norme welfare e pensioni uscite dalle commissioni parlamentari

 

N.B. le modifiche rispetto al testo del D.L. sono in neretto

 

DISPOSIZIONI IN MATERIA PREVIDENZIALE

 

Soppressione enti (art.21)

Dall’1.1.2012 l’INPDAP (Istituto previdenziale obbligatorio per i dipendenti pubblici) e l’ENPALS (Ente previdenziale obbligatorio per i lavoratori dello spettacolo) sono soppressi e le relative funzioni sono attribuite all’INPS che succede in tutti i rapporti, attivi e passivi, degli enti soppressi.

La disposizione deve comportare una riduzione dei costi complessivi di funzionamento dell’INPS e degli enti soppressi di 20 milioni di euro nel 2012, di 50 milioni di euro per il 2013 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2014.

Disposizioni in materia pensionistica (art.24)

 

Clausola di salvaguardia (comma 3)

I lavoratori che entro il 31.12.2011 maturino i requisiti anagrafici e contributivi vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto, sono esclusi dalle nuove regole e conseguono la pensione di vecchiaia e di anzianità, nonché la pensione nel sistema contributivo, secondo le norme previgenti; a tal fine, possono richiedere all’INPS la certificazione di tale diritto.

L’Istituto ha precisato, con il messaggio n.24126 del 20.12.2011, che anche in caso di mancata certificazione del diritto alla pensione, il lavoratore, che entro il 31.12.2011 maturi i prescritti requisiti consegue, in ogni caso, il diritto alla pensione stessa, secondo la normativa antecedente al decreto in esame.

Pensione di vecchiaia ordinaria – parificazione fra uomini e donne (commi 6 e 7)

Dall’1.1.2018 il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia  fra lavoratrici e lavoratori è parificato. Tale parificazione è stata anticipata rispetto all’1.1.2026 come previsto dalla precedente normativa.

Dall’1.1.2012 per i lavoratori che maturano i requisiti a partire dalla predetta data, i requisiti di età per la pensione di vecchiaia saranno i seguenti:

a)      lavoratrici dipendenti settore privato

1.1.2012-31.12.2013 = 62 anni

1.1.2014-31.12.2015 = 63 anni e 6 mesi

1.1.2016-31.12.2017 = 65 anni

Dall’1.1.2018 = 66 anni

Resta fermo, in ogni caso, l’adeguamento dei requisiti anagrafici agli incrementi della speranza di vita.

b)      lavoratrici autonome e parasubordinate

1.1.2012-31.12.2013 = 63 anni e 6 mesi

1.1.2014-31.12.2015 =  64 anni e 6 mesi

1.1.2016-31.12.2017 =  65 anni e 6 mesi

Dall’1.1.2018  = 66 anni.

Resta fermo, in ogni caso, l’adeguamento dei requisiti anagrafici agli incrementi della speranza di vita.

 

c) lavoratori dipendenti del settore privato e lavoratrici del pubblico impiego

.      Dall’1.1.2012  = 66 anni

d)      lavoratori autonomi e parasubordinati

Dall’1.1.2012 = 66 anni

La pensione di vecchiaia si consegue con il requisito contributivo minimo di venti anni. Tale requisito, già in vigore per il sistema misto, è esteso anche al sistema di calcolo contributivo (in precedenza pari a 5 anni).

Per i lavoratori cui si applica il sistema contributivo (cioè la cui contribuzione sia successiva all’1.1.1996) la prestazione è corrisposta  a condizione che l’importo della pensione sia almeno pari a 1,5 volte (non più pari a 1,2 volte) l’importo dell’assegno sociale (nel 2012 pari a circa 643 euro  mensili).Tale importo è indicizzato.

Il predetto requisito reddituale non è richiesto al compimento dell’età anagrafica di 70 anni, in presenza, comunque,  di almeno 5 anni di contributi effettivi.

Deroga per le lavoratrici (comma 15-bis lettera b)

Durante l’iter parlamentare è stata introdotta una particolare deroga al regime sopraindicato. Le sole lavoratrici dipendenti che al 31.12.2012 abbiano almeno 20 anni di contributi ed almeno 60 anni di età possono andare in pensione all’età di 64 anni.

 

Età minima pensione vecchiaia ordinaria (comma 9)

A decorrere dal 2021, l’età anagrafica  minima per la pensione di vecchiaia non può, in ogni caso, essere inferiore a 67 anni.

Resta fermo, in ogni caso, l’adeguamento dei requisiti anagrafici agli incrementi della speranza di vita.

Pensione anticipata (ex pensione di anzianità) (comma 10)

A decorrere dall’1.1.2012 la pensione è erogata esclusivamente ai lavoratori in possesso dell’anzianità contributiva di 42 anni ed un mese per gli uomini e di 41 anni ed un mese per le donne. Non è più previsto né il possesso del requisito anagrafico, né  il sistema delle cosiddette quote ( età anagrafica + anzianità contributiva).

A decorrere dall’1.1.2013 il requisito contributivo minimo è elevato a 42 anni e 2 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 2 mesi per le donne

A decorrere dall’1.1.2014 il requisito contributivo minimo è elevato a 42 anni e 3 mesi per gli uomini ed a 41 anni e tre mesi per le donne.

Ai predetti requisiti contributivi sono da aggiungere gli adeguamenti connessi all’incremento della speranza di vita (tre mesi in più  a decorrere dall’1.1.2013 ed eventuali ulteriori incrementi a scadenza triennale e biennale).

Sulla quota di pensione relativa all’anzianità contributiva antecedente l’1.1.2012 è applicata una riduzione del 1% (il D.L. prevedeva il 2%) per ogni anno di anticipo rispetto all’età anagrafica di 62 anni. Tale penalizzazione è pari al 2% annuo se l’anticipo supera i due anni.    

Qualora l’età di pensionamento non sia intera, la riduzione percentuale è riproporzionata in base al numero dei mesi.

Deroghe (comma 15-bis lettera a)

Durante l’iter parlamentare è stata introdotta una particolare deroga al regime della pensione anticipata. I soli lavoratori dipendenti che al 31.12.2012 abbiano maturato almeno 35 anni di contributi ed almeno 60 anni di età, possono andare in pensione al compimento dell’età anagrafica di 64 anni.

 

Esclusioni nuove disposizioni (commi 14 e 15)

Come già precisato, sono esclusi dalla nuova normativa  tutti coloro che al 31.12.2011 risultino in possesso dei requisiti precedentemente in vigore.

Sono escluse, altresì, le donne che accedono alla pensione di anzianità entro il 31.12.2015 in possesso di 57 anni di età per le dipendenti, 58 anni per le lavoratrici autonome ed almeno 35 anni di contributi, a condizione che l’interessata opti per la liquidazione della pensione interamente con il sistema di calcolo contributivo.

Sono esclusi, altresì nei limiti delle risorse stabilite e delle previste procedure  (il D.L. prevedeva invece un numero massimo di  50.000 beneficiari), anche qualora maturino i requisiti pensionistici dopo il 31.12.2011, i seguenti soggetti:

a)      lavoratori in mobilità  in base ad accordi sindacali stipulati prima del prima del 4.12.2011 (invece del 31.10.2011) e che maturano i requisiti pensionistici entro il periodo di fruizione del’indennità di mobilità;

b)      lavoratori in mobilità lunga in base ad accordi collettivi stipulati prima del 4.12.2011 (invece del 31.10.2011);

c)      lavoratori  autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 4.12.2011 (invece del 31.10.2011.

Nel corso dell’iter parlamentare è stato introdotto un limite di spesa. Con decreto interministeriale, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, saranno definite le modalità attuative delle esclusioni dalla nuova normativa, ivi compresa la determinazione del numero massimo dei beneficiari nel limite delle risorse, pari a 240 milioni di euro per il 2013, pari a 630 milioni per il 2014, a 1.040 milioni per il 2015, a 1.220 milioni  per il 2016, a 1.030 milioni per il 2017, a 610 milioni per il 2018 ed, infine, a 300 milioni per il 2019.

Il monitoraggio del raggiungimento del predetto limite massimo sarà effettuato dagli Enti previdenziali competenti.

Una volta raggiunto tale limite, i predetti Enti non prenderanno in esame ulteriori domande di pensionamento relative a tali fattispecie.

Nell’ambito del predetto limite numerico vanno computati, entro il numero massimo di diecimila, anche i lavoratori posti in mobilità con accordi sindacali stipulati prima del 30.4.2010, nonché i soggetti collocati  in mobilità lunga per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30.4.2010 che maturano i requisiti per la pensione a decorrere dall’1.1.2011.

Resta fermo che per i soggetti sopraindicati, che maturano i requisiti  dall’1.1.2012, trovano comunque applicazione gli adeguamenti all’incremento della speranza di vita.

 

Lavori usuranti (comma 17)

In via transitoria, l’agevolazione per i lavoratori che hanno svolto attività usuranti sono limitate agli anni 2008-2011, con l’esclusione del 2012.

Dall’1.1.2012, di conseguenza, l’accesso alla pensione per gli addetti alle attività usuranti sarà  possibile al raggiungimento di una quota (somma di età anagrafica ed anzianità contributiva) pari a 96 ( almeno 60 anni di età e almeno 35 anni di contributi). Restano fermi  gli adeguamenti dei requisiti agli incrementi della speranza di vita.

La precedente normativa prevedeva invece, dal 2013, l’accesso alla pensione con un’età anagrafica inferiore di tre anni ed una quota inferiore di un valore pari a tre, rispetto ai requisiti introdotti dalla Tabella B della legge 247/2007. Pertanto,per tali lavoratori, la pensione poteva essere conseguita al raggiungimento di quota 94 (invece di 97) e di un’ età pari a 58 anni (invece di 61).

Per i lavoratori che svolgano attività lavorativa notturna, articolata in turni, per almeno sei ore e per  meno di 78  giornate l’anno e che maturano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo 1.7.2009-31.12.2011, la riduzione dell’età anagrafica non può superare:

a)      un anno per coloro che svolgono attività lavorativa notturna per un numero di giornate annue comprese fra 64 e 71;

b)      due anni per coloro che svolgono attività lavorativa notturna per un numero di giornate annue comprese fra 72 e 77.

Per i lavoratori che svolgano attività lavorativa notturna, articolata in turni,  per almeno sei ore e per meno di 78  giornate l’anno e che maturino i requisiti per l’accesso anticipato dall’1.1.2012, il requisito anagrafico ed il valore della quota, di cui alla Tabella B della legge 247/2007:

a)      sono incrementati rispettivamente di 2 anni e di 2 unità per coloro che svolgono le predette attività per un numero di giornate annue da 64 a 71;

b)      sono incrementati rispettivamente di un anno e di una unità per coloro che svolgono le predette attività per un numero di giornate annue da 72 a 77.

Aliquote contributive lavoratori autonomi (comma 22)

Dall’1.1.2012 le aliquote contributive e di computo di artigiani e commercianti sono aumentate dell’1,3% e successivamente dello 0,45% annuo fino a raggiungere il 24% nel 2018. Il D.L. prevedeva invece, un aumento dello 0,3% annuo, fino a raggiungere il 22% nel 2018.

Enti previdenziali privatizzati (comma 24)

Gli enti previdenziali privatizzati, fra i quali anche l’ENASARCO, adottano, entro il 30.6.2012 (il D.L. prevedeva entro il 31.3.2012), misure finalizzate ad assicurare l’equilibrio fra entrate contributive e spese per prestazioni, in base a bilanci tecnici, con un arco temporale di 50 anni.

Qualora gli enti non provvedano entro il predetto termine, troverà applicazione il sistema contributivo pro-rata agli iscritti per le anzianità successive all’1.1.2012 ed un contributo di solidarietà dell’1% per il biennio 2012-2013, a carico dei pensionati.

Perequazione automatica pensioni (comma 25)

Per il biennio 2012-2013 la rivalutazione automatica delle pensioni è riconosciuta, nella misura del 100 per cento, solo ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo, nel 2011 pari a  circa 1.400 euro mensili. Il D.L. prevedeva la rivalutazione automatica del 100% solo ai trattamenti pensionistici di importo complessivo  fino a due volte il trattamento minimo, nel 2011 pari a  936 euro mensili.

Per le pensioni superiori al predetto limite che raggiungano il limite stesso mediante la rivalutazione automatica che sarebbe spettata, l’aumento per il predetto biennio verrà comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.

Fondo interventi occupazione giovanile e femminile (comma 27)

Presso il Ministero del lavoro è istituito un Fondo per finanziare interventi  per l’incremento dell’occupazione giovanile e femminile. Tale Fondo è finanziato con 200 milioni di euro per il 2012, con 300 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014 e 240 milioni per il 2015. A tale riguardo  il D.L. stanziava 300 milioni  a partire dal 2013.

Prelievo su pensioni di importo più elevato (comma 31-bis)

Durante l’iter parlamentare, è stata introdotta una norma sulle pensioni di importo più elevato. Fino al 2014, pertanto,  il prelievo sui trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 200.000 euro è aumentato dal 10 al 15%.

 
 

Fornero: Nell’estensione del sistema contributivo la soluzione del problema delle pensioni

Articolo di Elsa Fornero pubblicato sul Sole 24 Ore il 19 agosto 2011

Come si può spiegare al ministro Bossi che l’intervento sulle pensioni non è soltanto una necessità, ma anche un’opportunità per il Paese? Come convincerlo che, bloccando tale intervento la Lega non ha «salvato i pensionati»?
Come spiegare a Bossi che la Lega ha intrapreso una strada che rischia di condannare il Paese, soprattutto attraverso un’ulteriore “punizione” inflitta alle generazioni giovani che ne rappresentano il futuro? Come chiarirgli che l’intervento giusto sul sistema previdenziale non è una nuova “riforma” (ne abbiamo già fatte anche troppe, senza mai realizzarle appieno), ma l’attuazione di ciò che in passato, in maniera condivisa da entrambe le parti politiche, era stato deciso per il futuro assetto delle pensioni, e cioè il metodo contributivo di calcolo delle pensioni?
Come convincerlo delle caratteristiche positive di tale metodo che, come ormai sanno pressoché tutti gli italiani, restituisce individualmente in forma di pensione l’insieme dei contributi (capitalizzati) versati da ogni lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, senza oneri per i terzi, e con un ricco “premio” nel caso di posticipo del pensionamento?
Che l’intervento sulle pensioni sia anche un’opportunità per il paese (oltre che una misura di risanamento dei conti pubblici) dipende proprio dalla natura della crisi attuale. Crisi come questa non si risolvono rigirando le solite frittate (un po’ di restrizione qua, un taglio là), bensì introducendo nuovi meccanismi, ossia innovando, se non altro nel metodo, le soluzioni date ai vari problemi. L’entità della manovra ovviamente conta, ma conta soprattutto la sua qualità, e una cattiva qualità si paga con un inasprimento della quantità di restrizione necessaria, come l’esperienza di queste settimane insegna.
La crisi attuale non richiede soltanto un aggiustamento del bilancio pubblico (e meno che mai un aggiustamento effettuato soltanto dal lato dell’entrata, cioè della tassazione), ma esige qualche discontinuità rispetto alle scelte attendiste e non risolutive del passato. La riforma pensionistica del 1995 che ha introdotto il metodo contributivo era, nel merito, una risposta all’altezza della situazione di insostenibilità del nostro sistema pensionistico. Nel metodo, tuttavia, essa peccò di mancanza di coraggio, cercando (proprio come oggi vuol fare il ministro Bossi) di salvaguardare i “diritti acquisiti” delle generazioni vicine alla pensione. Il coraggio che mancò allora sarebbe prezioso oggi: non più rinvii, non più ritardi, ma applicazione immediata, a partire dal primo gennaio 2012, e generalizzata per le anzianità future (anche se di un solo anno) del metodo contributivo, con pensionamento a partire dall’età di 63 anni. Sulle eccezioni per i lavoratori meno fortunati, ma non, viceversa, per quelli privilegiati, si potrà discutere una volta accettato di dare compimento alla riforma.
L’opportunità sta in questo: mentre si interpretano solitamente in chiave restrittiva – di taglio di benefici o di diritti – gli interventi sulle pensioni, l’applicazione del metodo contributivo restituisce flessibilità alle persone nella scelta del pensionamento, premiandole in misura adeguata se decidono di continuare l’attività. Non è infatti dall’accorpamento di alcune festività che si ottiene aumento duraturo e significativo del Pil, bensì dal maggior lavoro di tutti, e dalla eliminazione di quell’ingiusta tassa che oggi, con le pensioni di anzianità, spinge i lavoratori a uscire dal mercato del lavoro non appena raggiunti i requisiti minimi.
L’aumento dell’età di pensionamento è una “tassa” per il lavoratore nell’attuale sistema retributivo di calcolo della pensione, in quanto riduce l’ammontare complessivo di “ricchezza pensionistica” accumulata dal lavoratore. Non lo è invece nel sistema contributivo nel quale i coefficienti di trasformazione (quei numeri che, per esempio nella fascia 63-68 anni di età, convertono in pensione il capitale rappresentato dai contributi di tutta la vita lavorativa) sono calcolati in modo da aumentargli la pensione futura, un aumento che lo ripaga non soltanto dei maggiori contributi versati nell’anno addizionale di lavoro, ma soprattutto dell’anno di pensione persa continuando a lavorare.
L’allungamento della vita implica maggiori accantonamenti ed è necessario lavorare di più per accumularli; con l’attuale pensionamento di anzianità e l’attuale pensione retributiva il lavoratore è scoraggiato dal farlo, mentre con il pensionamento flessibile collegato al metodo contributivo l’allungamento della vita lavorativa non comporta più una “tassa”, ma un premio per la minore longevità attesa.
Salvaguardare le pensioni di anzianità, o la più bassa età di pensionamento delle donne nel settore privato, non equivale perciò a salvare i (quasi) pensionati ma implica , al contrario, penalizzare i giovani, sui quali la crisi sta scaricando i maggiori effetti e sui quali i pensionati “salvati” graveranno per più anni. È sicuro il ministro Bossi che i lavoratori siano contenti di questa situazione? Non ha mai incontrato lavoratori consci di questo conflitto generazionale o che semplicemente gli chiedevano di poter lavorare di più, in vista di una pensione maggiore anziché essere dismessi in età ancora relativamente giovane con una pensione più risicata?

Ammortizzatori sociali

CIGS – Imprese in amministrazione straordinaria e CIGS: riduzione del trattamento economico integrativo

Il Ministero del lavoro, con interpello n. 31 del 9 agosto c.a., ha precisato che alle aziende in amministrazione straordinaria che fruiscano della CIGS, ai sensi dell’art. 7, comma 10 ter, della Legge n. 236/1993, non possa essere applicata la riduzione del trattamento economico integrativo nella misura pari al 10% previsto dall’art.1, comma 3, del D.L. n. 4/1998 (conv. da Legge n.52/1998), in quanto la durata dell’intervento della cassa integrazione straordinaria è equiparata al termine previsto per l’attività del commissario.
Infatti, la suddetta riduzione trova applicazione nel caso in cui “i trattamenti di integrazione salariale concessi alle imprese in crisi sottoposte al regime di amministrazione straordinaria a decorrere dalla scadenza dell’ultima proroga concessa ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67…” siano “prorogati per ulteriori otto mesi”.
In proposito, le leggi finanziarie prevedono annualmente alcune specifiche riduzioni da operare in caso di prima, seconda, terza o successiva proroga in relazione ai trattamenti economici integrativi concessi in deroga.
Pertanto, gli importi dei trattamenti di integrazione salariale dei dipendenti delle aziende in amministrazione straordinaria non subiranno decurtazioni per un ammontare pari al 10%, nella misura in cui la durata dell’intervento della CIGS sia equiparata al termine previsto per l’attività del commissario, ai sensi di quanto stabilito dal citato art 7, comma 10 ter.

Conciliazione lavoro – famiglia

Regione Lombardia – Finanziamento di progetti innovativi in materia di welfare aziendale e interaziendale

La Regione Lombardia, nell’ambito del Piano Regionale di Sviluppo ha individuato tra gli obiettivi strategici la necessità di sostenere, incentivare e sviluppare il tema della conciliazione famiglia e lavoro attraverso azioni integrate tra sistema impresa e sistema di welfare locale.

Al fine di facilitare la conciliazione nelle Piccole e Medie Imprese lombarde e di promuovere e sostenere la realizzazione di iniziative innovative per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, è stato approvato un bando per il finanziamento di progetti innovativi in materia di welfare aziendale e interaziendale.
Finalità
I progetti dovranno essere finalizzati ai seguenti obiettivi specifici:
Individuare percorsi di welfare aziendale innovativi che possano contribuire alla definizione del nuovo modello di “conciliazione lombarda PMI”.
Favorire lo sviluppo sociale attraverso il welfare aziendale.
Sostenere sperimentazioni di accordi di secondo livello per l’attivazione di programmi interaziendali volti a promuovere il benessere sociale e familiare.
Sviluppare modelli di welfare integrati – dove welfare aziendale e welfare territoriale si intreccino e si accrescano reciprocamente – al fine di favorire lo sviluppo sociale e promuovere la conciliazione famiglia – lavoro.
Ambiti di intervento
Le PMI possono presentare progetti di welfare aziendale innovativi a supporto della conciliazione tra famiglia e lavoratore/lavoratrice. I progetti dovranno avere durata biennale.
Verrà supportato lo sviluppo di percorsi di welfare aziendale contribuendo a programmi integrati di servizi, assistenza e previdenza integrativa a favore dei dipendenti e delle loro famiglie.
Ad esempio:
Servizi aziendali per l’infanzia.
Servizi aziendali di supporto all’attività scolastica per i figli dei propri dipendenti (dopo scuola, centri estivi).
Servizi aziendali per liberare tempo (lavanderia, spesa a domicilio, maggiordomo aziendale).
Assistenza sanitaria integrativa.
Fondi pensioni integrativi.
Servizi assistenziali integrativi (acquisto medicinali, prenotazione visite, copertura dimissioni ospedaliera anziani/ disabili a carico, prima dell’avvio dell’assistenza domiciliare).
Servizi di trasporto/ accompagnamento.
Soggetti che possono partecipare al bando
Possono presentare domanda le imprese private in forma singola, associata tramite ATI o in partenariato. La partecipazione è ammessa per Piccole e Medie Imprese (PMI).
I servizi di welfare potranno essere gestiti direttamente e/o affidati a soggetti terzi, con particolare attenzione ai soggetti erogatori di servizi presenti sul territorio di riferimento e ai soggetti del terzo settore, nel rispetto della normativa vigente.
Soggetti destinatari
Beneficiari dei servizi devono essere lavoratrici e lavoratori dipendenti iscritti nel Libro unico (LUL). Sono altresì compresi, alle medesime condizioni, le lavoratrici e i lavoratori in somministrazione (interinali), nonché i soggetti titolari di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto, purché la natura del rapporto sia compatibile con la durata dell’azione proposta a contributo.
Entità del contributo
Lo stanziamento regionale per il presente Bando – anno 2011 – ammonta a complessivi euro 5.000.000,00.
Il fondo sarà ripartito dalla Regione direttamente ai soggetti beneficiari del contributo a seguito della formulazione della graduatoria di merito. Ai singoli progetti può essere concesso sulla base della graduatoria di merito un contributo a fondo perduto fino a euro 200.000,00.
Il contributo è concesso per un ammontare massimo dell’80% del costo complessivo del progetto.
Le imprese potranno presentare i progetti con le modalità previste nel bando emanato dalla D.G. competente l’8 agosto c.a., entro e non oltre il 15 ottobre 2011.