Metalmeccanici tedeschi e entusiasmi italiani…

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È così dopo i braccialetti di Amazon tocca al contratto dei metalmeccanici tedeschi infiammare il dibattito politico italiano sul lavoro.

Spero solo che Meloni e Salvini non si rechino anche nel Baden Württemberg per poi garantire ai lavoratori italiani la futura trasferibilità in Italia dei contenuti.

Contemporaneamente all’Acea il M5S acconsente all’abolizione dell’articolo 18. I sindacati applaudono e incassano convinti che sia una loro vittoria. Ma è proprio così?

Innanzitutto c’è da dire che sui braccialetti abbiamo fatto una pessima figura a livello planetario. Una cosa che non esiste è stata trasformata in una farsa nazionale.

All’Acea di Roma il M5S, impegnato in campagna elettorale non si è fatto sfuggire l’occasione, fornita dal sindacato confederale, di abrogare l’articolo 18.

Ascoltare l’entusiasmo sornione di alcuni sindacalisti che, a mio parere, sono caduti nella trappola romana deve far riflettere. La vecchia logica che i “nemici dei miei nemici sono miei amici” innescherà, per sua natura, un meccanismo di strumentalizzazione infinito che produrrà frutti nefasti ovunque.

Sia chiaro il problema non è l’art. 18 o la sua abrogazione. ACEA come tutte le aziende sotto l’influenza pubblica non avrebbe comunque mai utilizzato questa possibilità senza provocare reazioni ingestibili dal suo vertice aziendale.

È una scelta politica che trasforma in “mosche nocchiere” chi pensa esserne il protagonista ma non lo è. E favorisce inevitabilmente sia i disegni di disintermediazione della rappresentanza (da qui il giusto richiamo di Confindustria) che quelli di legittimazione politica in un momento decisivo.

Infine il contratto dei metalmeccanici tedeschi del Baden Württemberg. Entusiasmo da stadio. Sempre su parte del versante sindacale. Riservandomi un approfondimento appena sarà possibile esaminare il testo, dalle prime reazioni in Germania ma anche da noi, la trovo un’occasione persa.

È vero che si realizza nel Baden Württemberg, dove alcune grandi imprese hanno la loro contrattazione aziedale alternativa e altre ricorrono al salario minimo, però i contratti, tutti i contratti, possiedono un’anima. Una scelta di fondo che ne determina la qualità e la natura innovativa.

Un contratto può chiudere una fase o aprirne una nuova. Può redistribuire o investire sul futuro. E non basta un po’ di work life balance per cambiarne la natura conservativa.

La IG Metall ha perso parecchio smalto in questi anni per evidenti difficoltà a tenere insieme imprese, generazioni, territori e esigenze individuali diverse. Il modello sociale tedesco è in affanno e accusa sempre più difficoltà nella competizione globale.

SPD e DGB di cui la IGMetall fa parte, pur su versanti diversi ne stanno pagando un prezzo elevato in termini di consenso. L’individualismo come il populismo spingono altrove la ricerca di risposte.

Un contratto pilota non può non comprendere che le esigenze di competitività delle imprese e le esigenze individuali e collettive dei lavoratori devono trovare nuove sintesi. Non devono solo distribuirne i vantaggi accumulati nel recente passato. Soprattutto quando il livello negoziale è uno solo.

Questo porterà inevitabilmente ad un ulteriore sfarinamento dell’importanza della contrattazione collettiva tedesca. Purtroppo già evidente.

Ed è anche per questo che preferisco lo sforzo di Federmeccanica e FIM/FIOM/UILM nel loro contratto nazionale. Qui vedo la discesa in campo di una impresa moderna che accetta la sfida del sindacato, la rilancia mettendo al centro il lavoratore, il suo sviluppo professionale e il suo contributo alla crescita, alla realizzazione degli obiettivi di business, ne promuove il welfare dedicato ma anche forme di work life balance.

Il futuro dei modelli contrattuali è proprio nella capacità di coniugare interessi collettivi e individuali costruiti sul posto di lavoro con tecnica sartoriale. Da qui un modello contrattuale per l’industria metalmeccanica che prevede un contratto collettivo nazionale che fissa la cornice di garanzia e la contrattazione aziendale o territoriale o di rete, che garantisce un equilibrio complessivo.

Il contratto firmato dai metalmeccanici italiani è, ovviamente, solo un primo passo. Altri ce ne dovranno essere per realizzare concretamente quel risultato. Ma il primo passo è nella direzione giusta.

Quello tedesco mi sembra importante essenzialmente sul piano redistributivo. Però il vantaggio del sindacalismo tedesco rispetto a quello italiano che ne vorrebbe prendere solo alcuni aspetti è comunque nel saper comprendere che sono la condizione di salute delle imprese e del sistema circostante la vera differenza su cui innestare la propria iniziativa. Questo, nonostante tutto, è rimasto, fortunatamente.

Mi sarei però aspettato più idee e meno timidezza dal fronte imprenditoriale tedesco in termini di innovazione e flessibilità e visione del futuro perché il contratto si fa in due. Da qui i miei dubbi. Tutto qua.

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