Ci sono momenti nelle vertenze sindacali dove un’equidistanza tra posizioni aiuta a comprenderle meglio. Altri, al contrario, dove si rischia solo di alimentare la confusione. Nella vicenda che coinvolge alcune realtà della logistica e della consegna (Brivio e Viganò, Deliverit e Cap Deliver), checché se ne dica, Esselunga non c’entra nulla. L’insegna di Pioltello è trascinata in campo innanzitutto perché, per i media e per l’opinione pubblica, le società coinvolte non facevano altrettanto notizia. Serviva poi la Pasqua con il suo carico di acquisti alimentari per completare il quadro. E poi perché una parte del sindacato (non solo i Cobas) nel mondo dei trasporti fatica a comprendere l’evoluzione dei modelli organizzativi della logistica che rendono spesso ancillari i mondi nei quali loro sono cresciuti e necessitano di profonde innovazioni anche sul tema del lavoro. Un mondo che viene tenuto a forza in un perimetro culturale e contrattuale sempre più distante e che, prima o poi, dovrà trovare anche persone capaci di inquadrarne il lavoro e i nuovi modelli organizzativi oggi affidati più alla supplenza della Procura di Milano per manifesta incapacità a disegnarne i nuovi profili dalle rispettive parti sociali. E tutto questo pregiudica la crescita di un comparto economico che nel resto del mondo è in continuo sviluppo anche tecnologico.
Basti ricordare che, solo sul versante datoriale, siamo a ventiquattro associazioni che ne interpretano il presente e il futuro a modo loro. E poi ci sono i sindacati confederali, gli autonomi e i sindacati di base. Infine una massa di lavoratori di recente immigrazione, spesso divisa per etnia e legate a forme di caporalato che ne determina orientamenti, esigenze e cultura sindacale. Le quattro ore di inconcludente confronto presso la Prefettura di Milano, lo hanno confermato. È più facile “incendiare la prateria” o scorrazzare per un punto vendita urlando tra clienti basiti che raggiungere faticose mediazioni. Per queste serve tempo. Esselunga ha sottoscritto degli accordi con primarie società logistiche e di servizi dopo le note vicende che l’hanno coinvolta rimediando a errori passati. Ha pagato pegno e ha girato pagina. Chiamarla in causa oggi è una mossa comprensibile ma strumentale. La FILT CGIL milanese, a mio parere, ha sbagliato nel merito e nel metodo. Per questo recuperare la situazione è fondamentale, anche se non sarà facile.
All’uscita dall’incontro in Prefettura la FILT CGIL ha dichiarato: “Lo sciopero non si è mai interrotto e proseguirà a oltranza, nei modi e nelle forme che le assemblee dei lavoratori decideranno”. Tradotto dal sindacalese, si sono lasciati senza bruciare i ponti alle spalle e hanno preso tempo. Il rischio è che, a pochi giorni della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Scarica il decreto-legge 11 aprile 2025 , n. 48) delle “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica” il non governo della situazione faccia da detonatore e fornisca alibi a chi vuole innescare una fase di tensione sociale nel Paese. Luca Stanzione, segretario generale della Cgil di Milano ha buttato la palla in tribuna dichiarando che “Quando il lavoro in appalto è così indispensabile per il servizio viene da chiedersi quali siano le ragioni delle esternalizzazioni. Non basta una carta Fidaty perché clienti e lavoratori abbiano fiducia in un marchio, ma comportamenti socialmente responsabili”. A parte la pessima battuta, essendo un ex Segretario regionale dei trasporti dovrebbe ricordarsi che è sempre stata una loro richiesta quella di tenere la logistica legata e inchiodata al mondo dei trasporti impedendo che finisse contrattualmente nel comparto del commercio o, addirittura diventasse un comparto a sé stante. Una dichiarazione quindi di una superficialità disarmante.
Tornando alla vertenza va sottolineato che gli interlocutori naturali del sindacato dei trasporti, le società che gestiscono la logistica e la consegna di Esselunga, sono ovviamente tenute ad ascoltarli ma non necessariamente ad accogliere in toto le loro richieste. Queste ultime, soprattutto se di natura economica, devono essere valutate compatibili con il loro conto economico. E in questo caso, vista la natura e la serietà delle tre aziende, in un contesto tutt’altro che omogeneo, la reazione del sindacato sui piazzali è stata del tutto sproporzionata. Altra cosa sono i temi relativi alla sicurezza che nessuna di queste tre realtà ha interesse a sottrarvisi. Cosa c’entra però una richiesta di aumento del costo delle retribuzioni con la sicurezza, nessuno, per ora, lo ha spiegato. E se, il non accoglimento, in tutto o in parte, delle loro richieste giustificherebbe il rilancio di un blocco delle merci che ha procurato un danno enorme ad un terzo soggetto. Va detto con chiarezza: il blocco di merci che devono arrivare ai banchi di un’azienda della GDO è puro avventurismo sindacale. Per i danni che provoca, per le conseguenze sul servizio e per gli effetti a cascata. E questo vale per qualsiasi insegna. Non solo per Esselunga.
Lascio solo immaginare a chi legge cosa significherebbe lasciare a sparute minoranze decise, la convinzione che basti minacciare o mettere in pratica blocchi e paralisi di questo tipo per rivendicare qualsiasi obiettivo. Sul lato Esselunga, oltre ad un danno economico certo, si innesca un tema di programmazione del lavoro, della produzione e di conservazione di alimenti freschi che uno sciopero ad oltranza impedisce e aggrava determinando effetti anche sulla produttività del lavoro, che crolla inevitabilmente. Quindi, se la vicenda dovesse sfuggire di mano, può sul serio determinare il fermo per centinaia di lavoratori ubicati a valle nell’indotto aziendale (altro che provocazione!). Non comprendere questa complessità della GDO e questa specificità rispetto a logiche di un sindacato dei trasporti che di gestione del fresco e date di scadenza dei prodotti non capisce praticamente nulla porta allo scoperto i limiti di un sindacalismo che non riesce a connettersi con la realtà e quindi non riuscendo ad incidervi, rischia di fare solo danni. Fin qui, responsabilità e conseguenze. E, senza aggiungere che, oltre ai danni economici, il blocco può interferire sulle scelte presenti e future del cliente finale. Un servizio di consegna a domicilio che si è bloccato, praticamente senza preavviso, oltre ad aver impedito la consegna di prodotti già acquistati, danneggia pesantemente l’immagine dell’insegna che lo propone. Non certo di chi effettua la consegna che è il titolare della vertenza sindacale. E questo è un danno collaterale significativo di cui qualcuno dovrà pur risponderne. Non può esistere la proprietà transitiva nei danni inferti ad un terzo nell’esercizio del diritto di sciopero. Ed Esselunga in questa vertenza è una terza parte.
Ovviamente nessuno nega che siano stati commessi anche errori seri, non solo di immagine, da parte della proprietà di Esselunga e di altri. Eppure l’azienda stava lavorando per rimettersi In carreggiata. Un esempio è l’accordo di internalizzazione. Certo è la magistratura ad aver disegnato il nuovo campo da gioco, imponendolo a tutti, ma, l’azienda ha comunque dato un segnale importante condividendolo con i sindacati di categoria. Questa disponibilità non va lasciata cadere. Il confronto quindi deve proseguire e rientrare in un alveo negoziale tra interlocutori della stessa categoria su temi che entrambe le parti possono valutare e realisticamente gestire. Il blocco va rimosso prima che la situazione degeneri. Per farlo servono lucidità, visione e capacità di gestione della crisi. Elementi che per ora non si sono visti perché c’è stato un evidente strabismo che ha spinto a guardare altrove. Ma è a quel al tavolo e solo su quel tavolo che vanno ricercate ostinatamente le soluzioni possibili. Prima che sia troppo tardi.