…

Per Coop la strategia scelta e dichiarata da tempo è la sostenibilità ambientale. La convenienza per chi sceglie di acquistare nei  loro PDV sta nella capacità dell’insegna di interpretare un interesse superiore in nome e per conto anche dello stesso  consumatore. È un tema importante.

Pur con un peso diverso rispetto ad altri Paesi, inizia a fare breccia nelle nostre scelte. Se, ad esempio, osserviamo la crescita del biologico che ne rappresenta una variante,  l’Italia, pur avendo “una delle maggiori quote di superficie agricola dedicate in Europa (15,8%) è ancora quella che pro capite spende meno per i prodotti bio” come  ha scritto Stefania Aoi recentemente su Repubblica. 60 euro all’anno, contro i 144 in Germania, 174 in Francia, 338 in Svizzera e 344 in Danimarca (dati Fibl & Ifoam, 2021).

La sostenibilità etico-sociale nella filiera agroalimentare, al contrario, non è ancora nel DNA dei consumatori italiani. Eppure secondo l’economista Leonardo Becchetti «La forza decisiva per costruire dal basso un benessere equo e sostenibile sarà il “voto col portafoglio”. Ovvero la sempre maggiore consapevolezza dei cittadini che le loro scelte di consumo e risparmio possono trasformarsi nella principale urna elettorale che hanno a disposizione».
Per ora, però,  la messa a terra di quell’idea è ancora lontana. Però se ne parla sempre di più e si fanno interessanti sperimentazioni.

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Amazon/Esselunga. Alla conquista dello spazio…

Nella Grande Distribuzione i motori del cambiamento e della riorganizzazione sono accesi da tempo. Dopo l’operazione Auchan portata a termine da Conad, Couche Tard ha messo gli occhi sull’intera Carrefour pur scontando il disappunto del Governo francese. Non è però finita qui.

Lo stesso CEO di Esselunga Sami Kahale in una recente intervista si è detto convinto che le acquisizioni nel comparto, subiranno una accelerazione nel 2021 e oltre. Il lancio della notizia di un interesse di Amazon, subito smentita dalla società italiana, potrebbe aprire  nuovi scenari per l’intero settore e provocare comunque interessanti accelerazione dei cambiamenti in atto  (https://bit.ly/3eiHpLC).

Se osserviamo la questione dal punto di vista dell’azienda di Seattle credo che sia innegabile che dovrà  fare, prima o poi, le sue scelte sulla GDO anche in Europa. Per ora si è limitata a diverse partnership con distributori nazionali o locali senza mettere le vere carte sul tavolo. Negli USA l’operazione Whole Foods, pur scontando una serie di difficoltà di integrazione ha confermato le traiettorie di business.

Amazon Fresh, tra le altre cose, deve ancora affrontare e risolvere i due motivi che impediscono ai diversi player in USA ma anche da noi di raggiungere una sostanziale redditività. La mancanza di densità e di domanda nonostante l’exploit del lockdown. L’aumento della copertura geografica non significa necessariamente un aumento consolidato dei clienti e quindi una vera crescita delle vendite. Leggi tutto “Amazon/Esselunga. Alla conquista dello spazio…”

Carrefour. Una riorganizzazione sempre più glocal…

Sono convinto che i vertici di Carrefour (non solo in Italia) abbiano dedicato più di una riunione di approfondimento alla gestione e al rapido epilogo  della vicenda Conad/Auchan. Soprattutto sulla “dissoluzione” della sede centrale di Assago realizzata senza eccessivi contraccolpi sindacali né mediatici.

L’architettura concordata dai francesi per lasciare in silenzio il nostro Paese salvaguardando le restanti attività sul  territorio  senza particolari contraccolpi si è dimostrata azzeccata.

Se Auchan fosse stata costretta a gestire la ritirata in prima persona avrebbe subito un costo molto più alto sia economico che di immagine. E, probabilmente, sarebbe ancora inchiodata tra costi fuori controllo, scaffali semi vuoti, clienti in fuga impossibili da recuperare, blocco dei licenziamenti, accuse e contro accuse sia in Italia che in Francia, probabilmente costretta a cedere a condizioni molto più pesanti e nell’ignominia generale.

Comprendere questo significa comprendere il ruolo complessivamente positivo che ha avuto Conad nella vicenda, la complessità stessa di un’operazione contemporaneamente di crescita aziendale e di salvataggio di una realtà ormai finita, le alleanze necessarie per portarla a termine e gli equilibri economici, politici e sociali fondamentali per gestirla.  

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Carrefour Italia. Declinare per crescere?

L’incontro con il CEO Italia Cristophe Rabatel non ha certamente tranquillizzato i sindacati di categoria. Per comprenderne le ragioni è però necessario fare un passo indietro e partire dalla presentazione dei risultati 2020 da parte del CEO del gruppo Alexandre Bompard.

37,9 miliardi di euro in Francia, in crescita del 3,6% al netto delle vendite di carburante. Gli ipermercati chiudono l’anno in positivo con 19,1 miliardi di euro. I supermercati realizzano un +9,8%. L’e-commerce alimentare è arrivato + 70% nel 2020 a 2,3 miliardi di euro a livello di gruppo confermando la scelta strategica. Il covid-19 ha ovviamente contribuito. Entro il 2022, il gruppo punta ancora a raggiungere 4,2 miliardi di euro di vendite nell’e-commerce alimentare e 4,8 miliardi di euro di vendite di prodotti biologici.

Al di fuori della Francia, il gruppo Carrefour sta migliorando quasi ovunque. In Europa (Francia esclusa) le vendite a perimetro costante sono cresciute del 3,5% (23,6 miliardi di euro). In Sud America, le vendite di Carrefour sono aumentate del 18,2% in Brasile (12,7 miliardi di euro) e del 49,3% in Argentina (2,7 miliardi di euro). Infine, l’attività a Taiwan è stata pari a 2,2 miliardi di euro ( +6,7% in totale).

Completato il piano per ottenere risparmi di 3 miliardi lanciato nel gennaio 2018 l’azienda prevede di ottenerne ulteriori  2,4 miliardi sui costi aggiuntivi su base annua entro il 2023. Nell’ultimo anno  il fatturato globale di Carrefour ha raggiunto i 78,61 miliardi di euro, in crescita del 7,8% a perimetro costante. Tutto questo ha fatto dire al CEO che nel 2020 il Gruppo ha realizzato la migliore performance di vendita degli ultimi  20 anni.(***) Leggi tutto “Carrefour Italia. Declinare per crescere?”

Amazon ovvero la solitudine dei numeri uno….

Il resoconto della giornata di sciopero era scontato. Da un alto i numeri sulle adesioni “certificati”  dal sindacato, dall’altro quelli aziendali. Ovviamente molto contrastanti. Così come l’enfasi mediatica data all’agitazione. Amazon è un’azienda che si presta alle strumentalizzazioni. Consumatori in crescita esponenziale da una parte quindi tensioni con la concorrenza tradizionale  e immagine negativa veicolata principalmente  da quella parte dei media e dell’opinione pubblica in generale che ha un pregiudizio negativo su questa come su altre multinazionali.

Innanzitutto i fatti. Amazon applica il CCNL del commercio, aderisce alla Confcommercio tramite l’associazione di categoria (Conftrasporto) ed è seguita sul piano sindacale  dalla associazione territoriale Confcommercio di Piacenza. Quindi sul piano formale non ha nulla fuori posto. Il sindacato dei trasporti chiede, altrettanto legittimamente, l’apertura di un negoziato aziendale sui carichi di lavoro, sull’organizzazione del lavoro e sul suo riconoscimento economico. L’azienda si è incontrata più volte con il sindacato esterno quindi ne ha riconosciuto il ruolo negoziale ma ritiene (ad oggi) che le richieste non siano accettabili.

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La Partecipazione dei lavoratori tra passato e futuro…

Ho avuto la fortuna di crescere professionalmente anche grazie al professor Guido Baglioni e ai suoi collaboratori e di lavorare con loro sia nella redazione della rivista “Impresa al plurale” che su alcuni progetti aziendali che ho seguito direttamente nella seconda metà degli anni 90. E quindi non nego che questo tema mi stimola particolarmente.

Se si vuole comprendere le traiettorie della “Partecipazione” nel nostro Paese è anche da lui e dal suo pensiero che occorre partire. Soprattutto perché, dopo l’intervento di Enrico Letta, neo segretario del PD, sembrerebbe che l’argomento possa assumere una nuova accelerazione. A supporto, due interessanti  interventi che hanno cercato di interrogarsi sull’attualità della proposta, sul suo possibile sviluppo e sulla sua importanza nella strategia del centro sinistra e degli stessi sindacati confederali. Dario Di Vico sul Corriere (https://bit.ly/3r00ZRg) e Francesco Riccardi su Avvenire (https://bit.ly/3rVYIbf).

È fuori dubbio che l’orizzonte di riferimento sull’argomento in quegli anni comprendeva formule e modalità oggi difficilmente riproponibili. Non è un caso che il tema della “Partecipazione” nel nostro Paese è stato poi circoscritto alle cosiddette “prime parti dei CCNL come terreno di confronto informativo tra sindacati e imprese.

L’evoluzione più interessante sono stati i Comitati Aziendali Europei. Organismi sovranazionali di consultazione limitata ai lavoratori di imprese multinazionali. Un’altra forma di “Partecipazione” si è sviluppata a livello aziendale soprattutto in alcune realtà legando parte del salario dei lavoratori ai risultati dell’impresa. Produttività, redditività, obiettivi economici ne hanno caratterizzato sostanzialmente il campo di azione. Leggi tutto “La Partecipazione dei lavoratori tra passato e futuro…”

Federdistribuzione. Si cambia?

A ciascuno il suo Mario Draghi. L’accelerazione imposta dal contesto prevedeva anche per la GDO che si riconosce in Federdistribuzione un cambio di passo. Il lavoro di ricerca dei cosiddetti saggi aveva escluso la presenza di candidature interne. Bruciata l’unica candidatura di peso che non era gradita al Food non restava che andare fuori affidandosi ad un HH.

L’idea di fondo assolutamente condivisibile era di superare la fase delle candidature interne deboli come da tradizione e individuare una figura che avesse un ottimo CV, che potesse mettere in campo una autorevolezza personale nella filiera e contemporaneamente rappresentasse un punto di riferimento in grado di costruire un possibile percorso unitario che consentisse a Federdistribuzione di porsi come elemento di coagulo della GDO che vede ad oggi  le due principali aziende del comparto accasate altrove, i discount principali per conto loro, un certo grado di ruggine tra FOOD e altri sottosettori e infine il grande rischio di non contare nulla nella fase della ripartenza e dell’utilizzo dei fondi del Nextgeu.

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Grande distribuzione. I discount, il cliente e il cabaret

Tanti consumatori travestiti da Albert Einstein trasformato per l’occasione in un’icona del risparmio o, come dice lo spot di Eurospin, della spesa “intelligente”.  Prezzi, promozioni azzeccate, ruvide  politiche di acquisto e di rigida gestione dei costi hanno consentito a questa realtà di balzare per gli utili al secondo posto, dopo Esselunga, tra il 2015 e il 2019 (indagine Mediobanca).

Nessuno tra  gli  “anziani” esperti del comparto avrebbe mai scommesso un euro nel 1993 sui quattro imprenditori che hanno pensato e saputo sviluppare negli anni successivi   oltre 1200 negozi con più di 15.000 collaboratori. E non certo solo con i sottocosto civetta di cui si parla spesso.

Insegna amata dai molti consumatori che la frequentano e odiata a monte della filiera e da alcuni concorrenti diretti  per la spregiudicatezza dei sottocosti estremi che, a detta dei critici, rischiano di banalizzare e svalutare il prodotto agricolo e il lavoro che vi sta dietro. Recentemente è toccato alle fragole 500 gr. vendute a poco più di un euro ma il top è stato raggiunto con l’anguria ferragostana ad un centesimo. Ogni volta scatta la polemica che generalmente finisce in nulla in attesa della puntata successiva. Il discounter italiano ritiene di essere nel giusto e quindi tira dritto. I consumatori che lo frequentano, applaudono felici.

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Grande Distribuzione. Quale futuro prossimo?

Se guardiamo ai prossimi due o tre anni il bicchiere mezzo pieno lo lascio volentieri ad altri. Per alcune insegne e per alcuni formati della GDO sarà certamente un periodo positivo. Non per tutti  però sarà un periodo facile. La crisi di alcune insegne, di singoli punti vendita e di alcuni  formati distributivi si accentuerà e porterà ad ulteriori quanto inevitabili chiusure. Basterebbe guardare il conto economico di molti ipermercati o punti vendita di alcuni sottosettori della GDO per comprendere quello che avverrà.

Christophe Rabatel CEO di Carrefour Italia ha serrato i ranghi della sua squadra di testa e si appresta a completare, accelerandolo, il processo di riorganizzazione che prevede, uno ad uno, l’abbandono degli iper nei quali il conto economico è ormai compromesso e senza possibilità di recupero. Mi stupiscono quelli che si sorprendono.

L’ipermercato di Camerano nelle Marche (https://bit.ly/30eYSOA) non sarà l’unico. Il lockdown non aiuta certo i piani di rilancio. Dalla Francia sollecitano risultati e la pazienza nel quartier generale non è infinita. L’operazione Couche Tard, pur stoppata per questioni elettorali, è lì a dimostrare che la realtà non può essere messa sotto il tappeto. Occorrono risultati e subito.

Lo stesso problema lo avrà Conad in alcune realtà nonostante la volontà di puntare tutto sul progetto “Spazio Conad” per rilanciare gli ex Iper Auchan. Contestare impegni presi in altre epoche geologiche rischia di lasciare il tempo che trova. Gallerie, grandi superfici e location “sperdute” rischiano di mettere piombo alle ali anche ai più ottimisti. Il 2021 evidenzierà una situazione di crisi generale di certi formati e di alcuni  sottosettori della GDO. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Quale futuro prossimo?”

Grande Distribuzione. È ora di ridisegnare il futuro, il ruolo politico e la strategia del comparto

A parte il CEO di Conad Francesco Pugliese che ha cercato di inserire nel confronto  legato al NGEU anche un tassello importante del futuro della GDO italiana (https://bit.ly/37lZ2rw), il resto delle imprese del comparto e le rispettive associazioni sembrano poco interessate  ad entrare in partita. 

Il Governo Draghi ha un compito importante: disegnare e proporre un modello di futuro economico e sociale per il nostro Paese in un quadro europeo. Esserci o non esserci non è la stessa cosa. Nel comparto della grande distribuzione si è poco abituati a misurarsi ad armi pari con la Politica. A parte Coop e Conad che hanno una identità  riconosciuta, le multinazionali tendono a mantenere un profilo basso per evitare frizioni mentre le insegne minori si confrontano generalmente a livello locale e/o regionale con istituzioni e partiti. Più a loro agio   quando cercavano di crescere e dovevano superare difficoltà e vincoli locali a colpi di assunzioni e oneri di urbanizzazione meno da quando ridimensionamenti e chiusure impattano sui singoli territori.

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