Capita, non solo nelle relazioni sindacali, di dover riflettere sulla differenza tra decisioni che nel breve risolvono un problema apparentemente irrisolvibile in altro modo ma, contemporaneamente, rischiano di complicarlo nel lungo periodo. È la differenza tra tattica e strategia. Quando si parla di appalti, terziarizzazioni di attività e impatti sull’organizzazione, sia nel caso di affidamenti esterni che di ripresa in carico spesso si sottovalutano le conseguenze sull’azienda, sulle persone e sui soggetti collettivi coinvolti.
Per le aziende il punto dirimente è rappresentato dal proprio modello organizzativo e quindi dal vantaggio o dallo svantaggio di gestire internamente o meno una determinata attività nell’immediato e nel lungo periodo. Per le persone coinvolte, rappresenta la quantità e la qualità del lavoro e quindi il senso stesso del loro impegno e per i sindacati esterni determina il ruolo, la credibilità e il peso associativo. Tre punti di vista molto diversi tra di loro. Ogni intesa sottoscritta sul tema tende a modificare il contesto (in meglio o in peggio) per ognuno dei tre soggetti coinvolti. Comprendere questo aspetto e gestirlo è fondamentale. Altrimenti il problema è solo rimandato.
Nel caso di Esselunga a Biandrate, a Pioltello o nella sua complessa rete territoriale, l’aver “internalizzato” alcune attività, prima gestite da terzi o averle giustamente passata a partner più affidabili, ha chiuso una fase di tensione ma ha contemporaneamente creato aspettative sul lungo periodo a sindacati e lavoratori di difficile gestione. C’è da dire, in premessa, che Esselunga ha sempre avuto ottimi Direttori Risorse Umane in grado di affrontare situazioni di tensione con le organizzazioni sindacali. Il tipo di attacchi a cui oggi è sottoposta l’azienda da formazioni sindacali estreme e la loro frequenza farebbe pensare che questa capacità di gestione sia venuta meno.
Aggiungo che, almeno a parole, sembra sempre che tutti i soggetti in campo abbiano interesse a far emergere situazioni radicate nel tempo per riportarle ad un livello di maggiore trasparenza gestionale. Vale per le aziende che vogliono superare situazioni passate, vale per i sindacati confederali che hanno un interesse ad andare oltre impostazioni che non li hanno visti protagonisti. Non vale, però, per alcuni sindacati di base, persone o gruppi che, nelle fasi che hanno preceduto la normalizzazione, possono aver ottenuto vantaggi nella gestione di orari e attività, piccoli e grandi favori personali, riconoscimenti economici (a volte) anche sottobanco. Non sempre i vertici aziendali conoscono o approvano tutto ciò che avviene nei “piani bassi” nell’organizzazione. E spesso alcune situazioni incancreniscono fino a essere percepiti come “diritti acquisiti” o abitudini consolidate da chi ne gode i benefici. Elementi che, in presenza di cambi di gestione o di organizzazione, vengono inevitabilmente in superficie e rimessi in discussione.
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