Tu chiamalo, se vuoi, welfare dei consumi…

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Difficile trovare chi passi una o più domeniche a osservare i frequentatori di un outlet o di un centro commerciale. Pero sarebbe particolarmente istruttivo  per comprendere le dinamiche sociali.

Così come sarebbe interessante imparare ad osservare i comportamenti dei frequentatori, spesso i più anziani, di un supermercato quando entrano in un punto vendita con un volantino spiegazzato in mano frutto di attente comparazioni su cui sono evidenziati le promozioni.

E come si dirigono con grande determinazione al lineare dove il prodotto è esposto per acquistarlo. E poi, lasciato il primo supermercato, raggiungano il concorrente meno distante dove trovano in promozione un altro prodotto. E così per ore. Il CENSIS lo chiama in modo un po’ borghese il “welfare dei consumi”.

Per le fasce più deboli è, da molto tempo, uno dei tanti modi per far quadrare i conti. Nei paesi dell’est, prima della caduta del muro, era normale partire alla mattina con la borsa vuota e girare alla ricerca di prodotti a buon mercato.

Succede, oggi, anche da noi. La GDO è quindi anche un grande ammortizzatore. Prodotti a buon mercato, luoghi di relazione e mete di relax domenicale. Molti, però, non lo vogliono vedere. Tutti i tentativi di innovazione del marketing nella Grande Distribuzione si sono arrestati davanti al “volantino” e alle tradizionali “raccolte a punti”. Ci sarà un motivo.

Certo ci sono innovazioni. Anche importanti ma il prezzo, la promozione, lo sconto sono ancora elementi importantissimi per molti. Osservare come un pensionato o una massaia capiscono, appena varcata la soglia del supermercato, se quel mese l’insegna punta a fare fatturato o a difendere i margini è fantastico.

Nel primo caso entra e compra nel secondo esce e va altrove. Intercetta tutti i trucchi che i manager commerciali dell’azienda mettono in atto per nascondere le loro politiche. Le stesse insegne vanno spesso in missione dai concorrenti per carpirne e anticiparne le mosse. In una importante catena milanese la vicinanza alle date di scadenza veniva talmente tenuta sotto controllo dai dipendenti stessi per accaparrarsi la merce che sono stati costretti a chiudere alla vendita interna.

Non sono solo i consumatori a tenere sotto controllo le promozioni. Anche i dipendenti cercano di inserirsi. Poi ci sono i furti. O come si preferisce chiamarle: “le differenze inventariali”. Protagonisti clienti e dipendenti stessi. Il numero è altissimo ma si preferisce non parlarne.

Esiste un mondo particolare che ruota intorno e dentro i punti di vendita. I centri commerciali sono, da un certo punto di vista, mete sempre ambite. D’estate per l’aria condizionata, d’inverno per guardare negozi. Nella stagione dei saldi per comprare cercando, a tutti i costi, l’affare.

Negli outlet si affiancano diverse tipologie. Italiani in gita festiva e stranieri portati con il pullman a cui non ha alcun senso spiegare che alcune date sarebbero off limits per i sindacati perché non ritorneranno più una seconda volta.

L’indagine del censis proposta da Di Vico sul corriere (  http://bit.ly/2uLvcYo ) ci racconta anche di una parte del Paese costretto alla sobrietà per necessità, in perenne movimento per scelta, attrezzato per evitare i prodotti civetta che cercano di distrarlo per portarlo fuori strada.

Mi viene da pensare ai tassisti prima dell’uso del navigatore. Conoscevano le vie di Milano con una precisione incredibile. Lo stesso vale per il consumatore costretto alla sobrietà dallo scarso reddito.

Si orienta tra migliaia di referenze, Sa dove acquistare il fresco e il freschissimo migliore, così come la carne e il pesce. Sa dove andare e come orientarsi nei differenti punti di vendita. Conosce tutti i punti deboli e le strategie delle diverse insegne. Ne segue le mosse. Spesso le anticipa.

È vero. Tradisce immediatamente l’insegna al primo segnale di modifica della politica commerciale. Domeniche, festività e h24 non sono fissazioni dei manager delle catene. Fanno parte ormai delle dinamiche dei comportamenti di acquisto.

E c’entra poco indagare su cosa succede nel resto del mondo. In giro per punti di vendita alla ricerca di occasioni si va quando si ha tempo. E se il reddito disponibile non è quello tedesco o quello francese la scelta è obbligata.

La Grande Distribuzione è in evidenti difficoltà. I costi crescono, i margini sono difficili da incrementare, i modelli organizzativi sono radicati, l’innovazione è complessa. Addirittura lo è più di quella possibile per un piccolo esercizio commerciale. Dai discount ai centri commerciali passando dai negozi di vicinato agli outlet e agli specializzati tutte le catene sono impegnate quotidianamente per rispondere ad un consumatore che, è vero come ha confermato il Censis, è tutto meno che fedele.

Però non conosco nessuna insegna che non investa in formazione, sviluppo e crescita del personale più di ogni realtà analoga in altri settori ben più quotati. E che direttamente o indirettamente non cerchi di rispondere a questa popolazione in perenne cammino con risposte concrete e politiche specifiche.

E questo nonostante la crisi dei consumi e la difficoltà a raggiungere i propri obiettivi di vendita.

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