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A Philadelphia il ping pong tra Whole Foods e United Food and Commercial Workers (UFCW) Local 1776, continua. Nessuno è disposto a perdere. Da una parte la sede locale del  UFCW International, il più grande sindacato del settore privato negli Stati Uniti, che rappresenta 1,2 milioni di lavoratori e le loro famiglie nei settori del retail, del confezionamento della carne, della trasformazione alimentare, dell’assistenza sanitaria, della vendita al dettaglio e di altri settori essenziali. Dall’altra Amazon con il suo fiore all’occhiello Whole Foods che ritiene di aver fatto il meglio possibile per i suoi collaboratori. Per chi non se lo ricorda  (leggi qui) I lavoratori del flagship store Whole Foods di Filadelfia avevano fatto notizia a gennaio quando hanno votato per unirsi a United Food and Commercial Workers (UFCW) Local 1776, formando il primo sindacato per la catena di supermercati di proprietà di Amazon. Il voto si è concluso con 130 lavoratori che hanno scelto di unirsi all’UFCW e 100 lavoratori contrari alla decisione.

Whole Foods dopo le votazioni dichiarò la propria delusione ma aggiunse che si sarebbe ulteriormente  “impegnato a mantenere un ambiente di lavoro positivo nel nostro negozio di Philly Center City”. L’azienda  dichiarò che “è orgogliosa di offrire un compenso competitivo, grandi benefici e opportunità di avanzamento di carriera a tutti i membri del team”. L’UFCW aveva replicato “Le aziende devono ricordare che i lavoratori di Whole Foods svolgono un ruolo essenziale aiutando le famiglie a mettere il cibo sulle loro tavole. È il loro duro lavoro che mantiene gli scaffali riforniti, i generi alimentari insaccati e i clienti che tornano”, ha osservato Marc Perrone, presidente internazionale di UFCW con sede a Washington D.C. “La nostra famiglia sindacale si impegna a sostenere i membri di Whole Foods mentre iniziano a negoziare un contratto che rifletta il loro valore e a garantire che i lavoratori di Whole Foods di tutto il mondo abbiano l’opportunità di raggiungere il futuro migliore che meritano”.

Come riportato da Bloomberg, Whole Foods, dopo la votazione, ha sostenuto che il risultato di gennaio dovrebbe essere rivisto, sostenendo che il sindacato ha fatto promesse irrealizzabili per convincere i lavoratori  e fornito trasporti  gratuito in auto a chi non era in turno il giorno delle elezioni.  La National Labour Relations Board (NLRB), l’agenzia governativa indipendente del Governo USA con la responsabilità di far rispettare il diritto del lavoro  statunitense in relazione alla contrattazione collettiva, aveva respinto l’istanza e il sindacato ha negato gli illeciti. Il ricorso di Whole Foods è stato discusso il primo maggio ed è stato di nuovo respinto. Secondo il giudice Deena E. Kobel le elezioni di gennaio sono state condotte in modo equo e legale. La decisione, è soggetta a ulteriore ricorso. Una sconfitta quindi? Non proprio. Whole Foods Market ha inviato la seguente dichiarazione a Progressive Grocer: “Questo è un rapporto preliminare, non una sentenza sulle obiezioni che abbiamo presentato, e rimaniamo fiduciosi che le nostre obiezioni saranno infine confermate durante lo svolgimento del processo”.

Il Ping pong continua. La maggior parte dei dipendenti del negozio di Filadelfia ha votato per sindacalizzare per una migliore retribuzione e condizioni di lavoro. L’UFCW 1776 che rappresenta localmente quasi 35.000 lavoratori si gioca una buona parte della sua credibilità. Se dovesse spuntarla il “rischio” è che l’esempio di Philadelphia verrebbe probabilmente seguito nel resto del Paese. E questo non può che preoccupare sia Whole Foods che Amazon. Troppo importante per il sindacato entrarci altrettanto importante per l’immagine di Whole Foods Market che raggiunge  clienti in più di 530 negozi negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito dimostrare che il sindacato non sia stato corretto. Non va sottovalutato che la società madre Amazon è la n. 2 di The PG 100, la lista 2024 di Progressive Grocer dei migliori rivenditori di alimenti e materiali di consumo in Nord America (leggi qui). Sia Whole Foods che Amazon sono stati nominati tra i rivenditori del secolo di PG (leggi qui) e la sua lista dei negozi di alimentari più sostenibili (leggi qui).

Chi non è dentro le dinamiche sindacali continuerà a pensare che questa vicenda sia assolutamente marginale. Non lo è affatto. Né per Whole Foods né per Amazon. Né per il sindacato americano. Per l’azienda la preoccupazione  è di trovarsi in poco tempo nella stessa situazione di Starbucks dove il Sindacato Starbucks Workers United è nato nel 2021 sulle stesse basi. È affiliato al Sindacato più grande Service Employees International Union (SEIU), è costituito per la maggior parte da giovani, molti/e ad alta scolarità, pagati con salari di poco superiori a quello minimo. L’81% dei rappresentanti degli oltre 550 negozi sindacalizzati dell’azienda negli Stati Uniti ha recentemente respinto la proposta di aumento, che non offriva alcuna modifica ai benefici economici come l’assistenza sanitaria. L’azienda paga attualmente ai propri baristi più di 19 dollari l’ora in media, che con i benefici arrivano a circa 30 dollari l’ora. Aveva proposto al sindacato che gli aumenti annuali non fossero inferiori al 2%. “L’attuale offerta di Starbucks non è sufficiente per concludere un accordo”, ha affermato il sindacato dei lavoratori. Tensioni che attraversano le varie forme di  lavoro povero o precario e che non tarderanno a varcare l’oceano. Da qui l’interesse a proporle alla riflessione. 

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