Conad/Auchan. un tavolo negoziale da ricomporre rapidamente

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Trent’anni di trattative mi rendono un osservatore attento e curioso delle dinamiche negoziali in campo sociale. Ho recentemente seguito Embraco, Whirpool, i CCNL delle diverse categorie e i comportamenti tra le diverse parti sociali un po’ dovunque. È un “vizio” che ho sempre coltivato con cura. È ovvio che da fuori è più facile esprimere giudizi ma spesso la giusta distanza dal tavolo può aiutare ad offrire spunti di riflessioni.

Nella GDO, come nel Commercio in generale è più difficile perché c’è maggiore gelosia, provincialismo e abitudini consolidate. I media stanno lontani perché lo hanno sempre considerato un comparto di serie B. Poca innovazione nelle imprese, sistemi bilaterali spesso chiacchierati, ruolo del sindacato marginale. Contrattazione aziendale ai minimi storici. Non dovrebbe essere così però bisogna farci i conti. Basta vedere il diverso peso che una vicenda di queste dimensioni ha, per la stampa, rispetto ad esempio ad Embraco o Whirpool. E anche qui c’è una multinazionale che rilocalizza il suo business. Ma tant’è.

Io tiro dritto. Dall’inizio mi sono concentrato sull’operazione Conad/Auchan pur prendendomi i distinguo o le reprimende di ex dipendenti, pensionati e, a volte, qualche sindacalista di categoria. Dall’altra parte le migliaia di lettori che transitano sul mio blog e l’esplosione dei collegamenti su LinkedIn testimoniano che, forse, per molte persone gli spunti e le idee messe in circolo sono ritenute un utile contributo al dibattito. E questo mi spinge a continuare.

Con la dichiarazione dello stato di agitazione si è chiusa la prima fase, purtroppo senza alcun accordo. Il confronto diretto è, per il momento, fallito. Oggi analizziamo i limiti e, a mio parere, gli errori commessi da entrambe le parti. Presto ci saranno incontri ben più pregnanti al MISE e quindi la situazione può e deve essere riportata su un binario corretto.

Partiamo dall’azienda
L’azienda non aveva alternative. Il messaggio al tavolo negoziale doveva essere chiaro e netto. Auchan era ad un passo dal default quindi Conad si è proposta, certo per fare business, ma anche come unica chance di salvataggio di una realtà ormai compromessa. Il messaggio, sembra non essere stato colto nella sua gravità dai sindacati confederali ma solo dalla UGL.

Però la presenza di pur ottimi avvocati in un negoziato sindacale non è sempre un vantaggio. Ci sono linguaggi, situazioni, messaggi che non sempre vengono colti o sviluppati e questo provoca pericolosi misunderstanding. Con gli avvocati si dovrebbero preparare gli incontri, studiare rischi e punti di caduta, lavorare sui testi. Ma il negoziato sindacale è un’altra cosa. È fatto di fiducia, intese anche sulla parola e di testi a volte non chiarissimi ma indispensabili per andare avanti. Un negoziato ha senso se entrambe le parti sono legittimate e assumono un ruolo condiviso. Un rispetto reciproco. Non è lo stesso mestiere quello dell’avvocato, del sindacalista del direttore risorse umane. Se fosse così basterebbe un fax. Non è solo questione di buone ragioni. Queste, a mio parere, sono abbondantemente dalla parte dell’azienda ma di strategia e tattica negoziale. Forma e sostanza.

Mai mettere un interlocutore, già debole di per sé, come il sindacato oggi, con le spalle al muro. È mai fare eccessivo affidamento sulle procedure sui tempi e sulle leggi in un Paese come il nostro. Tutto diventa opinabile prima o poi. Su questo occorrerebbe riflettere di più.

Personalmente credo sia utile, soprattutto alla presentazione del piano industriale, la presenza dello stesso Amministratore Delegato di Conad. Nessuno è in grado di farlo in sua vece. Lo dico per esperienza e per convinzione.

Il sindacato
L’atteggiamento sindacale è stato pavloviano. Ha cercato subito di provare ad “auscianizzare” Conad. Ha sottovalutato la cultura degli interlocutori, il loro approccio organizzativo, ne ha banalizzato, stupidamente, il claim con il quale questo gruppo di imprenditori sta costruendo un rapporto diverso e originale con i territori di insediamento. Una serie imperdonabile di errori anche qui.  Di forma e quindi di sostanza.

Partiamo dai numeri. Il sindacato confederale rappresenta poco meno di un terzo dei lavoratori Auchan. UGL poche centinaia. La maggioranza dei lavoratori non vi si riconosce. Nella cultura Auchan essere iscritti al sindacato non è mai stata ritenuta una buona cosa. Così come in tutta la GDO dove i tre sindacati confederali viaggiano dal 5 al 30% degli addetti. La presenza di quattro contratti nazionali parla più di tante altre cose.

I sindacati non hanno mai cercato di capire che quello in corso era un “salvataggio” e non una classica ristrutturazione aziendale seguita ad un’acquisizione e che Conad avrebbe dovuto essere considerato un alleato, scomodo, ostico a volte contraddittorio nelle sue pratiche quotidiane ma sempre un alleato nella soluzione di un enorme problema occupazionale creato dai francesi con la loro fuga.

La partita non si gioca solo sui passaggi in Conad né su fittizie garanzie per i trasferiti in un mercato come il nostro. La soluzione è nella definizione di un percorso serio di verifiche reciproche. Conad è chiamata ad essere il perno centrale di un’operazione molto più complessa che dovrà assegnare punti vendita ad altre insegne, contribuire a ricollocare qualche migliaio di lavoratori e rilanciare il format ipermercati in crisi. La misura della credibilità è data dal piano industriale e dalla sua validità non da altro.

I lavoratori, compresi quelli che non si riconoscono nelle parole d’ordine dei sindacati sono in totale disorientamento. Manager di sede e di filiale, quadri, over 50, donne sole, famiglie costruite in azienda  e via discorrendo vivono in prima persona e senza voce una situazione drammatica. Lo registro dalle mail che ricevo quotidianamente. 

A mio parere questa che è la vera priorità non è mai arrivata  sul tavolo. E, ad oggi, fatti i trasferimenti delle filiali messe meno peggio, riguarda circa diecimila persone. Un numero più o meno pari all’Alitalia. Certo molti troveranno una soluzione interna altri più avanti ma, ad oggi, il disorientamento e le preoccupazioni sono fortissime.

Infine a mio modesto parere al tavolo del MISE manca Auchan. Qualcuno parla di un importo messo a disposizione per la gestione degli esuberi. A mio parere si dimostrerà comunque assolutamente insufficiente viste le dimensioni del problema occupazionale. Essere al tavolo non è solo una questione economica ma anche di responsabilità sociale. Non si lascia il campo, così. Vale per Whirpool che cerca di cedere ad un Italo svizzero lo stabilimento di Napoli non capisco perché non debba valere per Auchan.

L’appuntamento al MISE può aprire una nuova fase. Si può viverla come il luogo della resa dei conti finale o quello dove riannodare con pazienza i fili del confronto.

Prendo e rilancio con grande convinzione quello che ci ha ricordato recentemente il direttore di Retailwatch il saggio Luigi Rubinelli: “noi di mestiere facciamo i giornalisti, gli osservatori e non gli imprenditori e nemmeno i sindacalisti e ci piacerebbe davvero un nuovo umanesimo dove al centro del business ci fosse l’uomo e solo l’uomo, inquadrandolo, nella giusta misura, in un nuovo conto economico”.

Personalmente credo che questo auspicio sia nei valori costitutivi del mondo Conad. Per questo credo fino in fondo alla ricomposizione del tavolo. Impresa e sindacati devono lavorare per trovare le soluzioni possibili prima che questa situazione complessa si trasformi in un pericoloso dramma sociale.

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Una risposta a “Conad/Auchan. un tavolo negoziale da ricomporre rapidamente”

  1. Buonasera
    E’ questo il problema e lo spirito da tenere.
    Al tavolo ci devono essere tutti gli attori per trovare insieme le soluzioni, condividere il piano industriale coinvolgere i partner come più volte scritto. Stiamo parlando di bravi lavoratori e famiglie disorientate compreso l’indotto.
    Grazie
    Cinzia Burini

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