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Confcommercio nella sua assemblea annuale  ha lanciato un giusto allarme sulla carenza di personale prevedendo che nel 2025 mancheranno circa 260.000 lavoratori qualificati nel terziario. Un problema serio che mette a rischio la continuazione di numerose imprese piccole e medie. Fenomeno purtroppo causato da diverse ragioni tra le quali,  il calo demografico, le difficoltà nel reperire personale con le competenze giuste, i modelli organizzativi e la distribuzione degli orari in alcuni comparti, le specificità presenti nel terziario di mercato   e, ultimo ma non meno importante, il crescente costo della manodopera. Da qui l’appello al Governo perché la questione salariale assuma carattere nazionale e diventi elemento di confronto costruttivo tra le parti sociali. 


Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della UIL probabilmente sbarcato da Marte qualche ora prima e quindi senza conoscere le dinamiche e le problematiche del comparto  ha replicato: “Non ci raccontate balle, assumete questi lavoratori a tempo indeterminato, ma non a 5 ore, a 20 ore, fate loro il contratto dignitoso, e applicate i contratti che sottoscriviamo noi”. Quindi il sindacalista non è informato  che quei contratti, a suo dire poco dignitosi che regolano i rapporti di lavoro nel comparto e che provocano una grave carenza di mano d’opera, sono firmati anche dalla sua organizzazione.  Altri sindacati, anziché  toni da bar sport,  propongono di alleggerire il peso del secondo scaglione Irpef, portandolo dal 35 al 32%, estendendone l’applicazione fino a redditi da 60mila euro l’anno. Di rendere più accessibile la defiscalizzazione per i premi di produttività, di  valorizzare la contrattazione articolata aziendale e territoriale, rinnovando i contratti scaduti. E di aprire  un confronto con il Governo e le rappresentanze datoriali nella prospettiva di costruire un Patto della responsabilità a partire dalla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La replica di Confcommercio alle semplificazioni di Bombardieri  non si è fatta attendere (leggi qui ). Ma questo è….

Nonostante tutto  gli argomenti di riflessione proposti nella giornata  non sono mancati.  Il tema dell’incontro dell’assemblea nazionale del delegati della Uiltucs a Firenze era il lavoro povero. Come affrontarlo e contenerlo non essendo in alcun modo superabile. Tema centrale, soprattutto oggi, che l’impatto dell’inflazione ha aggravato perché colpisce in modo più severo le famiglie con redditi più bassi. Samantha Merlo della segreteria nazionale ha presentato una fotografia realistica. Un settore, quello dei servizi, dove sono impiegate 16,7 milioni di persone (il 69,9% dei lavoratori censiti in Italia) e dove la maggioranza è donna (51,7%), i contratti precari sono il 33%. Il tasso di copertura contrattuale nel terziario, inoltre, è sotto l’80%, un dato che evidenzia una «zona grigia» che comprende quasi 2 milioni di lavoratori per i quali non si sa nemmeno quale sia il Ccnl del terziario o meno che gli è stato applicato e i cui diritti sono sospesi, privi di una protezione legale adeguata.

La Uiltucs, insieme alla Fisascat CISL e alla Filcams CGIL, essenzialmente con Confcommercio ma anche con altre organizzazioni datoriali, sottoscrivono 28 contratti collettivi nazionali applicati a più di sei milioni di lavoratori del settore terziario di cui 2 milioni hanno paghe orarie inferiori ai nove euro lordi e chi ha un rapporto di lavoro part-time, o a termine, non arriva a 7000 € lordi/anno. La contrattazione di secondo livello raggiunge solo il 10% dei 6 milioni di lavoratori. Ci sono poi  i cosiddetti contratti pirata dove una cassiera, per fare un esempio,  arriva a guadagnare anche 415 € in meno al mese sul tabellare a parità di mansione, di qualifica e di orario dei CCNL ufficiale e non ha la 14ª mensilità. All’anno sono 7000 € in meno. Per non parlare degli apprendisti. 13.800 € di annua contro i 23.000 circa dei contratti sottoscritti dai confederali. A Napoli, ad esempio,  il sindacato di categoria locale ha recentemente sottoscritto un accordo di passaggio, pur scaglionato temporalmente, da un contratto ANPIT CISAL in un’azienda GDO del territorio, al CCNL confederale. 

La relazione contiene, a mio parere, alcuni passaggi criticabili. Uno di strategia e uno di tattica negoziale  e anche una proposta seria su cui si può lavorare. Innanzitutto  la Uiltucs evoca la magistratura come un’opportunità da percorrere. Una sorta di succedaneo della contrattazione. A mio parere un errore. Un sindacato che rinuncia al suo ruolo diventa più debole. Individuare la magistratura come alleato è molto pericoloso perché non si può invocarla solo quando ti dà ragione. E quando è in campo in genere non è per nulla tenera con il sindacato confederale.  Per Andreani al contrario, adesso sarebbe il momento di mettere sotto la lente di ingrandimento della magistratura i part time sotto la soglia di ciò che prevedono i CCNL dal punto di vista dell’art. 36 della Costituzione (il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa). Secondo Andreani c’“azzecca”, secondo me, no. Il punto però è il rispetto dei CCNL che deve determinare l’orario minimo del part time. Non il rapporto ore lavorate/salario. E comunque se le parti sottoscrittrici dei CCNL credono al sistema bilaterale che ne deriva, dovrebbero privilegiare il confronto a quel livello.

Anche sulla vicenda LIDL, citata nella relazione, sulla quale ho già scritto (leggi qui) non capisco l’atteggiamento. L’azienda che ha una sua determinata struttura organizzativa, ha espresso la disponibilità ad arrivare, per i part timer alle 25 ore rispetto alle 18/20 previste dal CCNL,  un obiettivo importante per i lavoratori e anche per il sindacato. Dichiarare “Non molleremo finché non avremo strappato questo risultato” quando l’azienda ha già messo sul tavolo una disponibilità già maturata lo trovo debole. Aggiungo che, il ragionamento a supporto che sviluppa Andreani, condivisibile e  riassumibile nell’equazione “se tu azienda guadagni devi condividerne i benefici con i tuoi lavoratori” apre due strade altrettanto innnovative. Innanzitutto sulla variabilizzazione del salario legata all’andamento aziendale o addirittura di sito. E, in secondo luogo, sulla sua reversibilità perché se condivido i benefici, devo poter condividere anche eventuali andamenti negativi. Altrimenti il sistema non regge..

Detto questo passo agli elementi  positivi da sottolineare. La «Proposta 25-50-100», che mira a contrastare la povertà salariale segnala finalmente una serie di richieste sindacali concrete: l’incremento del part-time minimo a 25 ore per tutti, una paga maggiorata del 50% per le ore domenicali e del 100% per quelle nei giorni festivi. Poi vedremo i punti di caduta nei negoziati ma, per ora, è un segnale di concretezza che va oltre la trita retorica contraria per principio, ad esempio,  al lavoro domenicale e  festivo e si pone il tema del loro giusto  riconoscimento. Finalmente, dico io! Dopo anni a negare la realtà (la necessità del lavoro festivo e domenicale) con decine di migliaia di lavoratori coinvolti, soprattutto giovani, arrivare a comprendere che è il riconoscimento del disagio il tema vero non un’attività assolutamente necessaria per le insegne è un passo in avanti significativo.

E poi aver compreso che  la vera sfida per l’intero sindacato e per le rispettive controparti datoriali è la lotta  alla “pirateria” contrattuale. E su questo, la proposta uscita dall’incontro sindacale, che le aziende debbano dichiarare  esplicitamente quale contratto applicano, è da condividere. Almeno si metterà  fine all’incertezza che genera abusi. Temi importanti da affrontare insieme. 

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