Confcommercio. Ofelè fa el to mesté….

Eppure sembrava tutto chiaro. Da un lato i presidenti eletti che rappresentano gli associati in ogni dove. Dall’altro i direttori che organizzano le attività, danno continuità alle iniziative, gestiscono la complessa macchina dei servizi. Un doppio binario auspicato dallo stesso Presidente Sangalli nella assemblea organizzativa di Chia di pochi anni fa nel suo discorso di chiusura.

Il dubbio era venuto all’intera platea  quando aveva ascoltato, nell’introduzione,  l’intemerata contro il ruolo e la funzione  del direttore. Nessun nome in perfetto stile Sangalliano. Per tutti, però, parlava alla nuora affinché intendesse la suocera. La manina che aveva aggiunto quelle ruvide parole l’aveva fatto tracimare. Si percepivano gelosia, rabbia, forse invidia per un ruolo che si stava imponendo, quello del direttore, mentre un altro stava inevitabilmente rischiando il declino, quello del Presidente. E quindi, stava cercando di evocarne i foschi risvolti nella platea.

Questa, intelligentemente, aveva capito che il presidente che rischiava il declino per ridotto rendimento e sovrapposizione di ruoli di cui Sangalli parlava con apprensione non stava nei territori. Stava parlando di se stesso e del rapporto con il suo direttore generale di cui soffriva l’attivismo, la stima che godeva dentro e fuori la Confcommercio, il carattere irruento. Insomma stava rappresentando qualcosa di più che un problema di ruoli.Reazione difficile da mascherare ad una certa età.

La platea era divisa. I presidenti presenti, almeno quelli più attenti,   non si sentivano per nulla sotto tiro, il rapporto con i loro direttori era sano e costruttivo. I direttori, al contrario, erano un po’ agitati. Tant’è che nella replica Sangalli aveva dovuto fare il democristiano dei tempi migliori, per dire senza dire nulla, ritornando di nuovo sull’argomento e sottolineando l’importanza dei due ruoli. Com’è ovvio. Il presidente deve fare il suo mestiere così come il direttore. Leggi tutto “Confcommercio. Ofelè fa el to mesté….”

Conad/Auchan. Dal MISE un passo in avanti

Non era difficile prevedere l’esito dell’incontro al MISE. Qui trovate l’ottimo resoconto con utili riflessioni di Emanuele Scarci (http://bit.ly/31NQrcv). Non c’è stata alcuna reticenza da parte di Conad. Qualsiasi richiesta di piano industriale tradizionale sarebbe stata inutile.

L’azienda italiana aveva già presentato i suoi risultati pochi giorni fa. Numeri che non lasciano spazio ad equivoci. Il suo modello imprenditoriale si è dimostrato il più adatto per il mercato italiano.  Conad ha chiuso il 2018 con un fatturato di 13,5 miliardi di euro, 500 milioni in più rispetto al 2017, un quota di mercato del 12,9% e 56.000 addetti, con un più 3.243 occupati. In 10 anni è cresciuta del 65%.

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La clava del salario minimo

La proposta è suadente. Come tutti gli ami mediatici lanciati dai 5s. L’Italia deve avere un salario minimo garantito come tutti i principali Paesi europei. Fissato furbescamente a 9 euro per farlo assomigliare a quello in vigore in altri Paesi, ha lo stesso effetto del reddito di cittadinanza sugli allocchi disposti a crederci. Purtroppo ha anche un effetto sui costi dello Stato e delle imprese. E ultimo ma non ultimo sul sistema delle relazioni industriali e sul ruolo della rappresentanza. 

E’ talmente suadente che miete vittime ovunque, anche a sinistra. E, la replica, ad uno slogan semplice e diretto non è mai facile. Pensiamo a tutti coloro i quali questo messaggio suona come un riscatto, una punizione all’ingordigia delle imprese e alla inefficace iniziativa sindacale in materia.
Agli equivoci che crea e agli effetti collaterali che rischia di generare.

La polpetta avvelenata viene servita con una certa cautela perché si tende a presentare questa “novità” come integrativa delle attuali tutele economiche previste dai contratti nazionali. Smontarla non è facile. I media e l’opinione pubblica arrancano quando entra in campo il criptico linguaggio sindacalese.

Per comprenderne l’effetto pratico occorre mettere in fila i problemi. Innanzitutto l’attuale sistema contrattuale tutela il salario per circa l’80% dei lavoratori dipendenti. Non solo il salario minimo ma l’insieme dei minimi salariali per tutti. Dall’addetto alle pulizie al manager. Nessun altro Paese europeo arriva a questi livelli di  copertura. Basterebbe estenderla a tutti i lavoratori dipendenti nei diversi settori per risolvere il problema. Leggi tutto “La clava del salario minimo”

Una Confederazione non è una caserma..

Sono gli inquisitori a creare gli eretici. 

Umberto Eco

Innanzitutto volevo ringraziare i numerosi lettori del blog. Mi chiedono di insistere perché condividono le problematiche poste. Soprattutto mi riconoscono una chiarezza espositiva.  Alcuni mi imputano una particolare ruvidezza un pò fuori dalla liturgia dei corridoi confederali. Ricordo a tutti che è solo un mio personale punto di osservazione. Niente di più. Mi sento semplicemente ataràttico. Quindi rifletto.

Se venissi incaricato di scrivere le biografie degli ultimi due leader della Confcommercio non avrei dubbi. Sergio Billé, che non ho conosciuto, lo ricorderei per i milioni di euro della Confederazione dissipati e per le brutte compagnie. Carlo Sangalli, per aver sostenuto, in tempi non sospetti, l’Expo di Milano e per l’intuizione alla base di Rete Imprese Italia. Due goal da bacheca. Rispetto al suo predecessore rappresenterebbe indubbiamente un notevole passo in avanti.

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Cultura del lavoro da riscrivere nel terziario italiano. ..

 

In un recente confronto su Twitter  in cui lamentavo la latitanza di Confcommercio sul tema del lavoro, pur essendo titolare del più importante contratto nazionale, mi ha fatto riflettere la risposta di Francesco Rivolta, ex Direttore  Generale: “Il vero problema è che Confcommercio non si è mai posta il tema del lavoro come questione centrale del suo essere organizzazione di rappresentanza. Il contratto è visto solo come strumento che può incanalare sul sistema e nel sistema benefici economici”.

Un’affermazione forte che rischia però di fotografare una realtà più di mille analisi sociologiche sui ritardi culturali, sull’interpretazione dei bisogni reali delle imprese, sull’evoluzione dei mestieri e del lavoro nei differenti comparti del terziario di mercato. Tutte le indagini commissionate dalla Confederazione individuano nella titolarità del contratto nazionale e dei suoi risvolti applicativi una delle ragioni principali dell’adesione associativa.

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Corpi intermedi. Contratti nazionali omnibus o nuove sfide di filiera?

Da sempre il contratto nazionale firmato da Confcommercio è definibile come una sorta di contratto “omnibus”. Ha altresì prodotto decine di imitazioni in dumping tra di loro. I cosiddetti contratti pirata..

Ad un certo punto ha assunto, forse un po’ pretenziosamente, la denominazione “del terziario” proprio per i suoi possibili sconfinamenti applicativi. È arrivato prima di altri, ci ha creduto ed ha così potuto presidiare un territorio sconosciuto: il terziario di mercato.  Lo può utilizzare chiunque.

Applicato per la sua duttilità  (e il suo basso costo) anche fuori dai confini del comparti di pertinenza stretta ha una caratteristica unica nel panorama della contrattazione. C’è chi lo rispetta nel suo insieme, chi oltre all’applicazione integrale aggiunge una sua contrattazione aziendale e chi utilizza  solo i minimi previsti. Nelle piccole e piccolissime aziende è, di fatto, così. Una salario minimo ante litteram.

Questa flessibilità applicativa è sempre stata la sua forza e ne ha garantito la sua estensione nel tempo. E importanti vantaggi economici per i suoi firmatari. Contemporaneamente garantisce ai lavoratori un interessante  welfare contrattuale. Tutto bene quindi? No. C’è il rischio concreto che questo modello sia arrivato al capolinea.

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Conad/Auchan. Le reazioni della rete e le quattro sfide…

Nell’epoca dei social era prevedibile che un vicenda come quella riguardante l’operazione Auchan/Conad coinvolgesse un dibattito in rete molto ampio. I tempi dei social, però, non sono quelli del business. E nemmeno quelli delle trattative sindacali.

Ai miei post registro migliaia di lettori. Soprattutto su LinkedIn. Timori e preoccupazioni travalicano i tradizionali strumenti di comunicazione delle parti e quindi il rischio di destabilizzazione è molto forte. Tanto più che la comunità coinvolta tra occupati e contesto raggiunge numeri ragguardevoli. Il problema è che in rete prevalgono le semplificazioni. E, come è noto, quando si semplifica un tema complesso, le conclusioni sono generalmente errate.

Da un lato c’è chi ha già capito come andrà a finire e quindi scrive delle corbellerie. Dall’altro chi pensa che Conad abbia già tutte risposte ma le tenga coperte per sua convenienza. In mezzo sottolineature o digressioni  su singoli aspetti della questione.

Il prezzo pagato (tanto per alcuni e poco per altri), la fine o il ridimensionamento della sede centrale, il tema delle sovrapposizioni, il ruolo degli ipermercati (dove alla competenza degli uomini di Auchan, oggi destabilizzati, si sommerebbe l’inesperienza di Conad), il tema degli affiliati, la “fuga dei cervelli” e, infine, il timore degli esuberi e quindi delle prospettive di lavoro. Leggi tutto “Conad/Auchan. Le reazioni della rete e le quattro sfide…”

Corpi intermedi. Confcommercio, la sua Assemblea generale e la salita del Mortirolo…

La recente conclusione del Giro d’Italia mi ha fatto venire in mente, mentre ascoltavo Carlo  Sangalli in streaming, la fatica, il sudore e la tensione mentre i ciclisti arrancano sulla  salita del Mortirolo. Gioia e delizia per gli aspiranti scalatori, quella salita, ne segnala plasticamente i limiti fisici e motivazionali.

L’assemblea generale della Confederazione, d’altra parte,  è una grande messa annuale che raduna l’elite del popolo di Confcommercio. In diretta o in streaming non ne ho persa una, almeno negli ultimi dieci anni. La partecipazione è sempre numerosa, attenta, le persone sono orgogliose di essere lì. L’organizzazione è un po’  “spintanea” ma chi viene si sente importante, trait d’union tra i sempre irrisolti problemi quotidiani e la politica che conta. I selfie con i politici che vanno per la maggiore  si sprecano.

Con gli altri, no. Al massimo una battuta  al bar dell’auditorium o nella sala VIP dove qualcuno cerca di intrufolarsi sotto lo sguardo distratto degli uomini e delle donne di piazza Belli. Sergio Mattarella, dovendo scegliere,  ha scelto l’assemblea di Confindustria quindi qui ha mandato un suo messaggio. Sempre gradito, ovviamente. Il Presidente del Consiglio era impegnato dall’altra parte del mondo, Matteo Salvini era altrove.  Il Presidente del Senato è rimasto giusto il tempo della relazione per successivi  impegni di lavoro.

C’era però Luigi Di Maio. Ha concluso anche lui con un intervento asciutto, di circostanza, prendendosi qualche applauso sull’IVA ma si capiva che non si sentiva a suo agio. E’ stata la conclusione di una fredda giornata iniziata con una relazione che ho ascoltato con grande attenzione letta dal Presidente in modo altrettanto freddo. Leggi tutto “Corpi intermedi. Confcommercio, la sua Assemblea generale e la salita del Mortirolo…”

Corpi intermedi, leadership declinanti e prospettive..

C’è un grande differenza tra leadership manageriali e leadership politico-sindacali. Per i primi parlano esclusivamente i risultati di business. Infatti sono rari quelli che durano a lungo. Soprattutto in tempi di crisi.

Non è sempre così per il mondo dei corpi intermedi dove non sono i risultati (molto difficili da valutare) ma la durata della carica  a determinarne l’avvicendamento. D’altra parte il ricambio delle leadership politiche, fisiologico nei tempi e nei modi nel 900, oggi è fondamentale per allineare le organizzazioni di rappresentanza al contesto.

Coldiretti, che si è dimostrata la più svelta a capire i rischi di smottamento del potere nella filiera, si è attrezzata con una squadra di giovani imprenditori per affrontare la Politica con una autorevolezza di prim’ordine. Confindustria continua a prevedere quattro anni di mandato e li rispetta. Confartigianato segue più o meno lo stesso schema. Altri sono più laschi. Confcommercio costituisce un’eccezione. Il suo Presidente è in carica  dal 2006 e forse cercherà di ottenere una ulteriore rinnovo del suo mandato.

Peraltro, in alcune associazioni datoriali o sindacali, non è un’impresa difficile prorogarsi all’infinito. E’ sufficiente, ogni tanto, mettere mano agli statuti per ricominciare daccapo con i mandati. C’è chi riduce il problema all’età di questo o di quel leader. Personalmente non mi hanno mai convinto coloro che pretendono di giudicare i politici con in mano la carta di identità; in certi contesti, però, sembra manchi la volontà di comprendere quando è arrivato il momento di fermarsi, farsi da parte  e quindi di consentire alla propria organizzazione   di voltare pagina nell’interesse stesso di dare continuità a ciò che si è contribuito a costruire. Leggi tutto “Corpi intermedi, leadership declinanti e prospettive..”

Auchan/Conad tra payoff aziendali e l’isola che non c’è.

Pochi conoscono Antonio Stoppani. Forse un giorno gli verranno riconosciute nella loro originalità le sue osservazioni  sull’impatto dell’attività dell’uomo sulla natura. Un antesignano di Greta Thunberg del 1800. Un ambientalista ante litteram. La sua opera principale fu il Bel Paese Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia.

L’Abate Stoppani oggi lo si può incontrare sul lungo lago di Lecco, in città, nel monumento posto nella piazza a lui dedicata o sulle etichette del Bel Paese della Galbani fin dal 1906. Non è l’immagine di Egidio Galbani, come pensano in molti. Ma l’azienda casearia, oggi di proprietà della francese Lactalis, resta più nota al pubblico per il  payoff “Galbani vuol dire Fiducia” che l’accompagna dal 1956.

Ho lavorato in quella realtà per lungo tempo. Una grande azienda. Galbani e Fiducia sono diventati, negli anni, sinonimi. Con tutti i rischi che questo comporta quando i tempi cambiano. Un payoff semplice, diretto, distintivo per il consumatore. Ce lo siamo trovato storpiato tutte le volte che abbiamo dovuto affrontare un piano di riorganizzazione negli uffici, negli stabilimenti o nella rete di vendita.

Mi è ritornato in mente in queste settimane nella vicenda Auchan/Conad. “Persone oltre le cose” si presta anch’esso alla manipolazione. Il sindacato non è nuovo a queste storpiature. La più nota credo risalga agli anni 80 in casa Fiat: “Arna. Chilometrissima Alfa” venne trasformata in “Arna. Cassintegratissima Alfa” nel pieno di un duro confronto di lavoro. Comunque la si voglia vedere dimostrano solo una evidente  debolezza.

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