Conad/Auchan. Un tavolo ricco di protagonisti loro malgrado..

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Il pittore Egon Schiele qui sopra nel famoso manifesto per la 49° mostra della Secessione Viennese del 1918 ha pensato e proposto un tavolo che prendo a prestito per ritornare sull’infinito negoziato in corso tra il sindacato confederale e Margherita Distribuzione.

Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che non ci siano molti partecipanti. Secondo quanto si legge dai resoconti ci sarebbero solo tre soggetti. Da una parte i rappresentanti dell’azienda, dall’altra la Fisascat CISL. Non troppo distante la UGL.

Nelle descrizioni che filtrano dalla stampa, e in omaggio alla radice francese di Margherita Distribuzione, questi incontri a me sembrano tratti dalle commedie del grande drammaturgo George Feydeau. Fustigatore dell’ipocrisia, appassionato del ritmo scenico,  richiedeva ai suoi attori doti vocali e fisiche fuori dal comune. Nelle sue commedie spesso le porte sbattono con fragore. C’è sempre chi è entra e chi esce, ogni tanto si sentono delle grida.

Più che capire cosa sta avvenendo concretamente si rischia di percepirne solo l’eco. Il rumore di fondo. Le dinamiche collegate. È così ciascuno ne trae le proprie convinzioni. Ma è proprio così? È indubbio che quel tavolo non assomiglia a quello di Re Artù. Non è per niente simmetrico.

Da una parte c’è chi parla per nome e per conto di un’azienda che aveva in partenza tre obiettivi. Traghettare ciò che ha acquisito ed integrabile con la propria organizzazione nel più breve tempo possibile, passare a terzi ciò che non lo è e gestire il resto con il minor danno possibile sulle persone. Le cose, strada facendo e a causa dell’aggravamento della situazione,  si sono dovute adattare al contesto.

Gli ipermercati,  che forse non erano nemmeno l’obiettivo principale, con il piano industriale lo sono inevitabilmente diventati, il nord si è dimostrato più ostico del previsto e quindi il rafforzamento, ad oggi, sembra più realizzabile altrove. Le persone  di interesse primario della vecchia azienda francese, o già ingaggiati o opzionati, I soggetti interessati agli spazi lasciati dagli Ipermercati pur disponibili, hanno manifestato le loro esigenze.

Ovviamente tutto concorre alle soluzioni occupazionali necessarie e individuate da tempo  ma la strada è oggettivamene in salita e il COVID-19 sta infilando sabbia nei meccanismi concordati irrigidendo così  volontà e impegni. Tutto questo però dimostra quanto  quel tavolo sia importante.

Ma anche che i commensali sono molti di più di quello che si vorrebbe far credere. Innanzitutto l’azienda. Certo ci sono sia PWC che Margherita distribuzione. C’è però anche CONAD, le sue cooperative, i suoi imprenditori. Il suo futuro è seduto a quel tavolo.

Ci sono i sindacati. Si. Tutti i sindacati. Qualcuno certamente più esposto ma qualcun altro che pur non sedendosi formalmente ne dovrà comunque accettare le conseguenze per i propri associati e per l’insieme dei lavoratori. I posti lasciati ancora liberi, in fondo, servono a questo. A consentire a ciascuno di riprendere il proprio posto perché come ci ricorda Elliot Ness nel film Gli Intoccabili di Brian De Palma “Mai smettere di lottare finché l’incontro non è finito”. E questa vicenda attraverserà tutto il 2020.

Ci sono poi seduti anche gli esuberi, tutti gli esuberi che chiedono di essere gestiti. Non trattati come un effetto collaterale. Non è solo un problema loro. È un problema di tutti coloro che vogliono che si chiuda questa vicenda con il minor danno possibile alle persone coinvolte loro malgrado.

Sempre a quel tavolo ci sono sedute le istituzioni nazionali e locali. Quelle che hanno sottoscritto l’accordo ma anche quelle che localmente possono dare un contributo alla soluzione. È quindi un tavolo molto affollato e dal quale è inutile defilarsi.

C’è il segnaposto con nome e cognome inciso sulle sedie. Ed è un bene che, nel frattempo,  nessuno stia accusando nessuno. Questo significa, per chi come me, è un appassionato della materia che ciascuno sta riflettendo in casa propria. C’è un livello di responsabilità superiore che chiama in causa e coinvolge tutti.

Il COVID-19, il contesto in rapida evoluzione, le giustificazioni che ciascuno potrà mettere in campo per assolversi o per chiamarsi fuori aleggiano su quel tavolo. E renderanno un inutile esercizio di stile la ricerca delle altrui responsabilità postume.

Adesso occorrerebbe mettere in campo una consapevolezza che va oltre le esigenze delle singole botteghe. C’è ancora molto da fare. L’assunzione di una decisione  unilaterale sulla CIGD è lì a dimostrare che le forzature sono possibili.  E che possono solo peggiorare il contesto. Non è affatto vero che è tutto finito e già deciso. La gestione di un accordo sindacale, le sue ricadute e i suoi effetti concreti, rappresentano, come sempre, la parte più complessa.  Per entrambe le parti.

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