Esselunga. Appalti e tensioni con i sindacati di base…

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Capita, non solo nelle relazioni sindacali, di dover riflettere sulla differenza tra decisioni che nel breve risolvono un problema apparentemente irrisolvibile in altro modo ma, contemporaneamente, rischiano di complicarlo nel lungo periodo.  È la differenza tra tattica e strategia. Quando si parla di appalti, terziarizzazioni di attività e impatti sull’organizzazione, sia nel caso  di affidamenti esterni che di ripresa in carico spesso si sottovalutano le conseguenze sull’azienda, sulle persone e sui soggetti collettivi coinvolti.

Per le aziende il punto dirimente è rappresentato dal proprio modello organizzativo e quindi dal vantaggio o dallo svantaggio di gestire internamente  o meno una determinata attività nell’immediato e nel lungo periodo. Per le persone coinvolte, rappresenta la quantità e la qualità del lavoro e quindi il senso stesso del loro impegno   e per i sindacati esterni determina il ruolo, la credibilità e  il peso associativo. Tre punti di vista molto diversi tra di loro. Ogni intesa sottoscritta sul tema tende a modificare il contesto (in meglio o in peggio) per ognuno dei tre soggetti coinvolti. Comprendere questo aspetto e gestirlo  è fondamentale.  Altrimenti il problema è solo rimandato.

Nel caso di Esselunga a Biandrate, a Pioltello o nella sua complessa rete territoriale, l’aver “internalizzato”  alcune attività,  prima gestite da terzi o averle giustamente passata a partner più affidabili, ha chiuso una fase di tensione ma ha contemporaneamente creato aspettative sul lungo periodo a sindacati e lavoratori  di difficile gestione. C’è da dire, in premessa, che Esselunga ha sempre avuto ottimi Direttori Risorse Umane in grado di affrontare situazioni di tensione con le organizzazioni sindacali. Il tipo di attacchi a cui oggi è sottoposta l’azienda da formazioni sindacali estreme e la loro frequenza  farebbe pensare che questa capacità di gestione sia venuta  meno.

Aggiungo che, almeno a parole, sembra sempre che tutti i soggetti in campo  abbiano interesse a far emergere situazioni radicate nel tempo   per riportarle ad un livello di maggiore trasparenza gestionale. Vale per le aziende che vogliono superare situazioni passate, vale per i sindacati confederali che hanno un interesse ad andare oltre  impostazioni che non li hanno  visti protagonisti. Non vale, però, per alcuni sindacati di base, persone o gruppi che, nelle fasi che hanno preceduto la normalizzazione, possono aver ottenuto vantaggi nella gestione di orari e attività, piccoli e grandi favori personali, riconoscimenti economici  (a volte) anche sottobanco.  Non sempre i vertici aziendali conoscono o approvano tutto ciò che avviene nei “piani bassi” nell’organizzazione. E spesso alcune situazioni incancreniscono fino a essere percepiti come “diritti acquisiti” o abitudini consolidate da chi ne gode i benefici. Elementi che, in presenza di cambi di gestione o di organizzazione, vengono inevitabilmente in superficie e rimessi in discussione.

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Meglio i prezzi bassi o le promozioni nella GDO? Dipende dal cliente…

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Mi è capitato di leggere recentemente un studio (pubblicato da Oxford University Press per conto del Journal of Consumer Research)  sulle preferenze dei consumatori in materia di strategie di prezzo dei retailer proposto da Chris Hydock, ex Georgetown University, oggi assistant professor di marketing a Toulane in Louisiana e al Politecnico della contea di San Luis Obispo (California) dove si indaga sulle ragioni che portano una parte dei consumatori a preferire i rivenditori Hi-Lo  rispetto ad altri consumatori che sembrano preferire i rivenditori EDLP.

In estrema sintesi e per chi non è del comparto la strategia High Low  consiste nel proporre offerte e promozioni in maniera più o meno continuativa a prodotti con un prezzo di partenza più alto. Quella conosciuta come Everyday Low Prices o EDLP (in italiano “politica dei prezzi bassi tutti i giorni”) è una strategia dei prezzi basata sull’offrire sempre ai consumatori dei prezzi bassi.

Non è un argomento che mi appassiona più di tanto, soprattutto perché conosco manager commerciali che stimo schierati su entrambe le barricate. E siccome i manager commerciali ad ogni livello pensano di avere sempre ragione, li lascio sfogare tra di loro. La tesi che oggi, credo,  sia prevalente è che l’industria di marca per convenienza privilegerebbe  le promozioni anziché abbassare i listini. Mario Gasbarrino ha sottolineato recentemente: “i soldi veri li hanno i produttori di Marca, che decidono di spenderli come vogliono”. “Il cliente” chiosa Gasbarrino “dimostrerebbe, dove e quando ne ha la possibilità, di gradire la trasparenza e quindi l’EDLP”. L’impressione è che, al contrario del cliente,  il mondo del retail si stia spostando verso l’Hi-Low.

Ovviamente entrambe le strategie presentano vantaggi e svantaggi visto il numero di  sostenitori della prima e della seconda.  L’interessante  conclusione a cui arriva lo studio USA e che la differenza, lato cliente, dipenderebbe, in gran parte,  dal fatto che i consumatori non sono tutti uguali. Lo studio  ha evidenziato una differenza nel modo in cui i consumatori si avvicinano alle opzioni di scelta. Alcuni si concentrano sui vantaggi qualitativi dei prodotti (differenziazione verticale): le loro scelte sono guidate dal livello di qualità ottenuto rispetto al prezzo pagato. Altri consumatori si concentrano sui vantaggi gustativi dei prodotti (differenziazione orizzontale): le loro scelte sono guidate dall’acquisizione di gusti personali a prezzi favorevoli. Leggi tutto “Meglio i prezzi bassi o le promozioni nella GDO? Dipende dal cliente…”

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La Grande Distribuzione tra Robin Hood e gli sceriffi di Nottingham.

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Robin Hood in realtà, lo sanno tutti,  non è mai esistito. Nemmeno  lo sceriffo di Nottingham che però, nella vicenda di cui è protagonista ne combina di tutti i colori. Nella saga,  alla fine viene perdonato da Re Riccardo nonostante la sua indubbia cattiveria nei confronti del popolo di Nottingham e di Robin Hood.  Quando in Federdistribuzione  sono rimasti con il cerino in mano qualcuno ha reagito cercando di rifiutare il ruolo del “cattivo” e respingendo, appunto l’idea, che l’eroe delle ballate inglesi del XII secolo venisse  interpretato in esclusiva da un’insegna tedesca.

Il contesto però era chiaro. I sindacati di categoria, ormai esausti dopo un tira e molla durato almeno quattro anni premevano per chiudere dopo la firma con  Confcommercio,  l’opinione pubblica e i media erano chiaramente schierati a favore della conclusione del negoziato e dulcis in fundo, più di un’insegna  aveva fatto filtrare in ogni direzione, sindacati compresi, la volontà di chiudere la partita. Pochi hanno capito l’inutile autogol mentre il film era già ai titoli di coda.

Più che prendersela con Robin Hood ci sarebbe  da interrogarsi su chi ha avuto la brillante idea del “rilancio” dell’ultimo minuto che, oltre a spiazzare alcune insegne, ha danneggiato inutilmente l’immagine di Federdistribuzione. Regalando così a Lidl, per la ragionevolezza della sortita e non per altro, l’attenzione dei media che, al contrario, avrebbe potuto essere condivisa. E quella sortita ha avuto addirittura più effetto mediatico della recente    decisione dell’azienda tedesca di anticipare in un’unica soluzione già nel mese di maggio 2024, l’una tantum che avrebbe dovuto coprire il passato ma che, chi ha gestito il negoziato, ha tignosamente voluto prevederne l’erogazione in due parti di cui una a luglio e una nel 2025.

Due negoziati (Confcommercio e Federdistribuzione) trascinati stancamente  nel tempo per carenza di leadership  nei rispettivi campi non potevano non concludersi prima o poi. Il vero peccato è di aver scelto entrambi di privilegiare la firma in sé alla ricerca  di una volontà di ripartenza comune. Quelle firme chiudevano un lungo periodo tra pandemia e inflazione e avrebbero meritato, a mio parere,  tutt’altra coreografia. Personalmente ho salutato comunque come un fatto positivo quel risultato. E lo confermo. Quindi volterei pagina evitando di soffermarmi all’elenco dei buoni e dei cattivi. 

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Milano guarda al futuro con Foody, l’hub agroalimentare più moderno d’Europa…

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Il 21 giugno 2016 Beppe Sala è diventato sindaco di Milano succedendo a Giuliano Pisapia. Dal 2013 era stato commissario unico di Expo 2015 e amministratore delegato di Expo 2015 S.p.A dal 2010 al 2016. Beppe Sala ha spesso ricordato che “il primo dossier nel quale mi sono imbattuto quando sono entrato in Comune è stato quello sulla riqualificazione dell’Ortomercato”. Sogemi, dal 2005 circa ha visto 8 progetti di riqualificazione. Nessuno ha funzionato. Lo stesso processo decisionale alla base del progetto che si sta finalmente realizzando è durato circa tre anni.

Cesare Ferrero è tra i pochi che ci hanno sempre creduto. Fino al suo arrivo, tra inchieste per infiltrazioni dell’’ndrangheta, scandali vari e qualche arresto l’idea prevalente era che l’Ortomercato fosse una battaglia persa.  Sinonimo solo di capannoni in declino,  sfruttamento e illegalità. Il giornalista Paolo Berizzi ha fatto dei reportage su  lavoro nero, caporalato selvaggio e ricorso alle “braccia” degli immigrati irregolari che facevano emergere scenari inquietanti sulle attività “parallele” della struttura: “risse, turni di lavoro massacranti e sottopagati, lavoro nero senza garanzie e tutele”. Caporalato e lavoro nero erano però anche  la conseguenza delle disastrose condizioni strutturali e gestionali in cui si trovava la struttura.

Della Sogemi nessuno se ne era mai occupato con l’idea di affrontare e risolvere il problema. Sala sapeva benissimo a cosa stava andando incontro.  Mollare tutto o rilanciare. La scelta di Cesare Ferrero nasce da qui. Ex country manager di Bnp Paribas Real Estate Italia e altri prestigiosi incarichi con aziende di primo piano e con un passato da Professore di Finanza e Real Estate presso l’Università Bocconi. Adesso può finalmente tirare il fiato. Il profilo del nuovo ortomercato è molto “milanese”. Sobrio, essenziale, concreto. Resta il nome: Foody. L’unica concessione un po’ da “fighetto” voluta dal Presidente e sopportata da Beppe Sala.

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La Grande Distribuzione e i rapporti con la Politica e le Istituzioni a livello locale…

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Nel film Quo Vado del 2016 il buon Liuzzi, un cacciatore pugliese ha bisogno della licenza di caccia. Va  in Comune portando con sé un piccolo omaggio (una quaglia da cucinare) per il funzionario pubblico interpretato magistralmente da Checco Zalone. Sta per consegnare la quaglia quando ha un ripensamento: “…Checco, ma non è che è corruzione?” “Uh la psicosi…Liuzzi” replica Checco  e prontamente risponde: “Corruzione è se tu NON HAI diritto alla licenza di caccia e vieni da me che sono il pubblico ufficiale e dici, senti ti do la quaglia se mi dai la licenza e noi non abbiamo fatto questo accordo. O no? “…Ma allora, non è che è concussione, insinua il povero Liuzzi? “Mhhh, Liuzzi.  Concussione è se tu HAI diritto alla licenza di caccia ma io ti dico no, mi devi dare la quaglia. Ti ho fatto per caso questa imposizione? No.  E quindi dammi la quaglia.

Non poteva essere spiegato meglio il confine del rapporto a volte trasparente a volte meno con la pubblica amministrazione. Soprattutto quando le esigenze di rapidità di un’impresa entrano in conflitto con la burocrazia ad ogni livello. L’ex sindaco di Lodi del PD, Simone Uggetti, finito in carcere nel 2016 con l’accusa di turbativa d’asta e assolto in via definitiva dopo oltre sette anni e quattro processi, commenta con l’Adnkronos l’arresto del governatore della Liguria Giovanni Toti: “Usiamo gli strumenti della giustizia per fare giustizia, non per fare pubblicità”. Una vicenda che all’ex primo cittadino suscita “amarezza per una sorta di ripetizione di un film di dubbio gusto”, confessa. Precisa ovviamente di non avere alcuna intenzione di entrare nel merito delle accuse mosse a Toti, perché “non ho gli strumenti né il titolo per farlo”. Vale per Uggetti e vale per il sottoscritto.

Vorrei però soffermarmi su un aspetto con il quale, chiunque ha avuto a che fare con lo sviluppo di un’insegna della GDO sul territorio, si è trovato, prima o poi a dovere fare i conti. È questo al di là delle vicende che ciclicamente spingono questa o quella insegna a risponderne. A volte nelle aule di tribunale.

Ricordo una lettera al Corriere di Bernardo Caprotti del settembre del 2013 dove l’ex patron sottolineava  “Noi siamo un’azienda  multiprovinciale che neppure riesce ad insediarsi a Genova o a Modena, per non dire di Roma ove io poco, ma i nostri urbanisti si sono recati forse 2.000 volte in dodici anni nel tentativo di superare ostacoli di ogni genere… …Per realizzare un punto vendita occorrono mediamente da otto a quattordici anni. Ecco la pallida risposta di un’azienda che di problemi ne ha troppi, che si avventura ogni giorno in una giungla di norme, regole, controlli, ingiunzioni, termini, divieti che cambiano continuamente col cambiare delle leggi, dei funzionari, dei potenti”… Leggi tutto “La Grande Distribuzione e i rapporti con la Politica e le Istituzioni a livello locale…”

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Ci sono discussioni che accompagnano il mondo della GDO dalla notte dei tempi. Ciclicamente il prof. Daniele Tirelli tra i più attenti osservatori delle dinamiche del comparto, risolleva uno dei temi più tradizionali che agitano il sonnacchioso mondo della GDO nazionale: la funzione e l’utilità del volantino cartaceo. Personalmente  convengo che centinaia di migliaia di tonnellate di carta destinata al macero sono veramente troppe. Come cliente non leggo  i volantini e mi infastidisce trovarli ammucchiati nella casella postale. Capisco pure che i decisori aziendali hanno gioco facile a ribadire il “così fan tutti”. Soprattutto in Italia.

In queste settimane sono stati resi noti i risultati che Rewe ha messo a disposizione dopo il semestre senza volantini cartacei in Germania. Stampa e  distribuzione dei volantini pubblicitari sono cessati dal 1° luglio 2023. Al loro posto, l’azienda ha puntato su annunci  sui media innovativi e su quelli convenzionali. REWE Group è stato il primo retailer tedesco a rinunciare alle offerte settimanali stampate e a fornire informazioni sulle offerte speciali nei punti vendita in modalità più rispettosa dell’ambiente. Peter Maly, membro del consiglio di amministrazione di REWE Group ha confermato che: “I risultati dei test del nostro progetto nei diversi  land sono stati pienamente confermati. Continuiamo a registrare uno sviluppo positivo e stabile del business, con un aumento delle vendite superiore a quello dell’anno precedente. Inoltre, non abbiamo riscontrato alcun cambiamento significativo nello sviluppo dei clienti dopo l’interruzione dell’offerta.

Per più di 90 anni, il volantino è stato considerato insostituibile per intere generazioni di consumatori. Questo è certamente dovuto anche al fatto che le offerte sono ben presentate nei nostri punti vendita”. Fin qui Rewe. In Francia è E.Leclerc ad avere aperto le danze. Una delle poche insegne che tiene testa ai discount. Altre insegne in Europa e altrove hanno scelto questa strada. Forse quello che manca in un Paese come il nostro è un’alternativa tecnologica di facile utilizzo. Rewe punta ad un’app che sembra funzionare benissimo. Leclerc  ha affisso dei QR code giganteschi alle entrate dei suoi ipermercati. Arriveranno, prima o poi, anche da noi? Credo di si.

Il tema credo sia più la pigrizia dei decisori che le abitudini dei consumatori. Comunicare in modo tradizionale contenuti nuovi resta il primo step. Il secondo credo debba puntare sui bacini di utenza e sulla loro composizione demografica, sull’evoluzione della tecnologia e sulla capacità di proporre cose nuove con nuove modalità. Capire il nuovo, anticipare il cambiamento. Questa è, a mio parere, la vera sfida. (L’articolo completo è su Mark Up)

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Carrefour France si allea con Marché Frais…

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Che sul fresco e sul freschissimo si stia giocando, e non da oggi,  una parte importante del futuro  della Grande Distribuzione in tutta Europa credo sia indiscutibile. Insieme all’innovazione tecnologica e alla logistica è tra i grandi temi dei prossimi anni. Carrefour li sta presidiando tutti. Così come la “scommessa” che attende tutti  i retailer per provare a rimontare il giudizio non sempre positivo dei consumatori sulla qualità (intesa come gusto) dell’ortofrutta ritenuto centrale da tutte le  insegne. Di fatto il biglietto da visita; il reparto che dovrebbe qualificare l’immagine di freschezza dell’intero punto vendita.

L’annuncio di Alexandre Bompard è di quelli importanti perché segnala e conferma strategia e traiettorie della multinazionale francese: “Sono lieto di annunciare l’alleanza tra Carrefour e Marché Frais, marchio noto per la qualità dei suoi prodotti freschi nell’Île-de-France”. Dal 1° luglio, 12 ipermercati e supermercati beneficeranno dei migliori prodotti di Carrefour e marchi nazionali. Per Carrefour un’accordo che  conferma la strategia di espansione attraverso acquisizioni o alleanze. 

Il gruppo Marché Frais nasce come azienda familiare. Claude e Bruno Quattrucci i proprietari,  ne rappresentano la seconda generazione. Aprono il primo negozio nel 1986 a Villemomble “Hyperprimeur” , poi ad Argenteuil nel 1989 “La ferme de Spahi”. Dal 2010, sono stati aperti ulteriori negozi con il marchio Marché fresh Géant. Nel 2019 il marchio Marché Frais Géant diventa partner del gruppo Casino. L’aspra rivalità tra i grandi distributori si è concentrata pesantemente e da tempo in Francia nel segmento dei prodotti ultrafreschi.

Nel 2020 Carrefour compra Potager City. Nel 2021, a dimostrazione dell’interesse,  Carrefour aveva valutato addirittura l’acquisizione di Prosol, proprietaria dell’altra  importante catena francese di prodotti freschi Grand Frais. Carrefour aveva messo sul piatto tra i 3 e i 4 miliardi di euro. In Prosol i reparti di frutta e verdura, pesce e latticini erano e sono gestiti direttamente, mentre altri partner si occupano dei reparti di macelleria, alimentari e panetteria. Senza dimenticare che già dal 2017 Prosol aveva  sviluppato un proprio concept di negozio, Fresh. Quella catena ha numerosi PDV in Francia e ha aperto in Italia sotto l’insegna Banco Fresco. Insegna che si sta riposizionando proprio sul modello Fresh più tarato sui centri cittadini dove il conto economico può reggere meglio. Leggi tutto “Carrefour France si allea con Marché Frais…”

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Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…

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Ci sono argomenti sconosciuti ai più che raccontano la vitalità, la cultura e l’impegno delle comunità e che, a mio parere, meritano di essere condivise. Malé è il capoluogo della Val di sole in Trentino. In una sua frazione, Bolentina, risiedo per una parte dell’anno. Malé conta circa 2300 abitanti. Sul territorio comunale ci sono quattro punti vendita: IperPoli, Eurospin, Eurospar e Coop con la “Famiglia cooperativa”. Ho frequentato spesso questo punto vendita durante la pandemia. Quest’anno, pur con un ritardo di due, a causa della coincidenza con la pandemia, ha festeggiato i cent’anni di attività.

Il Trentino è terra di cooperazione. Don Lorenzo Guetti, primo di 13 figli di una famiglia contadina, cooperatore, giornalista, sacerdote, poi eletto deputato al Parlamento di Vienna fondò a Villa di S. Croce la prima “Società cooperativa di smercio e consumo” cioè la prima “Famiglia cooperativa” il 28 settembre 1890, e nel luglio 1892, a Quadra, la prima Cassa Rurale. A queste prime società cooperative seguirono poi molte altre, tanto che alla fine del 1898, anno della morte di don Lorenzo, le Famiglie Cooperative erano più di cento e le Casse Rurali una sessantina. Anni durissimi per i trentini fatti di povertà e isolamento; per far fronte alla crisi servivano idee e uomini visionari. Dai problemi di sopravvivenza dei contadini nasce l’intuizione di don Guetti: unire i suoi compaesani per renderli Soci, per acquistare insieme le merci e, in questo modo, risparmiare. Questa prima esperienza di Cooperazione alimenta in pochi anni lo spirito cooperativo in tutto il Trentino.

È il “negozio di casa”, spesso collocato in centro al paese o a poca distanza. Le Famiglie Cooperative sono presenti in tutte le vallate trentine e, in molti paesi, rappresentano l’unica realtà commerciale. La loro funzione diventa per questo anche sociale: spesso sono luoghi di relazione, presidi della socialità, prima che esercizi commerciali. Sì conoscono tutti. Con la loro presenza offrono però un servizio indispensabile.

In Trentino i negozi delle Famiglie Cooperative sono in parte associate a Sait (Coop) e, dal 2009,  in parte a Dao (Conad).  Quest’ultima nasce nel 1962 da un gruppo di 20 alimentaristi trentini e oggi conta circa 130 soci. È presente in tutto il Trentino A.A. e nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Brescia e Bergamo con circa 300 punti vendita. Nel 1992 ha contribuito a fondare Eurospin. Nel 2004 DAO avvia la partnership con Conad della quale diventa centro distributivo per le province di Trento, Bolzano, Verona, Vicenza e Belluno. È la più piccola delle cinque cooperative Conad ma anche una delle più attive e performanti. Leggi tutto “Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…”

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I discount da follower a trend setter. Basta (un) Penny…

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Delle tre insegne tedesche della GDO che mirano a sfatare il pregiudizio sulle difficoltà che incontrerebbero le multinazionali nel nostro Paese, sotto i riflettori ci vanno quasi sempre Lidl e Aldi. Entrambe insediate e partite dal nord est.  Terra feconda che ha partorito sia Eurospin, il leader tra i discount, IN’s nato da una costola di PAM e ha dato i natali all’unico imprenditore italiano, Patrizio Podini da Bolzano, che come gli altri discounter non si è fermato ai pregiudizi o alle difficoltà e ha creduto possibile pensarsi come realtà realmente nazionale.

Solo un’altra insegna tedesca, entrata nel nostro Paese grazie ad un’alleanza tra Rewe e un lombardo doc come Bernardo Caprotti, non è partita dal triveneto: Penny. Avendo lavorato nel gruppo Rewe non posso negare una personale simpatia per ciò che si è confermato  di quel gruppo in Italia e di ciò che è diventato nel mondo anche grazie a manager come Lionel Souque oggi CEO di Rewe che, in Italia, si è “fatto le ossa” una ventina d’anni fa di cui conservo un ottimo ricordo personale. O come Gotthard Klingan transitato da Billa Austria a Penny. Il Gruppo REWE oggi vanta un fatturato di oltre 92 miliardi e 389.270 collaboratori. PENNY Deutschland ha raggiunto i 9,5 miliardi di euro. PENNY International è presente in Italia, Austria, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria (leggi qui ), ha aumentato le entrate del 16% arrivando a 7,7 miliardi di euro con una forte crescita in Romania, seguita dall’Ungheria e dalla Repubblica Ceca.

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Bari. La festa del lavoro la organizza Megamark…

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“Dobbiamo guidare le nostre aziende con il cuore, oltre che con la testa, e non dobbiamo dimenticare che mentre le risorse energetiche sulla terra sono limitate, quelle delle persone possono essere infinite se hanno motivazione e ingaggio”. Sono passati più di 50 anni (25 ottobre 1972) da quando, Antoine Riboud – Fondatore e allora Presidente di Danone – tenne un famoso discorso noto come il “Discorso di Marsiglia” con il quale affermò la necessità dell’interdipendenza tra obiettivi economici e sociali. Personalmente sono cresciuto come manager in quella cultura.

Una visione lucida, lungimirante e sempre attuale. Altri imprenditori negli anni si sono misurati cercando sempre quella sintesi. Penso ad Adriano Olivetti, Michele Ferrero, Marino Golinelli, Brunello Cucinelli e molti altri. E aggiungo, per gli amici del comparto, il ricordo  di Dino Abbascià che, partito da garzone, diventò un grande imprenditore del commercio e dell’esportazione dell’ortofrutta e poi dirigente in Confcommercio a cui è stato intestato Il Mercato ortofrutticolo comunale di Bisceglie. Alcuni noti, altri meno noti ma non per questo meno importanti per chi ha avuto la fortuna di conoscerli. Ciascuno convinto che “Crescere insieme” non fosse una banale  trovata di social washing come si direbbe oggi ma un impegno vero frutto di un pensiero profondo da mettere in pratica con coerenza e trasparenza.  Giovanni Pomarico, 80 anni patron di Megamark fa parte a buon diritto di questi profili. Anche la Grande distribuzione quindi annovera tra le proprie fila imprenditori con questa visione.

Un gruppo, il suo,  che in Puglia ha il suo baricentro.  Una regione importante del Sud in campo economico e che, nella distribuzione e nella logistica, gioca le sue carte ma che deve fare i conti con un problema.  “Negli ultimi cinque anni, fra il 2018 e il 2023, la regione ha perso oltre 100mila abitanti, l’equivalente dell’intera popolazione di Lecce”, dice Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House-Ambrosetti (Teha).

Sarà un primo maggio con le saracinesche dei supermercati di proprietà del Gruppo Megamark abbassate nel giorno della Festa del Lavoro e una SuperMegaFesta per celebrare, con i dipendenti e le loro famiglie, i 50 anni di attività e gli 80 del fondatore. È ormai tradizione consolidata del gruppo di Trani, realtà leader del Mezzogiorno nel settore con quasi 600 punti vendita A&O, Dok, Famila e Sole 365 presenti in Basilicata, Molise, Campania e Calabria,  L’evento sarà anche l’occasione per rievocare la nascita dell’impresa nel 1974, i primi supermercati di proprietà aperti a Barletta e Andria, l’avvio negli anni ’80 della rete in franchising e l’espansione nel sud Italia del gruppo, che oggi si avvale del lavoro di oltre 5.500 persone. Un gruppo da circa 2,9 miliardi di vendite alle casse. Oggi aderisce a  Selex, una delle più importanti centrali di acquisto. Leggi tutto “Bari. La festa del lavoro la organizza Megamark…”

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