Grande Distribuzione. Differenze e similitudini…

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Come ho già avuto modo di scrivere auguro a Gérard Lavinay, CEO di Carrefour di venire a capo dei problemi della filiale italiana della multinazionale francese. In altri Paesi è già stata alzata  bandiera bianca (Giappone, Colombia, Svizzera, Grecia e ultimamente Cina). Una resa nel nostro Paese rappresenterebbe la seconda sconfitta sul nostro territorio per il gruppo transalpino. Le perdite di 900 milioni e rotti del triennio 2015/2017 non sono certo un buon viatico.

Dobbiamo augurarci che Alexandre Bompard CEO di Carrefour conceda a  Lavinay tutto il tempo necessario. E, soprattutto, che quest’ultimo capisca velocemente il male oscuro che attraversa la sua realtà. D’altra parte la resa di Auchan non aiuta.

Il modello Carrefour soffre della stessa centralizzazione decisionale e quindi della stessa lentezza di movimento. Prima dell’arrivo del nuovo CEO l’ossessione sul costo del lavoro e l’aggressività verso i fornitori sono state le due leve che hanno accompagnato tutti i tentativi di rilancio. E, purtroppo, quando le aziende della GDO entrano in questo loop non ne escono più.

Le acquisizioni hanno forse mascherato per anni quello che è il limite vero di queste realtà. Innanzitutto la gestione dei punti vendita e il loro rapporto con il contesto e, in secondo luogo, una struttura manageriale formata tradizionalmente e rigidamente orientata al controllo dei costi che si è in parte deprofessionalizzata nel tempo. La comunicazione è top down.

Gli stessi vertici aziendali che si sono succeduti  hanno provato a lanciare nuove iniziative, alcune delle quali interessanti sul piano dell’innovazione commerciale, ma il tema dominante, l’ossessione sui costi, li ha sempre riportati al punto di partenza. Avendo avuto modo di osservare da un punto di vista privilegiato sia la cessione di filiali Billa a Carrefour che a Conad non ho potuto non notare la differenza.

Sòle a parte, da sempre rifilate nelle cessioni, la differenza di approccio era evidente. La multinazionale francese è entrata subito a gamba tesa. Tutto ciò che era alle spalle non era degno di apprezzamento. Tutto doveva essere riportato al loro modello organizzativo. Salvo rarissimi casi nessuna professionalità ex Billa poteva proporsi nel nuovo contesto. Clima pessimo. Inutile accanimento quindi forti resistenze al cambiamento.

Anche Conad si è presentata con un suo modello ma cercando di individuare innanzitutto la qualità delle persone e della squadre, dove intervenire, dove assecondare e dove abbozzare. L’imprenditore ha badato al sodo, il manager al modello organizzativo da imporre rapidamente.

Sarà, credo, lo stesso approccio intelligente che Conad adotterà nell’integrazione di Auchan e che mi sentirei di consigliare a Carrefour se volesse affrontare un ridisegno organizzativo. Attivare una vera comunicazione a due vie, ascoltare le proposte, coinvolgere sulle determinazioni. E spingere sul franchising.

Quanti manager Carrefour saprebbero gestire, rischiando in proprio, una o più punti vendita della loro azienda? Qui sta la differenza ma anche la forza del modello Conad.

Quasi tutta la GDO sta percorrendo due strade inevitabili. Innanzitutto reinventando il negozio di vicinato. Questo significa servizio al cliente, qualità dei prodotti, convenienza. Concetti completamente da riscrivere in un contesto di innovazione anche tecnologica. In questo ambito la formazione del personale, il suo coinvolgimento sui risultati di punto vendita, i sistemi premianti dovrebbero essere ripensati.

In secondo luogo i punti vendita più grandi devono ritrovare una loro convenienza e una loro  attrattività. Pensare di farlo con strutture manageriali tradizionali ideate nelle fasi espansive del business e non adatte nelle fasi di ripensamento organizzativo resta, a mio parere, un errore. Così come misurarsi con una struttura di costi degli affitti nata in tempi completamente diversi. Ma, per invertire la tendenza, occorrerebbe mettere mano ai contratti di affitto e di lavoro, renderli coinvolgenti e sfidanti, aumentarne la parte variabile e legata ai risultati.

Altrimenti, almeno sul versante degli addetti,  non resta che la famosa metafora della gara di canottaggio molto usata nella formazione aziendale. “Una società italiana ed una giapponese decisero di sfidarsi annualmente in una gara di canoa, con equipaggio di otto uomini. Nonostante ogni squadra si fosse allenata duramente per arrivare al giorno della gara al meglio della forma, i giapponesi riportarono una vittoria schiacchiante, con un vantaggio di oltre un chilometro.

Dopo la sconfitta il morale della squadra italiana era a terra. Il top management decise che avrebbero dovuto vincere la gara dell’anno successivo e mise in piedi un gruppo di progetto per investigare il problema. Il gruppo di progetto, dopo analisi attente ed approfondite, scoprì che i giapponesi avevano sette uomini ai remi ed uno al comando, mentre la squadra italiana aveva un uomo che remava e sette che comandavano.

In questa situazione di crisi il management dette una chiara prova di capacità gestionale: ingaggiò immediatamente una società di consulenza per investigare la struttura della squadra italiana. Dopo molti mesi di duro lavoro, gli esperti giunsero alla conclusione che nella squadra c’erano troppe persone a comandare e troppo poche a remare. 

Con il supporto del rapporto degli esperti fu deciso di cambiare immediatamente la struttura della squadra. Ora ci sarebbero stati quattro comandanti, due supervisori dei comandanti, un capo dei supervisori ed una persona ai remi. Inoltre si introdussero una serie di incentivi per motivare il rematore: era necessario ampliare il suo ambito lavorativo e dargli più responsabilità. L’anno successivo i giapponesi vinsero con un vantaggio di due chilometri.

La società italiana licenziò immediatamente il rematore a causa degli scarsi risultati ottenuti sul lavoro, ma nonostante ciò pagò un bonus al gruppo di comando come ricompensa per il grande impegno che la squadra aveva dimostrato. La società di consulenza preparò una nuova analisi, dove si dimostrò che era stata scelta la giusta tattica, che anche la motivazione era buona, ma che il materiale usato doveva essere migliorato. Al momento la società italiana é impegnata a progettare una nuova canoa”.

Sinceramente spero che Lavinay a Milano e  Bompard dal quartier generale adottino una strategia in grado di riconquistare il nostro mercato. È interesse di tutti che un Gruppo di questo prestigio e dimensione resti nel nostro Paese.

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Una risposta a “Grande Distribuzione. Differenze e similitudini…”

  1. Esempio dell’ equipaggio italiano assomiglia alla squadra Auchan super in vendita dal 2013 fino alla disfatta del 2019 composta da 5 capi zona uno per reparto, due responsabile vendite uno per i freschi e uno per i duri, il direttore operativo (direttore di regione) e un responsabile delle risorse umane….chi remava il direttore obiettivo unico massimizzare la produttività …. risultato rendimenti a obiettivo ⬆️ Vendite e clienti out ⬇️ Quindi anno dopo rendimento da ripetere con tagli sul personale quindi rendimento top ⬆️ mentre vendite e clienti ancora over ⬇️ e così per 4 anni …..il resto è storia recente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *