The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…

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Può non piacere a qualcuno ma una parte dei destini del mondo è  anche nelle loro mani. Solo loro tre mettono insieme 500 miliardi di dollari di patrimonio. Sono noti al grande pubblico per le loro  creature principali: Microsoft, Amazon e Tesla. Simpatie politiche a parte, sono personaggi abituati a guardare molto avanti nel loro agire. È così mentre Elon Musk guarda al futuro pensando allo  Spazio Jeff Besoz e Bill Gates stanno investendo ingenti risorse sul futuro del pianeta.”Il cambiamento climatico è la più grande minaccia per il nostro pianeta”, ha scritto Jeff Besoz su Instagram. “Voglio lavorare con chi sta combattendo l’impatto devastante della crisi ambientale che riguarda tutti” prima di lanciare, nel 2020 The Bezos Earth Fund.

Creato con un finanziamento iniziale  di 10 miliardi di dollari da Jeff Bezos eroga sovvenzioni per affrontare le problematiche legate al clima e alla natura. Ha recentemente  annunciato una nuova iniziativa: l’istituzione del Bezos Centre for Sustainable Protein presso la National University of Singapore (NUS), segnando il suo primo passo di questo tipo in Asia. Il Centro, che è sostenuto da una sovvenzione di 30 milioni di dollari, si concentrerà sul progresso della ricerca proteica sostenibile e sullo sviluppo commerciale di proteine alternative. Questa iniziativa di ricerca fa parte di una rete globale che comprende altri Bezos Centres for Sustainable Protein presso l’Imperial College di Londra nel Regno Unito e la North Carolina State University  negli Stati Uniti.

Il centro NUS si concentrerà su aree chiave come la fermentazione della biomassa, che prevede l’utilizzo di sottoprodotti come i rifiuti di tofu per nutrire le alghe e produrre proteine di alta qualità. Il professor Tan Eng Chye, presidente di NUS, ha spiegato l’importanza della collaborazione nell’affrontare le sfide del sistema alimentare globale.  “Dobbiamo sviluppare soluzioni alimentari sostenibili con i ricercatori, i governi e l’industria”. Il centro dovrebbe sfruttare la sua posizione in Asia per promuovere l’innovazione e la collaborazione, garantendo lo sviluppo di alternative proteiche sostenibili sia per i consumatori che per l’industria.

Sir Andrew Steer, presidente e CEO del Bezos Earth Fund, ha osservato: “L’Asia è fondamentale per il futuro delle proteine sostenibili e Singapore sta aprendo la strada”, indicando l’influenza della regione sui sistemi alimentari e il potenziale di ampio impatto attraverso la grande base di consumatori dell’Asia orientale e sud-orientale. 23 ricercatori principali guideranno il centro da istituzioni tra cui NUS, Nanyang Technological University, Singapore Institute of Technology e ETH Zurich. La loro ricerca esplorerà aree come le microalghe e la carne coltivata in cellule, con l’obiettivo generale di produrre prodotti proteici ibridi che possono competere con la carne convenzionale sia nel gusto che nell’accessibilità. Leggi tutto “The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…”

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Dumping tra imprese. Quando “sottocosto” ci finisce il lavoratore.

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Spesso è difficile filtrare le informazioni che arrivano. Una mezza verità non è di per sé una notizia credibile. Le verifiche sono importanti. Personalmente non sopporto l’arroganza del potere. Soprattutto quando è ben mascherata. Nella GDO si manifesta quando non si paga il dovuto fingendo di farlo, quando si illude il soggetto più debole con promesse  future che non verranno mai mantenute e quando si predica bene ma si razzola malissimo. Recentemente mi è stata recapitata una busta di grande formato.  Quando l’ho aperta all’interno c’era la fotocopia di  quello che sembrava essere un testo di un contratto nazionale. Trecentonovantuno pagine dedicate al comparto del commercio e della distribuzione moderna e un bigliettino di accompagnamento con scritto: “leggilo e se te la senti, commentalo sul blog”.

Ho cercato in rete il testo corrispondente. È possibile trovarlo a questo indirizzo. Definire, prendendo a prestito il termine dal sindacalese,  quel testo  “giallo”, credo sia corretto. Il cosiddetto sindacalismo giallo (in Francia si chiama syndicalisme jaune; in inglese Company unionism) definisce  l’attività antisindacale  compiuta tramite la creazione o il controllo imprenditoriale di sindacati dei lavoratori. Oppure, più banalmente quando il sindacato diventa un interlocutore accomodante del datore di lavoro e non tutela gli interessi dei lavoratori ma quelli personali o aziendali.  Quel testo, è frutto di una evidente  sudditanza che danneggia  non solo i lavoratori ma, addirittura, crea una situazione di dumping tra imprese. Soprattutto se operanti nello stesso territorio.

Nessuno, credo,  avrebbe sollevato il problema, che pure si sta diffondendo,  se non si fosse verificato un incidente di percorso in Campania dove, nel passaggio tra Rossotono (ex Apulia Distribuzione) a Multicedi, Gennaro Rizzo, un rappresentante sindacale regionale della Uiltucs Campania e dipendente di Rossotono in un’intervista  ha spiegato: «Il contratto propostoci è quello che viene chiamato “Cisal-Pirati” (in realtà CISAL-Anpit, una tipologia di testo lontano da quelli sottoscritti da Confcommercio e Federdistribuzione n.d.r.). Se entrasse in vigore realmente questo tipo di contratto, ai lavoratori non verrebbero pagati né gli straordinari, né le quattordicesime, né tantomeno i festivi che invece oggi ci sono garantiti (da Rossotono n.d.r.)  oltre lo stipendio base. Mentre il mondo va avanti – aggiunge amareggiato Rizzo – noi rimaniamo all’età della pietra». I festivi oggi sono pagati il 30% in più, percentuale che sale al 60 nei giorni particolari come quelli del periodo natalizio. «Tutto questo, con il nuovo contratto, sparirebbe. Non solo: a un turno di 4 ore mattutine ne dovrebbe seguire un altro pomeridiano dopo alcune ore di pausa. Questo significa avere una vita stressata, senza possibilità di gestirti il resto del tempo da dedicare alle famiglie o ad altri interessi. In molti stanno pensando se sia meglio licenziarsi e trovare altre strade, come qualcun altro ha già fatto in passato» sottolinea ancora Gennaro Rizzo che lavora nel settore da decenni ed è preoccupato come gli altri per il suo futuro. Ovviamente Rizzo era sostenuto nella sua protesta da tutti e tre i sindacati confederali di categoria.

Da quello che ho letto, e a seguito delle proteste, per questi trasferimenti  sembra si sia trovata una soluzione  . Non ho visto comunicati dei tre sindacati confederali. Però il problema resta comunque aperto. Vista l’intenzione iniziale manifestata da chi ha acquisito i punti vendita e come hanno reagito  i sindacati, qual’è la situazione in Campania o in altre realtà limitrofe? Allargando il discorso spesso questi accorpamenti, passaggi al franchising, subappalti, cessioni vengono viste come semplici transazioni  di carattere commerciale. Pochi vanno a vedere cosa succede alle persone, alle loro retribuzioni alle loro prospettive. E se tutto questo introduce elementi distorsivi della concorrenza. Leggi tutto “Dumping tra imprese. Quando “sottocosto” ci finisce il lavoratore.”

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CRAI. La sintonia con le comunità come impegno quotidiano…

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Ad Assemini, alla periferia di Cagliari, non c’è solo l’avvenieristico centro logistico di LIDL. C’è anche il  centro sportivo del Cagliari Calcio. Il  Crai Sport Center. Il centro è uno dei luoghi simbolo dell’attività del club, sede degli allenamenti della prima squadra, utilizzata dalla Primavera e dalle squadre del settore giovanile per gare e allenamenti. Sembrerebbe non c’entri nulla con il tema di oggi. In realtà non è così. Anziché accettare la vulgata comune che paventa le difficoltà della GDO tradizionale per la presenza dei discount in Sardegna, Crai rilancia la sua presenza e la sua relazione con il contesto. Non solo con la sua rete diretta e indiretta, di oltre 140 punti vendita dislocati in tutta l’isola, ma come parte integrante della comunità con cui interagisce. La sua caratteristica distintiva  è il legame con i territori di insediamento. Il centro sportivo di Assemini è un chiaro segnale di legame, presenza  e vitalità. Ovviamente non solo in Sardegna.

Il marchio CRAI nasce il 3 ottobre del 1973, quando un piccolo gruppo di dettaglianti alimentari decide di unire le forze costituendo, a Desenzano del Garda, le “Commissionarie Riunite Alimentaristi Italiani”.  Crai arriva  in Sardegna nel 1992, anno in cui la F.lli Ibba decide di investire nei valori e nella forza di questo marchio.

Oggi conta nel Paese  1.800 punti vendita in 1.150 comuni italiani, 1300 imprenditori e 24mila collaboratori. Spesso rilancia una presenza proprio laddove altri si ritirano. Vedi il caso del punto vendita di Solighetto (nel comune di Pieve di Soligo 2600 abitanti ai piedi delle colline delle prealpi trevigiane) dove nel 2023 ha chiuso il  supermercato Maxì parte di Vega Soc. Coop. che aderisce al Gruppo VéGé. Più di 140 tra Maxì e Maxì Family, in Veneto e Friuli Venezia Giulia. “Tuttigiorni” di Crai è un  format innovativo, nato nel 2022 che risponde alle esigenze dei consumatori locali e che oggi è in forte crescita. Tuttigiorni sbarca in Veneto in collaborazione con il Gruppo Rosa Supermercati – che fa parte del Cedi Ama Crai Est. Si tratta di un negozio firmato da Crai e Food 5.0, con il modello “Every Day Low Price”.

Il Gruppo Crai nel 2024 è diventato  una delle oltre 3.900 società benefit italiane, dichiarando nello statuto il proprio impegno ad operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholder e generare quindi un impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente come ha sottolineato Roberta De Natale Direttrice Qualità e sostenibilità CRAI – Food 5.0. Si tratta di una decisione che rientra nel percorso di rinnovamento “Crai Futura” con cui il Gruppo sta ridisegnando in modo profondo la propria organizzazione e il modello distributivo, riaffermando l’identità e il radicamento su tutto il territorio nazionale. Ciascun punto vendita Crai, si distingue per la sua sensibilità verso il territorio e i produttori locali, valorizzando la stagionalità delle materie prime. Tra i servizi aggiuntivi a disposizione dei clienti di Solighetto, ad esempio, è presente anche la colonnina per la ricarica dei cellulari, il servizio di stampa e fotocopie, la possibilità di utilizzare i principali buoni pasto in commercio e perfino l’Amazon Locker. È il negozio di vera prossimità dove quest’ultima viene declinata espressamente sul cliente locale non sul punto vendita o sulla dimensione dello stesso, evitando la ridondanza dell’offerta sugli scaffali. Leggi tutto “CRAI. La sintonia con le comunità come impegno quotidiano…”

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Segnali di rallentamento nelle vendite? Anche Mercadona decide di abbassare i prezzi

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La Spagna è il quarto partner commerciale dell’Italia. Attualmente sono quasi 500 le imprese spagnole presenti sul mercato italiano ed entro il 2030 saranno il doppio. La Comunità di Madrid, l’Andalusia, Valencia e la Catalogna sono le quattro regioni con il maggior numero di aziende presenti sul mercato italiano e le prime tre (Madrid, Valencia e Andalusia) registreranno la maggiore crescita della loro presenza nei prossimi anni. Queste regioni, con aziende del settore della moda e dell’agroalimentare, guideranno l’emergere delle imprese spagnole in Italia. Mercadona, la più importante insegna spagnola, che sta crescendo anche in Portogallo  non sembra intenzionata ad essere della partita. Eppure c’è stato un momento in cui  lo ha fatto credere. Però l’intuito di Juan Roig lo ha consigliato di non imbarcarsi in un’avventura dagli esiti incerti. Sa di essere considerato il migliore se continua a giocare su un campo che conosce. E l’intera penisola iberica è, per ora, il suo campo da gioco.

Nonostante il successo finanziario e commerciale, l’azienda in Spagna non è stata esente da critiche. Nel marzo 2023, durante la presentazione dei risultati dell’esercizio 2022, Juan Roig ha  riconosciuto di aver aumentato i prezzi. Ha difeso la misura come un’azione necessaria per evitare conseguenze su tutta la filiera: lavoratori, fornitori, clienti e la società in generale. Non si è certo nascosto dietro un dito né ha scaricato su altri le sue responsabilità.  L’azienda leader detta le tendenze. La concorrenza segue, come è successo recentemente con il prezzo dell’olio d’oliva. Mercadona nel 2023 ha fatturato 32.800 milioni di euro, un dato che tiene a distanza la concorrenza. Nel mese  di luglio, ha però registrato una diminuzione della sua quota di mercato di 0,2 punti percentuali rispetto a giugno, il primo calo mensile da dicembre dell’anno precedente.

Nonostante questo calo, la catena guidata da Juan Roig continua a occupare la prima posizione, con il 26,8% delle vendite. Secondo gli ultimi dati del Kantar Worldpanel, Carrefour, sotto la direzione di Elodie Perthuisot, è al secondo posto con una quota di mercato del 10%, che rappresenta un calo di 0,1 punti rispetto al mese precedente. Lidl, invece, riesce a mantenere la propria quota di mercato al 6,6%. Eroski, invece, che occupa la quarta posizione, perde 0,1 punti e raggiunge una quota del 4,2%, mentre il Grupo DIA mantiene la sua quota al 3,6%. Dietro di loro, Consum e Alcampo, rispettivamente al sesto e settimo posto, hanno registrato un aumento di 0,1 punti nella loro quota di mercato mensile. Consum raggiunge il 3,4% delle vendite di largo consumo, mentre Alcampo, parte di Auchan, raggiunge il 3,2%. A luglio, questi sette operatori rappresentavano il 57,8% del mercato dei beni di largo consumo in Spagna.

Questo leggero calo ha contribuito alla decisione di Mercadona di abbassare i prezzi su circa 1.000 prodotti nel 2024.  Tra  i prodotti scontati, spiccano  il pesce, il pane, la pasta e l’olio d’oliva. Quest’ultimo del 14%. Altro segnale che le strategie di prezzo (EDLP in primis) si devono adattare alla situazione. Uno dei settori più colpiti è la pescheria. Secondo Expansión la vendita del pesce in Spagna sta cambiando. NIQ precisa che l’anno scorso il pesce è stata l’unica categoria che ha ridotto il volume delle vendite in Spagna del 4,2%. Nonostante questo calo, la categoria è cresciuta del 3% in valore, grazie all’aumento dei prezzi. Inoltre, anche le abitudini di acquisto dei consumatori sono cambiate. Ormai si passa sempre meno tempo a cucinare o ad aspettare il turno in pescheria, da qui il proliferare di cibi trasformati o semilavorati in tutte le categorie. Questo è esattamente ciò in cui Mercadona vuole investire. Come rivelato dalla stessa catena di supermercati, sta effettuando test in 77 dei suoi punti vendita per ridurre il banco del pesce fresco e optare per preparazioni preparate in vaschetta. Leggi tutto “Segnali di rallentamento nelle vendite? Anche Mercadona decide di abbassare i prezzi”

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Conad e la Champion League

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Simpatica e azzeccata la metafora della Champion proposta da Francesco Avanzini Direttore Generale Conad per disegnare le diverse traiettorie delle insegne della GDO. Lasciare il primo posto a Selex nel campionato italiano è così meno frustrante. Selex è una centrale che comprende diverse aziende come lo è Vegé piuttosto che Agorà Network per citare alcune tra le più note. Al loro interno coesistono realtà eterogenee sia sul piano delle strategie che delle risorse disponibili.

È  vero, come lascia intendere Avanzini, che è un po’ come paragonare pere con mele. Il perimetro di responsabilità è differente. Nella stessa centrale possono coesistere addirittura situazioni contraddittorie.  Alcune funzioni formalmente simili nella loro definizione sulla carta  impongono pari professionalità ed esperienze. Altre sono in realtà molto diverse. Il punto è che le regole della competizione non sono modificabili in corsa. E quando era Coop in testa, alle inseguitrici, nessuno aveva preteso l’esame del DNA. E la “gara” quindi offriva a tutti, centrali, cooperative e singole realtà pari opportunità.

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Le abitudini dei consumatori visti dall’Osservatorio Immagino di GS1

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È indubbio che la qualità della vita della popolazione è strettamente legata alle abitudini anche alimentari. L’alimentazione è fondamentale per un invecchiamento di qualità. Tutti gli studi concordano sul fatto che un comportamento alimentare sano ed equilibrato consenta di mantenersi  in salute a lungo. Il fatto poi che il nostro Paese risulti sempre ai primi posti per la qualità del suo cibo non significa che da noi non esistano problemi. In Italia, come nel resto del mondo, non si mangia tutti allo stesso modo.

Secondo il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida “Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo spesso comprano qualità”. Tutte le ricerche fatte però dimostrano il contrario: nel nostro Paese, come nel resto del mondo, le persone con minori disponibilità economiche tendenzialmente mangiano peggio. Così come mangia peggio chi, per mancanza di cultura,  non conosce gli effetti dell’alimentazione sulla salute, anche in termini di quantità di cibo oltre che di qualità, prima ancora di avere la disponibilità di acquistare gli alimenti più “sani”.

In questo contesto economico che tende alla polarizzazione dei consumatori le ragioni che incidono sulla motivazione all’acquisto sono diverse. Oltre al reddito, contano la conoscenza dei prodotti, le caratteristiche familiari, le opinioni che i clienti si creano in base anche alla comunicazione dei brand e delle insegne. Per le insegne garantire standard di sostenibilità ambientale significa quindi parlare di  riciclabilità, di livelli minimi di inquinamento e tossicità e capacità  di preservare risorse come energia e acqua. Lo vediamo in molti nuovi PDV, negli impianti di illuminazione e refrigerazione adottati, nei materiali utilizzati.  La stessa attenzione verso prodotti e scelte in questa direzione è aumentata significativamente nel corso degli ultimi anni.

La comunicazione sulla sostenibilità, se fatta bene, aumenta la fiducia dei consumatori nel brand. Persone informate e sensibilizzate, che sentono che le loro azioni possono fare la differenza, saranno consumatori leali e fedeli ai brand e alle insegne che adottano le giuste politiche di produzione e comunicazione dei valori della sostenibilità. Molte insegne della  GDO hanno scelto di caratterizzarsi sempre di più  in questo direzione. Ovviamente in proporzione  alle risorse economiche disponibili. Leggi tutto “Le abitudini dei consumatori visti dall’Osservatorio Immagino di GS1”

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LIDL. Net-zero 2050, un punto di riferimento per la Grande Distribuzione

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È un obiettivo a livello internazionale. Ambizioso quanto basta. Entro il 2050 LIDL nei 31 Paesi dove è presente punta all’equilibrio tra la quantità di gas a effetto serra (GHG) rilasciati nell’atmosfera e la quantità di gas a effetto serra rimossi. Lanciato nel 1998, il GHG Protocol è il quadro di riferimento globale per la misurazione e la gestione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) derivanti da operazioni, catene di valore e azioni di mitigazione del settore privato e pubblico.  L’obiettivo di limitare al di sotto di 1,5°C il riscaldamento globale e di raggiungere emissioni di carbonio pari a zero è stato previsto dall’Accordo di Parigi.

L’accordo raggiunto il 12 dicembre 2015 impegna a mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e – se possibile – sotto 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali. Fino al 2020 le riduzioni delle emissioni erano regolate dal Protocollo di Kyoto e erano obbligatorie solo per i paesi industrializzati. Il sostegno finanziario e tecnologico alle azioni di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici deciso a Parigi è fondamentale perché può favorire in tutto il mondo una transizione verso economie a basso tenore di carbonio.

L’accordo è stato firmato da 177 paesi, compresa l’Italia, il 22 aprile 2016 a New York, nella sala dell’assemblea generale delle Nazioni Unite. Per raggiungere gli obiettivi che si propone  e far sì che il riscaldamento globale non superi 1,5°C, soglia oltre la quale il cambiamento climatico minaccia di rendere invivibili alcune parti del pianeta, le emissioni devono essere ridotte del 45% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Attualmente a livello globale non si è purtroppo sulla buona strada.

Le Aziende del Gruppo Schwarz hanno aderito all’iniziativa Science Based Targets (SBTi) nel 2020 per contribuire all’obiettivo di limitare il riscaldamento globale intorno agli 1,5 °C, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Parigi. SBTi è l’iniziativa che definisce obiettivi di riduzione delle emissioni basati sulla scienza, per rafforzare la posizione competitiva delle aziende che vogliono passare a un’economia a basse emissioni di carbonio.  L’iniziativa nasce nel 2015 dalla collaborazione tra CDP, UN Global Compact, World Resources Institute (WRI), World Wide Fund for Nature (WWF) e We Mean Business Coalition, e mira a guidare le aziende in un percorso strutturato verso la riduzione significativa e scientificamente fondata delle emissioni di gas serra. Leggi tutto “LIDL. Net-zero 2050, un punto di riferimento per la Grande Distribuzione”

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Despar Nord (Aspiag Service) in prima linea contro gli sprechi alimentari.

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In occasione della Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari che ricorre il 29 settembre, Despar Nord rinnova il proprio impegno nel contrasto allo spreco alimentare con una campagna in store e sui canali web https://www.despar.it/it/antispreco/#gref per sensibilizzare i clienti. Nel 2019 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ufficialmente introdotto la Giornata internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari, che dal 2020 viene celebrata il 29 settembre. L’appuntamento è un invito ad enti pubblici e privati affinché si attivino per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari e per la transizione sostenibile dei sistemi agroalimentari, come richiesto dagli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Despar Nord (Aspiag Service), concessionaria dei marchi Despar, Eurospar e Interspar in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Lombardia con una rete logistica di 10 piattaforme, gestisce 250 punti vendita diretti e rifornisce 304 punti vendita affiliati con  oltre 9.285 collaboratori. Assieme alle concessionarie SPAR di Austria, Slovenia, Croazia e Ungheria, Aspiag Service fa parte del gruppo SPAR Austria. Aspiag Service è inoltre parte del Consorzio Despar Italia che, con i suoi 6 soci consorziati, riunisce tutte le concessionarie del marchio sul territorio nazionale. Da ormai 20 anni, l’azienda ha avviato con Banco Alimentare e Last Minute Market un progetto per il recupero delle eccedenze alimentari e la donazione ad associazioni ed enti caritativi del territorio. Nel solo 2023 nei punti vendita a gestione diretta delle regioni in cui l’azienda è presente sono state raccolte 1.460 tonnellate di prodotti alimentari rimasti invenduti. Gli alimenti raccolti sono stati redistribuiti attraverso una rete di oltre 170 associazioni e organizzazioni benefiche sui territori e hanno consentito la preparazione di circa 3,2 milioni di pasti destinati a coloro che si trovano in situazioni di maggiore necessità.

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Conad (ri)lancia una linea di prodotti studiati per “Piacersi”.

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I consumatori non sono tutti uguali. E non tutti sono alle prese con gli stessi problemi. Segmentarne gusti e aspettative è importante così come anticipare tendenze. Declinarli poi in un concetto di convenienza e di salute a 360° in un momento dove l’attenzione alla spesa alimentare è alto dimostra la sensibilità al contesto e alla sua evoluzione tipica di una grande azienda del comparto. Secondo IPSOS c’è un’attenzione crescente verso la salute mentale e fisica e gli affetti, dalla famiglia alle relazioni sentimentali. Benessere a tutto tondo e relazioni significative passano in primo piano rispetto a valori come il successo professionale ed economico e il divertimento.

E questo è il portato di ciò che abbiamo alle spalle (pandemia e inflazione) e le preoccupazioni indotte dal contesto che stiamo vivendo. Lo si comprende anche dal fatto che il “successo in sé” scala come priorità e sarebbe ricercato solo da un italiano su quattro. Io lo leggo come una sorta di disillusione e di rassegnazione sulle reali possibilità di cambiamento delle proprie condizioni. È un segno dei tempi. La cosiddetta “permacrisi” che segnala un elemento di difficoltà costante e non passeggero produce inevitabilmente  due effetti. Il primo di grande attenzione alla spesa alimentare (perché è una delle poche voci di spesa che dipende dalle scelte individuali).

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Il lavoro nei servizi al consumo. Un contributo interessante della sociologa Giovanna Fullin

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Ho avuto modo di partecipare ad un’iniziativa proposta dal Sindacato di base CUB (nato negli anni 90 da una scissione nella FIM CISL milanese) sul lavoro nei servizi dal titolo: “Flessibilità-alienazione e rapporti con i clienti”. Argomento impegnativo e ambiente, com’era prevedibile  estremamente critico sia nei confronti delle aziende del terziario, insegne GDO  in testa, ma anche dei sindacati confederali. L’occasione è scaturita dalla presentazione del libro di Giovanna Fullin “I CLIENTI SIAMO NOI. IL LAVORO NELLA SOCIETÀ DEI SERVIZI (Il Mulino, 2023)”.

Le ricerche sul lavoro nel terziario e nei servizi,  che ormai riguardano oltre  il 70% dell’occupazione totale, si concentrano in genere sui knowledge workers o sui lavoratori delle piattaforme. Difficile trovare sociologi del lavoro che hanno focalizzato il loro lavoro sui servizi al consumo pur trattandosi di oltre 5 milioni e mezzo di persone. Quasi il 30% dell’occupazione complessiva. Ci aveva provato negli anni 90 un altro sociologo, Renato Curcio, noto più per altre vicende, che aveva individuato, studiando i lavoratori dei centri commerciali e degli ipermercati, l’emergere di una nuova “classe operaia” in grado di sostituirsi al cosiddetto “operaio massa” fondamentale per la ripartenza di un movimento simile a quello del ‘68. Anche allora le interviste a supporto le avevano fornite i lavoratori della GDO, i delegati sindacali delle aziende  e i sindacalisti (soprattutto della Uiltucs milanese).

Al di là delle teorizzazioni di allora che poi si sono dimostrate completamente errate per la prima volta in quelle riflessioni sindacali entrava il “cliente”. Pur raccontato da Curcio  come isterico e alleato del datore di lavoro nel “vessare” i lavoratori, ma terzo soggetto di un triangolo che, in qualche modo, introduceva un elemento di diversità rispetto alle riflessioni sul lavoro derivate dalla cultura industriale e tayloristica che riduceva il rapporto di lavoro  alle dinamiche esclusive tra imprenditore e lavoratore.

Questa presenza viene ripresa anche dalla sociologa  Fullin che costruisce un nesso interessante  tra mestieri diversi (dal lavoro nel turismo, alla ristorazione, dalle hostess fino alla grande distribuzione) dove il rapporto con il cliente è centrale e ne approfondisce alcuni aspetti nel libro. Innanzitutto il delicato confine tra organizzazione aziendale e cliente.  L’organizzazione tende, per sua natura, a standardizzare i comportamenti richiesti  ma deve contemporaneamente saper costruire un rapporto personalizzato perché il cliente porta con sé una forte dose di imprevedibilità nei suoi comportamenti. Tra l’altro, nel negozio del  futuro, questa capacità di relazione e di assistenza sarà ancora più centrale. Leggi tutto “Il lavoro nei servizi al consumo. Un contributo interessante della sociologa Giovanna Fullin”

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