Ci sono due modi per leggere l’annuncio di Carrefour Italia sulla riorganizzazione della sede centrale. Il primo è il più scontato. Dopo mesi nei quali sono uscite indiscrezioni sul suo futuro non è difficile supporre che, per alcuni osservatori, questa decisione sia destinata ad anticiparne altre ben più pesanti. Un intervento richiesto da eventuali acquirenti che della sede non saprebbero cosa farsene. Personalmente non lo credo. Nel caso di cessione totale delle attività e dell’uscita da un Paese, la sede impiegatizia rappresenta l’ultimo dei problemi. La sua riorganizzazione pur rappresentando un forte valore simbolico, in questo momento, non è necessariamente collegata al destino e alla presenza della multinazionale francese nel nostro Paese.
Leggo dal comunicato: “Carrefour Italia annuncia un piano di riorganizzazione strategica della propria sede centrale, con l’obiettivo di accelerare ulteriormente il percorso di trasformazione del business, incentrato sul modello franchising, e rilanciare la sostenibilità finanziaria e commerciale dell’azienda”. 175 persone coinvolte su circa 800. Io partirei da qui. Che in Francia guardino all’Italia come ad un’eterna malata non ci sono dubbi. E che in Italia i menagramo abbondino, dopo la vicenda Conad Auchan, è normale. Ma la cura impostata da Cristophe Rabatel è stato concordata con l’headquarter, passo dopo passo. La scelta strategica del franchising, la riorganizzazione continua, anno dopo anno nella rete, non potevano non comportare un impatto proporzionale sulla sede centrale. In dieci anni Carrefour Italia ha cambiato pelle riducendo l’occupazione diretta di circa diecimila persone. Un riposizionamento organizzativo con forti impatti interni che ha attraversato l’intero Gruppo Carrefour che ha subito un’accelerazione con l’arrivo di Alexandre Bompard come CEO. Scelta condivisa e praticata da tutto il Gruppo Carrefour anche in Francia (e non solo da Carrefour) costellato da dismissioni in alcuni Paesi e acquisizioni in altri.
A Massy, tra spifferi, notizie vere o presunte, sulle dismissioni possibili del Gruppo, raccontate alla stampa dal CFO Matthieu Malige, hanno semplicemente chiesto che la filiale italiana continuasse il necessario riallineamento dei conti. Un vero e proprio forte “penultimatum” sul futuro ma anche un segnale di fiducia sulla capacità del gruppo dirigente “italiano” di venirne a capo. Il tutto dopo la “sberla” della Procura Milanese che ha riportato indietro le lancette dell’orologio vanificando parte del lavoro fatto. Sulle perdite nel 2024, infatti, pesano gli oneri straordinari sulla logistica dopo quell’intervento.
Da qui, il piano sulla sede. Non dimentichiamo che la recente assemblea degli azionisti non era andata benissimo per Bompard. Nonostante il marchio abbia registrato l’anno migliore in Francia negli ultimi 10 anni, il prezzo delle sue azioni è inferiore a quello del 2017, quando arrivò alla guida del Gruppo francese. (- 4,7 miliardi di euro di valutazione dal suo arrivo). E nonostante un fatturato annuo di 94 miliardi, Carrefour resta sottovalutata: le recenti offerte (respinte) di acquisizione non si sono spinte oltre i 10 miliardi. Una cifra che la espone (troppo) ad possibili interventi speculativi. Molto più della filiale italiana. Le critiche alla gestione Bompard, le proiezioni non esaltanti sul 2025, e la stessa scadenza del top manager prevista nel 2026 facevano presagire possibili tagli e dismissioni in Paesi non strategici, soprattutto per tranquillizzare gli azionisti.
L’Italia era tra le principali indiziate. “Tra il 2019 e il 2023, secondo il report Gdo di Mediobanca, Carrefour in Italia ha accumulato perdite per 874,2 milioni. Sempre secondo i dati Mediobanca l’insegna francese soffre sia sul mercato domestico che nelle attività estere, sempre con performance al di sotto della media del settore. Insomma una vera e propria emergenza redditività” ha scritto Piero Netti sul Sole 24 ore. NielsenIQ, comunque attribuisce a Carrefour una quota di mercato del 4,5%, solo in leggero calo rispetto al 2023.
Gli ultimi mesi del 2025 stanno dando segnali incoraggianti a Carrefour Italia sul piano commerciale. La filiale italiana, insomma, ci crede. La partita, secondo loro, può ancora essere vinta. Lo stesso piano presentato, a mio parere, ne è la dimostrazione. I concorrenti ovviamente hanno interesse ad alimentare le voci di cessione dell’intera rete perché molte posizioni di Carrefour Italia sono particolarmente ambite. Penso ad esempio alla città di Milano dove altre insegne vorrebbero inserirsi con decisione. Uno “spezzatino” spingerebbe molti al tavolo. Non solo le insegne indicate dal Lebensmittel Zeitung.
Carrefour Italia, tra gli altri aspetti, resta una realtà complessa anche per il mix diretti/franchising che oltre a rendere difficile una trattativa che comprenda terzi, rende altrettanto difficile stabilire un prezzo di vendita equo. Carrefour Italia ha chiuso il 2024 con vendite in calo del -2,6% a parità di rete, a quota 4,2 miliardi di euro. Nel 2024 quattro ipermercati e 12 negozi di prossimità sono passati in franchising. Il fatturato consolidato del gruppo Carrefour si è attestato a 94,6 miliardi di euro (+0,4%). L’operazione annunciata in Italia, a mio parere, si inserisce in questo processo di riorganizzazione continua.
Io la leggo in questo modo, sempre sottolineando che, per esperienza, gli esuberi soprattutto per le professionalità delle sedi, sono sempre dolorosi per chi li subisce e difficili da gestire. Se però guardiamo la realtà, Carrefour Italia opera in Italia con una rete multi-formato di circa 1.200 punti vendita di cui circa 900 in franchising. Solo questo rapporto diretti/franchising rimanda immediatamente ai numeri della sede. E determina la necessità di una riorganizzazione complessiva con l’evidente obiettivo di ottimizzare i processi, eliminare le duplicazioni con i franchisee, sviluppare overlay organizzative con altre strutture internazionali del Gruppo, rafforzandone il coordinamento, in un’ottica di riduzione di costi e di semplificazione.
Carrefour Italia, l’ho già scritto altre volte, non può contare su risorse economiche dal Gruppo. Deve in gran parte fare da sola. Fatta la scelta strategica del franchising deve inevitabilmente ottimizzare le funzioni di sede, cedere i punti vendita problematici e investire maggiori risorse nelle attività commerciali, nei servizi e nella relazione con i clienti. È l’unica via percorribile. Se a questo aggiungiamo il contesto esterno, l’impatto sui prezzi che non accennano a rientrare sugli alimentari e una costante pressione sui margini, abbiamo un quadro che aggiunge difficoltà ad una realtà già in affanno. Nei prossimi giorni saranno previsti gli incontri con i sindacati di categoria che chiariranno meglio la situazione. Importante, credo, è l’assunzione di responsabilità attraverso la ricerca di soluzioni che “garantiscano il minore impatto sociale per i lavoratori coinvolti”.
L’azienda sostiene che adotterà un approccio improntato al dialogo costruttivo e responsabile, attraverso il coinvolgimento attivo delle parti sociali”. Premetterlo è fondamentale. Carrefour resta il secondo retailer a livello europeo, dopo la tedesca Schwarz Gruppe ed è presente in 30 Paesi nel mondo. Sia per la storia della multinazionale nel nostro Paese, sia per l’importanza della multinazionale francese sul nostro mercato e in Europa faccio personalmente fatica a vederla in uscita dal nostro Paese. Ho già scritto che il 2025 sarà un anno decisivo per il destino dell’intero Gruppo Carrefour. Ed è a quel livello che bisogna attendersi novità rilevanti.