Grande distribuzione tra panettoni, angurie e scarpe…

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Ebbene sì. Questa mattina, nonostante il lockdown e in piena zona rossa, sono uscito di casa prestissimo. Obiettivo: raggiungere la LIDL di Corbetta prima dell’apertura. Mi aveva stuzzicato un tweet di Michele Arnese, direttore di Start Magazine provocato dall’entusiasmo del titolista di un articolo del giovane giornalista Alessandro Vinci sul  Corriere (https://bit.ly/3pFkFL1). “Tra poche ore le ambitissime sneaker della catena LIDL saranno finalmente acquistabili anche in Italia a 12,99 euro. Spazio anche a ciabatte, calzini e t-shirt: tutto in edizione limitata”.

Quel “finalmente” messo lì come se fossimo alla fine di un incubo. Un avverbio che, di questi tempi, si usa con cautela e circospezione.  Per l’annuncio del vaccino contro il coronavirus o alla percezione di un’inversione del malefico RT o, infine, all’arrivo degli agognati ristori.

“Finalmente”, di questi tempi, ha un senso profondo, liberatorio e rassicurante. Mostra una luce in fondo al tunnel. Sentirlo messo in gioco per una promozione, seppure particolare perché ha coinvolto mezza Europa, non può lasciare indifferenti. Cerchi di capire cosa può spingere giovani e meno giovani di mezzo mondo a correre  dietro ad un’imitazione di abbigliamento e scarpe di altro lignaggio, con i colori della bandiera rumena, oltreché della catena tedesca e a far esplodere una voglia di possesso che travalica normali livelli di comprensione e trasforma improvvisamente una importante catena di discount in una calamita di interesse così diffuso e particolare.

Occupandomi poi di grande distribuzione non potevo restare indifferente a quel “finalmente” che mi avrebbe consentito di “annusare” in diretta se, la pandemia, avesse in qualche modo mutato le abitudini, costretto a comportamenti più sobri, distanziati soprattutto in una zona con livelli di infezione tutt’altro che insignificanti.

Tre discount a 200 metri uno dall’altro divisi da una rotonda che segna il confine tra Corbetta e Magenta. Nessun vigile appostato grazie all’interpretazione della norma del DPCM. Tre piazzali a disposizione. Vuoto Eurospin, vuoto Aldi. Alle 7.55, ora del mio arrivo, LIDL era stracolma di auto posteggiate, pensionati accalcati davanti all’entrata dotati di telefonino acceso. In ascolto nipoti e parenti vari pronti a dare indicazioni.

Davanti alla fila 4 energumeni fuori taglia. Nessun distanziamento. L’agognato obiettivo era nel punto più distante dall’entrata. All’apertura i quattro, non sapendo esattamente dove erano le scarpe, si sono lanciati ciascuno per ogni corsia consentendo così ai pensionati abitué del posto e dell’ora di giocare la loro partita in nome e per conto dei rispettivi nipoti.  Lucidità ed esperienza contro la forza bruta.

Individuato il banco, l’assalto ha riportato in testa i più robusti. Il primo ha infilato almeno dieci paia in un sacchetto dell’Esselunga; il secondo ne ha buttati altrettanti nel carrello difendendo il bottino a mani nude. Gli altri due tenevano a bada l’orda dei pensionati che cercavano di sfondare. Mi sono messo in un angolo ad osservare la scena. In pochi minuti le scarpe sono finite. Restavano le ciabatte, le tute e poco altro. I nipoti segnalavano ai rispettivi familiari cosa arraffare in sostituzione delle scarpe ormai esaurite.

Alle 8.10 ritornava la calma. Le mascherine al loro posto, gli animi si sono calmati, i trofei, per chi li ha conquistati, sono stati esibiti con un paio di  giri d’onore all’interno del punto vendita. I pensionati sono tornati fragili nel loro incedere tra le corsie, le mascherine sono state rimesse al posto giusto, gli energumeni hanno lasciato la LIDL. Tutto è ritornato come al solito.

Capire cosa trasforma e muove  all’alba di una mattina piovosa e in pieno lockdown gracili pensionati, madri di famiglia con figli appresso, in potenziali conquistatori di scarpe o abbigliamento dai colori sgargianti lo lascio agli esperti della materia.

Quello che ho potuto vedere è che lo scontro tra le due scuole di pensiero presenti nella GDO tra fautori delle promozioni e sostenitori dei “prezzi bassi, sempre” è tutt’altro che ai titoli di coda. Esperti di politiche commerciali che si fronteggiano da anni, volantini e promozioni che spingono i clienti ad inseguirle laddove si manifestano rompendo la  tradizionale fedeltà all’insegna. Voglia di accaparrare mai sopita.

Certo le scarpe si possono conservare o esibire. Alimentano forse un mercato parallelo. Consentono anche una rivendita ad un prezzo maggiorato a chi vive di espedienti. Diverso sono le angurie o i panettoni che, una volta accumulati, si devono comunque consumare. C’è probabilmente dell’altro in questi accaparramenti. E il lockdown non ha certo modificato queste abitudini.

Non mi sono scandalizzato per le angurie di Eurospin  (se garantiscono una giusta remunerazione al produttore) e neppure per i panettoni di Iper – la grande I che pur in mezzo a mille critiche si  ripresentano con puntualità ogni Natale un po’ ovunque.

Questa di LIDL è però un’operazione più complessa, più interessante. È un “non prodotto” che diventa improvvisamente un cult. È la dimostrazione che chiunque può sparigliare le carte nell’era della rete globale. Soprattutto che l’innovazione nelle filiere non è patrimonio di nessuno e non consente alcuna rendita di posizione.

Questa è la vera sfida che ha di fronte anche la Grande distribuzione. Concentrarsi per crescere e innovare. Ciascuno se può. Altro che correre appresso alle promozioni altrui con il dito alzato. 

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3 risposte a “Grande distribuzione tra panettoni, angurie e scarpe…”

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