È successo a Firenze. Poteva succedere ovunque.

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Il dato drammatico è che può succedere ovunque e a chiunque. Non serve limitarsi a puntare il dito sull’ultima disgrazia in ordine di tempo. Nel caso specifico serve innanzitutto capire cosa è successo. I pm Francesco Sottosanti e Alessandra Falcone hanno aperto un fascicolo in cui si ipotizzano i reati di omicidio colposo plurimo e crollo colposo. Il primo passo sarà fare chiarezza sulle cause del crollo e determinare così le responsabilità penali dell’accaduto. Secondo il “Corriere Fiorentino” al cantiere del supermercato lavoravano almeno una trentina di aziende  in subappalto. Per il segretario generale di Fillea Cgil Firenze, è difficile che la trave sia stata montata male ed è anzi presumibile che sia stata la stessa componente mal realizzata, forse mal progettata o composta da materiali scadenti. “Se così fosse, l’incidente non sarebbe legato a una carenza di sicurezza nel cantiere”. Marina Caprotti, presidente di Esselunga ha dichiarato: “Esprimiamo profondo cordoglio e vicinanza alle famiglie delle vittime del gravissimo incidente nel cantiere di via Mariti a Firenze. Siamo sconvolti per quanto avvenuto. Il cantiere in costruzione era affidato in appalto a una società terza e siamo a disposizione delle autorità per contribuire a chiarire la dinamica di quanto accaduto e per qualsiasi esigenza”.

Quindi, prima di sentenziare, occorre capire. Errore di installazione, difetto di fabbricazione o errore nella progettazione? Ruota intorno a queste tre ipotesi l’inchiesta aperta dai magistrati. A queste ipotesi si aggiungerà inevitabilmente l’analisi della  complessa filiera di appalti e subappalti. Bisognerà capire se gli operai coinvolti avessero o meno un inquadramento professionale equiparato alla loro mansione nel cantiere. Secondo  quanto è emerso, l’azienda committente e la ditta appaltatrice del crollo nel cantiere Esselunga a Firenze risultano gli stessi del cantiere di un altro supermercato sempre Esselunga a Genova, nella zona di San Benigno dove,  il 10 febbraio 2023,  tre operai erano rimasti feriti a causa del cedimento di una rampa del parcheggio: la Villata spa, l’immobiliare partecipata al 100% da Esselunga, e Aep, attività edilizie pavesi, con sede a Pieve del Cairo (Pavia)”. Esselunga è parte fondamentale di una realtà complessa e articolata. Definirla “solo” una azienda importante della GDO è riduttivo. Trasforma prodotti  come una qualsiasi impresa alimentare, è presente nell’HORECA, possiede  beauty boutique, vende vini  online e gestisce  attività edilizie con un patrimonio immobiliare considerevole.  La regia di tutto questo in termini di responsabilità e conoscenza delle problematiche che ne discendono e delle implicazioni dirette e indirette non è affatto semplice.

Landini, da parte sua,  ha già “chiuso” l’indagine (che, al contrario, sarà lunga e complessa) e punta il dito sul nuovo codice degli appalti che ha introdotto l’eliminazione del divieto di subappalto a cascata. Condivido che questo è un problema  da approfondire seriamente.   «Chi vince una gara deve essere responsabile di tutta la filiera, stesse regole per pubblico e privato” ha concluso il segretario della CGIL. Sarà un argomento di confronto politico nel Governo e tra maggioranza e opposizione. Secondo i sindacati dell’edilizia gli operai in subappalto rappresentano il 70% del totale dei morti sul lavoro. Una cifra impressionante. La  pratica del subappalto e del massimo ribasso, oltre a far risparmiare sui costi  deresponsabilizza rispetto agli incidenti essendoci la quasi certezza che i controlli oggi in carico a dieci enti diversi difficilmente ne verrebbero a capo. Dario Nardella ha puntualizzato   “C’è una differenza molto importante fra cantieri pubblici e privati. Purtroppo per i cantieri privati in Italia non abbiamo regole adeguate. E anche nel caso dei cantieri pubblici il codice degli appalti consente il ricorso al subappalto a cascata e al massimo ribasso che può determinare seri problemi. Proprio per questo coi sindacati da qualche settimana stiamo lavorando sia sul protocollo della trasparenza che sul protocollo dei subappalti”.

Per chi vive con passione e partecipazione come il sottoscritto le vicende del Commercio e della Grande Distribuzione quello che è successo a Firenze, nel cantiere dove si stava costruendo un nuovo punto vendita, resta comunque un fatto estremamente doloroso. Condivido ciò che ha scritto Giuseppe De Filippi sul Foglio “Questa tragedia potrebbe mostrare, se dagli accertamenti non emergessero specifici comportamenti dolosi, quanto la formalità dei controlli e delle autorizzazioni non consenta il raggiungimento di una sostanziale sicurezza”. Per questo condivido Giampiero Falasca sul Sole 24 ore “Non si può pensare che gli ispettori del lavoro riescano a controllare ogni azienda e ogni cantiere; serve la collaborazione di tutti gli attori per espellere dal sistema produttivo i soggetti che utilizzano la sicurezza sul lavoro come leva per ridurre i costi”.
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I trattori sono ritornati in cascina. Adesso comincia il secondo tempo

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La pronta risposta della Commissione Europea ha certamente evitato la degenerazione del disagio del mondo agricolo e ha spento sul nascere quella che stava assumendo le caratteristiche di una rivolta continentale di un intero comparto economico. A questo,  ciascun Paese ha poi messo in atto  iniziative specifiche che hanno contribuito a riportare  il clima ad un livello accettabile. Da noi, si è cercato disperatamente  di tenere aperta artificialmente una vicenda ormai chiusa,  alla ricerca, impossibile, dell’individuazione di un colpevole unico  e non, come è in realtà,  una somma di responsabilità, ritardi, inefficienze e incongruenze di una filiera che fatica ad affrontarli per limiti oggettivi e soggettivi. C’è allora chi il colpevole  l’ha trovato nella “matrigna” Europa, chi nelle politiche del  Governo, chi nell’associazionismo autoreferenziale e poco combattivo  e chi negli egoismi delle diverse componenti a valle della filiera.

Passare dalle riviste di comparto e dai comunicati associativi, che affrontano questi temi quasi quotidianamente, alle prime pagine dei giornali determina una inevitabile spettacolarizzazione delle problematiche e l’esaltazione di  leadership modeste  di esagitati che cavalcano una protesta priva di una strategia di lungo periodo. E siccome in alcune situazioni è complicato distinguere il vero dal falso, vale il vecchio  proverbio che ci spiega che di notte tutti i gatti sono bigi e quindi hanno tutti ragione a protestare, pur sapendo benissimo che,  fino a quel momento, nessuno o quasi, tra i decisori veri, si fosse preoccupato degli effetti sul comparto della velocità del cambiamento necessario per ciò che prevede il cosiddetto Green Deal, delle conseguenze della guerra ai confini della UE, delle importazioni che inevitabilmente toccano gli interessi degli agricoltori in alcuni Paesi, dell’inflazione e dei costi con cui le imprese si trovano a dover fare i conti, della differenza che tutto questo provoca sulle imprese agricole di diverse dimensioni e delle diseconomie presenti nei vari passaggi dal campo allo scaffale. E neppure sull’impatto sui consumi. 

Il confronto politico si è così  improvvisamente polarizzato puntando decisamente a monte (l’Europa matrigna) o a valle (la Grande Distribuzione). Con la destra della politica che, in genere, è portata a scegliere il primo bersaglio, mentre la sinistra il secondo. Con scene a dir poco grottesche. La Lega, i cui esponenti parlamentari chiedevano di più per gli agricoltori, a favore di telecamera schiacciando l’occhio alla protesta più radicale, aveva contemporaneamente il ministro Matteo Piantedosi (sempre della Lega) che scoraggiava le proteste convincendo gli organizzatori ad incanalarle in modalità e orari tali da renderle sostanzialmente inutili e con Giancarlo Giorgetti, anch’esso della Lega, che spiegava che le casse erano vuote e che le aspettative  non potevano essere onorate più di tanto. Un esempio di circolarità della politica  difficile da reggere a lungo. A sinistra hanno invece puntato sul classico. Sulle “scelte neoliberali fatte in questi decenni” non si sa bene da chi  o, per chi sta un po’ più al centro,  sulla voracità della Grande Distribuzione. E,  per fare questo, si sono messi ad agitare il drappo rosso della differenza del prezzo pagato all’agricoltore con quello che il consumatore trova sul banco della GDO sperando di recuperare consenso. In mezzo a questa sarabanda di confusione, annunci e interpretazioni, i media ci hanno messo del loro.

Fortunatamente Coldiretti, messa sotto accusa da più parti, ha mantenuto la calma, ha bruciato qualche copertone a Bruxelles e incontrato la Presidente del Parlamento europeo, in Patria ha rinserrato le fila organizzando le assemblee territoriali con i suoi associati, ha incontrato il Governo Italiano ottenendo tutto ciò che era ottenibile in questo contesto economico. Ovviamente in accordo con le altre organizzazioni principali del comparto (Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza Coperative). La protesta si è così sgonfiata, gli estremisti, le loro sigle e le loro roboanti parole d’ordine sono stati messi in un angolo e le notizie di rievocazioni storiche di fantasiose “marce su Roma” sono sparite velocemente dalle prime pagine. Resta qualche talk show, per chi li guarda, dove i partecipanti  per catturare l’ascolto se la cantano e se la suonano tra di loro.

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La saga dei Caprotti tra due verità, un padre e due fratelli.

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Leggendo la descrizione del padre, proposta dai  due fratelli Caprotti, sembra di  rivivere la parabola indiana dei ciechi a cui è chiesto di descrivere un elefante semplicemente toccandolo con una mano. Lo stesso elefante  viene così presentato, a chi ne ascolta il resoconto, in modo completamente diverso. C’è chi lo racconta  come una colonna avendogli toccato la gamba, chi come una lancia avendogli toccato le zanne e a chi come una frusta, avendogli toccato la coda. Un padre che con il primogenito si comportava più da capo azienda  passando una parte del suo tempo a frustrarne l’iniziativa in competizione perenne con lui mentre  con la figlia “sbucciava i piselli” dopo la spesa al supermercato.  Intollerante e crudele con il primo, affettuoso e premuroso con la seconda al punto da improvvisare “negli ultimi giorni di vita, lucidissimo, istruzioni pratiche su tutto, a cominciare dai collaboratori” come racconta in una intervista al Corriere la figlia Marina.

Una frattura verticale maturata negli anni assolutamente non ricomponibile che ha coinvolto amicizie, manager, collaboratori aziendali ad ogni livello. Tutt’altro che superata. E che per la natura, la dimensione e la composizione, poco più che familiare dell’azienda, caratterizzerà a lungo i giudizi sulla qualità delle scelte manageriali, sui protagonisti di quelle scelte e sulle prospettive future di Esselunga. Le traiettorie vincenti imposte da Bernardo Caprotti ma anche quelle che hanno visto protagonista il  figlio Giuseppe costituiranno  una pietra di paragone costante, fastidiosa ma inevitabile per chi deve dimostrare “qui e ora” e per gli anni a venire di meritarsi sul piano delle scelte imprenditoriali ciò che l’eredità le ha messo a disposizione. E che rende interessante, almeno per il sottoscritto,  seguirne gli sviluppi.

È chiaro che il successo del libro  “Le Ossa dei Caprotti” è un po’ figlio della predisposizione, tipica nostrana, di guardare gli altri attraverso il buco della serratura. Giuseppe Caprotti ha distribuito fatti e racconti di cui è stato protagonista diretto o come “testimone informato sui fatti” per raccontare la “SUA” verità. Il lungo tempo preso per metabolizzare quello che per lui ha rappresentato un grave torto subìto e per descriverne le ragioni ne è la testimonianza. Chi lo ha criticato per la mancanza di sensibilità, generosità e capacità di perdono cristiano per ciò che ha ricevuto comunque in cambio ha dovuto sfoderare un paternalismo d’antan. È certamente più facile metabolizzare i torti (presunti o reali)  altrui, che i propri.

Giuseppe Caprotti è stato “forgiato” e istruito  fin da ragazzo per assolvere un compito preciso: guidare l’azienda di famiglia. Rinfacciare oggi, status o denaro, ad un signore borghese di  quasi sessantaquattro anni,  ricco e benestante, cresciuto e abituato agli  agi da generazioni è un po’ banalizzare una realtà amara. Capisco che molti nella GDO lo ritengano semplicemente il “giovane figlio” di Bernardo  Caprotti, oggi come ieri,  ma nessuno nel mondo del business pensa di accusare  di ingratitudine gli eredi di Agnelli con madre e figli che si trascinano in tribunale con stuoli di avvocati. O le vicissitudini familiari  dei De Benedetti, Benetton o Del Vecchio per citare solo i più noti. O all’estero i Murdoch e le lotte intestine in casa Volkswagen tra la famiglia Porsche, erede diretta del fondatore, l’ingegner Ferdinand, e quella dei successori Piëch. La differenza è che, di solito, splendori e miserie non finiscono sotto i riflettori  descritti così brutalmente e minuziosamente. Che si sia sentito tradito e offeso ingiustamente, ci sta. Soprattutto dopo aver dedicato una lunga parte della propria vita all’azienda e dopo aver dovuto accettare, obtorto  collo, di passare la mano non ad un agguerrito competitor proveniente da oltreoceano ma alla giovane sorella che mai aveva messo piede in azienda e che non era stata “costretta” a subire un’iniziazione aziendale lunga e faticosa con un finale ritenuto, da lui, drammatico che ne ha segnato il profilo umano e manageriale. Leggi tutto “La saga dei Caprotti tra due verità, un padre e due fratelli.”

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Grande distribuzione tedesca. GO Rewe, GO….

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“La tecnologia che usi non impressiona nessuno.
L’esperienza che crei con essa è tutto” Sean Gerety

A due passi dalla foresta di Teutoburgo nel Land della Renania Settentrionale Vestfalia dove nell’anno 9 d.C. le truppe germaniche tesero un’imboscata all’esercito di Publio Quintilio Varo, distruggendolo e fermando per sempre espansione romana  sulla sponda orientale del Reno c’è Paderborn, una città universitaria, sede della più antica università della Vestfalia e del più grande museo di computer del mondo.

Nel centro commerciale Libori, Late Bird Deutschland GmbH (www.mylatebird.de), una piccola azienda con 38 collaboratori ha aperto un piccolo supermercato completamente automatizzato. La prima versione, credo, ad essere installata in un centro commerciale. Un’evoluzione del modello testato anche da Carrefour a Bruxelles di cui avevo scritto (https://bit.ly/48ySanC).  Il prototipo  era già stata implementata  in alcune località della Germania dal 2022 come soluzione tipo “container”. Le sedi, operative dal 2022, includono il parco di ricarica EnBw e Ionity per auto elettriche. Con l’ultimo aperto a Lichtenau/Chemnitz sono già quattordici in Germania. Ad oggi  i “Late Birds”  presenti sulle strade tedesche sono gestiti  con il marchio Rewe Ready.

Il Late Bird nella Galleria Libori è la prima variante posta all’interno di un centro commerciale.  “Siamo molto contenti dell’opportunità di presentarci nel centro commerciale e speriamo di stupire non solo con l’offerta, ma anche con il design del negozio”, afferma Jens Stolze, responsabile di Late Bird Product. Il sistema funziona in totale autonomia e non richiede personale, una persona è necessaria solo per ricaricare le macchine. I clienti possono scegliere tra circa 650 prodotti, anche se l’offerta, nel negozio della Galleria, è diversa da quella delle sedi autostradali i cui distributori automatici sono dotati di prodotti per il consumo “on the go” come bevande, snack, dolciumi, gelati o panini. Nella galleria, Late Bird, invece, riempie sempre più i suoi distributori automatici con alimenti di uso quotidiano come latte, panna, zucchero, formaggio, salsicce, ma fanno parte dell’assortimento anche bevande fredde, snack e dolciumi.

I consumatori ordinano i prodotti desiderati tramite il touchscreen del terminale e pagano con carta. Altro passo avanti: a differenza di Carrefour By Buy, la registrazione non è necessaria. Il sistema rende la merce disponibile sul trasportatore merci in uscita in pochi minuti. “Con le nostre soluzioni creiamo nuove opportunità affinché i consumatori possano soddisfare le loro esigenze. Il funzionamento al terminale è intuitivo, rapido e semplice. Con il Late Bird le lunghe code alla cassa del supermercato appartengono al passato”, afferma Markus Belte, amministratore delegato dell’azienda e inventore del Late Bird. Leggi tutto “Grande distribuzione tedesca. GO Rewe, GO….”

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Gli agricoltori in lotta sono come gli orsi in Trentino. Nessuno sa bene cosa fare….

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C’è un backstage tutto italiano mentre la protesta degli agricoltori dilaga in tutto il continente. Ad animarlo ci ha pensato la lotta delle associazioni agricole minori per scalzare la Coldiretti e la competizione tra i partiti che compongono il Governo in vista delle elezioni europee. A differenza di altri Paesi, dove per la loro intrinseca debolezza vengono regolarmente scavalcate, in Italia, tutte le principali organizzazioni di rappresentanza, tra i loro compiti hanno anche quello di canalizzare il dissenso dentro traiettorie accettabili. Se da noi, fenomeni di malessere sociale, non sfociano in movimenti particolarmente virulenti (gilet gialli, forconi, ecc.) questo è anche dato dal ruolo delle grandi  organizzazioni che lo presidiano. I sindacati canalizzando e stemperando il dissenso sociale del lavoro dipendente, altrimenti incontrollabile, mentre Confindustria, Confcommercio e Coldiretti, finalizzano, con la loro azione, il dissenso dei loro associati mantenendolo all’interno di una normale dialettica democratica e istituzionale.

Le dinamiche indotte della disintermediazione e l’avvento del Governo di centro destra stanno ridisegnando questi ruoli assegnando pesi e nuove classifiche. Confindustria  ha indubbiamente perso ruolo e potere di negoziazione e, a partire dalla scelta del nuovo Presidente, dovrà velocemente riposizionarsi. La vicenda Ilva e Stellantis sono, sotto questo punto di vista, paradigmatiche. Non a caso John Elkann è corso a Roma per incontri ai massimo livelli tesi ad evitare contraccolpi ingestibili nelle aziende che ha ceduto ai francesi. Sugli incentivi e sugli stabilimenti italiani  si giocherà una partita complessa.  Confcommercio, pur sensibile ideologicamente alla coalizione, ha fin da subito, scelto un profilo diverso. Intervenire se conviene mantenendo toni bassi e felpati, negoziando ciò che serve senza alzare la voce (vedi la vicenda dei balneari) e, ogni tanto, rilasciare una blanda dichiarazione di sollecitazione alla politica senza indirizzi precisi…

Coldiretti, no. Ha scelto di costruire un’interlocuzione forte e  privilegiata con il Governo. Un dare/avere preciso. Ha ragione Claudio Cerasa: “È una relazione che non ha pari. Coldiretti unisce uno spirito pragmatico ed elementi di forte modernità svolgendo un ruolo che va al di là della rappresentanza classica. Fa nomine, comunicazione, advocacy, mobilitazione, lobbying, politica, business”. È però quello che dovrebbe fare una moderna associazione di categoria. Oltretutto sta ben lavorando nella filiera agroalimentare nazionale con gli altri interolocutori.  Presto, a mio parere,   dimostrerà di avere un ruolo fondamentale anche nel riportare sulla “retta via” la stessa protesta degli agricoltori destinata a frammentarsi e a disperdersi in particolarismi proprio perché è un movimento (in Italia) che non è in grado di darsi uno sbocco concreto praticabile  e di produrre un risultato pari alle aspettative della mobilitazione. E, aggiungo, il fatto poi che i leader della protesta più dura abbiano messo nel mirino oltre alla UE, la Coldiretti e lo stesso Ministro dell’Agricoltura di un Governo, di fatto a loro vicino, è lì a dimostrare che l’approdo rischia di essere ben diverso da quello desiderato. Vale per i ribelli ma anche per chi li fomenta dietro le quinte.
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Sindacato e lavoratori nella Grande Distribuzione tra Bernardo Caprotti e le teorie strampalate di Renato Curcio

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Com’era prevedibile il libro di Giuseppe Caprotti sta facendo  emergere altre letture, credo ben al di là delle intenzioni dell’autore. Alcune frasi, estrapolate dal contesto narrativo, pesano come macigni rischiando, a distanza di tempo, di apparire provocatorie e offensive non tanto per le traiettorie e gli obiettivi del racconto quanto per le strumentalizzazioni a cui si prestano.  Gabriele Arosio, pastore della chiesa evangelica battista di Bollate, raccoglie qualche aneddoto dal libro per affrontare un tema ricorrente nella storia di Esselunga: la cultura del lavoro e l’atteggiamento nei confronti dei sindacati  (https://bit.ly/48ZU4xS) e conclude il suo commento: “Certo amaro e foriero di grandi sofferenze il destino del figlio cacciato, umiliato, perseguitato e fatto oggetto di stalking durante le lunghe vicende giudiziarie seguite all’allontanamento. Ma certi silenzi tra perdenti pesano e alla fine distruggono”.

Difficile affrontare un tema così complesso all’interno del racconto di una saga familiare raccontata da uno dei protagonisti come Giuseppe Caprotti. Tra poco  uscirà la terza edizione di “Falce e Carrello” (la storia di Esselunga raccontata da Bernardo Caprotti con l’epico scontro con Coop)  uscito nel 2007, con l’aggiunta di un sottotitolo eloquente “In memoria di un uomo che non può più difendersi” insieme all’atteso intervento di  Marina Caprotti, la figlia che ha ereditato l’azienda. Era evidente che, sul piano umano,  le pesanti accuse al padre del primo, impossibilitato per ovvie ragioni a replicare, non lasciassero indifferente la seconda. Per quanto mi riguarda, provo  a restare sul tema proposto da Arosio. È sicuramente  vero che Bernardo Caprotti avesse una pessima opinione dei sindacati e che ha cercato in tutti i modi di contrastarne l’iniziativa. Come, va ricordato,  buona parte degli imprenditori, grandi e piccoli, della Distribuzione commerciale di allora.

Va sottolineato, però, che il suo concetto di azienda e di lavoro, pur essendo diametralmente opposto a quello espresso da buona parte dei sindacalisti che si è trovato di fronte, coincideva abbondantemente con il pensiero della stragrande maggioranza dei lavoratori di Esselunga. E questo, più che alla “paura” e dal profilo del personaggio estrapolati dalle affermazioni contenute nel libro, era dovuto alla forza e alla crescita continua dell’insegna, alle assunzioni, al rispetto dei contratti, alla gestione e sviluppo delle carriere interne,  alle retribuzioni (sicuramente  tra le maggiori del comparto), al coinvolgimento e all’orgoglio di appartenenza che hanno caratterizzato una lunga fase della vita di Esselunga. Banalizzare tutto questo estrapolando una frase è un primo grave errore.

Arosio quindi parte da un pregiudizio dando  scontato ciò che scontato non è. I lavoratori in Esselunga ai tempi di Bernardo Caprotti ma anche in quelli che hanno visto co-protagonista il figlio Giuseppe (certamente diverso per stile e caratteristiche) non sono stati affatto sconfitti o perdenti.  Lo è stata, al contrario, quella parte del sindacato che ha pensato possibile, in un contesto di debolezza organizzativa, di rapporti di forza sfavorevoli e di grande crescita dell’insegna, utilizzare fatti, pur  deprecabili, cercando di elevarli a sistema, nel disinteresse generale (che è altra cosa della paura) dei lavoratori occupati in quell’azienda senza così riuscire ad incidere nella realtà.   Leggi tutto “Sindacato e lavoratori nella Grande Distribuzione tra Bernardo Caprotti e le teorie strampalate di Renato Curcio”

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Amazon Rufus. Un altro balzo in avanti nella costruzione del suo ecosistema….

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Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato, in modo incontrovertibile, alcuni importanti benefici della presenza dei cani in ufficio. Migliora la socialità e la collaborazione tra colleghi, mentre si riduce lo stress legato alle tensioni sul posto di lavoro. Mi piace pensare che il nome Rufus, l’ultima proposta di Amazon, un assistente allo shopping che utilizza l’intelligenza artificiale generativa per aiutare gli utenti a cercare i prodotti, lanciato in questi giorni sia legato alla storia del colosso di Seattle.

Nel 1996 a due anni dall’avvio di quello che sarebbe diventato il numero uno dell’e-commerce, un piccolo corgi gallese vagava per i loro uffici. Oggi i cani che accompagnano i collaboratori di Amazon al lavoro sono circa diecimila. Rufus era un cane eccezionale.  Morto nel 2009, la sua presenza è ancora sentita nella sede di Seattle, dove un edificio porta il suo nome e le foto lo ricordano ancora. Era il cane di Susan ed Eric Benson. Eric, uno dei primi ingegneri informatici dell’azienda, stava costruendo il negozio online partendo da zero e Susan aveva il compito di creare consigli sui libri con un tono editoriale che trasmettesse interesse e passione attraverso lo schermo di un PC.  Erano due tra gli allora  20 dipendenti Amazon che lavoravano in un ex magazzino di forniture per pulizie. Rufus è quindi un nome importante e, credo, non scelto a caso.

È un’evoluzione di Alexa l’assistente vocale che si basa su Cloud, dotato di intelligenza artificiale, in grado rispondere a domande più o meno complesse a seconda della tecnologia integrata nei device. Un esempio di smart speaker è Siri per gli iPhone. Rufus è progettato per aiutare gli utenti a cercare e acquistare prodotti. Utilizza il catalogo di Amazon, le recensioni dei clienti, le domande e le risposte, nonché le informazioni provenienti da tutto il Web per rispondere alle domande. Generiche, all’inizio della ricerca, tipo “cosa considerare quando si acquistano scarpe da corsa?” A confronti come “quali sono le differenze tra scarpe da trail e da strada?” A quelle  più specifiche tipo  “ma sono durevoli?”, Rufus aggiunge valore e aiuta  i clienti a trovare e scoprire i migliori prodotti per soddisfare le loro esigenze.

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Conad 2024. Per ora è solo la somma che fa il totale…

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D’altra parte lo hanno detto e ripetuto. Primi o secondi a loro non importa. E poi Selex è un conglomerato di 18 aziende. Altra cosa rispetto alle cinque cooperative Conad. Dicono sia un po’ come paragonare pere con mele. Il fiato sul collo dà fastidio ma per il  2023, sono risultati avanti  ancora loro. E nel 2024 c’è tutto il campionato da giocare. C’è però una questione di metodo. Fino ad oggi arrivava primo chi arrivava primo. Non importava con quale compagnia. Quindi dovrà valere anche per i prossimi anni. Altrimenti diventa uno “scudetto di cartone”.  Adesso poi arriva pure Massimo Schiraldi su Gdo news e spacchetta i formati aggiungendo altra carne al fuoco. E così Conad oltre a Selex e Coop dovrebbe guardarsi anche dai cugini di Eurospin e da Lidl. Un bel pasticcio se, hai lavorato tanto per diventare il primo della classe.

Detto questo, mi viene  un dubbio. Ma senza un solo “signor Conad” ha ancora senso agitarsi e lottare per restare in testa al campionato solo dal punto di vista dei numeri? Per ora hanno abolito il valore legale  del titolo anche perché, sulla carta, i signori Conad, ad oggi  sarebbero almeno cinque. E poi non credo che Mauro Lusetti ambisca a sostituire ruolo e persona. A lui tocca gestire un altro capitolo  della storia del consorzio.

Ma quali sono le sfide che attendono Conad a partire dal 2024? L’insegna è la stessa per tutte le cooperative che la compongono ma, come racconta George Orwell nella Fattoria degli animali “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”. O almeno si sentono più uguali degli altri. La sfida dell’unità è quindi la prima che attende il Presidente,  il Direttore Generale Operativo e i cinque leader delle cooperative. Ma anche i 2300 soci e gli oltre 70.000 collaboratori. Ad oggi nessun trattato di Fontainbleu è seguito all’uscita di Francesco Pugliese. Il rischio è che ciascuno si abitui a giocare la sua partita nel suo campionato limitandosi a “sopportare” chi gioca altrove. Lusetti ha certamente la pazienza, la volontà e la capacità di chiudere il cerchio. Però bisogna vedere se glielo lasceranno fare.

Dipenderà molto dai cinque presidenti e dalla loro visione del ruolo di Conad come entità unitaria compreso  quale dovrà essere, per loro, il ruolo da assegnare alla sede bolognese del dopo Pugliese. La inevitabile fase di “restaurazione” e di rinegoziazione di ruoli e compiti dovrà però, prima o poi, presentare ciò che è oggi Conad e dichiarare formalmente ciò che vuole essere nel panorama della GDO nazionale. Ciascuno “padrone a casa propria” con una condivisione di insegna e alcune funzioni aziendali sul modello sostanzialmente  di altre centrali oppure ridefinizione e rilancio di una visione nazionale da convinta prima della classe? Leggi tutto “Conad 2024. Per ora è solo la somma che fa il totale…”

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Patrizio Podini e gli auguri della sua MD …

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Dopo Bologna la discussione su discount è marca privata è salita di tono. Realisti e anticipatori di tendenze si confrontano animatamente. Un dato però emerge indiscutibile. In un comparto  dove si fatica a guardare al di là del proprio perimetro un imprenditore, bolzanino di nascita, sfata tutti i pregiudizi e sceglie il sud come punto di partenza della sua azienda. E partendo da lì, risale la penisola. Nessuno prima di lui ci era riuscito. Anzi. La maggior parte sono “scappati” dal sud lasciando le loro insegne a capaci imprenditori locali o non ci hanno mai  nemmeno provato ad affrontare quel mercato. L’esperienza maturata nella GDO aiuta Podini a costruire un modello originale di discount.

Al momento giusto, ne sa prendere lui stesso  le distanze definendo la sua azienda “uno dei più importanti player della grande distribuzione italiana, ormai lontana dai canoni del discount ma sempre più marchio della buona spesa”. Ecco. La “buona spesa”, una sua ossessione. Protagonista degli spot televisivi da lui stesso interpretati nel filone aperto nel 1993 da Giovanni Rana che alla richiesta del regista di trovare un attore che gli somigliasse  replicò: “Ma quale attore, ci vado io a fare lo spot!”. La stessa reazione di  Fabrizio Podini. Un’ossessione, quella della buona spesa, tradotta poi in un brand per una linea di prodotti a marchio del distributore. 150 prodotti per la spesa quotidiana, sugli scaffali degli oltre 800 punti di vendita MD a partire da Pasqua 2024 con l’obiettivo di offrire la migliore qualità al giusto prezzo”.

A dimostrazione di come più che il formato e le discussioni che si trascina dietro conta la capacità di comprendere al “meglio possibile il momento storico e il cambiamento della domanda in evoluzione con il contesto economico” come ha dichiarato  Giuseppe Cantone, direttore commerciale di MD.

Fabrizio Podini oggi  compie 85 anni ed è ancora in campo a competere, non solo con Eurospin ma con due Amministratori Delegati veramente in gamba, uno davanti e uno (per ora) ancora dietro, come Massimiliano Silvestri di LIDL e Michael Gscheidlinger di ALDI che insieme superano di poco la sua età e che interpretano con le loro aziende le traiettorie future del formato nel mondo. Lui resta uno dei migliori interpreti del presente. Non ha sbagliato  praticamente nessuna mossa. Mentre Eurospin punta sull’intelligenza di chi deve fare la spesa, Lidl alle nuove generazioni, Aldi ai nuovi modelli di consumo e Penny al risparmio, MD  mette in campo un modello nazional popolare ingaggiando fin dal 2017, Antonella Clerici subentrata a Massimo Ranieri. Un altro tassello del suo successo. Leggi tutto “Patrizio Podini e gli auguri della sua MD …”

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Amazon riparte anche da Whole Foods…

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Sei anni fa, Amazon ha acquistato Whole Foods per 13,7 miliardi di dollari. Non va sottovalutato che, prima di quella acquisizione, dal 2007 al 2017, (Amazon Fresh ha debuttato nel settore alimentare nel 2007), ha implementato diverse strategie per aumentare la propria percentuale nel business alimentare, ma nulla ha praticamente funzionato. Da qui, probabilmente,  la scelta di acquisire Whole Foods e qualche anno dopo di ingaggiare da Tesco, Tony Hoggett. Sempre però con in testa la costruzione dell’intero suo ecosistema su cui punta Amazon.

Da allora, ci sono stati molti cambiamenti, tra cui la nomina del nuovo CEO Jason Buechel a partire dal 1 settembre 2022 subentrato al leggendario fondatore John Mackey. Va considerato che, sebbene Whole Foods stia aprendo punti vendita, le entrate  2023, pur migliorate rispetto al 2022, sono più o meno allo stesso livello del  2017. Buechel ha avuto il compito di portare aria nuova in un marchio importante  che ha aperto la strada al naturale e al biologico negli USA  più di 40 anni fa.  Whole Foods offre più di 37.000 prodotti biologici in oltre 535 negozi. L’obiettivo è di aprire fino a 30 nuovi negozi all’anno. Dall’arrivo di Amazon, l’azienda ha curato e differenziato i suoi assortimenti, aggiungendo 3.000 marchi locali negli ultimi cinque anni con un aumento del 30% tra il 2017 e il 2022.  Fino ad ora, però, il cambiamento più significativo  apportato da Amazon è stato sul versante dei fornitori. Meno fornitori locali e più grandi fornitori in grado di  soddisfare la domanda complessiva. Una standardizzazione necessaria per ridurre i costi e assicurare rifornimenti costanti pur  correndo il rischio di eliminare molti articoli particolari, scontando la difficoltà con quella parte di clienti alla ricerca proprio di prodotti unici che non potevano essere trovati altrove.

Oggi, Whole Foods,  è ben più di una semplice attività  complementare per Amazon. Il retailer è un laboratorio di innovazione,  parte fondamentale dell’obiettivo più ampio assegnato da Jassy a Tony Hoggett di creare una strategia di alimentari best-in-class per Amazon. Non bisogna mai sottovalutare che il mercato alimentare USA vale 800 miliardi di dollari e l’industria alimentare genera vendite per 1,5 trilioni di dollari. Alimentazione  e generi alimentari sono quindi strategici per Amazon semplicemente per le dimensioni del mercato. A questo aggiungo, la potenzialità dei dati a disposizione, la capacità di introdurre prodotti a marchio del distributore e l’aumento della notorietà del marchio Amazon sono ulteriori motivi della presenza strategica di Amazon nel retail alimentare.

Non invidio Jason Buechel perché Whole Foods sta affrontando un profondo cambiamento all’interno delle strategie retail di Amazon che tocca la natura stessa dell’insegna. L’obiettivo principale è di riposizionare l’azienda  nell’ecosistema complessivo  di Amazon. Tony Hoggett, SVP Worldwide Grocery Stores di Amazon, sta lavorando anche con il team di Whole Foods, per identificare la migliore strategia per semplificare il processo di acquisto di prodotti di largo consumo da parte dei clienti e riunire i marchi (Whole Foods, Amazon Fresh, Amazon). Hoggett sa che i membri Prime sono clienti di grande valore e mira a migliorare la loro esperienza di acquisto. Dalle offerte esclusive alla consegna più rapida, Hoggett immagina Prime come un programma fedeltà complessivo. Nel retail in rapida evoluzione, l’ex Tesco, ritiene che abbracciare la tecnologia e l’innovazione siano fondamentale per stare un  passo avanti alla  concorrenza.

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