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È una scelta consapevole o una maledizione il fatto che la GDO, nel suo complesso,  in Italia conti politicamente poco? L’interrogativo emerge ogni volta che sul comparto si abbatte il sospetto di non fare abbastanza per tenere sotto controllo i prezzi. In realtà l’impegno c’è. Ma è un impegno volontaristico. Assunto dalle singole insegne, non inserito in una logica di filiera,  poco valorizzato nella costruzione di un rapporto con la Politica e le istituzioni e, spesso, nemmeno percepito dai clienti frastornati più da sconti e promozioni che sensibilizzati e coinvolti. L’esperienza del “carrello tricolore” non ha avuto alcun seguito ed ha quindi riportato le lancette dell’orologio indietro nel tempo. Parlando con i CEO la percezione che l’associazionismo di categoria dovrebbe fare di più, emerge spesso. Pochi però comprendono di essere loro stessi parte del problema. Non si determina nulla senza un impegno diretto e consapevole. E, il primo passo, va fatto dai CEO.

L’inevitabile tramonto poi, degli imprenditori che localmente, hanno costruito il comparto, mattone su mattone, rende le insegne fragili di fronte agli umori della politica di oggi che tende ad inseguire il consenso piuttosto che governarlo  per affrontare i nodi irrisolti del nostro Paese. Le poche risorse disponibili e la loro destinazione riportano in primo piano il tema dell’autorevolezza degli interlocutori, la loro capacità di fare intese nell’interesse della categoria ma anche del Paese, la loro credibilità e la loro rappresentatività. Ci sono poi momenti dove saper interpretare un ruolo, offrire la propria disponibilità rispetto ad un problema  specifico, consentire ai propri interlocutori di uscire da situazioni complesse aggiunge autorevolezza e “mette fieno in cascina” per i momenti difficili che prima o poi arriveranno.

In questo momento, poi, la geopolitica, i drammi umani e materiali conseguenti alle guerre in corso, la necessità di non essere indifferenti spingono chi può a fare qualcosa di utile evitando strumentalizzazioni inutili e segnalare così alla collettività la propria volontà di esserci. Con discrezione per evitare inutili protagonismi fuori luogo ma anche con determinazione. L’emergenza umanitaria  che colpisce la popolazione palestinese è sotto gli occhi di tutti. Fare qualcosa di utile è fondamentale. Si può scegliere, sbagliando, di aggiungere confusione ad un dramma vero, come hanno fatto alcune cooperative del sistema Coop prendendo parte, schierandosi e politicizzando la propria scelta.

Oppure cogliere l’eccezionalità della situazione E offrire al Governo e alle istituzioni internazionali la propria disponibilità a collaborare “qui e ora” per alleviare le conseguenze del disastro umanitario in corso. Nel primo caso è facile. Basta unirsi al coro di chi, nell’attesa che il conflitto si esaurisca, si limita ad indicare un colpevole. Togliere le noccioline israeliane e la salsa tahina dagli scaffali di alcuni punti vendita serve ad accarezzare nel verso del pelo quei soci militanti a cui interessa tenere alto lo scontro con il “nemico sionista” non certo alleviare le sofferenze di chi si trova tra l’incudine e il martello. La “coscienza” è così a posto.

Resto perplesso sul fatto che, luoghi dove il riformismo cooperativo è nato e si è diffuso per la sua capacità di rispondere ai bisogni delle persone scelga un deriva estremista, inutile politicamente e di nessuna contributo a ciò che sta succedendo. Ho persino pensato che lo scopo è utilizzare questo dramma per mettere in difficoltà il principale partito di opposizione alle prese con la superficialità di alcuni alleati e forse in previsione di regolamenti di conti interni  prossimi venturi. Fuori da questo non si spiega la scelta. Che convinca quattro leoni da tastiera nel web, qualche militante alla ricerca di una causa e chiuda così una vicenda che è solo all’inizio, appartiene a quel modo di fare politica inconcludente e inutile a cui ci stiamo purtroppo abituando.

Bene ha fatto quindi ANCC-Coop ad entrare in campo. “Boicottare prodotti in ragione della loro provenienza è un diritto dei consumatori in base alle proprie opinioni e sensibilità, non spetta alle imprese. Israele non fa eccezioni alla policy di Coop nazionale come ribadito nella riunione della Presidenza di Ancc (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori)”. E’ quanto si legge in una nota ufficiale di Coop, che sostiene la “centralità del dialogo” e dell’aiuto rivolgendo un appello al Governo italiano perché “ci si adoperi con il massimo impegno a riaprire i corridoi umanitari verso la striscia di Gaza; condizione indispensabile per avviare una imponente raccolta di cibo e altri aiuti su cui le cooperative di consumatori dichiarano sin da ora la loro completa disponibilità rivolgendosi anche a tutta la moderna distribuzione per una mobilitazione collettiva”.

E qui veniamo all’opportunità che si apre. Per Coop e per l’intera GDO. Personalmente mi sarei aspettato già da tempo che ANCC-Coop, ANCD-Conad e Federdistribuzione insieme, offrissero al Governo italiano (e all’opposizione parlamentare) una sponda forte in questa direzione. Non una scelta politica di parte ma una  strategia di impegno e di business. Un segnale  di presenza. L’autorevolezza politica emerge se si coglie il problema all’ordine del giorno, gli interlocutori necessari e, ciascuno rispettando il  proprio ruolo, fa la sua parte. Se l’intera GDO si muovesse con un’operazione di solidarietà nei confronti della popolazione palestinese, l’eco sarebbe mondiale visto il dramma in corso come è stata planetaria la figura pessima che le due cooperative hanno fatto fare all’intero sistema cooperativo italiano.

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