Conad/Auchan. Il diritto di far sentire la propria voce…

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Perdonate la franchezza ma l’apparizione in TV durante la trasmissione “in mezz’ora” di Lucia Annunziata è stato un flop. Se la risposta alle trasmissioni populiste delle reti Mediaset sono queste, non siamo messi bene. Le tesi dietrologiche  più ardite si stanno accavallando.

Da “Conad la rossa” di cui Lucia Annunziata è naturalmente succube, alla forza degli investimenti pubblicitari che tutto possono. Nessuno che rifletta sulla banalità della realtà. Una pessima trasmissione gestita malissimo dove non si è capito praticamente nulla. Per stare in tema sembrava un supermercato delle disgrazie del mondo del lavoro. Messe lì alla rinfusa in un cestone tra lineari come fossero l’angolo delle occasioni.

Lucia Annunziata ha probabilmente la coda di paglia come la maggioranza dei giornalisti che provengono dall’estrema sinistra sessantottina. Per questo organizza riti propiziatori che evocano una stagione ormai alle spalle. Non c’è alcun 68 in programma né autunni caldi di vecchio conio. Mettere in fila situazioni diverse non dando il tempo per argomentarle e per ipotizzare delle soluzioni praticabili fa solo male a chi è coinvolto suo malgrado in  queste rappresentazioni.

C’è però un problema vero di comunicazione anche in chi partecipa. Altrimenti si urlano solo  slogan ma i problemi non emergono. Ci si ricorda al massimo di chi ha gridato più forte. Non le sue ragioni. 

Nel caso di Conad/Auchan la preoccupazione di lavoratori è evidente. Per una parte di loro il passaggio da Auchan a Conad avverrà alle condizioni di Conad. È un cambiamento significativo. Le condizioni di ingaggio sono diverse. Il rischio di impresa è, in parte, scaricato sui lavoratori. Non è, ovviamente,  solo un problema di Conad. È una tendenza in atto. Diritti e doveri sono bilanciati diversamente dal passato.

Si può cercare di impedirlo, ci si può rassegnare ma si potrebbero, ad esempio,  prevedere passaggi di verifica e controllo da parte del sindacato sia a livello nazionale che locale. Oppure limitarsi ad urlare il proprio dissenso e non fare nulla di concreto. 

Chiarito l’orientamento su questo punto c’è il problema della gestione degli esuberi. 3105 dichiarati,  altri da approfondire negli ipotizzati passaggi a terzi. Al MISE stanno discutendo di questo. Se non dovesse trovarsi una soluzione condivisa scatterebbero, prima o poi i licenziamenti? Probabilmente si. Questo è un problema serio. Da qui la preoccupazione sensata e giustificata dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

Il resto è ridondante. Conad ha fatto un affare? Se riuscirà a portarlo a termine nei modi e nei tempi ipotizzati, si. Ha approfittato della volontà di “fuga” di Auchan? Assolutamente, si. Nel discorso di addio dell’ex amministratore delegato di Auchan Retail è già chiaro il destino delle sedi e dei manager. Conad può farsene carico direttamente? No al suo interno (salvo decidesse di dare una chance a BDC che ad oggi non è ipotizzabile). Quindi dovrà sostenerne il ricollocamento esterno e le conseguenti incentivazioni all’uscita.

La vera scommessa per le parti che stanno confrontandosi sulle possibili soluzioni è se l’accordo, una volta sottoscritto,  dovrà rappresentare un punto di arrivo o l’inizio di un percorso di confronto nuovo che possa caratterizzare la nascita del più grande gruppo della distribuzione italiana. Ma anche di un ruolo diverso per il sindacato.

Le gole profonde, il miliardo sopra o sotto banco, la storpiatura degli slogan, il ruolo della partita immobiliare, non spostano di un millimetro l’esito finale di una vicenda che, ha, a mio parere fortunatamente, in Conad il perno centrale e quindi un soggetto economico che deve assumersi le sue responsabilità di fronte al Paese, alle istituzioni e ai lavoratori acquisiti. Questo doveva emergere con chiarezza. Così, purtroppo, non è stato. E non è solo un problema dell’Annunziata ma anche  di chi non è stato preparato ad affrontare quel modesto spazio di visibilità.

La crisi Auchan, può piacere o meno agli azzeccagarbugli che si cimentano a viso aperto o gettando il sasso e nascondendo la mano ma ha un interlocutore unico. E questa è  Conad. E, dall’altra parte ha il sindacato che pur trovandosi di fronte alla necessità di fare un “triplo salto carpiato”  è legittimato a confrontarsi con l’azienda per individuare tutte le soluzioni praticabili. Sarà una mediazione difficile quanto necessaria. Il resto, che piaccia o meno ai profeti di sventura, conterà poco.

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