Mall di Segrate. Se dieci anni vi sembrano pochi…

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Un documento di cinque pagine fitte nel quale sono riassunti oltre dieci anni di discussioni, contrasti e progetti dà il via libera finale ai lavori per la costruzione del più grande centro commerciale d’Europa in quel di Segrate vicina all’aeroporto di Linate e a meno di mezz’ora dal centro di Milano.

Trecento negozi, cinquanta ristoranti, sedici sale cinematografiche e diecimila posti auto su 240.000 metri quadrati di superficie. Almeno diciassettemila occupati senza parlare dei ventimila che saranno impegnati nella sua costruzione. Un investimento di 1,4 miliardi di euro, oltre 50 milioni di euro di oneri di urbanizzazione e tre anni di lavoro per completare l’opera.

Una struttura impressionante che si installa in un comprensorio già saturo di attività di grandi dimensioni, concepita in anni dove la crisi dei centri commerciali non aveva ancora dato segni evidenti di accelerazione.

I dati, (https://read.bi/2NAaE2a) negli USA parlano chiaro segnalando come sempre più vincenti strutture meno invasive come i centri commerciali naturali allocati preferibilmente nei centri urbani ma anche  il commercio on line ormai in crescita esponenziale. Nonostante questo, c’è chi crede su iniziative  di queste dimensioni che, pur cannibalizzando in parte il contesto commerciale circostante, propongono novità e rilanci di grande impatto.

Westfield ha scelto nel mondo  questa strada con l’obiettivo di trasformare l’immagine e la funzione stessa dei centri commerciali. L’obiettivo è di trasformarli sempre più in mega centri comunitari di incontro, relazione e relax, innalzando la qualità dell’offerta e puntando sulle eccellenze dei diversi settori merceologici. Vincere la scommessa non sarà certo semplice.

E’ prevista una stazione ferroviaria con la fermata per l’Alta Velocità, il collegamento della metropolitana da Linate a Segrate e uno stravolgimento delle strutture viabilistiche. Delle assunzioni se ne occuperà  AFOL metropolitana (un’azienda speciale consortile partecipata dalla Città Metropolitana di Milano e da 67 Comuni. L’agenzia garantisce ai cittadini e alle imprese del territorio milanese un unico interlocutore pubblico sui temi del lavoro e della formazione) che dovrà vagliare le centinaia di migliaia di curricula che arriveranno. E’ attesa, più o meno, la stessa quantità di pubblico dell’Expo. Oltre 60.000 presenze al giorno; circa 21 milioni di presenze all’anno.

Il via ai lavori, per ironia della sorte, avviene proprio mentre il Governo giallo verde si appresta a legiferare sulle chiusure domenicali. Sarà interessante capire come un investimento di queste dimensioni possa iniziare senza avere chiaro il contesto legislativo che discenderà dalle decisioni politiche.

Ad oggi l’unico che ha sollevato il problema è Antonio Percassi, costruttore del sito ma anche partner di numerose e importanti operazioni commerciali a cominciare dalla recente Starbucks, che, in una recente intervista al Corriere ha dichiarato che le chiusure domenicali rappresenterebbero un problema devastante non solo per Segrate. Ha sostenuto con una buona dose di ragione: “Perché chiudere un centro commerciale quando aeroporti, stazioni, centro città, ristoranti sono aperti?”.

Difficile cavarsela a chiacchiere davanti a un complesso business plan o annunciando a chi mette i quattrini  che la decisione potrebbe essere demandata a livello regionale. Non si investono 1,4 miliardi di euro senza garanzie!

Segrate non è un comune turistico quindi dovrebbero essere concepite delle deroghe specifiche che, inevitabilmente, impatterebbero comunque su outlet, centri commerciali o altre superfici commerciali presenti in un raggio estremamente vasto di territorio che va ben oltre l’hinterland milanese. E questo aprirebbe un conflitto indefinito con qualsiasi altra area  del territorio nazionale che, a buon diritto, vanterebbe le stesse prerogative.

Chiuderlo alla domenica, d’altra parte, significherebbe però  chiuderne, ad esempio, i cinema, i ristoranti e le centinaia attività collaterali presenti al suo interno pensate proprio per il pubblico della domenica che rappresenta una fetta importante del business.

Il Mall di Segrate non è ancora aperto e già evidenzia  i limiti, le conseguenze e le polemiche che, un intervento a gamba tesa sulle domeniche porterebbe inevitabilmente con sé. Purtroppo non c’è ancora molto tempo per riflettere.

Forse occorrerebbe impostare la questione partendo dalle aperture e non viceversa. Non è un gioco di parole. Questo significa la definizione, a livello centrale, di un  numero di chiusure massimo comprendente le festività nazionali e religiose.

A mio parere andrebbero valutate, sempre a quel livello, le attività economiche che devono essere necessariamente escluse dal provvedimento. Un outlet, piuttosto che un centro commerciale o alcune merceologie specifiche hanno esigenze diverse tra di loro. Valutarle correttamente sarebbe solo indice di buon senso.

Infine le caratteristiche delle deroghe per specifiche località. Definirle centralmente consentirebbe una gestione equilibrata della materia a livello regionale. Soprattutto non si correrebbe il rischio di regolamentazioni differenti e in conflitto tra di loro. Ma soprattutto le estenuanti trattative del passato che tutti ci ricordiamo. Al contratto nazionale, come peraltro già avviene, il compito di stabilire il valore (e quindi il costo) della prestazione festiva e domenicale.

Il punto però da cui è necessario partire è che non ci troviamo di fronte ad una discussione sociologica o antropologica sui consumi e i suoi modelli. Le decisioni che verranno adottate, qualsiasi esse siano avranno effetti sull’intero settore, ne determineranno la tenuta o l’involuzione, ne consentiranno o ne frustreranno l’innovazione e quindi lo sviluppo.

Non è un problema di confronto con altri Paesi dove il lavoro festivo e domenicale non esiste. Qui c’è, occupa migliaia di persone e di attività e porta con sé problematiche importanti.

Segrate e il suo Mall non potevano capitare in un momento migliore.

L’investitore ha dovuto pazientemente aspettare dieci anni timbri e burocrazia. L’impatto sul territorio è stato valutato e soppesato in tutti. Così come pure i contrari a questo insediamento, tra cui lo stesso sindaco attuale di Segrate, hanno avuto la possibilità di impegnarsi per migliorarne l’impatto e il progetto rendendoli  compatibili con un territorio che vedrà crescere comunque il valore degli immobili, sviluppare occasioni di lavoro e di impresa, cogliere nuove opportunità. Ma porterà con sé anche conseguenze negative per molte attività economiche, tradizionali o meno, che ne risentiranno inevitabilmente.

Vedremo se, come pensa Westfield è questa una risposta alla crisi degli attuali formati distributivi. Altri protagonisti riducono le loro superfici e rientrano nelle città. Altri puntano sul web o sui negozi monomarca.

Loro moltiplicano le superfici, trasformano l’esperienza di acquisto  e concentrano le proposte mettendo in campo le eccellenze commerciali. La partita sul futuro della Grande Distribuzione, comunque la si pensi,  affronta un nuovo capitolo della sua evoluzione.

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