L’innovazione nei sistemi di rappresentanza di Enzo Rullani

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In un mondo forte e accelerata transizione, sono certamente fondamentali le innovazioni individualmente realizzate dalle singole imprese. Ma, specialmente quando i cambiamenti da fare sono rilevanti, le innovazioni individuali possono crescere e diffondersi solo se affiancate da un flusso costante e convergente di innovazioni di sistema, che riguardano forme di organizzazione e di lavoro sociale, coinvolgendo molte imprese allo stesso tempo, ma anche Pubblica Amministrazione, servizi, banche, lavoratori, consumatori, cittadini presenti sul territorio.
Le strutture della rappresentanza imprenditoriale e sociale hanno una speciale responsabilità – insieme alla politica – per il presidio delle innovazioni di sistema, che sono richieste in ogni momento storico.
Dunque, in un contesto mobile ma anche aperto come l’attuale, anche la rappresentanza si trova impegnata a sviluppare nuove strategie e nuove forme organizzative, se vuole svolgere al meglio la sua funzione e non perdere i contatti con la propria base associativa. E’ un’operazione non sempre facile, perché contrasta con forme di inerzia culturale e istituzionale consolidate dalla prassi, che è difficile rompere.
Forme di marketing associativo che facilitano l’interazione con gli associati (attuali e potenziali) e vengono incontro alle loro (nuove) esigenze sono già in atto, un po’ a tutti i livelli del sistema associativo. Si tratta tuttavia di inquadrare le tante esperienze in corso in una politica comune, per dare al rapporto con il nuovo mercato associativo una struttura più robusta e generale, diffusa a tutti i livelli dell’Associazione e in tutti i territori presidiati.
Per fare questo, è necessario innanzitutto avere ben chiara la funzione che può e deve essere svolta dall’Associazione, in rapporto ai propri associati e all’interesse collettivo del paese in cui essi operano. Una funzione che può essere sintetizzata in due obiettivi, destinati a sostenersi a vicenda:
– la creazione di valore, assumendo il punto di vista di ogni associato, ma anche del settore e del territorio in cui opera;
– la qualificazione della propria differenza distintiva, nel confronto competitivo con altre forme, concorrenti, di rappresentanza.
La creazione di valore, oggi, passa sempre meno per le funzioni svolte dalla rappresentanza tradizionale, ossia:
• difesa di interessi di categoria nella negoziazione politica con la Pubblica Amministrazione (regole, tasse ecc.);
• rappresentanza nella contrattazione sindacale dei rapporti di lavoro;
• fornitura di servizi standard, in gran parte obbligatori, con i conseguenti ricavi.
Queste tre funzioni sono ancora fondamentali e in un certo senso definiscono lo spazio elettivo di azione della rappresentanza imprenditoriale, per tutte le categorie. Ma esse, nel contesto post-2000, hanno ormai spazi di azione sempre più ristretti in termini di creazione di valore per gli associati.
Per diverse ragioni.
La negoziazione politica, come è noto, è appesantita dal proliferare delle rappresentanze presenti ai tavoli negoziali, e dalla progressiva riduzione della capacità di risposta della Pubblica Amministrazione, a causa dei vincoli che si sono negli ultimi decenni frapposti alla sua libertà di azione (Unione europea, globalizzazione dei mercati, eccesso di indebitamento dello stato, fiscal compact, euro ecc.): tutte cose che hanno gravemente limitato il potere Statale (regionale, comunale) di redistribuzione della ricchezza e di regolazione dei comportamenti sociali.
Oggi il residuo spazio di regolazione, tassazione e concertazione è stato completamento occupato dalla ricerca concordata di ammortizzatori sociali che tamponino le emergenze occupazionali o territoriali più gravi. Poco è rimasto da immaginare in termini di sviluppo, per il futuro.
Ma se si guarda al futuro, in rapporto alla politica, bisogna essere dalla parte delle strategie di radicale innovazione delle pratiche e delle strutture della Pubblica Amministrazione. E’ assolutamente necessario, infatti, che in futuro sia ridotto il peso fiscale sulle attività economico-produttive e sia semplificata la regolazione in eccesso, frutto dell’inerzia delle cose che stratifica norme su norme, certo, ma anche dello stra-potere che la burocrazia ha conquistato supplendo sempre di più alla debolezza della politica. Speriamo e vogliamo che da oggi le cose si invertano, e i corpi intermedi faranno la loro parte per avere questa inversione di tendenza, che comporta anche un investimento maggiore nell’innovazione della politica e dello Stato.
La contrattazione sindacale ha ormai perso la cornice ideologica della “concertazione” col pubblico, ma – comunque – i margini di distribuzione del reddito su cui trattare – tra le parti in causa – sono ormai sempre minori, a causa della crisi. Anche in questo caso, semmai, si dovrebbe de-costruire il sistema di classificazioni, vincoli e prescrizioni ereditate dal novecento, per andare verso forme di “collaborazione intraprendente” tra lavoratori e imprese che certo non si possono prescrivere nei contratti nazionali e che solo in parte possono essere recepiti dalle contrattazioni territoriali. Uno spostamento della contrattazione sul piano aziendale e individuale, sia pure entro regole definite da una cornice generale (di tipo nazionale o europeo) è urgente per recuperare la logica della “collaborazione intraprendente” tra le parti, a cui l’organizzazione datoriale dovrà cercare di dare sostegno nei prossimi anni.
La fornitura di servizi standard (in parte obbligatori) è ormai una importante legame tra tutte le organizzazioni di rappresentanza e i loro associati. Ma anche in questo caso i margini di azione si stanno restringendo. Proprio perché i servizi sono standard, i loro prezzi sono compressi da una concorrenza privata che diventa sempre più agguerrita, usando anche delle tecnologie digitali e delle economie di scala che si possono ottenere – nel trattamento di dati codificati – sia sul piano nazionale che internazionale.
La produzione di valore per gli associati (attuali e potenziali) passa ancora, in parte, per queste tre funzioni, ma riguarda ormai – per una quota sempre maggiore – altri campi di azione. Prima di tutti, quello dello sviluppo di innovazioni di sistema (Confcommercio) che possono sostenere la trasformazione delle imprese, e dei loro modelli di business, in coerenza con la transizione in corso.
Queste innovazioni sono ancorate ad una serie di progetti di innovazione, che – per essere realizzati – richiedono di andare oltre l’identità definita dalla categoria, perché il progetto da portare avanti coinvolge una serie di apporti e di contributi che superano i confini tradizionali della categoria, del settore, del territorio. In un progetto di innovazione che si rivolge ad una filiera, ad esempio, sono determinanti gli apporti di fornitori, clienti, distributori, consumatori finali. Coinvolgendo dunque di soggetti che una volta sarebbero rimasti “esterni” alla rappresentanza di categoria e assegnati ad altri ambiti settoriali (manifattura, agricoltura, edilizia, ricerca ecc.) e territoriali. Se si fa proprio un progetto complesso, mirando al valore aggiunto che esso promette di realizzare, si finisce in questo modo anche per rappresentare – direttamente o indirettamente – anche interessi che eccedono il proprio ambito settoriale o territoriale tradizionale.
Lo stesso vale per progetti di innovazione di sistema che devono mobilitare reti di imprese, collaborazioni tra pubblico e privato in un ambito territoriale, o che mettono insieme scuola, ricerca, qualità del capitale umano e investimenti di impresa.
Ma, una volta assunta questa prospettiva strategica, quali sono i campi in cui in concreto si possono sperimentare le innovazioni di sistema più urgenti e vantaggiose?
Ne richiamiamo alcune, che non esauriscono i campi di azione possibile:

Fornire un aiuto selettivo alle innovazioni individuali delle imprese
Confcommercio si propone di individuale e selezionare alcuni campi considerati di valenza sistemica per la transizione in corso nel sistema imprenditoriale italiano, come la diffusione capillare delle tecnologie digitali, l’internazionalizzazione degli approvvigionamenti e delle vendite, i marchi e la certificazione di qualità, il rafforzamento finanziario e patrimoniale delle imprese, la successione imprenditoriale senza traumi ecc..
In particolare, si potrebbe mettere a punto un kit dei servizi critici da fornire alle imprese associate che li richiedono:

– un servizio a tappeto di alfabetizzazione informatica e di digitalizzazione dell’attività, considerando il fatto che ormai molti consumatori usano lo smartphone per restare in contatto con la rete distributiva on line, da cui prendono suggerimenti sui prodotti, sugli offerenti e sui prezzi. Finora, le vendite on line sono state considerate una forma di disintermediazione commerciale, ma oggi le cose sono cambiate. La nuova frontiera è quella della progressiva integrazione digitale tra distribuzione fisica e on line, cosa che – ad esempio nel commercio – cambia sia la funzione del negozio (che diventa vetrina, avendo accesso ad un magazzino on line molto più ampio e poco costoso) sia quella del negoziante (che si propone soprattutto come consulente, garante o organizzatore di esperienze coinvolgenti). E’ una prospettiva, questa della integrazione tra servizio fisico e servizio on line che già si è affermata nelle banche, ma che anche nei negozi commerciali deve cominciare ad avere il suo spazio, per arricchire il servizio reso al cliente e per evitare la prospettiva di una pura e semplice disintermediazione;

– un servizio di aiuto ai giovani che vogliono aprire nuove imprese (negozi, bar, alberghi, ristoranti, centri di divertimento, di assistenza o altri servizi), fornendo non solo la consulenza e i contatti necessari, ma anche un kit “minimo” e il finanziamento bancario per iniziare (ci sono aziende che già ora forniscono un kit a basso prezzo). Per evitare che l’eccessiva disponibilità di forza lavoro inoccupata crei un eccesso di nuove iniziative nel campo commerciale o dei servizi, si dovrebbe collegare questo aiuto a piani di rivitalizzazione delle aree urbane, sostenendo così in modo differenziale la concentrazione di attività di richiamo in certi spazi urbani che lo richiedono, in funzione di un piano di ri-disegno delle città;

– un sostegno alla formazione di reti tra imprese, in tutti i casi in cui gli obiettivi strategici perseguiti o imposti dal mercato sono al di sopra delle capacità e delle risorse delle singole imprese. Confcommercio, per esempio, già ha fatto esperienza in questo campo ma queste esperienze dovrebbero essere documentate e codificate, in modo da essere di stimolo alle imprese nella formazione di reti che consentono loro di alzare l’asticella della competizione da affrontare;

– un servizio di aiuto alla trasformazione organizzativa delle imprese personali o familiari, con l’inserimento di manager o tecnici (dotati di un certo spazio di autonomia decisionale) in tutti i casi in cui questa evoluzione della forma di impresa è utile. Ad esempio per organizzare in modo preventivo i processi di successione imprenditoriale, contando su un’impresa che funziona abbastanza bene anche in assenza dell’imprenditore-fondatore; o nei casi di creazione di reti con altre imprese in cui la presenza di un manager di rete può mediare tra i diversi interessi in campo; l’uso di competenze tecniche o internazionali di qualità che sono in possesso di manager e tecnici in uscita dalle grandi imprese, e che potrebbero essere utilizzati con vantaggio dalle piccole anche sotto la forma del part-time.

In questi campi, Le organizzazioni di rappresentanza dovrebbero proporsi di intervenire a sostegno di queste linee di innovazione varate dalle imprese creando un contesto ad esse favorevole, in due modi complementari:
a) fornendo in proprio alcuni servizi innovativi o portando avanti in prima persona idee e suggerimenti da trasferire nella pratica delle imprese rappresentate;
b) costruendo una trama collaudata di relazioni nell’ambiente in cui le imprese operano, attraverso iniziative “mirate” di collaborazione da stabilire con la consulenza, i centri di formazione, il lavoro (contratti e comportamenti ancorati alla condivisione progettuale), le banche (garanzie, linee di credito finalizzate). Ma anche, in generale, con tutti gli altri attori delle filiere (fornitori, committenti, consumatori, professionisti, Pubblica Amministrazione ecc.) con cui sia possibile stabilire intese finalizzate al buon esito delle innovazioni varate da imprese individuali.
E’ una cosa che si sta già facendo da tempo, con esiti qualche volta buoni e qualche volta meno buoni. Ma si tratta oggi di prendere l’iniziativa per identificare i campi critici su cui attivarsi, e per stabilire convenzioni e relazioni garantite con gli interlocutori di cui le imprese rappresentate hanno bisogno, per portare avanti ai loro progetti.

Allargare il campo della rappresentanza, legandola ai soggetti coinvolti nella realizzazione di progetti di innovazione considerati critici
In molte realtà territoriali, un allargamento dello spettro della rappresentanza è stato realizzato con opportune azioni di marketing associativo, che hanno cercato di allargare il bacino di uso delle proprie competenze e dei propri servizi ad artigiani, piccoli industriali, professionisti, terzo settore, ecc..
Ma una forma più impegnativa di allargamento della rappresentanza si ha anche quando ci si mette a promuovere e realizzare progetti di innovazione sistemica, per i quali diventa essenziale incontrare e coinvolgere aziende di settori o territori diversi, in tutti i casi in cui esse fanno parte di uno stesso processo di co-produzione del valore. Ad esempio perché partecipano alla stessa filiera o alla stessa rete, o perché sono insediate nello stesso territorio, sfruttando così alcune risorse comuni (scuola, ricerca, servizi, sistema urbano, istituzioni ecc.). Il coinvolgimento può diventare oggetto di una scelta consapevole se esse accettano di legarsi alla realizzazione condivisa di un progetto di rilevanza collettiva, selezionato come critico dall’organizzazione datoriale.
Un’altra forma di allargamento della rappresentanza si può avere se si cominciano a sviluppare forme di coinvolgimento dei diversi soggetti sociali in progetti di innovazione condivisi, puntando alla condivisione degli investimenti e dei rischi. Questo può valere per altre imprese della filiera o della rete, ma anche per i manager, i lavoratori, le banche, i fornitori, i committenti, le istituzioni locali, il fisco ecc.. Tanti interlocutori con cui ci si può dividere il costo dell’investimento da fare e il rischio assunto, nel senso che il prezzo di scambio (del lavoro, del credito, della fornitura ecc.) sarà alto o basso in funzione del risultato raggiunto nel campo di condivisione scelto. E’ una prospettiva che consente di vedere diversamente (in termini di “collaborazione intraprendente” anche la riforma del mercato del lavoro lavoro, o gli interventi sul credito).

Mettere il sistema della rappresentanza, impegnato sul versante dell’innovazione, in condizione di lavorare a rete, tra le sue varie unità

Nel sostegno selettivo alle innovazioni rilevanti e di attrazione di nuovi potenziali users, diventa essenziale per il sistema Datoriale nel suo insieme fare investimenti importanti per predisporre le competenze e le capacità generative necessarie a promuovere e gestire l’innovazione, sai fornendo direttamente servizi critici agli associati innovatori, sia per guidare la trasformazione in senso favorevole del contesto in cui essi si muovono.
Questi investimenti richiedono tempi, costi e rischi rilevanti, perché, per avere l’effetto competitivo voluto, devono essere di eccellenza sul mercato. Se si deve coprire questi tempi, costi e rischi rilevanti è assolutamente necessario garantire ai nuovi servizi forniti un bacino di domanda ampio, che consenta la replicazione su larga scala dei modelli di successo messi a punto nella pratica. Ma se i progetti di innovazione e gli investimenti necessari sono gestiti dalle singole parti dell’Associazione (categorie, Associazioni territoriali) è difficile che le soluzioni innovative messe a punto possano rendere e ri-alimentare, così, il processo di formazione di conoscenza generativa. Occorre dunque lasciare le iniziative di sperimentazione innovativa si sviluppino dal “basso”, partendo dalle singole unità (settoriali o territoriali), a contatto con la domanda dei potenziali “clienti”. Ma occorre allo stesso tempo che le soluzioni di successo, una volta messe a punto in un settore o in una provincia, possano essere replicate a basso costo in tutte le altre unità del sistema Confcommercio che sono interessate ad innovare nello stesso campo.
Perché questo trasferimento avvenga, non bastano le iniziative spontanee di collaborazione tra le diverse unità (che pure sono benvenute), ma occorre una piattaforma nazionale che consenta di documentare quello che si fa nei vari campi (settori, luoghi), di codificare i linguaggi e metodi necessari al trasferimento (in altri settori e luoghi), di stabilire contratti-tipo di collaborazione, compenso e garanzia tra le unità che hanno prodotto l’innovazione e quelle che vogliono ri-usarla.
La costruzione di un sistema a rete, per le organizzazioni di rappresentanza, consente ad ogni unità settoriale o locale di essere presente nel front-office (rispetto al cliente), presidiando il proprio settore o territorio; ma contemporaneamente consente a quella unità di ottenere il servizio “venduto” o promesso a costi bassi e in condizioni garantite di qualità, perché sa di poter attivare una unità di back office (l’unità del sistema che si specializza in quel servizio), incaricata di produrlo e adattarlo a condizioni pre-stabilite. E’ questo il modo con cui gli i rilevanti investimenti richiesti possono essere distribuiti tra le diverse unità del sistema (ciascuna delle quali sceglie in qualche campo specializzarsi) e possono rendere dal punto di vista economico, perché servono una domanda di livello nazionale o internazionale, non solo locale o settoriale. Con le economie di scala conseguenti.
Al tempo stesso, il Centro del sistema, che assume una funzione connettiva e di garanzia, stimola le unità sul campo (settoriale o locale) ad impegnarsi in processi innovativi specializzati, definiti in base alle esigenze nuove rilevate dai loro associati. Al tempo stesso ciascuna unità allarga la gamma dei servizi che riesce ad offrire ai propri associati, perché mette a sistema le competenze e le esperienze innovative fatte, nei diversi campi, anche da tutte le altre unità della rete.

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