Auchan in Russia. La decisione di restare potrebbe costare molto cara…

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Probabilmente l’Association familiale Mulliez ha pensato che “scommettere” su una durata breve del conflitto fosse la mossa giusta. Se fosse andata così, la loro presenza in entrambi i Paesi in guerra  avrebbe rappresentato un punto di forza rispetto ai competitor.  Il gruppo francese, fondato da Gérard Mulliez nel 1961,  possiede e gestisce gli ipermercati e i supermercati Auchan, ma anche le catene di negozi di prodotti per il fai da te Leroy Merlin, Decathlon e molte altre attività. È arrivato ad essere quinto al mondo con un migliaio di ipermercati in 16 paesi e oltre 300 mila dipendenti. 

Nel suo recente intervento a Marca, Valerio De Molli, Managing Partner di The European House – Ambrosetti ha confermato che le multinazionali che hanno lasciato la Russia a seguito del conflitto sono circa diecimila. A fine 2022, ne resterebbero ancora 1284 secondo uno studio svizzero (https://bit.ly/3KjFQyX). Di queste le aziende tedesche ne contano il 19,5%, davanti alle cinesi (16,4%), americane (12,4%), giapponesi (7%), italiane (6,3%), britanniche (5,8%) e infine le francesi, tra cui quelle appartenenti alla galassia Mulliez, il (5,6%). Perché queste ultime hanno fatto così scalpore sulla stampa francese?

Secondo il recente servizio di Le Monde, la società francese, che ha scelto di continuare le sue attività sul territorio russo nonostante l’offensiva in Ucraina, avrebbe consegnato gratuitamente merci all’esercito di Vladimir Putin come testimoniato dal video e dai documenti in possesso del quotidiano francese (https://dai.ly/x8ib4qf). Secondo i documenti ottenuti da Christo Grozev, ex direttore esecutivo di Bellingcat, e da Le Monde, la società della GDO, di proprietà della famiglia Mulliez, ottava fortuna francese secondo Challenges, sembrerebbe partecipare allo sforzo bellico russo.

Il rapporto  si basa su mail interne, testimonianze oculari anonime e post sui social media che mostrano che le donazioni sono state raccolte nei supermercati Auchan a San Pietroburgo e nella città russa di Vladimir. E questo per molti francesi è inaccettabile.

Auchan ha respinto le accuse, affermando in una dichiarazione via e-mail che la società “non conduce, sostiene o finanzia alcuna raccolta di beneficenza per le forze armate”. Ha sottolineato che “non ha la possibilità di sapere quale uso finale viene fatto dei prodotti acquistati”. Il giornalista di Le Monde Arthur Weil-Rabaud ha confermato che grazie alle mail che hanno recuperato risulterebbe che alcuni dipendenti hanno incoraggiato questa raccolta. Tra loro il direttore della divisione nord, Evgeniya Storozheva. Appena sopra di lei nell’organigramma troviamo il francese Laurent Proust, direttore delle vendite in Russia.

All’inizio dell’invasione la ragione addotta per restare è stata quella di aiutare le popolazioni civili presenti in Russia e tutelare i dipendenti. Decathlon, che pure appartiene anch’essa al gruppo Mulliez, ha chiuso in Russia. È probabile che le ragioni siano essenzialmente economiche visto il  fatturato che Leroy Merlin e Auchan fanno in Russia. Senza scordare che c’è una legge in Russia che obbliga tutte le compagnie stabilite sul territorio nazionale a partecipare allo sforzo bellico.  “In teoria, Auchan, potrebbe anche essere obbligata dal governo russo a partecipare allo sforzo e a fornire un elenco di nomi dei suoi dipendenti per verificare chi si mobilita e chi no” spiega l’altra giornalista di Le Monde Asia Balluffier.

Auchan è la quinta insegna  in Francia in termini di quota di mercato (dietro E.Leclerc, Carrefour, Intermarché e Système U) e la sua  presenza è di lunga data sia  in Ucraina e Russia, dove prima della guerra realizzava un decimo delle sue vendite totali. Solo Auchan ha  30.000 collaboratori, 230 negozi con le insegne Auchan, Auchan City, Auchan Supermarché e ATAK. Un altra insegna della galassia Mulliez, Leroy Merlin, è molto presente al punto da essere leader del fai da te in Russia.

L’azienda della famiglia Mulliez ha respinto con decisione le accuse: “Auchan Retail smentisce categoricamente i fatti riferiti da questa inchiesta e la loro interpretazione”. E sottolinea che queste affermazioni “non siano in alcun modo corroborate dalla realtà delle (nostre) ricerche interne che confermano il rigoroso rispetto delle norme vigenti”. Nel pubblicare i risultati della prima metà del 2022, ad agosto, Auchan ha indicato di aver registrato un “marcato rallentamento” della sua attività commerciale in Russia, assicurando che tale attività vi si svolga “nella massima autonomia e nel rigoroso rispetto dell’embargo europeo”.

Ovviamente la filiale ucraina di Auchan ha reagito immediatamente. Su Facebook ha confermato di aver chiesto spiegazioni alla sede francese del gruppo e che “l’informazione è stata loro negata” e sono in attesa di  “una comunicazione ufficiale”. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, da parte sua, ha dichiarato  che intende discutere di questo argomento con il suo omologo francese.

Auchan Ukraine al contrario ha ufficialmente e formalmente fornito assistenza agli ucraini per oltre 60 milioni di grivnie”, ovvero 1,5 milioni di euro, dall’inizio della guerra, ha affermato la controllata in un messaggio inviato all’AFP. Presente dal 2002 in Russia, il quinto distributore francese possiede 232 negozi per un fatturato di 3,2 miliardi di euro prima della guerra in Ucraina e 30.000 dipendenti. Anche se il gruppo non era messo benissimo  nel Paese già prima dell’inizio del conflitto, l’attività russa rappresentava comunque quasi il 10% del fatturato totale del gruppo. Andarsene tra l’altro  non è così semplice, e più passa il tempo e più le cose si complicano, spiega ancora Bloomberg, come aveva scritto  il Wall Street Journal nel giugno 2022.

Diverse imprese stanno negoziando da mesi per ottenere le autorizzazioni necessarie ad una vendita ordinata delle proprie attività. È sempre più costoso lasciare il Paese, con il governo che ha imposto tasse folli di quasi il 50% su ogni tentativo di vendita. Di fronte a tali potenziali perdite, una multinazionale dovrà necessariamente pensarci due volte prima di lasciare. Rimane però un altro rischio, tutt’altro che trascurabile. Se la Russia e Vladimir Putin uscissero dalla loro “operazione speciale” e dichiarassero una vera guerra, il governo potrebbe  impossessarsi con la forza delle imprese, in modo che partecipino allo sforzo nazionale. Che lo vogliano o no, allora sarà troppo tardi: diventeranno attori molto diretti delle atrocità commesse in Ucraina.

Sulla Russia hanno, a mio parere, sbagliato le previsioni. La famiglia Mulliez, decidendo di restare in quel Paese e contemporaneamente in Ucraina ha sottovalutato le ragioni e la durata del conflitto, la tenuta dell’Ucraina e la solidarietà occidentale. Ha probabilmente pensato di poter tenere un piede in due scarpe lucrando su una rapida conclusione com’era nelle previsioni dei russi e ha pure sottovalutato le conseguenze a livello europeo e mondiale a lungo termine dell’invasione. Il prezzo che rischia di pagare se non trova una exit strategy efficace  sarà così molto alto. Soprattutto se il conflitto, come pensano molti, è destinato ad incancrenirsi e a protrarsi nel tempo.  

C’è un’espressione francese che risale alla fine del XIX secolo che sottolinea il buon senso degli agricoltori. Impone che non si possa, onestamente, vendere il burro appena prodotto, tenersi i soldi e contemporaneamente il burro e pretendere il sorriso di chi lo lavora.  (Vouloir le beurre, l’argent du beurre…et le sourire de la crémière). Voler tenersi sempre tutto per sé, voler guadagnare tutto senza lasciare nulla agli altri. Mai, come in questo caso, rischia di ritorcersi pesantemente contro.

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3 risposte a “Auchan in Russia. La decisione di restare potrebbe costare molto cara…”

  1. Caro dott. Sassi purtroppo nulla di nuovo riguardo alla famiglia Mulliez che qui in Italia, dietro la falsa ed ipocrita “favoletta” della condivisione, della fiducia, ⁸dell’ uomo al centro del progetto, hanno nascosto un business spietato e di malaffare. Basti pensare a come hanno svenduto la vita di tanti lavoratori, di tante famiglie su tutto il territorio italiano, incuranti delle drammatiche conseguenze sul piano occupazionale ed umano, ma convinti di aver fatto la cosa giusta . Loro tutto possono con il loro potere economico. Sono solo un surrogato della loro Grandeur !

    1. Resta una differenza. In Italia la loro spregiudicatezza e il loro cinismo hanno funzionato. Dipendenti a parte nessuno li ha accusati di nulla né da noi né in Francia. Anzi. L’azzardo di voler tenere un piede in due scarpe è figlio della stessa spregiudicatezza ma le conseguenze sul business e nel loro Paese rischiano di essere ben più pesanti.

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