Unire le forze per crescere. Il caso Decò Italia.

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Inutile voltarsi indietro. Solo tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio (-20,2%, un’impresa attiva su cinque) e 24mila attività di commercio ambulante. La stessa GDO che aveva rappresentato lo spauracchio del piccolo commercio a partire dagli anni 70 del secolo scorso sta interpretando in termini dimensionali un modello di business  che, complessivamente,  inizia a intravedere il suo capolinea. Pochi si interrogano sul suo futuro. Sia l’incedere lento ma progressivo dell’online con la crescita dei discount che la proliferazione “selvaggia” dei punti vendita nei territori  segnalano che, la fase dove c’era spazio di crescita per tutti, indipendentemente dalla taglia e dalle risorse economiche e umane a disposizione,  si avvia al suo declino.

Sono due, a mio parere,  le domande cruciali che un piccolo imprenditore si trova oggi a dover rispondere. Innanzitutto se l’impresa che ha messo in piedi o ereditato dai suoi genitori e che è stata costruita in un certo modo debba andare avanti sempre così. Se il mantenerla e continuare a gestire avendo la stessa strategia, la stessa idea di fondo e la stesse intuizioni di chi lo ha preceduto anziché un vantaggio competitivo non rischi di trasformarsi piano piano  in un’ossessione etnocentrica. Le imprese sopravvissute o affermate, anche senza necessariamente crescere in doppia cifra, sono quelle dove le generazioni che le hanno ricevute in qualche modo le hanno reinterpretate attualizzandole. In altre parole se da “eredi”  si sono fatti, essi stessi,  “imprenditori”. L’impresa non basta replicarla uguale a sé stessa quando cambia il contesto intorno. Va necessariamente trasformata. La seconda  domanda è se, di fronte agli inevitabili passaggi generazionali  è più importante che sopravviva l’impresa oppure che ci continui a lavorare dentro la famiglia indipendentemente dalla capacità e dalle competenze che esprime. A queste due domande un imprenditore preoccupato del futuro della sua impresa non può sfuggire.

Il 99% del tessuto imprenditoriale italiano è rappresentato da PMI: un esercito di imprese che svolgono un’attività fondamentale per l’economia del nostro Paese. Il punto è come non perdere i vantaggi della dimensione senza subirne i limiti. Penso alla conoscenza del mercato di riferimento, alla flessibilità, al rapporto più stretto e personale con i clienti e con i collaboratori, che si traduce a sua volta in una maggiore fidelizzazione che facilita la personalizzazione dei servizi per soddisfare ogni esigenza e determina nei dipendenti un maggior coinvolgimento nella vita e  negli obiettivi dell’azienda. Creando però, alleanze e sinergie con altre realtà simili, si possono creare condizioni positive sia sui costi che sulla competitività ma soprattutto sulle prospettive future. Avere un partner permette di accedere a nuove risorse inclusi nuovi clienti, tecnologie e capitali. Creare una partnership con altre aziende consente di acquisire nuove conoscenze, condividere i rischi, mitigare le esposizione alle recessioni e ai cambiamenti imprevisti del mercato. La condivisione dei rischi economici e degli investimenti è un volano determinante per la crescita per le piccole insegne. Ciò consente anche  l’ingresso su nuovi mercati e il contatto con nuovi clienti.

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Confcommercio. Si cambia? Si, no, forse…

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Per Confcommercio si sta avvicinando la scadenza congressuale.  Un momento importante nel quale il Presidente Carlo Sangalli  deve annunciare cosa ha intenzione di  fare. Il quinquennio che si chiude scade nel 2025 e le grandi manovre interne sono in corso  con l’obiettivo, credo,  di garantire, in prima battuta,  la  sua riconferma (per acclamazione) nonostante al 31 di agosto compirà 87 anni.  Escludo che chiunque, con un minimo di buon senso, compreso il diretto interessato, possa ipotizzare la riconferma per l’intero prossimo mandato visto che, nel 2030,  il presidente raggiungerebbe i 92 anni.

Una sostituzione quindi inevitabile ma non certo facile per come è costruito il potere reale interno alla Confederazione di piazza Belli. Indipendentemente da come la si pensi sull’uomo, Carlo Sangalli, oggi, “è” la Confcommercio. L’ha presa in mano in un momento critico dopo la defenestrazione di Sergio Billé, l’ha gestita, attraverso il suo cerchio magico impedendo, di fatto,  l’emergere di possibili concorrenti in questi vent’anni e si è visto sbriciolare tra le mani, l’unico grande progetto politico in cui ha creduto e si è impegnato  (Rete Imprese Italia) che ne avrebbe consacrato la leadership politica alternativa a Confindustria. Ha navigato con grande cautela il passaggio dalla concertazione alla disintermediazione evitando toni fuori misura nei confronti della politica, vellicando il centro destra senza però  mettere in discussione esplicitamente l’autonomia della Confederazione, ed ha chiuso il cerchio ottenendo, quasi sul filo di lana, la “bollinatura” del Presidente della Repubblica con la sua presenza alla assemblea generale del 2024  dopo le note vicende che ne avevano in parte incrinato il prestigio pubblico.  Carlo Sangalli è nella condizione di decidere cosa fare in assoluta libertà essendo  circondato, da un consenso praticamente  “bulgaro”. Per questo resto convinto   che  punti ad una soluzione transitoria che lo veda protagonista e consenta alla Confederazione  di costruire, una successione morbida in tempi accettabili. 

Confcommercio tra l’altro non sta affatto meglio, sul piano delle adesioni associative nei territori, rispetto a cinque anni fa. Vive una contraddizione evidente tra le entrate economiche che restano sostanziose  grazie anche ai meccanismi legati alla bilateralità discendente dai contratti dei dirigenti e dei lavoratori dipendenti ma il numero delle aziende associate è ormai di molto inferiore a quelle da sempre dichiarate ufficialmente. Crisi piccoli esercizi a parte, le attività di servizi alle imprese nei territori, a causa delle semplificazioni sugli adempimenti fiscali e gestionali intervenuti,  si sono compresse e molte di queste associazioni territoriali dipendono economicamente dalla risorse provenienti dal centro.

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In Europa Conad è in ottima compagnia…

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Il futuro è nelle concentrazioni e nelle alleanze. Non solo a livello nazionale. Kaufland la catena dedicata ai formati maggiori del gruppo Schwarz  era da tempo alla ricerca di una nuova collaborazione internazionale. Dal 1 gennaio 2025 entrerà in AgeCore l’alleanza europea fondata nel 2015 e che comprende attualmente Colruyt (Belgio), Coop (Svizzera), Conad (Italia) ed Eroski (Spagna). Kaufland punta a sviluppare sinergie per i suoi acquisti internazionali.

Nel comunicato emesso dalla sede di Neckarsum e pubblicato dalla Lebensmittel Zeitung: “L’orientamento strategico di Agecore e dei suoi soci permetterà a Kaufland di “rispondere ancora meglio alle sfide in un ambiente in rapida evoluzione: Oltre alla cooperazione a lungo termine con i fornitori, anche temi come la sostenibilità, la digitalizzazione, l’IA e l’importanza dei marchi saranno al centro del lavoro dell’alleanza”. Joerg Ossenberg-Engels, Chief Procurement International di Kaufland ha dichiarato: “Attraverso le strutture di acquisto degli altri soci di Agecore, che sono ideali per noi, aumenteremo  la nostra efficienza nel business del marchio a livello internazionale. Di conseguenza, Kaufland, entro la fine dell’anno abbandonerà l’impegno con l’European Marketing Distribution (EMD).

Secondo Lebensmittel Zeitung la pressione competitiva negli acquisti di Rewe (Coopernic, Eurelec che ha da poco associato anche Ahold Delaize) e Edeka (Everest e Epic partner) li aveva messi in affanno. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria dei Pdv in Germania sono cinque le filiali Kaufland messe in discussione già nel 2023 e che chiuderanno   tra il giugno di quest’anno  e marzo 2025. Secondo Heilbronner Stimme nel giugno 2024 hanno già chiuso  Siegen e Greiz. Seguiranno nel settembre 2024 Bochum-Ruhrpark. Nel 2025, a gennaio, chiuderà la filiale del Palais Vest a Recklinghausen e infine Dortmund-Mengede a marzo prossimo. Niente di straordinario rispetto al numero complessivo di punti vendita della catena.

“Con l’entrata di Kaufland, confermiamo la nostra volontà di stringere collaborazioni di lungo termine con i nostri partner-fornitori – ha dichiarato Dirk Depoorter, CEO di AgeCore – Nei prossimi anni tutti noi dovremo affrontare sfide impegnative. Per questo, vogliamo rafforzare ulteriormente la collaborazione ed elaborare soluzioni nuove, volte a incrementare la sostenibilità delle filiere alimentari, avanzare nel percorso di digitalizzazione, guidare l’impatto dell’intelligenza artificiale, ridefinire il ruolo dei brand e sviluppare piani di crescita adeguati, in un momento storico caratterizzato da inflazione e difficoltà economiche.”

Kaufland, è un’insegna della grande distribuzione internazionale, è parte del Gruppo Schwarz, uno dei principali retailer  in Germania e in Europa. Il gruppo, con le sue due insegne, Kaufland e Lidl, è, ormai da anni, il primo retailer del continente. Nel mondo è quarto, dopo Walmart, Amazon e Costco. Kaufland ha la propria sede a Neckarsulm, nel Baden-Württemberg, e offre un ampio assortimento di prodotti alimentari (90%) e di articoli dedicati alle varie esigenze della vita quotidiana. I suoi oltre 1.550 negozi sono frequentati ogni anno da più di 1,4 miliardi di clienti, in Germania e in altri sette paesi. La società è in costante crescita, e nel 2023 ha raggiunto un fatturato di 34,2 miliardi di euro. “Più di 350.000 collaboratori lavorano nei nostri 9.405 negozi Agecore, offrendo un’ampia gamma di prodotti, con l’obiettivo alla crescita delle nostre attività e di quelle dei fornitori. La convinzione di oggi e la sfida per il domani è che questi prodotti soddisfino le esigenze dei nostri 8,5 milioni di consumatori giornalieri”, conferma Dirk Depoorter. Leggi tutto “In Europa Conad è in ottima compagnia…”

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Conad. La Grande Distribuzione non è solo un insieme di supermercati…

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Ci sono realtà della Grande Distribuzione che segnano il campo da gioco. L’eco di ciò che fanno esce dal solito cortile dove siamo un po’ tutti abituati a parlarci addosso. Conad è sicuramente una di queste. Leader del settore in Italia, con un fatturato di oltre 20 miliardi di euro, in crescita dell’8,11% rispetto all’esercizio precedente, con una quota di mercato di poco al di sopra del 15% sul totale della grande distribuzione italiana. Sul piano occupazionale al 31 dicembre 2023 gli occupati del Sistema Conad sono cresciuti passando dai 74.113 addetti del 2022 ai 77.820 del 2023, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente distribuito nelle 5 cooperative e gestiti dai  2100 soci che vi aderiscono. Conad è presente con 3.300 punti vendita in 1.600 Comuni e 107 province italiane.

Insieme a Esselunga, Coop Italia, Eurospin e Lidl formano il club  di aziende top class per il fatturato e le performance  (l’esclusivo over Five Billions Club). Il resto segue. Le decisioni che vengono assunte da queste insegne e da poche altre, le loro sperimentazioni, i loro investimenti e i loro comportamenti influenzano inevitabilmente a cascata tutto il comparto, e, di fatto,  ciò che succede, a monte e a valle della filiera. Restano le altre, multinazionali a parte,  con profili differenti. Ottime realtà regionali o multi regionali, consorziate in centrali o meno, con o senza franchisee in grado di tenere testa a chiunque nei loro perimetri ma più impegnate a mantenere  le proprie performance, like for like, che a provare ad  uscire, rischiando in proprio, dalla loro zona di comfort. 

Anche per questo  la presentazione del bilancio di sostenibilità del 2023 di Conad, diventa un elemento importante proprio per cercare di comprendere l’approccio su alcuni temi, la convinzione o meno che il comparto stesso assuma determinate priorità fuori dalle logiche di green washing e consolidi un percorso virtuoso che, oltre ai temi dell’innovazione tecnologica e organizzativa, metta al centro la sostenibilità ambientale del proprio agire, la condivisione delle iniziative con i rispettivi fornitori, il rispetto del lavoro nell’intera filiera e il rapporto con le comunità nelle quali ciascun loro punto vendita, opera e interagisce.

Il primo dato che emerge dal Rapporto è l’unità di intenti delle cinque cooperative che ne sorregge l’impianto e la serietà. Non sono certo superati i mal di pancia interni sulla gestione complessiva ma, dalla lettura, emergono valori condivisi, il senso di una  comunità in cammino, la condivisione di una responsabilità politica e sociale e una direzione di marcia assolutamente percepibili negli impegni e nelle azioni contenute nel documento presentato. Un passo in avanti. Dai dati emerge, dal punto di vista ambientale, come Conad abbia completato un ulteriore efficientamento delle proprie attività logistiche. A fronte di un aumento delle merci trasportate del 3,4%, le emissioni di co2 sono aumentate solo dell’1,4%, determinando una crescita dell’efficienza del 2,2%. Ciò è stato possibile grazie alla selezione di fornitori virtuosi per i servizi di trasporto, e grazie alla progressiva implementazione di Conad Logistics, modello unico in Italia basato sul trasporto franco fabbrica, che consente di ritirare la merce direttamente dai fornitori e gestire a livello centrale i trasporti verso i centri di distribuzione di Conad e delle cooperative associate. Leggi tutto “Conad. La Grande Distribuzione non è solo un insieme di supermercati…”

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FNAC Darty punta a Unieuro. Nasce la risposta europea ad Amazon (e non solo)

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Questa operazione è una  forte  risposta tutta  europea all’espansione delle vendite on line e alla forza di penetrazione di realtà planetarie come Amazon nella vendita dell’elettronica di consumo. Singolare è la coincidenza con l’Amazon Prime Day 2024. Dimostra che la partita tra il gigante di Seattle e  i diversi settori con cui si misura quotidianamente è ancora aperta e si gioca sulla dimensione societaria e sulla costruzione della qualità del rapporto e del servizio con il cliente. Per questo la fusione tra Fnac Darty e Unieuro è un’operazione importante dopo l’acquisizione, l’ottobre scorso, di Mediamarkt Portugal.  Nasce quindi un leader europeo nella vendita di prodotti elettronici, elettrodomestici, prodotti e servizi editoriali nell’Europa occidentale e meridionale con oltre 10 miliardi di euro di fatturato, 30.000 dipendenti e più di 1.500 negozi.

Enrique Martinez, Amministratore Delegato di Fnac Darty, ha dichiarato: “Questo progetto rappresenta un’opportunità unica per il Gruppo Fnac Darty di perseguire la sua ambizione a lungo termine consolidando i propri mercati e rafforzando il proprio modello economico su scala europea. La nostra presenza geografica verrebbe notevolmente ampliata e potremo supportare Unieuro nella sua continua processo di digitalizzazione e trasformazione verso una maggiore attenzione ai  servizi, in linea con il nostro piano strategico Everyday”.

Everyday,  lanciato da FNAC Darty nel 2021 prevedeva tre obiettivi da realizzare entro il 2025. Innanzitutto oltre il 50% degli investimenti avrebbero dovuto essere dedicati al supporto della crescita digitale, in particolare alla modernizzazione e meccanizzazione della piattaforma logistica. E così sta avvenendo.  La consulenza e la digitalizzazione sono state potenziate a tutti i livelli: il Gruppo francese ha così investito nella formazione dei propri dipendenti su competenze, presenza sui social e risposte su misura per ogni cliente in negozio (ritiro dell’ordine, servizio post-vendita, esigenze di riparazione, ricerca specifica, ecc.). L’obiettivo del piano  era che almeno il 30% dei ricavi del Gruppo avrebbe dovuto essere  generato online entro il 2025, di cui la metà omnicanale grazie al comprovato successo di Click & Collect, che riflette la natura complementare di offline e online. Il secondo asse del piano prevedeva, in prospettiva,  l’offerta di prodotti sempre più sostenibili e con l’espansione del servizio di “seconda vita” dei prodotti e dell’opzione di restituzione di quelli  usati come parte di una strategia di economia circolare. Infine l’ambizione di Fnac Darty di diventare il fornitore leader di servizi di assistenza a domicilio, sotto forma di un servizio di riparazione in abbonamento, senza limiti né impegno, che prolunghi la durata di vita dei prodotti. Elementi indispensabili per tenere testa ad Amazon e non solo. Con il suo approccio innovativo al servizio e alla sostenibilità, il piano Everyday puntava e punta a rivoluzionare il mondo del commercio al dettaglio a vantaggio dei consumatori (e del pianeta), accelerando al contempo l’implementazione del modello omnicanale.

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Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023

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Global Optimism ha co-fondato The Climate Pledge con Amazon nel 2019. Oggi è composto da oltre 450 aziende che stanno lavorando insieme per produrre soluzioni pratiche per il clima. Le aziende Climate Pledge sono importanti marchi provenienti da quasi tutti i settori. L’ambizione è quella di raggiungere, insieme, zero emissioni di carbonio entro il 2040. Il Climate Pledge Fund, investirà in aziende che creano prodotti, servizi e tecnologie per proteggere il pianeta.

Lanciato in Europa nel 2020, il programma Climate Pledge Friendly punta ad aiutare i clienti a scoprire e acquistare prodotti più sostenibili. La Commissione Europea (CE) ha riconosciuto il programma Climate Pledge Friendly di Amazon come uno strumento per aumentare la visibilità di prodotti più sostenibili tra i milioni disponibili online. Attraverso le sue proposte “Empowering Consumers for the Green Transition” e le ultime proposte di “Green Claims”, l’UE sta cercando di combattere il greenwashing inasprendo le norme sulle indicazioni verdi e sui marchi di qualità ecologica.

La pubblicazione del rapporto sulla sostenibilità 2023 di Amazon è un  avvenimento importante perché conferma questa direzione di marcia. Alla sua uscita Tony Hoggett SVP worldwide grocery store Amazon ha scritto su LinkedIn: “Sappiamo che i progressi appariranno diversi ogni anno in questo viaggio verso la sostenibilità ambientale e, man mano che l’attività di Amazon si evolve e cresce, sappiamo anche che i nostri sforzi produrranno risultati diversi. Tuttavia, rimaniamo convinti che mentre inventiamo e progrediamo, faremo la nostra strada per soddisfare il nostro impegno per il clima”.

Dalla lettura del rapporto si evidenziano alcuni punti interessanti. Innanzitutto l’obiettivo di arrivare al 100% da energia rinnovabile nel 2030 nelle operazioni globali, compresi i data center, edifici aziendali, negozi di alimentari e centri di distribuzione è stato raggiunto con sette anni di anticipo, grazie a più di 500 progetti solari ed eolici a livello globale. Inoltre, Amazon dichiara di essere  stato il più grande acquirente aziendale di energia rinnovabile per quattro anni consecutivi, secondo Bloomberg NEF (società di ricerca che fornisce dati analisi e approfondimenti indipendenti). Nel 2023, Amazon ha ridotto l’impronta di carbonio del 3%. In poche parole il calo dell’intensità di carbonio (-13%) indica che crescita del business e delle emissioni non procedono più in parallelo come in passato. Leggi tutto “Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023”

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Grande distribuzione senza casse? Per ora, il modello è ibrido…

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Pick&Go (Prendi e vai) Cosa ci potrebbe essere  di più semplice quando si va a fare la spesa. Eppure ai primi segnali di ridimensionamento del progetto Amazon Go, le campane a morto degli  osservatori più tradizionalisti sono suonate a martello. Amazon, però, lo aveva  spiegato bene. Si è trattato di passo indietro funzionale alla riprogettazione  dell’intero ecosistema vera priorità del gigante di Seattle. I suoi manager si erano spinti troppo in avanti sopravvalutando gli impatti che avrebbero ottenuto sui consumatori, sottovalutando i bug e i limiti che lo sviluppo della tecnologia non aveva risolto, l’enorme lavoro di controllo. Non considerando poi che la tecnologia in sé resta un mezzo e non certo un fine. E ultimo ma non meno importante, avevano sottovalutato che la competizione avveniva con competitor in grado di reagire localmente che quel mestiere lo conoscono benissimo avendolo presidiato con competenza e bravura da decenni.

E così, invece di insistere sulla loro tecnologia “Just Walk Out”, hanno fermato le macchine, affidato il timone a mani esperte del settore e puntato con le nuove aperture, ad esempio,  dei suoi Fresh Convenience Stores a Londra, ad un sistema ibrido. Saranno  i clienti a decidere se vogliono essere osservati da un’intelligenza artificiale mentre fanno acquisti per evitare di dover andare alla cassa o se preferiscono pagare come al solito. Nel frattempo, nel resto del mondo, quell’intuizione ha fatto numerosi passi in avanti. Sono ormai centinaia i punti vendita di diverse insegne che sperimentano formule analoghe. È una traiettoria inevitabile. Una tendenza in atto destinata a crescere nel tempo pur con  funzionalità  e metodologie diverse. Anche in Italia procedono i test dai Tuday Conad a Verona e Trento al nuovo store Esselunga nel Mind Village di Milano.

Tutto lineare quindi? Niente affatto. Per ora questa  tecnologia rimane un esperimento molto interessante che potenzialmente rende più semplice lo shopping quotidiano, ma solo per coloro che sono disposti a rinunciare alle abitudini praticate per decenni e a lasciarsi coinvolgere. Per renderla affidabile completamente e adatta ai diversi formati sarà necessario ancora molto lavoro. Le tecnologie pionieristiche di questo tipo spesso non sono né immediatamente redditizie né funzionanti perfettamente   ma devono essere sperimentate dalle imprese e dagli utenti e adattate ai loro scopi. È ovvio che chi la propone ne elenca più i pregi che i vincoli ancora presenti. È altrettanto ovvio che numerosi interrogativi restano aperti. Vincoli indotti dalla dimensione del PDV, di rilevamento della merce, di sostituzioni tra prodotti simili ma con costi diversi, di addebito della spesa, di furti e truffe, ecc.

La stessa REWE che del modello ibrido ne ha fatto un punto importante della sua strategia, dichiara:  “Nell’ambito del progetto di test ‘REWE Pick&Go’ impariamo ogni giorno e siamo continuamente alla ricerca di buone soluzioni quando le funzioni non soddisfano i nostri standard o le aspettative dei clienti. Alcune soluzioni sono ovvie, ma con alcune discrepanze abbiamo bisogno di un po’ più di tempo per identificare le aree problematiche e implementare efficacemente le soluzioni. Siamo sempre grati ai nostri clienti per il feedback ricevuto in questo test e lavoriamo costantemente per sviluppare la soluzione migliore”. Dobbiamo quindi distinguere la strategia, dai singoli step, dal loro impatto sui modelli organizzativi e sui clienti  e dai tempi necessari alla loro implementazione su larga scala.  Leggi tutto “Grande distribuzione senza casse? Per ora, il modello è ibrido…”

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Confcommercio e Conad. Le ragioni di un rinnovato percorso comune.

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In altri tempi qualcuno avrebbe detto, nemmeno tanto sottovoce, che i “cosacchi” stavano per abbeverare di nuovo i loro cavalli nelle fontane di San Pietro. Mauro Lusetti, Presidente Conad, è stato nominato  Vice Presidente di Confcommercio in sostituzione del dimissionario Francesco Pugliese uscito un anno fa  da Conad. Lusetti ha, dalla sua, un “peccato originale” per il mondo dei commercianti di piazza Belli che in altri tempi sarebbe stato un handicap insormontabile: ha iniziato la sua carriera in Legacoop Modena nel 1974, e, dopo un lungo percorso in Conad, fino a diventare amministratore delegato di Nordiconad dal 2001 al 2014, c’è però  “ricascato”.  E, dal 2014 al 2023 è ritornato alla presidenza Legacoop prima di essere nominato a maggio 2023 presidente del Consorzio. Ovviamente un po’ si scherza. Anche se, in diversi ambienti, permane una sorta di conventio ad excludendum  (decisamente fuori dal tempo) nei confronti del mondo cooperativo.

A differenza di Pugliese il cui CV è caratterizzato da un’esclusiva provenienza manageriale  e che aveva, dalla sua, un’immagine esterna  estremamente decisa, nel caso di Lusetti, il percorso manageriale che è comunque significativo,  è ben sostenuto  da un profilo associativo e quindi più politico. Tanta acqua  è però passata sotto i ponti e la stessa Confcommercio, pur orgogliosa della sua collocazione politica e ideale dalla quale schiaccia l’occhiolino ai partiti di  centro destra, non è esposta come Coldiretti. Soprattutto l’esperienza politica  di Ettore Prandini non è minimamente paragonabile a quella di Carlo Sangalli. Quest’ultimo  conosce bene la differenza tra esprimere una malcelata simpatia di parte e tracimare in un campo privo di golene come quello della politica e dei suoi esponenti pro tempore come sta facendo il Presidente di Coldiretti.

Per questo la sua linea politica da sempre privilegia una azione felpata fatta di segnali sulle materie di interesse ma in posizione sempre defilata. Lo slogan “Terziario, si,  ma secondi a nessuno” più rivolto al resto dell’associazionismo di impresa  è ripetuto spesso dal suo Presidente. È una scelta di posizionamento precisa che non si muove su terreni vischiosi  ma sollecita risposte senza alzare la voce a favore di telecamera. Può piacere o meno ma questo  è Sangalli.

Per Confcommercio, la presenza, tra le sue fila di Conad, leader nella GDO e di altre realtà importanti rappresenta un tassello decisivo nella rivendicazione della  rappresentanza complessiva del terziario italiano. D’altra parte, Conad con il mondo politico  che l’ha generata non c’entra praticamente più nulla. Durante la vicenda Auchan c’era pur stato  chi, tra i contrari all’operazione, aveva  suggerito di riesumare  il fantasma di Palmiro Togliatti per contrapporlo al “perfido immobiliarista” Raffaele Mincione e far nascere nei cooperatori più ingenui qualche  senso di colpa, ma il tentativo è andato a vuoto. Conad oggi è una realtà imprenditoriale a 360° di primo piano. Orgogliosa della sua identità cooperativistica ma diversa  da altri modelli di impresa. Semmai è, a mio parere insopportabile, la competizione (non so se definirla infantile o senile)  tra cooperative. Ma per ora è così. Leggi tutto “Confcommercio e Conad. Le ragioni di un rinnovato percorso comune.”

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La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA

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Comunicare iniziative, pomposamente definite   di  “sostenibilità” e impegnarsi a promuoverle e realizzarle a 360° nel tempo sono cose diverse. Soprattutto dove  la GDO ha spesso solo un ruolo di semplice “sollecitatore di sostenibilità” tra le filiere a monte e il consumatore finale. A volte, però,  sceglie di essere  protagonista e di fare la propria parte.  Il caso che condivido oggi è interessante e coinvolge il retailer Ahold Delhaize USA con i suoi marchi locali (Food Lion, Giant Food, The Giant Co., Hannaford e Stop & Shop). Il progetto nasce da una collaborazione con la società di snack Kellanova e Bartlett, uno dei principali esportatori statunitensi di grano e produttore di un’ampia gamma di farine.

L’accordo mira alla conservazione e al miglioramento del suolo, creando un approccio specifico per le colture, il clima e il terreno. Un progetto pilota “dal campo allo scaffale” per ridurre le emissioni lungo la catena del valore.  L’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) dalla coltivazione/produzione  del grano lungo la filiera previsto  dal cosiddetto “scope 3” (le emissioni di gas a effetto serra che derivano dalle attività della catena del valore di un’azienda che non vengono svolte direttamente attraverso le sue operazioni. Suddivise in 15 categorie comprendono, ad esempio, le emissioni provenienti dai fornitori dell’azienda o quelle rilasciate attraverso l’uso dei suoi prodotti). 

Questo è il primo programma nel suo genere sia per Ahold Delhaize USA che per Kellanova. Il progetto si concentrerà sugli agricoltori che hanno già implementato pratiche agricole rigenerative. Il grano raccolto e macinato da queste fattorie verrà utilizzato insieme al grano coltivato in modo convenzionale per produrre gli iconici cracker Cheez-It® e Club® di Kellanova. Questi prodotti saranno venduti nei 2000 negozi del marchio locale di Ahold Delhaize USA dal 2025. Il programma unico – il primo del suo genere per Ahold Delhaize USA e Kellanova – prevede la collaborazione di parti interessate di tutta la catena di approvvigionamento – dal campo al mulino, dall’impianto di produzione allo scaffale – per sostenere economicamente gli agricoltori statunitensi riducendo al contempo le emissioni di gas serra.

“Il 95% delle emissioni di Ahold Delhaize USA risiedono nello Scope 3, il che rende questo programma  importante”, ha affermato Marc Stolzman, Chief Sustainability Officer di Ahold Delhaize USA. “Non solo ci aiuterà nella nostra corsa verso Net Zero, ma i dati ci aiuteranno a tracciare il nostro percorso futuro per le collaborazioni Scope 3” con tutti i nostri fornitori. “Le realtà di Ahold Delhaize USA si impegnano così a offrire prodotti alimentari più sostenibili e contemporaneamente  a creare un pianeta più sano”, ha affermato JJ Fleeman, CEO di Ahold Delhaize USA. Leggi tutto “La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA”

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Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.

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Per interesse, cultura e passione mi piace seguire le carriere dei manager. I risultati raggiunti, le battute di arresto, le ripartenze. Se chi li sostituisce li supera o è addirittura più scarso. Alcuni li ho visti crescere, altri mi incuriosiscono per le sfide che hanno accettato o nei loro diversi passaggi di carriera. Settimana scorsa ho pubblicato una chiacchierata con Daniele Cazzani. Visto l’importante riscontro sul blog ne seguiranno altre nelle quali coinvolgerò manager che stimo e che mi fa piacere condividere con la rete.  Portarli sotto i riflettori. Spesso si tratta di risorse nascoste ai più. Giusto farle notare sottolineandone le performance, le aspettative e le idee. A me, più delle aziende, le migliori si assomigliano un po’ tutte,   piacciono le persone. Sempre diverse una dall’altra. L’impegno e la determinazione che mettono nel lavoro. La loro capacità di coinvolgere i collaboratori. Cosa lasciano dietro di sé. E, in caso di battute di arresto  cosa possono dare, con un rinnovato entusiasmo, altrove.

Oggi affronto un’iniziativa  del mercato USA. Un po’ per condividerlo con il gruppo  “donne del Retail”(www.donnedelretail.it) che in questi giorni festeggia il suo primo anniversario, un po’ per scoprire nuovi talenti. Parliamo di manager al femminile. Il riconoscimento di Progressive Grocer (Top Women 2024) mi consente di rilanciare alcune riflessioni che condivido sul tema, indicando sia manager USA che seguo da tempo che qualche new entry. L’editoriale di PG insiste sulla necessità che le manager che si fanno notare per le loro capacità facciano da apripista nelle loro organizzazioni e stabiliscano nuovi standard d’accesso per chi viene dopo.

L’analisi è purtroppo ancora amara “le donne continuano a perdere terreno quando si tratta di avanzamento di carriera nel mondo retail. Lì, come in altri Paesi,  più di due terzi della forza lavoro nel settore è composta da donne ma sempre indietro quando si tratta di ruoli apicali. Negli USA, secondo un’analisi di Korn Ferry pubblicata su Forbes, dei 47 amministratori delegati retail appena nominati l’anno scorso, solo cinque erano donne e 12 donne amministratori delegati in uscita sono state sostituite da uomini. Nel complesso, circa il 90% dei nuovi amministratori delegati del retail sono uomini e solo il 10% donne. Nell’ultimo decennio, molti retailer USA si sono impegnati per colmare il divario di promozione (e retribuzione) di genere, ma i risultati non sono sufficienti. Il rapporto “Women @Work” di Deloitte, pubblicato ad aprile, esamina alcuni dei fattori critici sul posto di lavoro e nella società che stanno influenzando profondamente le possibilità di avanzamento delle donne nella loro carriera.

La domanda da farsi resta la solita. Non serve domandarsi cosa le donne hanno in più rispetto ai candidati uomini per orientarsi alla scelta. Semmai la domanda da porsi è se hanno qualcosa di meno per occupare una determinata posizione. Perché ad una donna manager è sempre richiesto di dimostrare qualcosa di più rispetto a  candidati uomini? La conclusione è amara. Anche se alla base della piramide, nei negozi,  ci sono “tonnellate” di Top Women di talento, non abbastanza stanno arrivando in cima alle loro organizzazioni. Le aziende che vogliono passare dagli impegni all’azione per far progredire le donne sul posto di lavoro dovrebbero concentrarsi sulla formazione, sulla programmazione di una maggiore flessibilità sul lavoro e sulla creazione di una cultura aziendale inclusiva in cui l’equilibrio tra lavoro e vita privata sia apprezzato e rispettato e in cui le donne si sentano supportate nella loro progressione di carriera. Leggi tutto “Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.”

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