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Arrivi-derci con la “i” è un po’ ambiguo. Potrebbe indicare un messaggio di probabile arrivo  (da loro) o semplicemente rilanciare un gossip che gira da tempo.  Questa volta è toccato ai tedeschi di Lebensmittel Zeitung. Carrefour Italia, non da oggi,  è nel mirino di molti retailer. Un po’ perché c’è chi si aspetta  la replica del caso Auchan, un po’ per la trita retorica sull’affanno in GDO delle  multinazionali, un po’ perché Carrefour vanta posizioni interessanti e infine, un po’ perché azzoppare un concorrente male non fa. Aspiranti pronti allo spezzatino ce  ne sono. I precedenti (Auchan e Rewe) lascerebbero intendere che possa essere  possibile una cessione a buon mercato e una ritirata rapida. Scegliere le location  di fiore in fiore è il sogno di molti. Non mi sembra però ci siano aziende italiane in grado di digerire l’intera Carrefour Italia con le problematiche legate alle grandi superfici, ai franchisee e con una sede, tutt’altro che leggera.

Le cifre che sarebbero  richieste  e che girano da almeno sei mesi sono poi, assolutamente irrealistiche. Così come le voci alimentate da competitor che puntano ad irretire qualche franchisee. Personalmente mi sono fatto questa idea. Carrefour italia è attualmente ben gestita e Cristophe Rabatel e la sua squadra stanno mettendo tutto quello che hanno per far guadagnare la definitiva linea di galleggiamento all’azienda.Ce la faranno? Non lo so. Però spero di si. In questo complesso percorso ad ostacoli hanno dovuto misurarsi non solo con il mercato e con il piano di riorganizzazione predisposto ma anche con un problema strutturale e con un imprevisto. Certamente non addebitabili a questa squadra. Innanzitutto il problema strutturale.

Nessuna riorganizzazione aziendale può funzionare se ristrutturazione, riorganizzazione   e sviluppo non procedono appaiati. La politica dei due tempi  funziona solo in politica perché le promesse viaggiano separate dalla loro realizzazione. Nelle aziende i due tempi non esistono. Devono coincidere. E lo sviluppo di Carrefour Italia, per il fardello che si trascina, non poteva e non può essere caricato solo sulle spalle del management locale. In questo senso si può affermare che, fino ad ora, è stato fatto il possibile. Basterebbe solo ricordare che mentre la Francia è sotto pressione sul fronte del azionisti, dei sindacati, dei   franchisee e degli imprenditori in affitto di ramo d’azienda, dall’arrivo di Rabatel nel 2020 e fino ad oggi si sono susseguite numerose operazioni di dismissione e di passaggio a terzi senza alcuna ripercussione sociale significativa. Carrefour in Italia ha dovuto contare solo sulle proprie forze e fare tutto da sola. E per ciò che è riuscita a mobilitare in termini di progetti, risorse umane,  energie coinvolte e concentrazione sugli obiettivi, ha prodotto risultati, probabilmente non ancora sufficienti per vincere la sua battaglia, ma  decisamente importanti. Ed è con questi che tiene insieme una squadra determinata e orientata ai risultati.

Poi è accaduto un fatto che pochi hanno registrato nella sua gravità: l’accadimento imprevisto che rischia di riportare l’azienda  al punto di partenza. Vanificando così,  5 anni di lavoro. Il nostro Paese, purtroppo,  è la patria degli imprevisti. Normative, leggi e burocrazia, li determinano in continuazione. In una multinazionale, va sottolineato con la matita blu,  non può esistere un  imprevisto. Esiste CHI non lo ha previsto o CHI non ha saputo gestirlo.  Il management di Carrefour Italia nel 2024 è stato colpito dalla furia iconoclasta della Procura  di Milano alla  ricerca di simboli aziendali noti da indicare alla  pubblica opinione per giustificare un’azione, secondo la Procura, legittima, secondo il sottoscritto e non solo, tutta da dimostrare non solo in Carrefour, che però colpisce note aziende della logistica e della GDO. Guarda caso  solo a Milano e nei suoi dintorni. Altrove, no.  Attacchi, però, che  non consentono argomenti a  difesa  rispetto a tesi precostituite che valgono però solo sotto quella giurisdizione. Quindi, o paghi o paghi. Se non paghi, le attività si bloccano e, se mai ti venisse voglia di difenderti e ti venisse riconosciuta la ragione, sarà  tra qualche lustro. Magari tra due o tre CEO…La stessa sorte  era toccata a Esselunga, Dhl, Gls, Uber, Brt e Geodis e altri. E tutti hanno pagato.  In buona parte, continuo a pensare,  per evitare conseguenze  peggiori.

Carrefour Italia tramortita quindi,  dalla Procura milanese e dalle sue inchieste dalle quali è praticamente impossibile difendersi, è come se avesse dovuto ricominciare tutto da capo. Sia in termini economici che di credibilità.  Con in aggiunta  la casa madre poco disponibile a comprenderne le ragioni molto  “italiane” (credo nella mia innocenza  ma è meglio dichiararci colpevoli) proprio mentre il vertice in Francia si stava difendendo sui risultati del business e sul valore dell’azienda dalle critiche degli investitori. Per quel “poco” che conosco i francesi, una situazione difficile da credere ed accettare. Per questo mi sono fatto l’idea che in Francia qualcuno cercasse più un colpevole per affrancarsi dalle critiche che una spiegazione.  Ed è da lì, a poco più avanti, che sono riprese le speculazioni sull’Italia… Forse  la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Detto tutto questo non credo ci sia un acquirente, almeno in Italia, disposto a pagare il fatturato complessivo di un’azienda che ha una parte preponderante in franchising. Credo semmai alla cessione di singoli o pacchetti di punti vendita. Come peraltro sta già avvenendo. Nell’assemblea blindata del Gruppo di fine maggio avevo scritto “Per quello che interessa i colleghi di Carrefour Italia e le prospettive nel nostro Paese, la revisione strategica annunciata a metà febbraio e che potrebbe includere la cessione di attività sta “procedendo bene”, ha sostenuto  il CFO, ricordando “due iniziative iniziali” , il piano di uscita di Carrefour Brasile dal mercato azionario locale e l’aumento degli investimenti in Francia “mirati alla modernizzazione dei negozi e dei centri logistici”. Ha però rifiutato di commentare “altre possibili azioni per non comprometterle” e ha confermato che la società informerà il mercato “non appena saranno prese delle decisioni “. Ad ora, nulla è uscito. 

È toccato al settimanale tedesco Lebensmittel Zeitung parlare di manifestazioni d’interesse. Lo scorso novembre era stato  il Financial Times, che parlava di uscita  dai paesi “non core” tra cui l’Italia insieme a Belgio, Romania, Polonia. L’attività in Italia consta di circa 1.200 punti vendita con ricavi per 4,18 miliardi di euro. Ad oggi, circa 980 dei 1.200 negozi in Italia sono condotti da franchisee. Nel 2024 sono passati 4 ipermercati  e  convertiti 12 minimarket sempre in franchising. Quindi continua la riorganizzazione.

Secondo Piero Netti sul Sole 24 ore “L’Italia però continua ad essere avara di soddisfazioni e la produttività (le vendite per metro quadro ndr) di Carrefour Italia è, secondo le ultime rilevazioni di Mediobanca, nettamente al di sotto della media italiana con soli 5.716 euro contro i 7.770 del dato nazionale. Tra il 2019 e il 2023, secondo il report Gdo di Mediobanca, Carrefour in Italia ha accumulato perdite per 874,2 milioni. Sempre secondo i dati Mediobanca l’insegna francese soffre sia sul mercato domestico che nelle attività estere, sempre con performance al di sotto della media del settore. Insomma una vera e propria emergenza redditività”.

Condivido anch’io il giudizio finale di Netti: ”per il momento queste uscite sono solo delle mere ipotesi accademiche”. Come ho già scritto,  la mia personalissima impressione che ad Alexandre Bompard difficilmente verrà rinnovato il mandato che scade nel 2026. Per rimettere in sesto Carrefour, Bompard ha però imposto al gruppo  uno shock competitivo con forse in testa l’obiettivo, condiviso con gli azionisti principali, di cedere l’intera l’azienda. Io continuo a guardare lì. Ad un  possibile interlocutore, che coinvolga  l’intero Gruppo. Ovviamente è solo la mia modesta opinione. 

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