Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…

Ci sono argomenti sconosciuti ai più che raccontano la vitalità, la cultura e l’impegno delle comunità e che, a mio parere, meritano di essere condivise. Malé è il capoluogo della Val di sole in Trentino. In una sua frazione, Bolentina, risiedo per una parte dell’anno. Malé conta circa 2300 abitanti. Sul territorio comunale ci sono quattro punti vendita: IperPoli, Eurospin, Eurospar e Coop con la “Famiglia cooperativa”. Ho frequentato spesso questo punto vendita durante la pandemia. Quest’anno, pur con un ritardo di due, a causa della coincidenza con la pandemia, ha festeggiato i cent’anni di attività.

Il Trentino è terra di cooperazione. Don Lorenzo Guetti, primo di 13 figli di una famiglia contadina, cooperatore, giornalista, sacerdote, poi eletto deputato al Parlamento di Vienna fondò a Villa di S. Croce la prima “Società cooperativa di smercio e consumo” cioè la prima “Famiglia cooperativa” il 28 settembre 1890, e nel luglio 1892, a Quadra, la prima Cassa Rurale. A queste prime società cooperative seguirono poi molte altre, tanto che alla fine del 1898, anno della morte di don Lorenzo, le Famiglie Cooperative erano più di cento e le Casse Rurali una sessantina. Anni durissimi per i trentini fatti di povertà e isolamento; per far fronte alla crisi servivano idee e uomini visionari. Dai problemi di sopravvivenza dei contadini nasce l’intuizione di don Guetti: unire i suoi compaesani per renderli Soci, per acquistare insieme le merci e, in questo modo, risparmiare. Questa prima esperienza di Cooperazione alimenta in pochi anni lo spirito cooperativo in tutto il Trentino.

È il “negozio di casa”, spesso collocato in centro al paese o a poca distanza. Le Famiglie Cooperative sono presenti in tutte le vallate trentine e, in molti paesi, rappresentano l’unica realtà commerciale. La loro funzione diventa per questo anche sociale: spesso sono luoghi di relazione, presidi della socialità, prima che esercizi commerciali. Sì conoscono tutti. Con la loro presenza offrono però un servizio indispensabile.

In Trentino i negozi delle Famiglie Cooperative sono in parte associate a Sait (Coop) e, dal 2009,  in parte a Dao (Conad).  Quest’ultima nasce nel 1962 da un gruppo di 20 alimentaristi trentini e oggi conta circa 130 soci. È presente in tutto il Trentino A.A. e nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Brescia e Bergamo con circa 300 punti vendita. Nel 1992 ha contribuito a fondare Eurospin. Nel 2004 DAO avvia la partnership con Conad della quale diventa centro distributivo per le province di Trento, Bolzano, Verona, Vicenza e Belluno. È la più piccola delle cinque cooperative Conad ma anche una delle più attive e performanti. Leggi tutto “Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…”

Coop alleanza 3.0. Continuare a crescere tenendo insieme ciò che ha rappresentato la cooperazione e ciò che dovrà essere

L’inflazione nei consuntivi 2023 dell’intera GDO presenta le sue due facce. Migliora i bilanci delle aziende, pur segnalando un rallentamento dei volumi, e scarica i costi sui consumatori nonostante gli sforzi delle insegne per attutirne gli effetti.  Non sfugge a questa logica neppure Coop Alleanza 3.0 impegnata in una complessa operazione  di risanamento e rilancio definiti nel piano strategico 2023/2027. Il 2022  si era chiuso negativamente.  Così come gli anni precedenti.

La  stessa partecipazione al progetto Fico, a Coop Alleanza 3.0 era costata cara. Circa 13,5 milioni di euro.   La Cooperativa vi aveva aderito perché il suo impegno nella valorizzazione delle filiere agroalimentari italiane trovava una perfetta assonanza con le finalità, gli obiettivi e i valori di Fico, peraltro nella città in cui Coop Alleanza 3.0 ha la sua sede. Impossibile allora, sottrarsi ad un’operazione di quel profilo. L’ingresso del fondo di investimenti  Investindustrial di Andrea Bonomi in Eataly, l’hub gastronomico creato da Oscar Farinetti,  ha cambiato lo scenario di riferimento anche per FICO che non essendo mai decollato ha perso anche la sua centralità per la città. Se si ridimensionerà o si trasformerà in altra cosa non è più un problema di Coop. La rifocalizzazione delle attività caratteristiche in linea con il Piano Strategico e la progressiva eliminazione delle iniziative non a reddito, ha comportato la cessione delle quote e quindi la gestione di quella società, a fronte di un incremento delle quote detenute del fondo Parchi Agroalimentari Italiani (PAI).

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Dopo la firma del contratto di Federdistribuzione, UNES sceglie il CCNL Confcommercio

Essendomi trovato diverse volte a gestire le fasi concitate che precedono la chiusura di un contratto nazionale capisco le tensioni finali che le animano e che rischiano di far precipitare il negoziato. Ricordo ad un rinnovo del CCNL dei Dirigenti di Confcommercio le pretese di Auchan per ottenere una deroga esclusiva che le consentisse di non applicarne una norma contrattuale. Solo il buonsenso dei negoziatori evitò il deragliamento della trattativa. Potrei citare decine di esempi vissuti negli anni dove rappresentanti di singole aziende o dirigenti di associazioni territoriali trasformavano  il loro punto di vista o il problema da loro sollevato come vincolanti per accedere alla cosiddetta “non stop” negoziale che, per rispettare la tradizione, doveva concludersi nottetempo quando la stanchezza portava i più riottosi a più miti consigli.

Tutti i negoziati, vivono di fasi precise. Nella prima, entrambe le parti, rappresentano i loro “irrinunciabili” punti di vista. Spesso provocatori. Per le associazioni questa è la fase della sommatoria delle esigenze delle singole aziende. È la fase del “Non debemus, non possumus, non volumus”. È un “NO” a prescindere mascherato da accuse reciproche, tatticismi, drammatizzazioni sullo stato dell’arte. Ovviamente anche dalla presenza di problemi di contesto. Sembra assurdo ricordarlo ma, nel caso dei recenti rinnovi dei  CCNL del terziario e della distribuzione moderna questa fase è durata anni. Anni che hanno comportato evidenti risparmi sul costo del lavoro. Nella seconda fase del confronto  si inizia a prendere atto che, al di là delle possibili prove  di forza a cui il sindacato potrebbe ricorrere, qualcosa andrà comunque fatto. È la fase dove i negoziatori, pur ribadendo i loro punti di vista, iniziano ad ascoltare anche le ragioni degli interlocutori. Fase delicatissima ma fondamentale perché propedeutica alla terza fase dove entrambe le parti iniziano a cogliere gli spazi sui quali costruire il negoziato vero e proprio.

Nel rinnovo di cui ci stiamo occupando c’è però una differenza fondamentale tra i meccanismi decisionali delle due confederazioni (Confcommercio e Confesercenti) da una parte e quelli delle due associazioni (Federdistribuzione e ANCC per Coop) dall’altra. Le prime due, hanno come protagonisti funzionari ed esponenti politici centrali e  territoriali pur con l’anomalia, per la prima volta,  della presenza di una azienda (Conad) forte dei suoi 80.000 dipendenti che ha esercitato per lungo tempo un condizionamento evidente teso ad allungare i tempi del negoziato stesso. In queste realtà, la decisione di firmare o meno è essenzialmente politica. Spetta esclusivamente ai vertici confederali decidere se ci sono le condizioni.

Nelle associazioni, al contrario,  è la volontà della maggioranza delle insegne che hanno più peso a stabilire la presenza o meno delle condizioni. Le associazioni e i loro funzionari coordinano, suggeriscono, propongono ma non decidono nulla. E qui casca l’asino. Da un lato c’è chi comprende che una sintesi va trovata e la partita va chiusa. Dall’altro le alleanze e le divergenze tra insegne, la personalità dei rispettivi leader, l’aver visto riconoscere o meno le proprie aspettative, e, ultimo ma non ultimo il lavoro che l’associazione ha fatto (o non ha fatto) nel tempo  per guadagnarsi una autorevolezza decisionale fanno la differenza. In quella fase concitata, LIDL essendo una realtà leader, alla luce delle chiusure di Confcommercio e Coop si è assunta la responsabilità, condivisa anche da altri, di chiedere la “nonstop” finale con i sindacati. Leggi tutto “Dopo la firma del contratto di Federdistribuzione, UNES sceglie il CCNL Confcommercio”

Firmato il CCNL distribuzione moderna. Cosa prevede e cosa ci si aspetta da domani

Come ho già scritto, la firma del CCNL della Distribuzione moderna era fondamentale per chiudere una fase. Confcommercio insieme a Confesercenti hanno avuto il merito di individuare, con il sindacato di categoria, il riferimento economico che togliesse dal tavolo il rischio di dumping tra CCNL. Federdistribuzione ha capito che un CCNL “distintivo” non lo si poteva costruire quando la campanella aveva ormai segnalato che era arrivata la fine della ricreazione. LIDL, lo dico per chi finge di non volerlo capire, ha interpretato molto bene, la campanella e ha messo tutti davanti alle proprie responsabilità. La cooperazione ha fatto il suo, con la solita serietà.

Cerco di ricapitolare la situazione se mi assiste la memoria. Conad, Lidl, Sigma, Sisa, Eurospin, Crai, gruppo Arena e diverse altre aziende applicheranno  il CCNL di Confcommercio. In Conad alcuni soci applicheranno, per ragioni storiche, quello di Confesercenti. Così come Coop e altre collegate, ovviamente,  quello  della cooperazione. Le altre insegne, multinazionali, nazionali, multi regionali, locali o franchising, (tolte quelle che, soprattutto al sud, applicano nei loro punti vendita  contratti locali suggeriti dai rispettivi consulenti del lavoro) applicheranno quello di Federdistribuzione.

Quest’ultima, se non spreca l’intera vigenza del nuovo CCNL, appena firmato,  per la seconda volta, ha il dovere di lanciare una sfida al sindacato di categoria che spero raccolga a sua volta, per lavorare insieme alla costruzione di  un nuovo profilo e un contenuto preciso che trasformi questo “patchwork” di testi costruiti inizialmente sul piccolo commercio di vicinato a partire dagli anni 50 del secolo scorso in un testo moderno, condiviso e utile ai lavoratori e alle imprese della Grande Distribuzione di oggi e di domani. Elemento fondamentale per ricostruire quell’unità, almeno sul piano della condivisione del perimetro del comparto e del lavoro applicato in quelle realtà.

Per fare questo occorrerebbe innanzitutto evitare  giudizi superficiali. La distintività riguarda l’intero perimetro della GDO. Preferibilmente in un unico testo condiviso da tutti i firmatari dei differenti CCNL. Se non fosse possibile, come seconda scelta, basterebbe  ripercorrere  il percorso che ha portato, prima Confcommercio e Confesercenti, poi la Cooperazione e infine Federdistribuzione, in modalità inversa, consentendo a tutti le parti di capitalizzare e mettere a fattor comune con le Organizzazioni Sindacali di categoria le rispettive esigenze e contenuti. Sarebbe una svolta storica. Basterebbe partire dal welfare che è già in buona parte condiviso.

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Contratto Distribuzione Moderna. Comunque la si pensi, è ora di firmarlo.

Che questi rinnovi di contratto nel terziario e nella distribuzione moderna sarebbero stati più complessi da portare in porto  dei precedenti, era evidente. I cinque anni trascorsi corrispondono ad un’era geologica in termini di business. Terziario e GDO sono cambiati in profondità attraversati da accelerazioni prima  sconosciute. Pensiamo, ad esempio, alle insegne che hanno lasciato  il campo, a chi è subentrato, all’esplosione del franchising, alla crisi dei grandi formati. All’affermarsi dei discount. Il contesto socio economico ha fatto il resto.

Va anche ricordato che, fino al precedente CCNL, quello  firmato da Confcommercio del 2015,  in campo, da entrambe le parti, c’erano leadership forti e riconosciute sia sul fronte datoriale che sindacale. Una storia importante che aveva attraversato diversi rinnovi contrattuali e che aveva consentito di costruire un impegnativo sistema bilaterale e di welfare si era  però ormai chiusa e una nuova, in grado di “capire e gestire  il cambiamento”,  andava reciprocamente  individuata. Lo avevano fatto altre categorie industriali a cominciare dai metalmeccanici. Federmeccanica e il sindacato di categoria avevano messo al centro il lavoro, il suo cambiamento, l’esigenza di coinvolgere le persone nella vita dell’azienda.

Non lo ha voluto fare Confcommercio che, nel 2019 non solo ha affidato ad un profilo  lontano da questi temi, la responsabilità politica del Contratto nazionale  ma ha pure ridimensionato l’area tecnica del lavoro e del welfare confederale senza porsi il problema di una sua necessaria evoluzione. Federdistribuzione, poi, solo nel 2018 era riuscita a siglare, insieme al sindacato di categoria, un suo CCNL, identico a quello di Confcommercio pur con uno “sconto” sul monte salariale.

Quel segnale sui costi, sottovalutato dal sindacato di allora, aveva fatto presagire, agli osservatori più attenti, che si stava consolidando nel comparto della GDO una ridefinizione  del rapporto di lavoro che mirava ad una riduzione complessiva del suo costo, iniziata ben prima, sfruttando le maglie larghe offerte dalla legislazione, poi con il superamento della contrattazione aziendale, o con il  suo ridimensionamento, in una logica, per così dire, “restitutiva”.

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Aldi e Esselunga alla ricerca di uno spazio nella Milano che verrà…

Milano è un grande cantiere. Nel ridisegno di ciò che sarà la città le principali insegne della Grande Distribuzione si posizionano scommettendo su ipotesi di futuro. C’è chi scommette sui centri commerciali, chi sui nuovi quartieri e chi cerca di insediarsi in luoghi più tradizionali. Sarà comunque una città polarizzata in termini di reddito, dove residenti, soprattutto anziani, lavoratori dei servizi poveri, soprattutto immigrati, nuovi giovani  professionisti legati al terziario di mercato e turisti la frequenteranno determinandone il nuovo volto. Una città ricca, europea, essenzialmente terziaria con sacche di povertà, emarginazione e disagio.

Nella transizione tra vecchio e nuovo chiudono molti negozi, librerie, piccole botteghe alimentari e aprono altre attività. Le cause sono il livello degli affitti, la concorrenza dell’e-commerce e il mancato ricambio generazionale. Dal 2019 al 2023 hanno chiuso in città oltre 1200 negozi. Un calo del 4%. Crescono “minimercati e negozi di alimentari”, spesso gestiti da stranieri, con un +21,6% nel confronto fra 2019 e 2023.  Sono cresciuti anche i ristoranti. Oggi sono più di 4600. Un aumento, quindi, di circa l’11%. Un trend su cui riflettere. C’è chi si immagina un futuro fatto di strade deserte, gente chiusa in casa a ordinare ciò che serve attraverso il PC. Personalmente non credo sarà così. Ci sarà un po’ di tutto. Come dev’essere.

Un caso interessante, in controtendenza,  coinvolgerà uno storico Cinema di Milano: il  Plinius di viale Abruzzi nella zona est di Milano, nel quartiere Città Studi. Un altro quartiere in grande trasformazione. Chiuso per ristrutturazione il cinema riaprirà ad agosto insieme ad un punto vendita Aldi. Un binomio interessante. Aldi è presente in 18 Paesi. In Italia da maggio del 2015, a Milano ha già sei punti vendita. Altri sette in provincia; 177 nel nord italia (Trentino AA, Veneto, Friuli, Lombardia, Emilia, Piemonte). Il Plinius non è un cinema qualsiasi. Nasce nel 1936 con una capienza  di oltre 2 mila posti dotato di  un palcoscenico per spettacoli dal vivo di varietà, ma anche per commedie e lirica.  È il luogo che il grande Totò sceglie per la sua prima esibizione in una città del Nord Italia. Dopo la guerra diventa un locale esclusivamente per proiezioni cinematografiche di seconda e terza visione. Nel 1967 diventa un cinema punto di riferimento per tutti i milanesi. È chiuso ormai da qualche settimana per ristrutturazione. Sul sito e sui social annuncia la riapertura prevista per agosto, promettendo un salto nel futuro con  “poltrone premium, food & beverage e tecnologia”. I dipendenti sono stati ricollocati nel multiplex Le Giraffe di Paderno Dugnano, anch’esso gestito dalla famiglia Dattilo proprietaria del Plinius.

Nessuna trasformazione totale, quindi. In realtà “il cinema rimarrà – conferma al Giorno la proprietà –: avrà tre sale, le più capienti, completamente rimodernate, con accanto un punto vendita Aldi, nell’immobile che sarà sempre di nostra proprietà. L’intenzione è far convivere le attività unendo una realtà storica come la nostra con una più giovane e lavorare in sinergia”. Aprirsi anche a un’anima più commerciale garantirà la sostenibilità economica in un momento in cui i cinema in città sono diventati una rarità, soprattutto i monosala. Ma anche i multisala non se la passano bene: basti pensare all’Odeon, che diventerà centro commerciale, con previsione di “ricollocare“ le sale, che passeranno da 10 a 5, nei sotterranei. “Il nostro è un business nel quale crediamo ancora”, conferma la proprietà. “In primis per una questione affettiva”, visto che la gestione familiare oggi è alla terza generazione: il fondatore Mario De Martini ha passato il testimone alla figlia Marina De Martini la quale lo ha ceduto al figlio Salvatore Dattilo, attuale gestore, e alle sorelle. Sarà interessante vedere come Aldi interpreterà questa location. L’insegna tedesca non è nuova a interessanti variazioni sul tema. Vedremo le sinergie che proporranno. Leggi tutto “Aldi e Esselunga alla ricerca di uno spazio nella Milano che verrà…”

LIDL lascia Federdistribuzione e applica il CCNL firmato da Confcommercio…

Un distinguo forte  che non passerà certo inosservato. Lidl lascia Federdistribuzione in polemica sulla mancata firma del contratto nazionale e, di conseguenza, applicherà il CCNL firmato da Confcommercio. In Federdistribuzione  c’era entrata due anni fa, il  23 aprile 2021 portando i suoi oltre ventimila dipendenti e i suoi 700 punti vendita. Al centro della strategia di Lidl allora come oggi la sostenibilità economica, sociale e ambientale. La responsabilità sociale nei confronti dei propri collaboratori ha quindi pesato non poco in questa decisione.

Lidl si è trovata spiazzata all’interno di dinamiche associative incomprensibili per una realtà di quel profilo dove ha prevalso chi, non avendo problemi di interlocuzione sindacale, ha puntato al rilancio sapendo di non correre alcun rischio. Tra le aziende associate non solo Lidl era per chiudere. Alcune come Selex, sono rimaste sorprese, dalla reazione dei sindacati per l’abbandono del tavolo. Altre speravano in una rapida conclusione.

Nella decisione ha pesato il cambio di atteggiamento di Federdistribuzione che, poco prima della firma di Confcommercio e Confesercenti ne aveva contestato i rilanci giudicandoli inopportuni  e, subito dopo, si è posta di fatto sulla stessa linea, rivendicando una distintività apparsa provocatoria non solo ai  sindacati di categoria. Com’è ho recentemente scritto “Lo stallo, se si trasforma in risultato, non è  un’opzione negoziale. È una rinuncia al proprio ruolo”. Questa uscita segnala la presenza di rigidità interne alla Federazione che rischiano di trascinare l’intera vicenda in un cul de sac dagli esiti imprevedibili. La rapidità con cui si è manifestata questa uscita spinge i cosiddetti “falchi” all’arroccamento e i sindacati a confermare la bontà delle ragioni alla base della rottura.

Per Federdistribuzione questo era il primo vero CCNL. Quello firmato nel 2018 era una sostanziale ricopiatura di quello di Confcommercio con uno “sconto” sul salario. L’area lavoro di Federdistribuzione, composta dai direttori risorse umane delle insegne, è arrivata  impreparata alla scadenza, non ha fatto quasi nulla per cinque lunghi anni per costruire un percorso alternativo e distintivo con l’interlocutore  sindacale cedendo ruolo e iniziativa  ai CEO delle insegne che in larga parte  di questa materia non ne capiscono un granché salvo per i costi che genera. Questi ultimi, soprattutto se piccoli imprenditori, hanno dei sindacati una visione approssimativa e legata alla loro realtà specifica. E quindi non hanno valutato  né il contesto politico e sociale né la necessità di chiudere rapidamente la partita. Leggi tutto “LIDL lascia Federdistribuzione e applica il CCNL firmato da Confcommercio…”

Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.

Com’era prevedibile non è stato e non sarà  certo il ricorso ad uno o più scioperi a sbloccare questa vertenza. L’adesione, sparate sulle partecipazioni  a parte,  è stata complessivamente contenuta, tra l’8 e il 9% dei lavoratori delle aziende associate secondo Federdistribuzione.  I disagi nei punti vendita sono stati limitati e a “macchia di leopardo” e non si sono registrate difficoltà per gli acquisti. Sono ovviamente dati di parte ma bastava fare un giro per Milano per rendersi conto che la realtà era sostanzialmente quella. I punti vendita alimentari erano zeppi di clienti per gli acquisti di Pasqua. Così come gli altri ventimila punti vendita associati e distribuiti sul territorio food e non food.

Ma non è solo una fotografia limitata alla  Grande Distribuzione. Saranno almeno tre tornate contrattuali (almeno quindici anni) in tutti i  settori economici i cui risultati non sono stati determinati dai rapporti di forza messi in campo ma grazie alla volontà di chiudere emersa dai rispettivi contendenti.  D’altra parte se il recente  rinnovo di Confcommercio, Confesercenti ma anche di Coop è avvenuto dopo ben 5 anni dalla scadenza e senza ricorso a scioperi o scontri particolari  è evidente che il clima, anche nel comparto, non è favorevole agli slogan d’antan, alle parole d’ordine fuori misura, ai flash mob. Le caricature eccessive delle posizioni della controparte lasciano il tempo che trovano.

L’auspicio di Federdistribuzione è che “le organizzazioni sindacali possano tornare quanto prima al tavolo negoziale, con l’obiettivo comune di giungere al rinnovo contrattuale, e riconoscano la specificità delle imprese del settore distributivo moderno”. La guerra delle partecipazioni  serve ad eccitare i militanti più stretti. Non a sbloccare lo stallo quando è determinato da reciproche convinzioni sui contenuti. La lunga stagione dei contratti nazionali ci consente, già oggi, alcuni elementi di riflessione. Al di là delle scadenze e dei ritardi, dall’ultima firma sono passati almeno otto anni. E, per molti argomenti normativi, comportamentali  e relativi all’inquadramento professionale, i testi a suo tempo concordati risalivano addirittura a parecchi anni prima. Luoghi, contesti concorrenziali,  e modelli  organizzativi molto diversi da oggi.

Allora sui banconi all’entrata dei PDV decine di CV lasciati nella speranza di trovare un lavoro, i grandi formati ancora con il vento in poppa, le possibilità di carriera veramente alla portata di tutti. I ruoli professionali chiari e scolpiti nella pietra. Nel 2015 il mazzo di carte, nella GDO, era ancora saldamente in mano a Confcommercio. Federdistribuzione “sognava” il suo CCNL che sarebbe arrivato solo il 19 dicembre 2018, come una sostanziale fotocopia di quello di Confcommercio. Un semplice  “sconto“ sul piano del costo economico che ha trascinato risentimenti associativi  non ancora sopiti. Leggi tutto “Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.”

Grande Distribuzione. Si chiude anche il contratto nazionale delle Coop…

Dei quattro contratti scaduti (Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione e Cooperazione), tre si sono quindi rinnovati. Resta aperto il principale, quello firmato da Federdistribuzione. Si chiude quindi una fase nella quale le distanze tra imprese e rappresentanti dei lavoratori  sono rimaste incolmabili per ben cinque lunghi anni. Il 29 marzo 2024, è stato siglato, da parte delle Associazioni Cooperative ANCC-COOP, CONFCOOPERATIVE CONSUMO E UTENZA, A.G.C.I Settore consumo e le Organizzazioni Sindacali FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL, UILTuCS, l’accordo di rinnovo del CCNL per i dipendenti da imprese della Distribuzione Cooperativa.

Resta aperto il contratto principale della GDO quello gestito da Federdistribuzione. Quello Coop è importante, non tanto per i numeri che coinvolge (oltre 60.000 dipendenti, 1,8 miliardi di retribuzioni e oneri sociali versati, oltre il 90% di contratti di lavoro a tempo indeterminato) ma per due ragioni fondamentali. Innanzitutto perché  nel panorama delle relazioni  industriali  italiane e per la cultura che permea il sistema cooperativo,  è ritenuto uno dei più rispettosi del ruolo della parti sociali. Il secondo è che i temi che lo caratterizzano sono, in buona parte, gli stessi che coinvolgono le imprese che aderiscono a Federdistribuzione.

L’accordo, che avrà vigenza fino al mese di marzo 2027, prevede un aumento retributivo a regime di 240 euro lordi al quarto livello ed una indennità una tantum di 350 euro riparametrati e riproporzionati per tutte le posizioni. Essendo un testo che taglia trasversalmente le attività del mondo cooperativo tratta argomenti che, in altre situazioni sono coperte dalla contrattazione di secondo livello. È comunque interessante sottolineare ciò che prevede: 

– nuovi compiti per l’Osservatorio nazionale e per la Commissione paritetica nazionale per valorizzarne il ruolo nell’ambito del sistema delle relazioni sindacali settoriale;

– misure di contrasto alle molestie sessuali nell’ambiente di lavoro, nonché ad ogni forma di violenza morale e persecuzione psicologica;

– possibilità di prorogare il congedo indennizzato dall’INPS per donne vittime di violenza di 90 giorni di ulteriori 90 giorni a carico delle imprese;

– riconoscimento del II° livello per i farmacisti abilitati allo svolgimento dell’attività e per gli optometristi laureati in ottica e optometria con abilitazione;

– previsione di una Commissione per la riforma del sistema dell’inquadramento;

– franchising ed appalti più selettivi, poiché saranno oggetto di un confronto strutturato fra imprese e sindacati, nonché condizionati all’applicazione, rispettivamente, di CCNL somministrazione a tempo determinato) per le causali specifiche e ben delineate che sono state pattuite (festività natalizie, pasquali, nuove aperture e sostituzione ferie), per la durata ragionevole (massimo 24 mesi) connesse alle predette causali e, da ultimo, per il tetto massimo di utilizzo di tali figure del 13% dell’organico di singola unità produttiva, che è di gran lunga inferiore rispetto a quanto previsto dalle norme di legge in materia;

– innalzamento dell’indennità annuale per i part-time con clausole elastiche (da 120 € a 155 € all’anno);

– 72 ore di permessi retribuiti per i dipendenti dalle imprese cooperative minori in luogo delle attuali 66, a cui si arriverà col riconoscimento di 6 ore di permesso in più a decorrere dal 1° aprile 2025 e di ulteriori 6 dal 1° aprile 2026;

– durata minima dell’orario di lavoro dei dipendenti part-time delle imprese cooperative minori innalzata da 16 a 20 ore settimanali;

• riconoscimento di una ulteriore mensilità per il dipendente affetto da patologia oncologica con invalidità non inferiore al 50% in caso di superamento del periodo di comporto;

– implementazione delle tutele garantite per legge per congedi di maternità, parentali, deigenitori e di paternità;

– periodo aggiuntivo (a quello previsto dalla legge) di astensione facoltativa per maternità (coperta economicamente con un’indennità corrispondente al 30% della mensilità lorda), nonché congedo non retribuito fino al compimento di un anno del bambino;

– 10 giorni aggiuntivi (al periodo previsto dalla legge) per il padre lavoratore in occasione della nascita del figlio (coperti economicamente da un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione);

– un mese di astensione facoltativa dal lavoro retribuito con la stessa indennità prevista dalla legge per agevolare il reinserimento della madre lavoratrice al lavoro;

– 30 giorni di permesso non retribuito per le lavoratrici ed i lavoratori che ne faranno richiesta dopo aver fruito dei permessi previsti dalla legge per fecondazione assistita;

– congedo non retribuito di 30 giorni continuativi per ricongiungimenti familiari a beneficio dei lavoratori in possesso di permesso di soggiorno;

– introduzione di una Indennità di vacanza contrattuale pari al 30% dell’IPCA al netto degli energetici importati in carenza di rinnovo contrattuale per più di 6 mesi;

  • incremento, a partire dal 1° gennaio 2025, della contribuzione a carico delle imprese di 3,00 € per migliorare le prestazioni sanitarie di Coopersalute (a seguito di tale incremento la quota mensile che le imprese dovranno pagare ammonterà a 14,00 € per ciascun dipendente.

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CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…

L’espressione fiorentina “avere il braccino corto”, guarda caso, nasce proprio nel commercio. La stoffa veniva venduta “a braccia”. Il braccio era ovviamente quello dei venditori. Questi spesso  utilizzavano dei giovani garzoni per misurarla in quanto il loro braccio era più corto, così da far guadagnare di più al commerciante e dare così, meno del dovuto, all’interlocutore. Solo così si spiega lo stallo del CCNL del commercio. Mi è venuto in mente quando ho letto che i  colleghi del comparto alimentare hanno rinnovato il loro CCNL. Ricordo sommessamente che dal 2019 ad oggi, mentre il comparto  alimentare con le sue quattordici associazioni ha rinnovato ben due CCNL, nel Commercio, Terziario e Grande Distribuzione si è rimasti con quello firmato nel 2015 (scaduto nel 2019) da Confcommercio e con quello in dumping di Federdistribuzione. E fino ad ora,  non si è combinato  un granché. Se da più di otto anni non si riesce a firmarne uno  (quello di Federdistribuzione essendo una sostanziale ricopiatura non può essere definito  un CCNL distintivo) è difficile non interrogarsi sui protagonisti, sulle loro sostanziale inadeguatezza e sulla mancanza di capacità o di volontà politica nella gestione di quello che resta il principale CCNL del Paese per numero di lavoratori coinvolti.

Ma procediamo con ordine.

La trattativa finale non stop degli alimentaristi è durata quattro giorni. Intorno al tavolo  Fai CISL, Flai CGIL e Uila UIL con  le 14 associazioni datoriali (Unionfood, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unaitalia). Cristina Casadei lo spiega nel dettaglio sul Sole 24 ore: “L’aumento concordato da dicembre 2023 per i 400 mila addetti sarà di 280 euro riparamentrate. La durata prevista è di quattro anni, con decorrenza dal primo dicembre del 2023 al 30 novembre del 2027. In particolare è stato deciso che a decorrere dal primo dicembre del 2023 arriveranno nelle buste paga dei lavoratori 55 euro di incremento aggiuntivo della retribuzione, il cosiddetto Iar. Oltre a 20 euro sul trattamento economico minimo (Tem). Poi dal primo settembre di quest’anno altri 35 euro sul Tem, dal primo gennaio del 2025 60 euro, dal primo gennaio del 2026 altri 60 euro. A gennaio del 2027 arriveranno gli ultimi 39 euro sul Tem e infine da settembre del 2027 gli ultimi 11 euro dello Iar.

In altre parole questo significa che, la prima tranche,  parte dal 1° dicembre 2023 con un aumento di 75 euro e già nei primi 14 mesi di applicazione contrattuale gli alimentaristi recupereranno un importo di 170 euro, il 60% dell’aumento totale previsto. Per i casi di mancata contrattazione di secondo livello si aggiungono altri 15 euro mensili a quelli già previsti. Il montante complessivo raggiunge così 10.236 euro nel quadriennio. La parte normativa prevede interventi di riduzione dell’orario di lavoro nell’arco della vigenza per alcune categorie di lavoratori e l’impegno a definire «future intese a livello aziendale con le Rsu per ulteriori riduzioni dell’orario di lavoro in caso di investimenti tecnologici che potrebbero impattare su produttività e occupazione».

Nel capitolo relativo al mercato del lavoro sono stati aggiornati e migliorati gli articoli che lo disciplinano «con maggiore contrasto alla precarietà attraverso il dimezzamento della percentuale complessiva che passa  dal 50% al 25% dei contratti a termine, in somministrazione e in staff leasing», spiegano i sindacati nella loro nota unitaria. «L’accordo raggiunto – dichiarano i tre segretari generali di Fai, Flai e Uila, Onofrio Rota, Giovanni Mininni e Stefano Mantegazza – rappresenta un traguardo importante sia per l’incremento economico che per le conquiste ottenute sul piano normativo per valorizzare il lavoro stabile e ben qualificato». Per rivisitare il sistema classificatorio le imprese e i sindacati hanno stabilito di avviare i lavori della Commissione paritetica tecnica per l’aggiornamento delle declaratorie a partire dal 2024. Con il rinnovo le industrie e i sindacati hanno rafforzato e rilanciato anche il welfare contrattuale. Sull’assicurazione sanitaria FASA è stato previsto un incremento del contributo a carico delle aziende di 4 euro al mese a partire dal primo gennaio del 2025, il sostegno alla maternità e paternità con incremento di un euro del contributo dal primo gennaio del 2025, la previdenza complementare ALIFOND con un incremento di 0,3% del contributo a carico delle aziende dal primo gennaio del 2025. Infine è stato previsto l’incremento del contributo a carico delle imprese destinato all’Ente Bilaterale di Settore dal primo gennaio del 2025 a fronte della implementazione delle attività di formazione professionale svolte dall’ente”. (Sole 24 ore) Leggi tutto “CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…”