La transizione propedeutica alla ripresa. Una occasione da non perdere per le parti sociali

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Le stime non lasciano grandi dubbi. Il conto da pagare sarà durissimo sul fronte occupazionale. Per alcuni settori del terziario di mercato e non solo occorreranno almeno due anni per ritornare ai livelli precedenti al lockdown. Ed è difficile pensare che le misure messe in campo per sterilizzarne gli effetti possano durare ancora a lungo.

C’è una proposta di Confindustria, condivisa dal Presidente del CNEL che punta sostanzialmente ad un prolungamento della cassa integrazione per un periodo congruo. È certamente un approdo indispensabile a disposizione  delle imprese che scommettono su un ritorno alla situazione precedente.

Del milione e duecentomila potenziali disoccupati che si stimano essere le conseguenze della pandemia una parte potrebbe così tornare al lavoro precedente. Misura fondamentale ma non sufficiente. Per la stragrande maggioranza dei lavoratori coinvolti la transizione verso la ripresa sarà più amara. Molte imprese non riapriranno. E molte di quelle che riapriranno necessiteranno di professionalità diverse da quelle oggi a disposizione.

È, per  certi versi  incomprensibile che il dibattito sul lavoro si sia maggiormente concentrato sulle sue evoluzioni ritenute potenzialmente  positive che sulle inevitabili conseguenze negative di questo fermo generalizzato. Si è preferito parlare d’altro.

Oltre un milione di persone rischiano il loro futuro. Il blocco dei licenziamenti unito alle diverse forme di sostegno al reddito hanno solo spostato più in là il problema. Ma i nodi stanno venendo al pettine.

Per queste ragioni più che concentrarsi sul lavoro che verrà occorre uno sforzo ed un impegno comune sul lavoro che mancherà e su quali strumenti possano essere utilizzati ridurre al  minimo le conseguenze sociali. Innanzitutto occorre sottolineare che la pandemia non ha risolto le precedenti crisi aziendali. Semmai le ha aggravate. Così come le ristrutturazioni in corso che, per certi versi, dovranno subire un processo di  accelerazione per non essere risucchiate in situazioni ben peggiori.

Nei casi dove l’imminente fine degli ammortizzatori sociali pre Covid porterebbe inevitabilmente ai licenziamenti occorre necessariamente intervenire con misure di sostegno. Per restare nel mio settore di competenza, il comparto non alimentare della Grande Distribuzione è in parte con le spalle al muro così come, ad esempio,  le due aziende del comparto alimentare a cui il Coronavirus ha aggravato sia i tempi e le modalità di integrazione e di rilancio per la prima e di riorganizzazione dei formati e del conseguente piano di sviluppo della seconda.

Ma anche sul fronte dei lavoratori coinvolti la situazione si complica. Trovare un lavoro in questa situazione è molto più difficile. E questo andrebbe considerato nella gestione delle modalità e dei tempi concordati nelle intese già sottoscritte. Per il momento le parti sociali sembrano viaggiare in parallelo senza trovare punti di incontro e di confronto assolutamente necessari.

Per i sindacati occorre rinnovare i contratti scaduti come precondizione indispensabile a qualsiasi confronto. Per le imprese il tema della produttività rende necessario un ripensamento complessivo della stessa logica che sottende i contenuti e i livelli della contrattazione. In mezzo la necessità di non perdere tempo e di trovare risposte credibili sul tema delle politiche attive come precondizione fondamentale per evitare uno scontro sociale dagli esiti drammatici verso il quale stiamo inconsapevolmente scivolando.

Personalmente spero che le recenti dichiarazioni che prefigurano una incomunicabilità evidente siano dettate più dalla necessità di posizionarsi in vista di un negoziato che si annuncia complesso che da una lettura così diversa del contesto economico e sociale.

C’è molto nervosismo nelle imprese e poca voglia di perdere tempo in negoziati formali che non affrontino la sostanza dei problemi sul tappeto. Dall’altra parte il sindacato sembra puntare ad un asse con il Governo per spingere le imprese in un angolo.

La dura presa d posizione di Carlo Bonomi neo Presidente di Confindustria va letta anche in questo contesto. Che in questo Governo ci sia una cultura latente anti impresa neanche tanto nascosta non può non preoccupare chi crede che la ripresa vada accelerata e accompagnata in tutti i modi possibili.

Il sindacato ha dalla sua una grande occasione per rientrare in campo. Occorre però accelerare il confronto di merito. Il disagio sociale sta crescendo e nessuno può pensare di imporre le proprie determinazioni ai rispettivi interlocutori. Il rischio però che la situazione precipiti è molto alto.

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Una risposta a “La transizione propedeutica alla ripresa. Una occasione da non perdere per le parti sociali”

  1. Condivido. Aggiungo soltanto che inoltrarsi in un autunno complicato senza aver prima analizzato e quindi rinnovato contrattualizzandoli i nuovi scenari post Covid si rischia un devastante quanto improduttivo conflitto fra le parti in causa. Affrontare le nuove emergenze con strumenti vecchi non conviene a nessuno.

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