Il paese che verrà…

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Dove stiamo andando? Una domanda che ricorre continuamente in ogni riflessione. Quello che vediamo non ci piace. Rischi di default, sacrifici, mancanza di prospettive per i giovani, crisi della politica e dei corpi intermedi, interessi forti che prevalgono sull’interesse generale. Quale Paese si profila? Come nelle aziende, ogni cambiamento è complesso. In parte si subisce, in parte si accetta. “Capire il nuovo, guidare il cambiamento” è uno slogan ritornato prepotentemente di attualità. E il “nuovo” decolla sulle ceneri del “vecchio”. Interessi di parte, rendite di posizione, “privilegi” di una generazione perdono di peso per lasciare spazio a nuovi equilibri sociali, economici e politici. Dobbiamo prenderne atto. Il mondo è cambiato. Si è interconnesso, si “meticcia” e si condiziona continuamente. Nuovi interessi e nuovi equilibri compaiono e cercano spazi mentre vecchi equilibri vanno in frantumi. Cogliere questi segnali è fondamentale per intuire il Paese che verrà. Alcuni elementi sono già chiari. Il welfare europeo è destinato ad una profonda rivisitazione. Cercare il lavoro, mantenerlo e crearsene, spesso, uno nuovo sarà parte integrante del nostro agire. I legittimi interessi di ogni parte sociale dovranno trovare una ricomposizione nell’interesse generale. ognuno dovrà concorrere in base alle sue possibilità al benessere della società. Sembra semplice ma è la “semplicità che è difficile a farsi”. Si è parlato di “disarmo bilanciato” intendendo con questo una cultura della rinuncia collettiva e individuale tesa a perdere qualche cosa da parte di tutti per non perdere tutto. Forse è la strada giusta. Personalmente non so se sarà meglio o peggio domani. So che, ci piaccia o meno, per migliorare, occorre cambiare.

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