Spesso le classifiche in GDO non mettono tutti di buonumore. I numeri, sempre importanti, e le riflessioni che seguono, considerano sempre troppo poco chi contribuisce a realizzarli. Certo, c’è l’insegna, ma dietro ci sono generazioni di lavoratori che calpestano anonimamente quel famoso metro quadro che determina la redditività e quindi la posizione in classifica dell’insegna stessa. Se parliamo di Coop Italia, un dato è incontestabile, per quello che vale. E per me vale molto. Sul fronte del trattamento economico e normativo dei collaboratori previsto dai CCNL firmati, l’universo Coop Italia, mantiene una particolarità unica nel panorama delle insegne della GDO nazionale. Una semplice verifica lo dimostra in modo inequivocabile. Dal secondo livello contrattuale in giù e fino all’ultimo, è l’insegna che tratta meglio i propri collaboratori sul piano normativo, contrattuale e organizzativo.
Questo non significa, ovviamente, che le altre insegne trattino male i propri collaboratori. Ci mancherebbe. Significa solo che Coop è ancora una garanzia di rispetto delle regole e quindi di sicura buona occupazione. Sopra il secondo livello, le dinamiche sono molto diversificate e Coop si colloca nella media bassa. Essendo però l’azienda una sorta di piramide per gli aggregati previsti dall’inquadramento, la stragrande maggioranza dei 58.000 collaboratori impiegati in Coop Italia non possono che essere soddisfatti. Part time involontario e quindi lavoro povero strutturale sono sotto controllo. Organici, turni festivi e carichi di lavoro sono meglio distribuiti; ascolto e peso dei sindacati interni e esterni garantito. Sopra il secondo livello, sul piano delle retribuzioni, le dinamiche del mercato promuovono altre realtà nazionali e multinazionali e “penalizzano” il sistema Coop che si è costruito su di un impianto tradizionale di derivazione egualitaria. Giusto o sbagliato, nel 2025, questo è.
Ovviamente rispetto ad alcuni anni fa, l’impostazione complessiva sta cambiando sia sopra, tra i primi livelli, i quadri e i dirigenti che sono trattati sul piano economico complessivamente meglio che in passato comunque sulla fascia bassa del mercato. Di converso, sotto quei livelli, richieste di flessibilità, terziarizzazioni di punti vendita e attività, compressione degli organici, ecc., se ascolto i sindacalisti, vengono sottolineati aspetti gestionali contraddittori che attraversano l’intero comparto e di cui anche Coop, almeno in alcune sue cooperative, non è esente.
Perché parto da qui?
Semplicemente perché secondo Coop Italia, trattare meglio di altre insegne concorrenti i propri collaboratori, soprattutto di medio basso livello, non è ritenuto assolutamente alternativo all’ottenimento di buoni risultati economici aziendali. Non è quindi un semplice problema di rispetto delle regole, cosa alla portata di tutti, ma una scelta costitutiva.
Purtroppo il rischio che vedo crescere in molte realtà della GDO, in generale, è che prevalga un continua svalutazione del lavoro, proprio a partire nei punti vendita che coinvolge sia i livelli bassi che le regie. Non c’è, se non in poche realtà, un ripensamento del suo valore, del legame con i risultati, della necessaria condivisione economica. Il lavoro è spesso inteso come un costo da tenere sotto scopa, dato che rende vana ogni pretesa di valorizzarne collettivamente l’impegno e quindi di mettere sul serio al centro il cliente (interno e esterno). Che è altra cosa rispetto al riconoscimento individuale. Quindi, anche per quest’anno e sotto questo aspetto specifico, complimenti a Coop per questo suo primato in classifica.
Detto questo, il 2024 di Coop Italia è segnato dal proseguimento del percorso di riposizionamento nelle traiettorie previste dai piani pur con delle differenze tra cooperative. Quindi tra i manager chiamati a sostenerli. Le cooperative non sono tutte uguali in termini di qualità del management e soprattutto ognuna tende ad interpretare strategie, valori e rapporti con il sistema complessivo a modo proprio rispondendo ai propri soci. Nonostante questo, il giro d’affari complessivo raggiunge i 16,6 miliardi di euro, +1,2% rispetto all’anno precedente (oltre 14,9 miliardi quello sviluppato solo dalla parte retail in crescita rispetto all’anno precedente di un +1%). Insufficiente per contrastare l’inflazione che secondo Istat negli alimentari nel 2024, si è attestata al +2,0%. Analoga crescita si registra per i prezzi del “carrello della spesa”(+2,0%). A dicembre 2024, il trascinamento dell’inflazione al 2025 è +0,3%.
Il 2024 per Coop, sotto il profilo occupazionale, ha segnato il rinnovo del contratto di lavoro nella distribuzione cooperativa al termine di una lunga e complessa trattativa che ha portato ad adeguamenti retributivi e a un potenziamento di clausole di welfare e di risorse investite in percorsi formativi. Oltre il 70% dei dipendenti Coop è donna e contemporaneamente è aumentata la percentuale di donne in ruoli direttivi che supera il 40%. Un dato da anni in crescita che testimonia l’impegno di Coop sui temi dell’inclusione e della parità di genere. A febbraio 2023 Coop, ha ottenuto la Certificazione della Parità di Genere secondo la UNI PdR 125 e l’attestato è stato riconfermato nel 2024 a un anno di distanza e affiancato da altre Certificazioni della Parità di Genere raggiunte dalla maggior parte delle cooperative associate. A conferma di questo, in una recente intervista, Maura Latini Presidente Coop ha sottolineato: “La missione di Coop segue delle “tavole della legge” imprescindibili e una di queste riguarda proprio la parità fra i generi”.
Immutato il dato della base sociale; sono circa 6,2 milioni i soci (oltre un quarto delle famiglie italiane è proprietaria delle 72 cooperative associate). La presenza femminile è forte anche nei Cda delle cooperative (40,8%), ed è confermato il dato della predominanza femminile fra i soci eletti nei vari organismi rappresentativi dei territori (54,4%). La quota di mercato, pur in leggero calo (-0,3%) conferma il posizionamento nel mio “Five Billion Club” al terzo posto dopo Selex e Conad. Interessante l’incidenza sul totale delle vendite del marchio Coop che ha superato il 40% e i 3,5 miliardi di euro.
In conclusione mi va di proporre alla riflessione un punto controverso. Coop italia al di là delle dichiarazioni e della storia che nessuno credo possa discutere sotto questo punto di vista, rappresenta l’ultimo baluardo di un modello economico e sociale che, nonostante tutto, ha retto in questi decenni e che sarà sempre più destinato ad affrontare scelte da cui difficilmente potrà smarcarsi, proprio sulla qualità e sul riconoscimento del lavoro. L’inflazione strisciante destinata a alimentare effetti indesiderati per lungo tempo sul costo del carrello della spesa spinge ad una omologazione che coinvolge l’intero comparto. Non da meno lo stesso contesto concorrenziale. Il dilemma è se farsi risucchiare in una competizione dove il lavoro, soprattutto quello più povero, è semplicemente un costo o gestire con l’intera filiera, con i soci e con i clienti il tema della propria distintività, spostando ad un altro livello i termini di una contraddizione che appare sempre più evidente nell’intero comparto.