Conad/Auchan. Le sedi tra conflitto autolesionista e soluzioni possibili.

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Aver fatto per tanti anni il direttore risorse umane aiuta. Soprattutto in vicende complesse come quella che coinvolge l’azienda nata sulle ceneri di Auchan. Innanzitutto le dinamiche sindacali di sede (e spesso anche di filiale) sono profondamente influenzate dalla mancanza di radici.

Questo genera comportamenti più simili ad una assemblea di condominio che ad una vertenza classica. Lo si era già capito con il primo tentativo di accordo propugnato da Manageritalia e immediatamente contestato da un nugolo di dirigenti che, riuniti in assemblea, avevano deciso di nominare loro rappresentanti, contattare avvocati esterni  per simulare un negoziato parallelo contrastando il diritto del sindacato dirigenti di raggiungere intese sgradite.

Una inutile confusione. Come nelle assemblee di condominio guadagnano spazio i più decisi. Immediatamente sostituiti da altri ancora più decisi. Fino a quando tutto si sgonfia e si ritorna al via. Poi tocca agli anonimi. Per lettera o per social. L’inesperienza sindacale li condanna alla solitudine. E alla sconfitta.

Il collega che non li segue è tacciato di un opportunismo. O di essere un venduto. Chi parla di loro sui social  un servo del padrone. Cercano megafoni, non soluzioni. Spariscono quando il loro problema personale viene risolto. Come nelle assemblee di condominio.

Per quanto mi riguarda come DHR dai capelli grigi tiro una riga. Da una parte metto chi elenca solo i problemi. Chi esagera e chi drammatizza senza offrire alcun sbocco al legittimo disorientamento delle persone. Chi non avendo mai gestito un conflitto con il vigile per una multa  si trova improvvisamente in un conflitto di vaste dimensioni e si lancia in proclami scomposti di guerra rivoluzionaria. Pessima idea.

Dall’altra metto chi propone soluzioni percorribili. I primi non li ascolto. Li rispetto come persone ma li rimuovo rapidamente. Sono quelli che applaudono chiunque alzi il tono della voce.  Chi chiama alla lotta. Dall’altra chi cerca di capire, di proporre. Di individuare una via d’uscita che non sia la sconfitta certa.

La sede exAuchan ha un problema evidente. Nessuno ne vuole parlare. Nessuno può farsene carico se non individuando un insieme di soluzioni possibili che non possono essere imposte alla controparte  ma necessariamente condivise. Al 31 di maggio è scattato il timer. Non c’è una data finale precisa ma presto ci sarà. E, a quella data, tutto sarà inutile. Poi varranno solo le recriminazioni.

I profeti di sventura, quelli che se la prendono con tutti coloro che tentano di costruire ponti tra la nuova proprietà, i suoi impegni e le sue promesse con i problemi delle persone sono inutili e pericolosi. E le soluzioni si devono costruire. Insieme e con pazienza.

Io ci stavo provando. A chi dice “tutti nelle cooperative” ho replicato  suggerendo di rivendicare  impegni concreti  al ricollocamento esterno e job posting interno per potersi candidare nell’universo Conad. Di fronte alla legge che non prevede alcun obbligo nel momento in cui la sede verrà chiusa io penso sia meglio prepararsi con un ventaglio di ipotesi fattibili e tutte da costruire. Capisco il nervosismo di chi vuole monopolizzare il malcontento ma non lo condivido.

Le soluzioni possibili per chi lavora nelle sedi sono di quattro tipi. Innanzitutto le scelte individuali sostenute dall’incentivo all’uscita. In secondo luogo i repechage nell’universo Conad o nei partner commerciali subentranti. In terzo luogo attraverso il ricollocamento esterno. Infine nelle filiali sul territorio  precedute da un inevitabile  demansionamento. Se il totale delle persone coinvolte non verrà coperto da queste ipotesi, chi resterà senza soluzione  sarà evidentemente licenziato.

Ognuna di queste ipotesi va costruita da professionisti delle HR e da sindacalisti intelligenti non da dilettanti allo sbaraglio o urlatori da corteo. Questo è il punto. E per farlo occorre costruire ponti, non muri perché il numero totale degli esuberi non cambia. Cambierà però la loro destinazione.

Ripeto. BDC non è Conad e quest’ultimo non ha obblighi se non quelli che liberamente si vorrà assumere. Neanche il negoziato sindacale è in grado di modificare le quattro soluzioni che ho prospettato. Quelle sono. Può solo privilegiarne alcune a scapito di altre. Per questo occorre non perdere tempo e lavorare senza offendere nessuno e senza pregiudizi. 

Uno dei tanti personaggi anonimi che popola questa complicata vicenda mi ha pregato di non occuparmene e di lasciare le sedi al loro destino. Non lo farò. Continuerò ad insistere. Ho già gestito situazioni di questo tipo e quindi sono in grado di dare suggerimenti utili. E di tenere a bada questi personaggi. Non ho altre mire. A chi mi ha chiesto di occuparmene direttamente (anche tra i collaboratori della sede) ho spiegato perché non sono interessato a farlo.

È un operazione che implica una regia complessa, un mandato condiviso e un’autorevolezza riconosciuta da entrambe le parti. Da costruire a partire da BDC. Difficile da ottenere se tutti si delegittimano a vicenda. Resto convinto che Conad, da parte sua, farà il massimo possibile per ridurre al minimo gli impatti occupazionali non solo delle sedi. E che il sindacato farà il suo mestiere. E questo mi rassicura più delle esternazioni anonime sui social che chiamano il popolo alla lotta dura…. senza premura e dei vocianti da condominio che popolano questa vicenda. 

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2 risposte a “Conad/Auchan. Le sedi tra conflitto autolesionista e soluzioni possibili.”

  1. Gentilissimo, lei si investe di autorità e presunzione che non le competono..Saluti da un Esubero….Non ho altro da aggiungere..Un sereno Natale ..

    1. Trovo curioso che lei alla cruda verità da cui si può però sempre ripartire preferisca anonimi venditori di poemi che si nascondono dietro pseudonimi femminili dopo essere stati magari in prima fila ad applaudire Dennis Lionnet e altri novelli pifferai di Hamelin mentre vi portavano verso il burrone. Auguro comunque anche a lei un sereno Natale..

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