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Il Rapporto Coop, ogni anno,  porta con sé una condanna. Come la pubblicità Telefunken del 1986 deve riuscire a  “stupire con effetti speciali”. A volte ci riesce. Altre volte, meno. Da Coop, non solo  come grande gruppo cooperativo  della GDO nazionale, ci si aspettano visioni,  tendenze, conferme. Se non ci riesce, come credo quest’anno, rischia di mancare qualcosa. Personalmente ho percepito  uno distacco troppo netto tra il preoccupante quadro generale prospettato, che condivido, e la fotografia del contesto quotidiano.  Temo, ad esempio,  non ci sia affatto più attenzione ai diritti civili, alla salute e alla sostenibilità, nella nostra società.

C’è, nella presentazione,  una visione un po’  “borghese” di questi aspetti  patrimonio  di nicchie minoritarie specifiche che non rappresentano la maggioranza della popolazione. C’è, ed è poco presa in considerazione dalla presentazione, una società che fatica ad allinearsi ai cambiamenti necessari  in corso, incattivita nei rapporti sociali, individualista, chiusa nei propri perimetri di interesse, sprofondata nel presente e facile da irretire alimentando contrapposizioni  e paure nell’altro. Vicino o lontano che sia. Anche nei consumi la forbice si è ulteriormente aperta. Nella spesa quotidiana vince l’arte di arrangiarsi. I supermercati copiando i discount, reggono, e i consumatori, sempre meno fedeli,  distinguono sempre meno le specificità di insegna. Il cibo, è vero, è al centro per tutti ma non allo stesso modo. Verso l’alto con un “ritorno alla cucina domestica, scelta di prodotti salutari e freschi, crescita dei sostitutivi vegetali e dei prodotti biologici” come in tutta Europa,  e, verso il basso, con una esclusiva “attenzione al rapporto qualità-prezzo e alle promozioni”. Insomma mi sembra che il cosiddetto “Paese reale” che qualcuno accusa il Governo (giustamente) di non vedere trovi una corrispondenza,   anche in questa presentazione.

Diversa e più centrata  mi sono sembrati gli interventi  dei dirigenti Coop. Maura Latini presidente di Coop Italia ha sottolineato: “La fotografia offerta dal Rapporto Coop ci spinge a riflettere senza perdere la rotta intrapresa. Il compito primario della cooperazione di consumatori è affiancare le famiglie, unendo convenienza, qualità e sicurezza”. Così come Domenico Brisigotti direttore generale di Coop: “Il Rapporto Coop ci restituisce l’immagine di un Paese segnato da una forte polarizzazione sociale, con una domanda debole e sempre più orientata al risparmio nella spesa quotidiana. Per rispondere a questo scenario, intendiamo rafforzare il piano già avviato, che punta sulla convenienza della nostra marca privata e su un sistema di promozioni e comunicazione volto a tutelare il potere d’acquisto delle famiglie”.

Infine Ernesto Dalle Rive presidente di Ancc-Coop ha posto l’accento anche sul lavoro: “Le cooperative di consumatori affrontano con serietà i problemi del Paese, dalla fragilità sociale alla scarsa qualità occupazionale. La strategia di efficientamento che stiamo attuando nei consorzi e nelle cooperative libererà risorse a vantaggio di soci e clienti. Come datore di lavoro di quasi 60 mila persone, Coop vuole conciliare tempi di vita e lavoro con politiche di welfare avanzate ed è pronta a discutere con Governo e settore su temi cruciali come aperture festive, riduzione del cuneo fiscale e misure contro la povertà, in una logica di confronto collegiale di filiera”. Questa disponibilità è centrale. Peccato non abbia avuto lo spazio propositivo che avrebbe meritato anche nella presentazione.  La carenza di addetti, l’atteggiamento dei giovani al lavoro in GDO rispetto alle altre generazioni, Il tema dei salari, del rispetto dei CCNL, del lavoro a monte e a valle, in termini di giusto compenso,  deve trovare risposte di filiera. E, soprattutto di ricomposizione associativa in vista dei rinnovi contrattuali. 

C’è quindi molto più pragmatismo condivisibile, necessario in questo contesto economico e sociale, ascoltando queste affermazioni. La mia impressione  è che questi tre interventi hanno saputo riposizionare la specificità del mondo coop e la sua capacità di rispondere, e quindi di rappresentare, le difficoltà a mantenere un livello di consumi che viene messo costantemente in discussione non tanto dalla cosiddetta “fine del consumismo” che rischia di essere una variante  della “decrescita felice” che ci ha accompagnato in passato,  quanto dalle priorità di spesa delle famiglie italiane.

Infine sottolineo e apprezzo il pragmatismo necessario in questo contesto politico  nazionale sulla vicenda che ha coinvolto Coop Alleanza 3.0 e il boicottaggio dei prodotti israeliani. Ernesto Dalle Rive, presidente di Ancc-Coop è stato chiarissimo: “Non c’è un rapporto diretto fra togliere prodotti israeliani dagli scaffali e risolvere il conflitto. Noi abbiamo scelto un’iniziativa concreta, aprendo una sottoscrizione per soci e clienti che ha già raccolto oltre 500 mila euro destinati a Medici senza Frontiere, presente nei territori coinvolti. Questo è un gesto reale di sostegno alle popolazioni che subiscono gli effetti devastanti della guerra. Togliere due prodotti dall’assortimento rischia di diventare un modo di lavarsi la coscienza senza affrontare davvero il problema”.

Riproporre un vecchio schema in questo contesto politico sarebbe stata un’ingenuità che avrebbe potuto contribuire a a mettere la sordina al ruolo economico e sociale dell’intero mondo cooperativo che invece, a mio parere,  deve essere rilanciato.  

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