Contratto metalmeccanici. Significato e prospettive.

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Le conclusioni dell’ottimo articolo di Dario Di Vico vanno all’essenza della vera novità del nuovo contratto dei metalmeccanici. Forse all’essenza di quelle che dovranno essere le nuove relazioni tra capitale e lavoro nell’era della globalizzazione: l’inevitabile esigenza della collaborazione.

E il fatto che questo sia emerso con tutta evidenza al tavolo della categoria apparentemente meno sintonizzata sindacalmente su questo tema lo rende ancora più evidente e urgente.

Le svolte, nascono quasi sempre da lì, dai metalmeccanici, proprio perché la sensibilità e le potenziali resistenze sono vere. Da entrambe le parti.

Federmeccanica non è una federazione di furbacchioni che cercano di fregarsi l’uno con l’altro per contendersi qualche consumatore strada per strada. O che stanno distruggendo i loro margini avendo in testa solo il costo del lavoro come purtroppo avviene in altri comparti.

Sa benissimo che tra vincere e stravincere c’è una grande differenza in epoca di populismi imperanti, sa individuare dov’è il problema vero e la necessità o meno di condividerne le soluzioni e sa, infine, quando è il momento di favorire un percorso di rinnovamento che deve essere anche delle relazioni sindacali e di tutto il sindacato se il fordismo, snodo fondamentale del 900, deve essere superato per affrontare le sfide che incombono.

Lo stesso vale per il gruppo dirigente del sindacato. Qui devo dire che se Marco Bentivogli ha fatto da “pesce pilota” dietro non è solo. Ma neppure di lato. FIOM e UILM non sono state da meno. E l’immagine finale con l’abbraccio sincero tra Landini e Bentivogli per me, che sono della vecchia scuola, vale un contratto. Senza dimenticare l’importante collante fornito dallo stesso Palombella, segretario generale della UILM.

Così come la foto finale tutti insieme, tra i negoziatori, che sarebbe stata giudicata scandalosa fino a pochi anni fa, mi ha ricordato il terzo tempo del rugby. Anche quella descrive le intenzioni più delle parole.

A quel tavolo sta forse crescendo un nuovo modo di fare relazioni industriali. Nuovi corpi intermedi crescono. Mi sembra evidente. La ragione è semplice. Soli non si va da nessuna parte.

La globalizzazione impone una ridefinizione dei confini del passato tra tutto ciò che va dai produttori ai consumatori passando per fornitori, banche, contesto politico e sociale, manager e collaboratori, clienti.

Quindi anche delle relazioni sindacali. Tutto si tiene.

L’impresa da sola non va da nessuna parte. Né quella che affronta il mondo a viso aperto, né quella che, pur restando su di un mercato interno, è messa in discussione da altri, nel mondo. Per questo la contrattazione aziendale è importante.

E lo sarà sempre di più. È lì che si creano le condizioni fondamentali della necessaria collaborazione. È lì che la cultura sta cambiando più rapidamente che su altri tavoli. E il contratto nazionale non può essere più una camicia di forza che rallenta il cambiamento.

Deve diventare uno strumento flessibile, modificabile, plasmabile su esigenze specifiche. Altrimenti diventa uno strumento obsoleto. È, ad esempio, lo sforzo che è stato fatto con il recente accordo tra il sindacato confederale e la Confcommercio e che, credo, proseguirà nel  prossimo round con Confindustria.

E aver capito che questi necessari cambiamenti devono avvenire in un quadro di garanzie che solo il CCNL può dare è indice di lungimiranza e maturità del sistema.

La sfida di industry 4.0 non è la sola. Come evolveranno i modelli di business delle imprese, come la digitalizzazione impatterà sul lavoro e sull’innovazione organizzativa, come evolverà l’adozione dei modelli di data driven decision, quali saranno le professioni emergenti/declinanti, come sarà il mercato del lavoro e il nuovo welfare sono i veri temi all’ordine del giorno di chi si occupa di lavoro e impresa.

All’ordine del giorno di oggi, non di chi sa quale domani. E non c’è più tempo da perdere.

Aver deciso di giocare questa partita e di giocarla insieme qualifica ancora di più questo contratto. L’onorevole Sacconi fa bene a sottolinearlo.

Adesso tocca a ciascuno di noi. Il dado è tratto.

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