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Qui a Bruxelles è, ovviamente, la notizia del giorno. Secondo il sito d’informazione francese La Lettre (leggi qui) Il gruppo di supermercati belga-olandese Ahold Delhaize, a cavallo della fine  dell’anno, avrebbe mostrato interesse all’acquisizione della catena francese Carrefour. Per ora nessuna delle due società ha commentato la notizia. Ahold Delhaize per chi non lo ricorda è l’azienda che Bernardo Caprotti aveva auspicato a suo tempo come possibile acquirente della “sua” Esselunga.  Ma non divaghiamo perché le notizie che si susseguono in queste ore sono ghiotte.

Secondo le informazioni riportate da La Lettre, le discussioni avrebbero avuto luogo già alla fine dell’anno scorso. Si dice che questo contatti siano terminati a gennaio, perché un’acquisizione avrebbe portato a una posizione dominante  in Belgio e Romania. E che, in Francia, l’acquisizione di Carrefour da parte di un operatore straniero avrebbe incontrato ovvie resistenze politiche. Intanto la notizia sparata a pochi giorni dall’assemblea generale di Carrefour fa riflettere sulla tempistica.  Perché è uscita proprio ora? Ahold Delhaize e Carrefour hanno  all’incirca lo stesso fatturato (circa 90 miliardi di euro), ma il valore di mercato del gruppo belga-olandese è tre volte superiore (34 miliardi rispetto a quasi 10 miliardi).

Per capire meglio quella che i francesi chiamano l’enjeu (la posta in gioco) è necessario fare un passo indietro di qualche anno.  Bernard Arnault, il quinto uomo più ricco del mondo, seduto su un patrimonio di 149,9 miliardi di dollari, nel 2021 ha chiuso dopo  14 anni la sua avventura nella Grande Distribuzione. Non ne poteva più di mantenere quel 5,7% di Carrefour. Il nervosismo sull’investimento del proprietario di LVMH lo si era già capito con la nomina di Alexandre Bompard scelto per le sue qualità manageriali ma anche per condurre in porto, o la vendita dell’intera Carrefour o almeno la volontà di addio del patron del lusso. Bompard ci ha provato (e ci sta ancora provando) a cedere l’azienda. Incassato il no dalla politica con Couche Tard, persa una grande occasione visto la compatibilità tra le due realtà e i progetti di espansione del gruppo canadese, ad Alexandre Bompard non restava che continuare nella riorganizzazione del gruppo in attesa di nuove opportunità.

Poco dopo ci ha provato Auchan ad acquisire  Carrefour. Alexandre Bompard era però  riuscito a convincere gli azionisti a fermare il primo assalto. Troppo spericolato nell’architettura finanziaria e sufficiente a spaventare i principali azionisti Carrefour. A questo è seguito un secondo assalto.  Secondo i giornalisti  Ivan Letessier e Marie Bartnik de “Le Figaro” l’obiettivo della banca d’affari Lazard era convincere alcuni fondi di investimento a finanziare questa operazione. Le due realtà insieme sarebbero diventate il principale distributore in Francia con oltre il 29% di quota di mercato in Francia e una presenza internazionale unica in 17 paesi”, spiegava il documento riservato inviato da Lazard ai fondi di investimento individuati.  Lazard stimava che il fatturato del gruppo sarebbe potuto arrivare a 108 miliardi nel 2025, con margini in crescita e sinergie significative. Un’operazione “Paese” proprio per le implicazioni sociali e le inevitabili sovrapposizioni che avrebbero comportato la necessaria cessione di diverse centinaia di negozi. La  presenza del fondo inglese proprietario di Morrison, seppure in minoranza, ha fatto però storcere il naso non solo ai sindacati francesi che con Couche Tard non avrebbe sofferto sovrapposizioni. Incognite non semplici da affrontare in un Paese che intende sempre e comunque valorizzare e difendere la filiera agroalimentare nazionale in tutte le sue componenti. L’operazione si è così arenata.

Non è tutto. A pochi giorni dall’assemblea generale di Carrefour che si preannuncia importante, il 28 maggio, si susseguono spifferi da ogni dove. Oltre a Ahold Delhaize si è parlato anche della portoghese Jerónimo Martins e c’è chi sostiene che queste manifestazioni di interesse, maschererebbero ancora l’ipotesi numero 1. L’interesse di un riavvicinamento con Groupe Casino acquisito da poco poco dal magnate Ceco Daniel Kretinsky  già maggiore azionista della società tedesca Metro e di Fnac Darty, e della casa editrice Editis e altre testate della stampa francese (Marianne, Elle, ecc.). Ahold Delaize sembra abbia offerto una cifra vicina ai  10 miliardi che le avrebbe consentito di aprire tre nuovi fronti da cui è assente: la Francia, ovviamente, ma anche il Brasile e la Spagna (Ahold è già molto presente in Olanda, Belgio e Stati Uniti in particolare). Secondo La Lettre, le discussioni si sono arenate per motivi di concorrenza (in particolare in Belgio). Forse anche per problemi di valutazione… L’interesse di Ahold era quello di non allontanarsi troppo dal prezzo di mercato (15 euro oggi ma meno al momento delle discussioni), quello degli azionisti di Carrefour (che sono entrati a livelli di prezzo più alti) di superare i 20 euro per trovare una via d’uscita onorevole. L’episodio indica  che Carrefour è ancora una preda, dopo gli episodi di Couche Tard, Auchan e gli altri. 

Ahold Delhaize va bene;  il margine di profitto americano è sceso solo di poco e l’amministratore delegato Frans Muller parla di ottime performance nel Benelux. In Europa la crescita comparabile è stata del 3,7%, nonostante la cessazione delle vendite di tabacco nel Benelux. Le vendite online sono cresciute del 13,7%, grazie all’aumento delle vendite di prodotti alimentari su entrambe le sponde dell’oceano e alla buona performance di bol.com. Il margine di utile operativo è stato del 3,8%, un calo di 0,2 punti percentuali che non è inaspettato: il rivenditore sta investendo in tagli di prezzo negli Stati Uniti per aumentare la quota di mercato, il che ha portato a un calo di 0,3 punti percentuali del margine. Ciò rassicura gli osservatori: Ahold Delhaize rientra quindi nelle aspettative. In Europa il margine di profitto è aumentato di 0,3 punti percentuali. Al di là di questi spifferi la  notizia è la situazione problematica di Carrefour, diventata obiettivo di acquisizione a causa del basso prezzo delle sue azioni. E Bompard, a mio parere, è intenzionato a vendere. Kevin Romanteau direttore di Whitelight Capital chiede un cambiamento di strategia e gestione, sostenendo che il gruppo ha perso 4,7 miliardi di euro di valutazione dall’arrivo di Alexandre Bompard alla guida nel 2017. Il clima tra azionisti e management, sindacati e franchisee si sta quindi scaldando. E l’anno prossimo il mandato del CEO arriverà a scadenza… 

 

 

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