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Aveva probabilmente ragione Bernardo Caprotti quando ha (ironicamente) ringraziato Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio, per averlo impegnato e contrastato nella sua espansione in Italia e averlo così distolto dall’idea di lanciarsi in progetti di internazionalizzazione. Nessuna azienda italiana avrebbe avuto il “fisico” per andare a ovest o a nord del mondo. Né allora né oggi. Le cordate, a quei tempi ipotizzate, hanno proposto più materia per convegni e esercizi di stile che progetti concreti. Il tema ha ripreso vigore da qualche anno, anche da noi, ma con obiettivi diversi. Più limitati. Conad, Crai e soprattutto Eurospin stanno timidamente guardando ad Est.

Le insegne più importanti a livello mondo sono ormai anni che guardano in quella direzione nei territori  un tempo  presidiati dall’Unione Sovietica e dai suoi Paesi satelliti e verso  il cosiddetto sud del mondo, in alcuni Paesi dell’America Latina e in Asia.  Ad est in Europa, sia i Balcani che Polonia, Repubblica Ceca, Romania  e Ungheria presentano un mercato ancora  frammentato. C’è spazio sia per aggregazioni che per lo sviluppo. In controtendenza Carrefour che, in pieno processo riorganizzativo, lascia la Polonia. Altre multinazionali della grande distribuzione europee investono  in quei Paesi. L’elenco degli aspiranti all’espansione è lungo.  

7-Eleven ha annunciato che, a livello globale vuole accelerare il suo ingresso in Europa, America Latina, Medio Oriente e Africa e di portare così la catena in 30 paesi e regioni, rispetto agli attuali 20. Ma è soprattutto verso il continente africano che sta crescendo l’interesse. Luoghi dove comincia a prendere forma un tenore di vita e una disponibilità ai consumi interessante. La stragrande maggioranza dei retailer  nel continente sono gruppi sudafricani. I retailer, nella loro espansione continentale, si sono via via concentrati su paesi specifici come Rwanda, Etiopia, Tanzania, Kenya, Nigeria e Ghana. 


Una delle tendenze più evidenti in questi dieci anni  è la “supermercatizzazione” dei sistemi alimentari africani. Le istituzioni finanziarie per lo sviluppo (DFI) hanno finanziato catene del freddo, infrastrutture di trasporto e piattaforme di vendita al dettaglio che ampliano la portata dei supermercati, marginalizzando al contempo i mercati informali. Questi investimenti rimodellano il modo in cui il cibo viene distribuito e consumato, spostando il potere dai piccoli produttori e dai venditori ambulanti verso i grandi fornitori e i retailer.

Shoprite è più grande catena di vendita al dettaglio di prodotti alimentari in Africa, con una rete di negozi in Sud Africa e altri 15 paesi del continente. Massmart è un altro importante gruppo di retailer, classificato tra i primi in Africa. Pick n Pay ha una significativa presenza sia in Sud Africa che in Botswana, Namibia, Tanzania e Zimbabwe. Spar Group, terza catena di alimentari in Sud Africa, con una forte politica di franchising che ne ha aumentato la presenza globale.  Adesso tocca a Walmart che  aprirà negozi in Sudafrica, questa volta con il suo nome entro la fine del 2025. L’azienda opera già in Sudafrica attraverso Massmart, che gestisce una varietà di negozi locali. Walmart ha acquisito il 51% delle azioni della società nel 2011 e ha acquisito le azioni rimanenti nel 2022.

Ormai se vuoi cercare qualcosa di nuovo devi aprire lo sguardo verso Paesi poco considerati dalla letteratura ufficiale. I riflettori sono concentrati su ciò che sta accadendo nel nord e nel mondo anglosassone. Oggi c’è però un’eccellente qualità nei retailer in molte altre parti del mondo. Ad esempio Shoprite che, come ho scritto,  è il più grande rivenditore al dettaglio in Africa, con migliaia di negozi in 8 paesi del continente e più di 21,5 milioni di clienti che visitano regolarmente i suoi negozi (più di Mercadona, ad esempio). In Sudafrica ci sono esempi di Retailer interessanti, come i supermercati Checkers. Poi abbiamo l’ultima generazione di negozi Pick & Pay, anch’essi molto interessanti. O qualche superlativo centro commerciale. Il Sudafrica è uno dei paesi più promettenti dell’emisfero australe e dove assisteremo a grandi sorprese nel retail. E Walmart lo ha capito per prima.

Contemporaneamente Carrefour ha aperto nella Repubblica Democratica del Congo a Kinshasa, in collaborazione con Hyper Psaro Group, storico player del retail congolese. 3.500 m², 16.000 referenze (tra cui più di 6.300 prodotti Carrefour) e 250 dipendenti appassionati, il negozio si trova nel cuore della capitale. Il 7 ottobre seguirà un secondo store a Kinshasa, poi 4 nuovi punti vendita a Lubumbashi entro la fine del 2025. Carrefour in Costa d’Avorio. Ad Abidjan, nel cuore della capitale economica, ha già il più grande ipermercato dell’Africa occidentale realizzato in partnership con CFAO Consumer. Un importante franchisee del luogo. Firmata nel maggio 2013, la partnership ha assunto la forma di una joint venture, detenuta al 55% da CFAO e al 45% da Carrefour. Questa società gestisce supermercati e ipermercati ubicati nei centri PlaYce negli otto paesi della regione (Camerun, Repubblica del Congo, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Senegal).

I punti vendita Carrefour situati nei centri PlaYce adottano diversi formati: negozio di quartiere, supermercato o ipermercati. L’obiettivo delle multinazionali è di intercettare la classe media in formazione in diversi Paesi africani. Trovo interessante in questo accordo di partnership.  L’idea di mettere a fattor comune la forza del marchio e la competenza dei centri acquisti Carrefour, nonché la conoscenza approfondita di CFAO dei canali di distribuzione africani. Questa apertura segna il primo passo di un importante piano di sviluppo che coinvolgerà CFAO, Carrefour e altri marchi partner nei prossimi anni, in otto paesi africani.

L’Africa è circa 100 volte più grande dell’Italia. Ha un tasso di crescita annuale della popolazione molto elevato, fattore che contribuisce all’espansione del mercato dei consumi.  Il continente è ricco di materie prime, un aspetto che può sostenere la crescita economica e dei consumi. Infine le economie di scala e le possibili sinergie con i mercati europei permettono alle catene di GDO di svilupparsi in Africa.

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