Apprendistato

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Sgravio contributivo totale per le aziende con meno di 10 dipendenti

Con riferimento alla norma che ha previsto lo sgravio del 100% dei contributi previdenziali per i primi tre anni di contratto per l’assunzione di apprendisti da parte di aziende che occupano meno di 10 dipendenti, è opportuno, per fruire del beneficio, attendere l’emanazione dell’apposita circolare operativa da parte dell’INPS.

Infatti, non sono state ancora emanate le relative istruzioni operative per la concreta applicazione del beneficio ed è stato sollecitato il Ministero del Lavoro ad esprimere un parere in particolare sulla eventuale qualificazione di tale beneficio come “aiuto di Stato” che comporterebbe l’applicazione dell’agevolazione nei limiti del c.d. “de minimis”.

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Il calabrone non potrebbe volare, ma lo fa

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Sale l’angoscia di futuro. Per le famiglie e per la gente comune, se l’andamento dello spread, la bomba ad orologeria dei derivati, la perversione degli speculatori di Wall Street sono minacce serie ma lontane, non lo sono la perdita del lavoro, le riduzioni di reddito, l’innalzamento dell’inflazione. Sono misuratori ormai domestici, con i quali fanno i conti tutti i giorni. L’incertezza è dominante, quasi paralizzante. La politica mostra sia limiti d’impotenza reattiva, verso l’aggressività della finanza e sia una incapacità di pensare in grande. Che non vuol dire fare fughe in avanti, ma convinzione che non saranno mai i pannicelli caldi a tirarci fuori dai guai di questa crisi.

Una cosa è certa; dobbiamo farcela ad uscire dalla morsa della recessione. E lo dobbiamo fare soprattutto con le nostre forze. Non ci sarà un angelo benefattore che ci toglierà le castagne dal fuoco. Molti sostengono che c’è poco da fare; “ci deve salvare l’Europa”. A parte il fatto che, visto l’attuale stato dell’Unione, una frase del genere è equivalente a “spera in Dio” (esigenza irrinunciabile, almeno per chi crede), ma non è affatto condivisibile. L’Europa deve fare la sua parte e possibilmente rilanciandosi come prospettiva istituzionalmente unitaria, perché soltanto così si potranno avere gli eurobond per la crescita, una flessibilità nella gestione del fiscal compact, finanche una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali. Ma è in Italia, che va ricostruita la fiducia verso il futuro.
Ancora una volta, la questione non è là (in Europa); il “laismo” è una malattia che prende chi non ha voglia di decidere del proprio destino, che inquina il linguaggio di classi dirigenti infiacchite, che impedisce di osare. Questa malattia si isola e si guarisce soltanto se gli italiani decidono di non delegare, se si ridà fiato al policentrismo culturale, economico e sociale di questo Paese, se si investe sulla serietà della gente, sul merito come criterio di valutazione, sulla solidarietà in quanto valore di coesione. Tutto concorre a credere che ciò sia, se non impossibile, almeno improbabile. Può darsi, ma il problema non si sposta di una virgola.  Per cui, nonostante le difficoltà, bisogna battere questa strada di irrobustimento delle speranze.
La cultura, l’educazione, la formazione, in tutte le loro sfaccettature ed espressioni, sono uno dei pilastri fondamentali su cui puntare per dare senso alla fiducia. Bisogna andare in contro tendenza, perché al di là delle restrizioni di ogni tipo che hanno subito tutte le strutture che ad esse si dedicano, è l’idea stessa del sapere che è stata svalutata in questi anni. Meglio essere informati sui gossip che sull’informatica; meglio partecipare a X Factor che studiare musica; meglio indebitarsi per le vacanze esotiche che per andare all’università. Anni di spensieratezza, di illusione che si potesse guadagnare con facilità e senza sudare, di primato dell’apparire su quello dell’essere. La crisi ha spazzato via queste false credenze e sta facendo pulizia anche dei suoi profeti. La sua durezza ha agevolato la risalita del valore del sapere. Ora si tratta di agire con coerenza per imporre una vera e propria economia dell’educazione.
“Educare, educare, educare” suggerì  Kim Mortensen, Presidente della Commissione Lavoro del Parlamento danese nel lontano 2006, al primo convegno organizzato dall’Associazione Nuovi Lavori (cfr. Il “nuovo” nel mercato del lavoro, ed. Sapere 2000, 22006). Questo era il fondamento della flexsecurity della Danimarca e questo rimane, anche per l’Italia, la possibilità concreta per attrezzare il futuro del lavoro. E per farlo bene occorrono tre scelte. La prima è quella di smetterla di tagliare linearmente la spesa pubblica nei campi del sapere. Razionalizzare sempre; contrarre mai. Questa dovrebbe essere la scelta per il futuro. Darebbe fiducia a chi opera nelle strutture pubbliche ma anche a chi agisce in quelle private, porterebbe un po’ di certezze nelle famiglie, assicurerebbe ai giovani e ai lavoratori una sponda di maggiore sicurezza per vivere di lavori.
La seconda, conoscere sempre meglio le tendenze del mercato del lavoro. Nonostante vi siano molti sensori in campo, più o meno accreditati, lo “spannometro” è l’indicatore più gettonato. Così capita che per un certo periodo di tempo sono di moda le professioni legate all’ICT per essere sostituite poi da quelle manuali; in una fase si sollecitano le iscrizioni alle facoltà scientifiche e poi si passa a quelle umanistiche, più per valutazioni superficiali che basate su elementi concreti. Questo vuoto di conoscenza non lo può coprire soltanto il pubblico. Una “borsa lavori” affidabile per il presente e per il futuro la può assicurare soprattutto una seria collaborazione tra Governo e parti sociali.
La terza scelta riguarda chi lavora già. Il “life long learning” deve essere implementato e divenire parte integrante di tutte le agende delle imprese. Anzi, bisogna ritornare un po’ allo spirito delle 150 ore, per cui ogni lavoratore nell’arco della propria vita lavorativa può accumulare un pacchetto di ore spendibile in educazione, secondo le proprie esigenze. Inoltre, l’esperienza dei Fondi interprofessionali dimostra che, anche nella crisi, le imprese hanno utilizzato lo strumento formativo, spesso in chiave conservativa, ma anche con punte di innovatività che dimostrano la validità dell’investimento nel sapere dei lavoratori. Ogni tentativo di ridimensionare il ruolo dei Fondi interprofessionali in chiave assistenziale va combattuto. Essi devono, anzi, essere sempre più spinti ad accrescere gli standards professionali.
L’Italia da la sensazione di non farcela, ma non è così. Ha soltanto l’esigenza di liberarsi degli intoppi che le impediscono di essere un calabrone. Per questo, soltanto guardando in avanti e non facendosi spaventare dalle difficoltà, potranno essere divelti, di volta in volta, gli ostacoli che impediscono di ricominciare a delineare un futuro positivo. Le forze della rassegnazione e della conservazione cercheranno di impedirlo, ma i fatti e le volontà dei più sapranno imporsi per uscire migliori dalla crisi. Allora, il calabrone volerà.

Raffaele Morese

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Regione Lombardia – Bando “Responsabilità sociale per la competitività di impresa”

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Regione Lombardia ha approvato un Bando per sostenere,agevolare,intraprendere e consolidare azioni di Responsabilità Sociale d’Impresa – RSI delle MPMI lombar­de e delle grandi imprese anche internazionali radicate sul territorio”.

Gli interventi ammissibili dovranno privilegiare misure sperimentali di welfare complementare a favore dei lavoratori e del contesto territoriale delle MPMI e implementare in maniera strutturata azioni e politiche aziendali di RSI, sviluppando ambiti innovativi sul tema oggetto del bando.

I progetti potranno riguardare uno dei seguenti ambiti:

1 AMBITO PEOPLE CARE

Interventi di supporto e sviluppo di forme di welfare complementare con particolare riguardo a strumenti di:

“health care”: attività di informazione/coinvolgimento relativa ai rischi per la salute della persona, sul lavoro e in ambito famigliare, alle relative modalità di prevenzione e cura, supporto economico ai servizi di assistenza e sanitari già presenti , progetti di sviluppo e/o applicazione di tecnologie innovative volte a migliorare la capillarità dei servizi medici a favore dei dipendenti.
mobilità sostenibile: i progetti dovranno prevedere l’uso integrato di servizi tra i quali accordi e convenzioni (intra/inter-aziendali), iniziative di car pooling e servizi di car sharing al fine di proporre soluzioni in grado di ridurre il parco macchine delle aziende e nello stesso tempo offrire adeguati servizi di mobilità sostenibile ai dipendenti.
benefit non monetari: si fa riferimento a progetti che riguardano benefit non monetari a sostegno del problema della “quarta settimana”, mediante accordi con fornitori di prodotti alimen­tari, scolastici, sanitari, ecc.,  borse di studio per i dipendenti e/o i loro famigliari, assicurazioni sanitarie integrative, accordi con banche e istituti finanziari finalizzati a garantire servizi agevolati o di anticipazione finanziaria.
2 AMBITO APPROVVIGIONAMENTO LOCALE

Tale ambito promuove la definizione e implementazione di politiche e strategie di approvvigionamento che, privilegiando fornitori lombardi e impegnati in attività connesse alla RSI, favoriscano lo sviluppo di attività economiche sul territorio.

3 AMBITO RETI DI SOLIDARIETÀ TRA IMPRESE E TERRITORIO

Sviluppo di progetti di solidarietà tra imprese operanti nello stesso ambito territoriale in situazione di crisi o difficoltà, finalizzati a soste­nere il processo di transizione mediante azioni e servizi per la continuità dello sviluppo professionale, il reimpiego e la riqualificazione dei lavoratori nel contesto occupazionale territoriale di riferimento.

Tale sperimentazione dovrà essere sviluppata attraverso la realizzazione di servizi di outplacement (anche con enti specializzati) condivisi tra più aziende sul territorio, per facilita­re il ricollocamento di dipendenti di aziende in crisi presso altre aziende locali, studi di fattibilità e attivazione di progetti pilota di job sharing tra imprese e tra imprese e organizzazioni non profit, per favorire il reimpiego di dipendenti nella stessa area territoriale coinvolta da fenomeni di crisi occupazionale e/o industriale.

LOCALIZZAZIONE

I progetti devono essere realizzati nell’ambito del territorio di Regione Lombardia. La durata massima dei progetti dovrà essere di 12 mesi. I progetti dovranno concludersi, comunque, entro e non oltre il 31 dicembre 2013.

AZIENDE BENEFICIARIE

Possono beneficiare dei contributi per la realizzazione degli interventi previsti nel bando le seguenti tipologie di imprese:

Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI);
 Grandi Imprese
Tali imprese dovranno appartenere ai seguenti settori:

artigianato, industria e cooperazione, limitatamente alle classificazioni ISTAT ATECO 2007 – primarie e secondarie – di cui alle lettere C ed F (attività manifatturiere e costruzioni)
servizi, limitatamente alle classificazioni ISTAT ATECO 2007 – primarie e secondarie – indicate nel Bando.
Le imprese potranno partecipare in forma singola o con modalità di aggregazione quali Associazioni Temporanee di Imprese (ATI), raggruppamenti, con forma giuridica di “contratto di rete”, gruppi cooperativi paritetici (GCP). Le grandi imprese  potranno beneficiare del contributo solo come partecipanti ad una delle possibili forme di aggregazione previste dal Bando.

SPESE AMMISSIBILI

Le risorse previste ammontano complessivamente a 850.000 euro e le spese ammissibili dovranno essere strettamente funzionali alla realizzazione ed attuazione dell’intervento ed effettivamente sostenute e quietanzate, identificabili, controllabili ed attestate da documenti giustificativi.

TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE

La domanda di partecipazione al Bando deve essere presentata esclusivamente per mezzo del Sistema Informativo (“Finan­ziamenti Online”) a partire dalle ore 10:00 del giorno 23 maggio 2012 e fino alle ore 16:30 del giorno 19 luglio 2012

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Lavoratori stagionali

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La commissione libertà civili del Parlamento europeo ha approvato il rapporto relativo ai lavoratori stagionali prevendendo per la prima volta regole comuni Ue. I lavoratori stagionali extracomunitari potrebbero beneficiare di diritti di lavoro e di condizioni di vita di base, quali un salario minimo e un alloggio decente. Tali regole mirano a lottare contro lo sfruttamento, evitando nel contempo che dei soggiorni temporanei diventino permanenti. Il testo prevede che i datori di lavoro e subappaltatori che non rispettano tale norma sarebbero soggetti a “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive” e dovrebbero risarcire il lavoratore stagionale interessato. I datori di lavoro potrebbero essere sanzionati da un divieto di assumere lavoratori stagionali per diversi anni. La Commissione europea valuta a oltre 100.000 lavoratori stagionali provenienti da paesi terzi ogni anno. http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/organes/libe/libe_20120425_0900.htm

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Relazioni industriali e dialogo sociale

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Ricordiamo la seconda scadenza – 4 settembre
2012 – del bando relativo alle relazioni industriali e al dialogo sociale che, nei suoi obiettivi, include misure e iniziative che riguardano l’adattamento del dialogo sociale ai cambiamenti nell’occupazione e nel lavoro e relative sfide, come l’ammodernamento e la qualità del mercato del lavoro, l’anticipazione, la preparazione e la gestione del cambiamento e la ristrutturazione, la flexicurity, le competenze, la mobilità e la migrazione, l’occupazione dei giovani, i contributi della strategia europea in tema di salute e di sicurezza, la riconciliazione tra vita professionale e vita familiare, l’uguaglianza di genere, le azioni nel settore dell‘antidiscriminazione, l’invecchiamento attivo, l’inclusione attiva e il lavoro decente.

http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=630&langId=en&callId=334&furtherCalls=yes

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Occupazione: misure concrete

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La Commissione europea ha presentato lo scorso 18 aprile un insieme di misure concrete per dare nuovo impulso all’occupazione nell’UE. La proposta definisce raccomandazioni all’indirizzo degli Stati membri per incoraggiare le assunzioni riducendo gli oneri fiscali che gravano sul lavoro e per dare un maggiore sostegno all’avvio di nuove imprese. Il pacchetto occupazione identifica anche gli ambiti che presentano le migliori prospettive occupazionali per il futuro: l’economia verde, i servizi sanitari e le TIC. La Commissione europea ribadisce la necessità di una più forte dimensione occupazionale e sociale nella governance dell’UE e delinea nuove strategie per coinvolgere maggiormente i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori nella definizione delle priorità Ue. Il pacchetto si compone di una comunicazione e di una serie di documenti di lavoro dei servizi della Commissione che riflettono su come le politiche dell’occupazione siano legate ad una serie di altri settori strategici a sostegno di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (per la lista completa si rimanda alla fine della nota). Tra i nove documenti di lavoro figurano anche due consultazioni pubbliche – sulla necessità di orientamenti di qualità dell’UE per i tirocini e sul potenziale occupazionale dei servizi alla persona e dei servizi domestici – la cui scadenza è fissata al mese di luglio (2012). (Scheda dettagliata disponibile su richiesta).

http://ec.europa.eu/social/main.jsp langId=en&catId=89&newsId=1270&furtherNews=yes

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Europa – diritti fondamentali dei cittadini

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La Commissione europea ha pubblicato la relazione relativa alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, in vigore e giuridicamente vincolante da più di due anni. La funzione principale della Carta è garantire che le istituzioni dell’UE rispettino i diritti fondamentali quando elaborano nuove normative europee. I diritti fondamentali sono ormai sistematicamente presi in considerazione nel processo legislativo dell’Ue. Inoltre, la Carta si applica agli Stati membri nell’attuazione del diritto Ue. Ogni Stato, poi, tutela tali diritti attraverso la propria costituzione nazionale e l’autorità giudiziaria. La Carta non li sostituisce. Se un cittadino ritiene che i suoi diritti siano stati violati deve in primo luogo rivolgersi a un giudice o al difensore civico nazionale.

http://ec.europa.eu/justice/fundamental-rights/index_it.htm

Parità di genere.

Pubblicata l’ultima relazione annuale sulla parità di genere in cui la Commissione europea prende in esame i progressi compiuti durante lo scorso anno per colmare il divario tuttora esistente tra uomini e donne in ambito professionale, economico e sociale. Malgrado i timidi progressi in termini di aumento del numero di donne ai vertici aziendali e di riduzione del divario nelle retribuzioni, resta ancora molto da fare. Per raggiungere l’obiettivo generale dell’UE di un tasso occupazionale del 75% della popolazione adulta entro il 2020, i paesi membri devono promuovere maggiormente la presenza delle donne nel mercato del lavoro. Un modo per accrescere la competitività dell’Europa consiste nel conseguire un migliore equilibrio tra uomini e donne nei posti di responsabilità in ambito economico.

http://ec.europa.eu/justice/gender- equality/index_it.htm

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Programma di apprendimento permanente (LPP)

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Nel bando relativo al LLP pubblicato il 9 agosto 2011, due scadenze sono ancora previste per la presentazione di progetti. Scadenza al 17 settembre 2012: Comenius (Istruzione scolastica: primo ciclo dell’istruzione, dalla scuola materna ed elementare alla scuola secondaria superiore.) e Grundtvig (Educazione degli adulti: risponde alle esigenze didattiche e di apprendimento delle persone coinvolte in ogni forma di istruzione degli adulti che non sia di carattere prevalentemente professionalizzante, nonché delle istituzioni e delle organizzazioni che offrono o che agevolano ogni tipo di istruzione per gli adulti – formale, non formale, informale – compresa la formazione iniziale e la formazione in servizio del personale).
Scadenza al 12 ottobre 2012: il programma trasversale – Attività chiave 1, Azioni di cooperazione politica e di innovazione, che offre sostegno alle visite di studio degli specialisti dell’istruzione e della formazione professionale, nonché alle reti a livello europeo in questi settori.
http://ec.europa.eu/education/llp/call11_en.htm

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Campagna europea per promuovere i collocamenti lavorativi

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Dal 17 aprile, è partita la campagna da parte della Commissione europea “We Mean Business” che intende incoraggiare le imprese a creare un maggior numero di posti di tirocinanti per promuovere le attitudini e l’occupabilità dei giovani. Nel 2012-2013, la Commissione recherà un sostegno finanziario per un totale di 280 000 collocamenti attraverso i suoi programmi Leonardo da Vinci e Erasmus a vantaggio di studenti dell’istruzione professionale e superiore. La campagna dispone di un sito web dedicato che contiene informazioni e link per sapere come organizzare o reperire un collocamento europeo. Negli Stati membri si svolgeranno azioni di sensibilizzazione indirizzate alle camere di commercio, alle agenzie di sviluppo regionale, alle organizzazioni di sostegno alle imprese e ad altri “moltiplicatori” che possono porre in luce i vantaggi che i collocamenti presentano per le imprese.

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Dimissioni in bianco, così non va

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L’onere della prova a carico della donna licenziata, e per sanzione una semplice multa: la nuova normativa contro le dimissioni in bianco è troppo debole. Così com’è scritto, non tutela le lavoratrici. Un appello al parlamento perché lo cambi: una norma di civiltà non può essere oggetto di mediazione tra interessi
In più occasioni la ministra Elsa Fornero, e per la verità non solo lei, per difendere la riforma del mercato del lavoro, ha citato l’articolo 55 del ddl, che definisce le nuove regole contro le dimissioni in bianco. Certo non era scontato che il governo affrontasse l’argomento, per la semplice ragione che a votare quell’articolo è lo stesso parlamento che nel 2008 ha cancellato la legge 188/2007, dedicata appunto a sanzionare e limitare quell’abuso. Tuttavia grazie alle iniziative promosse da tante donne in questi anni la deprecabilità delle dimissioni in bianco è diventata senso comune ed è difficile ormai chiudere gli occhi di fronte alla consapevolezza diffusa che si tratta di un fenomeno inaccettabile in un paese civile. Ci troviamo infatti di fronte a una pratica tanto diffusa quanto illegale: quella di far firmare in anticipo, al momento dell’assunzione, le proprie dimissioni, da completare, riempiendole con la data desiderata a fronte di una malattia, un infortunio, un comportamento sgradito, o più tipicamente una semplice maternità. In pratica, una spada di Damocle permanente, pronta per ogni evenienza della vita di ragazze e ragazzi neoassunti e buona da usare a piacimento per spezzarne i rapporti di lavoro; e purtroppo ampiamente usata, ci dicono i numeri Istat.

Fonte: Rapporto Istat 2010 (Il Rapporto dedica un paragrafo al tema “Interruzioni di lavoro per la nascita di un figlio: le ‘dimissioni in bianco’”. V. Rapporto 2010, pp. 153-154. Sul fenomeno delle dimissioni in bianco, e sugli aspetti normativi, si veda la scheda in questo stesso sito).
Quando la legge 188/2007 è stata abrogata in nome della semplificazione, non ci sono state grosse reazioni, nonostante fosse stata approvata dal parlamento precedente, nell’ottobre del 2007, all’unanimità alla camera e a larga maggioranza al senato. Ma dal momento in cui la 188 è stata cancellata, alcune donne, testardamente, hanno ricominciato a tessere quella tela di consenso e alleanze che aveva prodotto la 188, per riconquistarla con petizioni, raccolte di dati, iniziative pubbliche continue, fino alla decisione di promuovere una legge di iniziativa popolare, decisione maturata nell’autunno del 2011 da parte di un gruppo di donne molto diverse tra di loro per cultura politica, esperienze professionali, generazione.
Il cambio di governo e l’insediamento del nuovo esecutivo guidato da Monti ha fatto sperare di poter riottenere rapidamente la legge e il comitato per l’iniziativa di legge popolare si è trasformato nel “comitato per la 188”, a cui si devono le tante iniziative degli ultimi tempi. Innanzi tutto la campagna “188 firme per la 188”, poi la giornata di mobilitazione nazionale per il ripristino della legge con presidi di fronte a tutte le prefetture d’Italia, che si è svolta il 23 febbraio di quest’anno. E ancora gli incontri con la ministra Fornero e il presidente della camera e le tante lettere aperte che hanno inondato la stessa ministra, le istituzioni, i gruppi parlamentari e le redazioni dei quotidiani di lettere aperte. Iniziative grazie alle quali si è formato un senso comune e una consapevolezza che adesso sono difficili da ignorare. Si è arrivati così all’articolo 155, che reintroduce nell’ordinamento il tema dell’abuso delle dimissioni in bianco, lo nomina, lo depreca e definisce le procedure per contrastarlo: un risultato molto importante e non scontato di quella mobilitazione faticosa, paziente e testarda.
Ma l’articolo 55 non riesce nel suo intento, per diverse ragioni
– È un articolo diviso in 8 commi di difficilissima lettura e interpretazione, e perciò anche applicazione.
– Le nuove procedure sono volte a correggere l’eventuale abuso della firma in bianco ma non a prevenirlo, come invece faceva la legge 188/2007 vincolando le dimissioni volontarie alla compilazione di un modulo dotato di codice alfanumerico progressivo di identificazione, non retrodatabile.
– L’onere della prova è a carico della lavoratrice e del lavoratore: sono loro a dover dimostrare che, pur essendo autografa, la firma della lettera di dimissioni è stata richiesta al momento dell’assunzione (comma 6 dell’art. 55).
– In caso di abuso la sanzione è solamente amministrativa (comma 8 dell’art. 55), una semplice multa. Da notare che su questo punto lo stesso documento ufficiale di policy del governo, precedente di pochi giorni la stesura del disegno di legge, più correttamente paragonava l’abuso del foglio firmato in bianco ad un licenziamento discriminatorio e perciò aveva come conseguenza l’annullamento delle finte dimissioni: altro che multa!
L’articolo 55 può essere cambiato
Il comitato per la 188 lo ha chiesto con una lettera aperta alla ministra Fornero e alle commissioni lavoro di senato e camera, ma lo chiedono anche molte parlamentari e varie memorie consegnate alle commissioni parlamentari. E lo pretende il buon senso: una norma di civiltà non può essere oggetto della mediazione tra interessi diversi. Ci auguriamo che il parlamento, nella discussione parlamentare del ddl sulla riforma del mercato del lavoro, accolga questo appello.

Titti DI Salvo

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