L’Industria di Marca resta l’interlocutore privilegiato per la grande distribuzione. Non solo per la dimensione del business ma anche perché non è possibile non condividere una visione moderna e di futuro comune per la filiera stessa e per il Paese. Le dinamiche che hanno portato ad una contrapposizione complessiva durante la fase che ha portato all’accordo sul cosiddetto “carrello tricolore” e ciò che ne è seguito è ormai alle spalle. Una fase che ha contribuito a mettere in ombra una parte delle ragioni dell’industria di marca in un momento complesso sul piano economico, politico e sociale. La Grande Distribuzione è riuscita, da parte sua, a smarcarsi dalle facili accuse sul “caro carrello” lasciando all’industria di marca buona parte del “cerino” in mano.
Oggi fa probabilmente sorridere ricordare quei passaggi essendo ormai in tutt’altro contesto economica nazionale e internazionale ma la retorica sul potenziale della marca privata, le polemiche sulle richieste di aumento dei listini e i consumatori alla affannosa ricerca di sconti e promozioni, hanno preso vigore, proprio a partire da quei momenti. Anche per queste ragioni credo che l’appuntamento proposto da Centromarca per il primo forum del largo consumo che si terrà a Roma il 15 ottobre costituisca un segnale importante. Lo ha annunciato Francesco Mutti, presidente di Centromarca, durante l’assemblea generale in corso a Palazzo Mezzanotte a Milano.
“Le nostre industrie sono un asset strategico per lo sviluppo dell’economia italiana, investono, contribuiscono in modo significativo al PIL nazionale e alla bilancia commerciale, creano occupazione e valore”, ha sottolineato Francesco Mutti. “I prodotti di Marca rappresentano l’eccellenza: esprimono innovazione, sostenibilità, qualità e valori che li distinguono in tutto il mondo”. L’obiettivo è creare un evento dedicato a tutti gli attori della filiera del largo consumo, per confrontarsi su come il settore possa contribuire alla crescita dell’Italia. “Abbiamo bisogno – dice Mutti – di essere percepiti per quello che siamo: uno dei principali settori strategici dell’Italia” e quindi di essere “accompagnati da una politica industriale coerente, coordinata e da una visione di medio e lungo periodo”. C’è un’espressione francese che spiega in poche parole il senso dell’articolato intervento di Mutti: “Remettre la pendule à l’heure”. Significa mettere le cose in chiaro. E così è stato.
Nel suo intervento Mutti ha anticipato che Centromarca elaborerà insieme agli altri attori della filiera proposte da presentare al Governo, per sostenere la competitività del Paese, delle imprese e dell’Intero comparto del largo consumo. Tra le priorità individuate ci sono: incentivi per favorire la crescita dimensionale delle aziende e l’innovazione; semplificazione della burocrazia; sostegno alle transizioni ecologica e digitale; tutela della proprietà intellettuale. “L’industria di marca – ha spiegato Mutti – ha bisogno di un contesto normativo e politico che supporti concretamente i nostri sforzi e ci permetta di affrontare le sfide di un mercato globale sempre più competitivo”.
Nella Grande Distribuzione non si è ancora spento l’eco interno del dibattito sul potenziale della Marca Del Distributore per i conti delle insegne e per le tasche del consumatore. L’analisi condotta da TEHA per ADM – Associazione Distribuzione Moderna a gennaio, ha mostrato come la MDD sia un vero e proprio motore di crescita con impatti significativi sull’intero sistema Paese. Nel 2024, il fatturato aggregato dei prodotti MDD (considerando sia la Distribuzione Moderna Organizzata che il discount) ha raggiunto la cifra di 26 miliardi di euro, segnando un incremento del 2,4% rispetto al 2023 e un notevole +35,4% rispetto al 2019.
I numeri con cui l’industria di marca italiana si è presentata con il nuovo studio di Centromarca rimettono un po’ le cose nella loro giusta dimensione che disegna un comparto formato da 193 aziende, proprietarie di 2.600 marche, alimentari e non. Un settore che ha un giro d’affari di 67 miliardi e impiega direttamente 100 mila persone, raggiungendo con i suoi prodotti il 100% delle famiglie italiane mantenendo una posizione dominante in un mercato segnato dalle tensioni geopolitiche che conosciamo. «L’azienda di marca è decisamente in buona salute — spiega il presidente di Centromarca, Francesco Mutti —. Oggi manteniamo oltre il 60% della quota di mercato». Ottantasette miliardi di valore generato, pari al 4,2% del PIL nazionale. L’indagine di Centromarca rivela che il 54% delle industrie manterrà invariati gli investimenti, il 35,6% li amplierà e soltanto il 10,2% li ridurrà. A fare la differenza è la competenza italiana, strategica per l’export in questo momento d’incertezza.
«Il made in Italy si riconosce per qualità, innovazione, bellezza e unicità — dice Mutti —. Solamente la marca riesce ad esprimere questi valori ed è nella marca che troviamo il primo motore per lo sviluppo economico del Paese e l’internazionalizzazione». Il settore viene da un periodo segnato dall’inflazione, con le aziende che hanno dovuto rivedere i progetti di espansione e ragionare su come non pesare sui consumatori. La strategia rimane la collaborazione tra tutti i componenti della filiera, uno dei maggiori punti di forza dell’industria di marca: «Dobbiamo collaborare — spiega Mutti —, non per decidere chi deve trattenere un centesimo in più di redditività, ma per individuare le aree in cui l’efficienza può essere generata. L’eventuale risparmio può essere riversato su una maggiore competitività del Paese e nelle tasche dei consumatori».
Nell’ incontro pubblico che ha fatto da corollario: “Valori della Persona e Valore della Marca si sono alternati tanti contributi autorevoli per approfondire quattro grandi direttrici: 1) Etica, intesa come capacità di coniugare visione economica e responsabilità sociale. 2)Le politiche per il cittadino e il ruolo del brand, che oggi più che mai è chiamato a offrire risposte concrete e coerenti ai bisogni delle persone. 3) Il dialogo con un consumatore sempre più consapevole, attento ai valori e coerente nelle sue scelte. 4) La sfida del CapitaleUmano, da affrontare con strategie capaci di attrarre talenti, formare competenze e valorizzare le persone, riconoscendole come vero motore dello sviluppo. E sull’investimento sulle risorse umane, elemento centrale per l’IDM passa una forte linea di demarcazione tra l’industria di marca e altre realtà. Un criterio che sempre deve costituire un elemento di scelta a valle fondamentale anche per un consumatore sempre più attento alle dinamiche etiche e sociali.
Durante l’Assemblea tre importanti contributi istituzionali: il videomessaggio del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’intervento del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e il saluto del Vicepresidente della Commissione Europea Raffaele Fitto. I loro interventi hanno riconosciuto il valore dell’Industria di Marca come leva di competitività e di crescita per l’intero sistema Paese. L’Assemblea si è chiusa con una consapevolezza condivisa: il futuro non si attende, si costruisce. E l’Industria Di Marca è pronta a fare la sua parte, con senso di responsabilità, capacità di innovare e un impegno concreto verso il benessere collettivo.