Le persone vengono prima delle idee…

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Cesare Zavattini in una trasmissione televisiva in bianco e nero di molti anni fa presentò con la sua consueta semplicità un concetto complesso. Ricordo che, più o meno disse che: ”Pensare è faticoso. Si muore senza aver mai pensato. Pensare è più importante che mangiare perché se tutti pensassimo, nessuno morirebbe di fame”. Lo trovo ancora e sempre attuale.

Se tutti pensassimo. Non se gli “altri” pensassero. E’ il pensiero, la riflessione, il confronto che ci consentono di essere persone. È una nostra responsabilità. Anche di cambiare idea, punto di vista, sensibilità. Enzo Bianchi, in uno dei tanti mirabili tweet che ci regala ogni giorno ci invita, come sempre, a riflettere: “Fu detto ad abba Pambo:“Abba, nella vita a volte si cade, si precipita, e si va a fondo!” Rispose abba Pambo:“Si, è vero, accade. Ma coraggio!  Quando si va a fondo si scoprono le fondamenta.”

Riflettevo in questi giorni sul linciaggio scatenato in rete contro Fiorella  Mannoia rea di aver espresso una opinione ferma contro la politica del Governo sulla chiusura dei porti e sulla mancanza di umanità di cui è intrisa quella politica. E tutto questo solo perché, poche settimane fa, si è espressa a favore dei 5S alle elezioni politiche tradendo in qualche modo la sua tradizionale appartenenza alla sinistra. 

Marco Bentivogli, in un bellissimo articolo del 2016, da rileggere, sul Foglio (http://bit.ly/2MCFl1T) ha sottolineato: ”Lo aveva già capito Lenin: alla sinistra è mancato Francesco D’assisi, o anche molto meno, un po’ di coerenza e meno ipocrisia. Voler bene alle persone più che alle proprie idee dovrebbe essere il faro di un progressista”.

Voler bene alle persone. È così. Questo ci ha ricordato, con semplicità Fiorella Mannoia.

È questa forma di “squadrismo” difensivo da cui dobbiamo liberarci se non vogliamo assomigliare a chi, almeno a parole, diciamo di voler combattere.

Oggi c’è una emergenza.

Se Roberto Fico, Presidente della Camera, la segnala o se Fiorella Mannoia la rilancia proprio grazie alla sua sensibilità personale buttarla in politica non serve a nulla. Anzi.

Oggi serve smuovere le coscienze, far emergere un pensiero forte, una opposizione che non lancia i bambini morti contro il nemico di turno ma si ferma inorridita e apre a chi, proprio a partire da un tema che tocca ciascuno di noi, crede in una soluzione possibile che guardi al futuro.

Una soluzione che abbia il coraggio di rinunciare a qualche voto in più conquistato sulla paura e sappia però mettere in evidenza il lavoro che, da Enrico Letta in avanti, è stato fatto. E cioè che non c’è alcuna invasione in atto, che il nostro non è affatto un Paese razzista. Al contrario. Fa ciò che deve fare e per questo pretende la solidarietà e l’impegno degli altri Paesi del continente.

Salvini ha bruciato in poche ore il credito che avevamo conquistato negli anni come Paese consentendo agli altri di voltarci le spalle. E questo pochi lo hanno sottolineato.

Fiorella Mannoia, da parte sua, poteva stare in silenzio. Come altri. Non lo ha fatto sapendo benissimo che questo le avrebbe scatenato contro insulti e rancori. Ed è proprio per questo sapersi mettere contro vento che va rispettata.

La sinistra di Capalbio, salviniana della prima ora, come ci ricorda spesso Marco Bentivogli si è già insediata sul pulpito dei giudici della nuova destra o sta riflettendo sulla volata che le ha tirato a suo tempo?

E non è forse quella sinistra radicata nei giornali, nel sindacato nella politica che ci ha stancato e ci ha reso difficile condividerne il cammino?

Adesso, dopo aver scartato Renzi e l’intruso Calenda, tocca a Zingaretti, poi invidie, rancori e aspirazioni troveranno il modo di scaricarlo e di coinvolgere altri.

Ma il Paese non può andare avanti così!

È chiaro che l’accordo tra 5S e Lega ha una data di scadenza come lo yogurt. E io non credo affatto sia l’intera legislatura. Se sarà prima o in contemporanea alle europee o subito dopo dipenderà dal consolidamento di questa nuova destra che si porterà appresso una parte dell’eredità berlusconiana. Resta l’altro campo. Tutto da pensare, arare e rimettere insieme.

Una parte consistente dell’elettorato dei 5S vuole un cambiamento vero. Innanzitutto generazionale, poi di contenuto e di forma della politica. E vuole che il “Lavoro”, quello che aspetta i giovani venga affrontato con competenza, innovazione e nuova cultura. Soprattutto non con la superficialità con cui rischia di essere affrontato oggi per la foga di voler dare segnali in competizione con l’alleato leghista. Ma al centro delle proposte ci devono essere sempre le persone. Fondamentali in questa fase di cambiamento del lavoro e dell’impresa. Ma anche dell’Europa.

Per questo chi si pone l’idea di cambiare questo Paese non può fermarsi ai “gné gné” di una opposizione inconcludente e litigiosa che così rischia solo di restare tale per sempre ma dovrebbe lavorare per proporre alternative, suggerire proposte, saper dividere saggiamente una nuova destra in formazione che rischia di saldarsi definitivamente con il mondo delle imprese, oggi ancora indeciso perché, pur attratto dalle le sirene salviniane, è spaventato dalle boutade dei 5S. E sarebbe una saldatura estremamente pericolosa in una globalizzazione planetaria sempre più  darwiniana che però rischia di creare, a partire dal nostro Paese,  le condizioni per una situazione  ben diversa da quella ipotizzata da chi, in buona fede, ha votato per un cambiamento in tutt’altra direzione…. 

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