È il momento di rompere gli schemi…

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Con la concertazione giunta al capolinea sembrava non ci fosse più niente da fare per i corpi intermedi. La disintermediazione (teorizzata e praticata) proponeva al Paese la possibilità di farne a meno e, nei comportamenti concreti il Governo sembrava deciso ad andare in quella direzione.

Le organizzazioni datoriali (soprattutto Confindustria) confinate ad un ruolo ancillare, CGIL,CISL e UIL “condannate” ad una inefficace quanto tardiva unità d’azione incapace di contrastare le iniziative della politica ma anche di contribuire, con proposte, alla loro formulazione pratica.

Gli ottanta euro hanno, per certi versi, rappresentato la sublimazione di quel tentativo di delegittimazione. Il suo punto massimo. Quando Renzi annuncia:”ho dato più io dei sindacati” lancia una sfida.

Così come quando si interroga sulla rappresentatività di Confindustria nelle aziende controllate anche dal Tesoro. È il momento dove l’appuntamento a Cernobbio dei forum Ambrosetti è un luogo da evitare perché frequentato dai “professionisti delle tartine” e la “sala verde” posta proprio sopra la sala del Consiglio dei Ministri, quasi ne fosse metaforicamente superiore in ordine di importanza, viene additata al pubblico ludibrio.

Quella fase, però, si schianta sugli zero virgola. Un Paese che non cresce non può ridursi al pallottoliere. Sul PIL, sulla qualità delle assunzioni, sui risultati (migliori del passato) ma ben lontani da ciò che servirebbe ad un Paese disorientato e preoccupato.

Un disorientamento non colmato da un’Europa sempre più matrigna e distante, incapace di leggere la stanchezza di interi popoli verso le loro elites nostrane ma anche verso gli altrui egoismi nazionali. Tutto questo ha segnato una svolta. Non anti renzista ma antirenziana come direbbe Oscar Farinetti.

C’è sempre un Paese che vuole cambiare, integrarsi in una Europa diversa, che vede nella globalizzazione una opportunità e non solo un pericolo, che crede in un futuro possibile.

Un Paese a cui magari piace meno, non piace più o non è mai piaciuto Renzi, la sua arroganza personale, il suo disegno politico o la sua narrazione della realtà che non corrisponde a quella vissuta concretamente ma ne comprende la necessità, l’urgenza delle sfide da condividere e, soprattutto, l’obiettivo di fare del nostro Paese un luogo diverso, attraente, normale e ricco di opportunità.

La mancanza di risultati sul terreno della crescita, le risse interne al PD, i magri risultati elettorali, l’avvicinarsi del referendum hanno spinto Renzi e il suo Governo a cercare interlocutori e sostenitori non tanto sul leader in sé quanto su scelte economiche e politiche che ricreassero condizioni di confronto, di condivisione e di collaborazione nell’interesse del Paese.

Da qui l’interlocuzione costruttiva con i corpi intermedi che hanno colto l’importanza e la necessità di rimettersi in gioco con proposte equilibrate, realizzabili e in grado di evitare forzature che lacererebbero ulteriormente il tessuto sociale del Paese.

La trattativa sulle pensioni e gli interventi condivisi a favore delle imprese e della crescita sono lì a dimostrarlo. Sono segnali importanti della volontà di intraprendere una diversa direzione di marcia. Adesso la palla è nel campo dei corpi intermedi. I segnali sono incoraggianti.

Confcommercio è da tempo su questa linea. Il neo presidente di Confindustria Boccia a Capri, all’assemblea dei giovani è stato altrettanto chiaro, la CISL e la UIL in modo esplicito, la CGIL a corrente alternata hanno tutti condiviso la necessità di cambiare a partire dall’accordo sulla contrattazione e dalla chiusura dei contratti aperti per arrivare ad un vero e proprio patto per il Paese. Il tempo non è molto.

Il Presidente dei giovani di Confindustria Marco Gay a Capri è stato lapidario: “ripresa nel 2017 o lacrime e sangue”. Non è una previsione pessimistica. È quello che ci aspetta. Per questo occorre una rinnovata assunzione di responsabilità collettiva.

Aprire la stagione della “corresponsabilità” significa impegnarsi per cambiare davvero il Paese. E farlo insieme è la condizione indispensabile. I segnali di una possibile disgregazione politica e sociale ci sono tutti e non solo in Italia. Occorre non sprecare questa volontà di convergenza..

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