Grande Distribuzione. Quale futuro prossimo?

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Se guardiamo ai prossimi due o tre anni il bicchiere mezzo pieno lo lascio volentieri ad altri. Per alcune insegne e per alcuni formati della GDO sarà certamente un periodo positivo. Non per tutti  però sarà un periodo facile. La crisi di alcune insegne, di singoli punti vendita e di alcuni  formati distributivi si accentuerà e porterà ad ulteriori quanto inevitabili chiusure. Basterebbe guardare il conto economico di molti ipermercati o punti vendita di alcuni sottosettori della GDO per comprendere quello che avverrà.

Christophe Rabatel CEO di Carrefour Italia ha serrato i ranghi della sua squadra di testa e si appresta a completare, accelerandolo, il processo di riorganizzazione che prevede, uno ad uno, l’abbandono degli iper nei quali il conto economico è ormai compromesso e senza possibilità di recupero. Mi stupiscono quelli che si sorprendono.

L’ipermercato di Camerano nelle Marche (https://bit.ly/30eYSOA) non sarà l’unico. Il lockdown non aiuta certo i piani di rilancio. Dalla Francia sollecitano risultati e la pazienza nel quartier generale non è infinita. L’operazione Couche Tard, pur stoppata per questioni elettorali, è lì a dimostrare che la realtà non può essere messa sotto il tappeto. Occorrono risultati e subito.

Lo stesso problema lo avrà Conad in alcune realtà nonostante la volontà di puntare tutto sul progetto “Spazio Conad” per rilanciare gli ex Iper Auchan. Contestare impegni presi in altre epoche geologiche rischia di lasciare il tempo che trova. Gallerie, grandi superfici e location “sperdute” rischiano di mettere piombo alle ali anche ai più ottimisti. Il 2021 evidenzierà una situazione di crisi generale di certi formati e di alcuni  sottosettori della GDO.

A questo si aggiungerà la mancanza di imprenditori locali  disposti a subentrare se non a condizioni molto pesanti sia sul piano occupazionale che di gestione economica. La crisi del gruppo Alco in Lombardia (https://bit.ly/3eeIki5) è un altro campanello d’allarme. Così come la penetrazione nel settore della malavita organizzata in alcune realtà del sud. Un’epoca si sta chiudendo.

L’operazione Auchan con i risultati che ha prodotto oggi non credo sarebbe riproponibile negli stessi termini. Soprattutto sugli ipermercati. Fortunatamente la serietà e gli impegni messi in campo da Conad hanno consentito di salvare il salvabile. Lo dico sommessamente soprattutto per coloro  (pochi fortunatamente) che si sono via via accalorati a giudicare l’acquisizione della multinazionale francese in disarmo con la facile logica del “si poteva fare meglio e di più” tipica di chi non ha mai gestito nulla di impegnativo nella sua vita professionale.

La GDO, nella sua complessità,  esce più fragile dalla pandemia. I risultati, seppure lusinghieri dei PDV di prossimità, dei discount e dei supermercati in generale non devono trarre in inganno. Se parliamo di 2021 e poco più in là, fatturati e margini resteranno “l’ossessione” prevalente per la stragrande maggioranza delle insegne della GDO. Le innovazioni, quelle vere, dovranno attendere.

I contratti nazionali di lavoro sono tutti scaduti da tempo. Confcommercio sta timidamente accennando ad una ripresa di confronto con i sindacati di categoria rendendosi però ben conto che rischia  passi falsi. Federdistribuzione è defilata in attesa di poter annunciare il nuovo Presidente che forse avrà poteri maggiori rispetto a chi lo ha preceduto. Vedremo soprattutto se riuscirà  ad attrarre in una prospettiva unitaria le due realtà più importanti del comparto in termini di fatturato  che oggi sono accasate altrove (Conad  e Coop).

Confcommercio stessa sta perdendo appeal per alcune insegne che stanno migrando altrove. Lidl è segnalata più vicina a Federdistribuzione e questo romperebbe un tabù: l’ingresso formale di uno dei principali discount nell’associazione di categoria.

Nel frattempo, sempre più aziende, soprattutto a livello locale e al sud, sostituiscono i  principali contratti nazionali di comparto,  scaduti da anni, con altri ben più leggeri sui costi. La mancanza di unità e di un coordinamento autorevole complessivo favorisce questo dumping locale. Il rischio di imitazione è dietro l’angolo. Anche perché non esiste un monitoraggio efficace, soprattutto sul franchising.

La gara al ribasso che ha portato a ben tre contratti in concorrenza più quello della cooperazione non è stata sufficiente. Quello che molti stanno sottovalutando è che la pandemia sta accelerando processi sul contenimento dei costi che già erano evidenti  e avevano tra l’altro contribuito alla débâcle di Auchan. Un’ossessione che se ritenuta esaustiva di una strategia di rilancio porta le imprese in un vicolo cieco.

Certo sullo sfondo c’è il cambiamento imposto dalla tecnologia e dalla logistica, non solo nell’ultimo miglio. Ci sono  l’innovazione dei formati, la sostenibilità, la marca privata. C’è l’incalzare dei discount. Manca però nella GDO un’idea forte e soprattutto condivisa sul lavoro. Sulla sua qualità e sul suo riconoscimento non solo sul suo costo. Ed è una mancanza di visione che non potrà durare a lungo.

L’idea di tenere bassi i salari pur a fronte di un’alta disponibilità e flessibilità degli addetti che ha caratterizzato la fase della crescita e del consolidamento non è più sufficiente. Non è solo un problema di gestione della disponibilità e dell’ingaggio dimostrato nella crisi. Il post fordismo anche nella GDO necessità di strumenti nuovi che accompagnino la formazione e la crescita professionale degli addetti, l’evoluzione del loro ruolo, dei sistemi premianti e di coinvolgimento sugli obiettivi. Ma anche per la gestione degli inevitabili esuberi e dell’interscambio occupazionale tra i formati.

In altre parole la valorizzazione e l’ingaggio dei collaboratori saranno sempre più fondamentali nelle strategie delle imprese. Alcune insegne (le maggiori del comparto) sono indubbiamente più avanti ma il complesso della GDO è, purtroppo, molto indietro. Soprattutto in conseguenza del quasi azzeramento della contrattazione aziendale avvenuto nel decennio passato.

Per questo il prossimo rinnovo del CCNL può essere visto come un problema semplicemente di costo e di vincoli o come un’opportunità per iniziare un cambiamento importante che guardi al futuro. Un dare e avere intelligente costruito sulle necessità oggettive delle imprese e dei lavoratori in una prospettiva di nuova cultura del servizio e di centralità del lavoro necessario a realizzarla.

La grande distribuzione non può restare a lungo ferma al palo. Le politiche commerciali e di filiera, le innovazioni tecnologiche e la crescita culturale e professionale degli addetti sono facce della stessa medaglia e andrebbero gestite contemporaneamente e con maggiore lungimiranza. Il futuro non lo si attende. Lo si costruisce insieme. 

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