Amazon vs. Walmart. Uno scontro che cambierà in profondità il mondo del retail..

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Mentre il mondo del retail sta cambiando in profondità abitudini e modelli di consumo anche grazie alle potenzialità offerte dalla trasformazione digitale noi continuiamo imperterriti a farci del male. Le provocazioni sulle chiusure domenicali sono lì a dimostrare che non riusciamo a capire che un intero sistema economico è attraversato da un profondo ripensamento strategico che avrà delle conseguenze pesanti sulla qualità e sulla modalità dei consumi, sulla sopravvivenza o meno delle nostre imprese e quindi sull’occupazione.

Alzare lo sguardo oltre il cortile di casa, evitare le zuffe sul nulla, riflettere su cosa serve per accompagnare questi processi epocali sarebbe la scelta migliore. Per fare questo è indispensabile ragionare sulle strategie possibili delle imprese che, forse più di altre, possono investire ingenti risorse, commettere errori e ripartire e  indicare strade da percorrere a tutto il mondo del retail.

Trasferirci negli USA può essere molto utile per riportare la discussione sui problemi veri. Da qualche tempo, infatti, lì è entrato nel vivo un confronto senza esclusione di colpi. 

In campo il campione indiscusso del retail, Walmart contro l’ultimo arrivato, l’imbucato venuto da fuori, dai sobborghi della filiera, Amazon, che ha deciso di insidiarne il regno. Quello che si sta consumando negli USA è uno scontro che presto sarà planetario e che lascerà sul campo morti e feriti, ovunque. Alla fine, nulla sarà più come prima.

Entrambi rappresentano, a loro modo, un approccio differente all’evoluzione delle abitudini e dei modelli consumo. Più centrato sul prodotto e sulla logistica di consegna quello di Amazon decisamente sul servizio e sull’esperienza di acquisto, quello di Walmart.

Due aziende globali che guardano al mondo con strategie diverse. Amazon è la punta di lancia di un modello di globalizzazione e delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale. E’ il mondo del consumo a portata di un clic. Il campione della disintermediazione commerciale. Prodotto e esigenze del consumatore si incontrano sul web; al resto pensano loro. Taylor e le sue teorie si prendono la rivincita. Usciti dalla finestra della manifattura rientrano dalla porta principale, nei servizi.

Dietro questo modello la sharing e la  gig economy,  i nuovi lavori e lavoretti, i robot, i droni, il trionfo del online sull’offline. Il “piacere di fare la spesa” perde tutto ciò che, decenni di marketing, avevano costruito. La piattaforma e i suoi algoritmi non hanno bisogno di conquistarti perché sanno già cosa ti serve. Conoscono i tuoi gusti e le tue inclinazioni. Non necessitano di domeniche, feste comandate o volantini promozionali.

Così come per molte persone non è quasi più necessario andare al cinema con i vari Netflix e compagnia o al ristorante con il food delivery. Le tue esigenze  qualsiasi esse siano possono essere tranquillamente  soddisfatti  restando comodamente seduto sul divano di casa. Tecnologia e ideologia dei consumi spostano il punto più in alto. Là dove faticano ad arrivare le generazioni che hanno radici nel 900.

E lo fanno, innanzitutto negli USA, dove ci sono le risorse economiche indispensabili. Non a caso altri soggetti si stanno muovendo dalla Silicon Valley per dire la loro.

Walmart, dal canto suo,  sembrava distratta,  ancora intenta a leccarsi le ferite dopo  il ritiro dalla Germania e dalla Corea del Sud dove non era riuscita a sfondare proprio per aver voluto imporre il suo modello. Americano, non globale, come si usava fare nel secolo scorso. Il gigante sembrava ormai condannato al  declino.

Da quell’errore e da quelle sconfitte è nata però la reazione. Il campo di battaglia diventerà sempre più il mondo. Amazon non ha ancora chiuso il cerchio. Ha bisogno ancora tempo per imparare a gestire il fresco e per completare l’apparato tecnologico e culturale necessario. E, nel frattempo, non disdegnerà incursioni e acquisizioni nel modello proprio dell’avversario. Ha ben capito la fragilità della filiera tradizionale.

Walmart punta a  trovare un giusto bilanciamento tra offline e online. Nel proprio mestiere entrambi però sono i migliori. Nel 2012 Amazon sborsò quasi 800 milioni di dollari per l’acquisizione di Kiva, il top nella robotica, bloccandone così le vendite dei loro prodotti alla concorrenza. Rallentata l’innovazione degli altri e riservandosela in esclusiva  ha così potuto lanciarsi su Whole Foods per accelerare i suoi progetti sul fresco.

Alla mossa di Amazon, Walmart ha risposto alleandosi con Google e con l’acquisizione di Flipkart, l’azienda indiana di e-commerce. Un chiaro attacco nella metà campo dell’avversario.  In una nota ufficiale Marc Lore, presidente e amministratore delegato di Walmart e-commerce, il braccio operativo sul web del colosso dei supermercati ha dichiarato: “Dal 2019 lavoreremo con Google per offrire centinaia di migliaia di prodotti per lo shopping vocale attraverso Google Assistant – il più grande numero di prodotto attualmente offerto da un venditore su una piattaforma”.

Google e Walmart si preparano così a combattere la guerra contro Amazon con una strategia  chiara e diversa dal concorrente:  innovare la modalità di fare acquisti. Negli Stati Uniti sarà quindi possibile fare la shopping online semplicemente parlando, al telefono, al pc o al tablet. 

Un campo, questo, in cui, ad oggi, stava dominando Amazon con Alexa il cui obiettivo era ed è, attraverso il machine learning e una serie di algoritmi, consigliare i consumatori orientandone le scelte e spingendoli agli acquisti proprio sulla sua piattaforma.

Secondo i piani di Walmart e Google, a breve, attraverso l’e-commerce, ci sarà  la possibilità di acquistare a voce migliaia di prodotti, e, dall’anno prossimo si proseguirà con i negozi fisici dove verrà introdotto il voice-activated shopping. L’accordo punta a segnare un’accelerazione nell’utilizzo dell’interazione vocale, che nei prossimi anni potrà essere applicata in molteplici ambiti, cambiando radicalmente la customer experience. “Proporremo ai clienti una esperienza di acquisto che oggi non esiste”, ha sottolineato sempre Marc Lore di Walmart.

Sono comunque due filosofie completamente diverse che si confrontano. La prima quella del retailer americano gioca sulla customer experience, sulla specificità dei mercati e dei prodotti quindi sul servizio e sulla qualità della relazione. E questo è un modello che troverà la convergenza del retail che conosciamo in tutto il mondo.

Saranno necessari forti investimenti, sperimentazioni, risorse e, inevitabilmente, l’Italia e l’Europa saranno terra di conquista e di concentrazioni di insegne.

La seconda filosofia proposta da Amazon contiene un approccio globalizzato integrato che, per certi versi, supera il tradizionale “piacere di fare la spesa” tradizionale. Anzi, per certi versi, lo rende inutile. Almeno così come l’abbiamo conosciuto nel 900. L‘offline diventa così ancillare, strumentale; una sorta di vetrina a disposizione. E’ il prezzo conveniente, la rapidità del servizio, la consegna ovunque e comunque. Punta, a mio parere,  e l’ho già scritto tempo fa  ( http://www.mariosassi.it/amazon-vuol-dire-fiducia/ ) a rendere inutile, costosa e superata l’intermediazione commerciale. Quindi a far dialogare produttori e consumatori consentendo al produttore una visibilità e  un efficiente strumento di collocazione del proprio lavoro e al consumatore finale una scelta impressionante se paragonata ai tradizionali  lineari dei punti vendita pur con l’aggiunta dell’online.

Amazon quindi risponde a chi vuole più tempo per sé, a chi non vuole perderlo per recarsi in un luogo per fare la spesa ma vuole essere direttamente informato con proposte personalizzare, calibrate su di sé. Parla a chi passa molto tempo in rete e cerca la convenienza senza fronzoli. Parla alle nuove generazioni.

Walmart al contrario sposa una filosofia opposta dove l’offline e l’online si integrano e consentono alle imprese di continuare ad intermediare, seppure in una logica 4.0, tra produttore e consumatore.

Per l’Italia e per l’Europa si prospettano tempi duri. Le risorse necessarie per reagire sono fuori dalla portata anche dei gruppi più grandi presenti nel continente. Quindi la distribuzione commerciale sta per salire sulle montagne russe.

In italia abbiamo perso anni assistendo a inutili litigi tra grandi e piccoli costruendo angusti recinti per alimentare modeste ambizioni personali o di azienda. O pensando che il concetto di modernità sia ancora  conquistabile con qualche assessore amico, concorsi a premi, promozioni e sottocosto vari. Non è così.

La musica è finita e gli amici se ne vanno. Questa è la realtà. E oggi la distribuzione commerciale si trova divisa, afona, con i piedi di argilla e costretta a difendersi da chi non ha capito cosa sta succedendo nel mondo.

E magari trova interlocutori e sponsor che pensano che il problema siano le domeniche o i sacchetti bio insistendo sul solito  scoglio di Lucio Battisti per tentare di arginare il mare del cambiamento.

E’ ora di svegliarsi prima che i sogni di autosufficienza  si trasformino in incubi…

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