Contratto Distribuzione Moderna. Comunque la si pensi, è ora di firmarlo.

Che questi rinnovi di contratto nel terziario e nella distribuzione moderna sarebbero stati più complessi da portare in porto  dei precedenti, era evidente. I cinque anni trascorsi corrispondono ad un’era geologica in termini di business. Terziario e GDO sono cambiati in profondità attraversati da accelerazioni prima  sconosciute. Pensiamo, ad esempio, alle insegne che hanno lasciato  il campo, a chi è subentrato, all’esplosione del franchising, alla crisi dei grandi formati. All’affermarsi dei discount. Il contesto socio economico ha fatto il resto.

Va anche ricordato che, fino al precedente CCNL, quello  firmato da Confcommercio del 2015,  in campo, da entrambe le parti, c’erano leadership forti e riconosciute sia sul fronte datoriale che sindacale. Una storia importante che aveva attraversato diversi rinnovi contrattuali e che aveva consentito di costruire un impegnativo sistema bilaterale e di welfare si era  però ormai chiusa e una nuova, in grado di “capire e gestire  il cambiamento”,  andava reciprocamente  individuata. Lo avevano fatto altre categorie industriali a cominciare dai metalmeccanici. Federmeccanica e il sindacato di categoria avevano messo al centro il lavoro, il suo cambiamento, l’esigenza di coinvolgere le persone nella vita dell’azienda.

Non lo ha voluto fare Confcommercio che, nel 2019 non solo ha affidato ad un profilo  lontano da questi temi, la responsabilità politica del Contratto nazionale  ma ha pure ridimensionato l’area tecnica del lavoro e del welfare confederale senza porsi il problema di una sua necessaria evoluzione. Federdistribuzione, poi, solo nel 2018 era riuscita a siglare, insieme al sindacato di categoria, un suo CCNL, identico a quello di Confcommercio pur con uno “sconto” sul monte salariale.

Quel segnale sui costi, sottovalutato dal sindacato di allora, aveva fatto presagire, agli osservatori più attenti, che si stava consolidando nel comparto della GDO una ridefinizione  del rapporto di lavoro che mirava ad una riduzione complessiva del suo costo, iniziata ben prima, sfruttando le maglie larghe offerte dalla legislazione, poi con il superamento della contrattazione aziendale, o con il  suo ridimensionamento, in una logica, per così dire, “restitutiva”.

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Aldi e Esselunga alla ricerca di uno spazio nella Milano che verrà…

Milano è un grande cantiere. Nel ridisegno di ciò che sarà la città le principali insegne della Grande Distribuzione si posizionano scommettendo su ipotesi di futuro. C’è chi scommette sui centri commerciali, chi sui nuovi quartieri e chi cerca di insediarsi in luoghi più tradizionali. Sarà comunque una città polarizzata in termini di reddito, dove residenti, soprattutto anziani, lavoratori dei servizi poveri, soprattutto immigrati, nuovi giovani  professionisti legati al terziario di mercato e turisti la frequenteranno determinandone il nuovo volto. Una città ricca, europea, essenzialmente terziaria con sacche di povertà, emarginazione e disagio.

Nella transizione tra vecchio e nuovo chiudono molti negozi, librerie, piccole botteghe alimentari e aprono altre attività. Le cause sono il livello degli affitti, la concorrenza dell’e-commerce e il mancato ricambio generazionale. Dal 2019 al 2023 hanno chiuso in città oltre 1200 negozi. Un calo del 4%. Crescono “minimercati e negozi di alimentari”, spesso gestiti da stranieri, con un +21,6% nel confronto fra 2019 e 2023.  Sono cresciuti anche i ristoranti. Oggi sono più di 4600. Un aumento, quindi, di circa l’11%. Un trend su cui riflettere. C’è chi si immagina un futuro fatto di strade deserte, gente chiusa in casa a ordinare ciò che serve attraverso il PC. Personalmente non credo sarà così. Ci sarà un po’ di tutto. Come dev’essere.

Un caso interessante, in controtendenza,  coinvolgerà uno storico Cinema di Milano: il  Plinius di viale Abruzzi nella zona est di Milano, nel quartiere Città Studi. Un altro quartiere in grande trasformazione. Chiuso per ristrutturazione il cinema riaprirà ad agosto insieme ad un punto vendita Aldi. Un binomio interessante. Aldi è presente in 18 Paesi. In Italia da maggio del 2015, a Milano ha già sei punti vendita. Altri sette in provincia; 177 nel nord italia (Trentino AA, Veneto, Friuli, Lombardia, Emilia, Piemonte). Il Plinius non è un cinema qualsiasi. Nasce nel 1936 con una capienza  di oltre 2 mila posti dotato di  un palcoscenico per spettacoli dal vivo di varietà, ma anche per commedie e lirica.  È il luogo che il grande Totò sceglie per la sua prima esibizione in una città del Nord Italia. Dopo la guerra diventa un locale esclusivamente per proiezioni cinematografiche di seconda e terza visione. Nel 1967 diventa un cinema punto di riferimento per tutti i milanesi. È chiuso ormai da qualche settimana per ristrutturazione. Sul sito e sui social annuncia la riapertura prevista per agosto, promettendo un salto nel futuro con  “poltrone premium, food & beverage e tecnologia”. I dipendenti sono stati ricollocati nel multiplex Le Giraffe di Paderno Dugnano, anch’esso gestito dalla famiglia Dattilo proprietaria del Plinius.

Nessuna trasformazione totale, quindi. In realtà “il cinema rimarrà – conferma al Giorno la proprietà –: avrà tre sale, le più capienti, completamente rimodernate, con accanto un punto vendita Aldi, nell’immobile che sarà sempre di nostra proprietà. L’intenzione è far convivere le attività unendo una realtà storica come la nostra con una più giovane e lavorare in sinergia”. Aprirsi anche a un’anima più commerciale garantirà la sostenibilità economica in un momento in cui i cinema in città sono diventati una rarità, soprattutto i monosala. Ma anche i multisala non se la passano bene: basti pensare all’Odeon, che diventerà centro commerciale, con previsione di “ricollocare“ le sale, che passeranno da 10 a 5, nei sotterranei. “Il nostro è un business nel quale crediamo ancora”, conferma la proprietà. “In primis per una questione affettiva”, visto che la gestione familiare oggi è alla terza generazione: il fondatore Mario De Martini ha passato il testimone alla figlia Marina De Martini la quale lo ha ceduto al figlio Salvatore Dattilo, attuale gestore, e alle sorelle. Sarà interessante vedere come Aldi interpreterà questa location. L’insegna tedesca non è nuova a interessanti variazioni sul tema. Vedremo le sinergie che proporranno. Leggi tutto “Aldi e Esselunga alla ricerca di uno spazio nella Milano che verrà…”

LIDL lascia Federdistribuzione e applica il CCNL firmato da Confcommercio…

Un distinguo forte  che non passerà certo inosservato. Lidl lascia Federdistribuzione in polemica sulla mancata firma del contratto nazionale e, di conseguenza, applicherà il CCNL firmato da Confcommercio. In Federdistribuzione  c’era entrata due anni fa, il  23 aprile 2021 portando i suoi oltre ventimila dipendenti e i suoi 700 punti vendita. Al centro della strategia di Lidl allora come oggi la sostenibilità economica, sociale e ambientale. La responsabilità sociale nei confronti dei propri collaboratori ha quindi pesato non poco in questa decisione.

Lidl si è trovata spiazzata all’interno di dinamiche associative incomprensibili per una realtà di quel profilo dove ha prevalso chi, non avendo problemi di interlocuzione sindacale, ha puntato al rilancio sapendo di non correre alcun rischio. Tra le aziende associate non solo Lidl era per chiudere. Alcune come Selex, sono rimaste sorprese, dalla reazione dei sindacati per l’abbandono del tavolo. Altre speravano in una rapida conclusione.

Nella decisione ha pesato il cambio di atteggiamento di Federdistribuzione che, poco prima della firma di Confcommercio e Confesercenti ne aveva contestato i rilanci giudicandoli inopportuni  e, subito dopo, si è posta di fatto sulla stessa linea, rivendicando una distintività apparsa provocatoria non solo ai  sindacati di categoria. Com’è ho recentemente scritto “Lo stallo, se si trasforma in risultato, non è  un’opzione negoziale. È una rinuncia al proprio ruolo”. Questa uscita segnala la presenza di rigidità interne alla Federazione che rischiano di trascinare l’intera vicenda in un cul de sac dagli esiti imprevedibili. La rapidità con cui si è manifestata questa uscita spinge i cosiddetti “falchi” all’arroccamento e i sindacati a confermare la bontà delle ragioni alla base della rottura.

Per Federdistribuzione questo era il primo vero CCNL. Quello firmato nel 2018 era una sostanziale ricopiatura di quello di Confcommercio con uno “sconto” sul salario. L’area lavoro di Federdistribuzione, composta dai direttori risorse umane delle insegne, è arrivata  impreparata alla scadenza, non ha fatto quasi nulla per cinque lunghi anni per costruire un percorso alternativo e distintivo con l’interlocutore  sindacale cedendo ruolo e iniziativa  ai CEO delle insegne che in larga parte  di questa materia non ne capiscono un granché salvo per i costi che genera. Questi ultimi, soprattutto se piccoli imprenditori, hanno dei sindacati una visione approssimativa e legata alla loro realtà specifica. E quindi non hanno valutato  né il contesto politico e sociale né la necessità di chiudere rapidamente la partita. Leggi tutto “LIDL lascia Federdistribuzione e applica il CCNL firmato da Confcommercio…”

Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.

Com’era prevedibile non è stato e non sarà  certo il ricorso ad uno o più scioperi a sbloccare questa vertenza. L’adesione, sparate sulle partecipazioni  a parte,  è stata complessivamente contenuta, tra l’8 e il 9% dei lavoratori delle aziende associate secondo Federdistribuzione.  I disagi nei punti vendita sono stati limitati e a “macchia di leopardo” e non si sono registrate difficoltà per gli acquisti. Sono ovviamente dati di parte ma bastava fare un giro per Milano per rendersi conto che la realtà era sostanzialmente quella. I punti vendita alimentari erano zeppi di clienti per gli acquisti di Pasqua. Così come gli altri ventimila punti vendita associati e distribuiti sul territorio food e non food.

Ma non è solo una fotografia limitata alla  Grande Distribuzione. Saranno almeno tre tornate contrattuali (almeno quindici anni) in tutti i  settori economici i cui risultati non sono stati determinati dai rapporti di forza messi in campo ma grazie alla volontà di chiudere emersa dai rispettivi contendenti.  D’altra parte se il recente  rinnovo di Confcommercio, Confesercenti ma anche di Coop è avvenuto dopo ben 5 anni dalla scadenza e senza ricorso a scioperi o scontri particolari  è evidente che il clima, anche nel comparto, non è favorevole agli slogan d’antan, alle parole d’ordine fuori misura, ai flash mob. Le caricature eccessive delle posizioni della controparte lasciano il tempo che trovano.

L’auspicio di Federdistribuzione è che “le organizzazioni sindacali possano tornare quanto prima al tavolo negoziale, con l’obiettivo comune di giungere al rinnovo contrattuale, e riconoscano la specificità delle imprese del settore distributivo moderno”. La guerra delle partecipazioni  serve ad eccitare i militanti più stretti. Non a sbloccare lo stallo quando è determinato da reciproche convinzioni sui contenuti. La lunga stagione dei contratti nazionali ci consente, già oggi, alcuni elementi di riflessione. Al di là delle scadenze e dei ritardi, dall’ultima firma sono passati almeno otto anni. E, per molti argomenti normativi, comportamentali  e relativi all’inquadramento professionale, i testi a suo tempo concordati risalivano addirittura a parecchi anni prima. Luoghi, contesti concorrenziali,  e modelli  organizzativi molto diversi da oggi.

Allora sui banconi all’entrata dei PDV decine di CV lasciati nella speranza di trovare un lavoro, i grandi formati ancora con il vento in poppa, le possibilità di carriera veramente alla portata di tutti. I ruoli professionali chiari e scolpiti nella pietra. Nel 2015 il mazzo di carte, nella GDO, era ancora saldamente in mano a Confcommercio. Federdistribuzione “sognava” il suo CCNL che sarebbe arrivato solo il 19 dicembre 2018, come una sostanziale fotocopia di quello di Confcommercio. Un semplice  “sconto“ sul piano del costo economico che ha trascinato risentimenti associativi  non ancora sopiti. Leggi tutto “Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.”

Grande Distribuzione. Si chiude anche il contratto nazionale delle Coop…

Dei quattro contratti scaduti (Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione e Cooperazione), tre si sono quindi rinnovati. Resta aperto il principale, quello firmato da Federdistribuzione. Si chiude quindi una fase nella quale le distanze tra imprese e rappresentanti dei lavoratori  sono rimaste incolmabili per ben cinque lunghi anni. Il 29 marzo 2024, è stato siglato, da parte delle Associazioni Cooperative ANCC-COOP, CONFCOOPERATIVE CONSUMO E UTENZA, A.G.C.I Settore consumo e le Organizzazioni Sindacali FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL, UILTuCS, l’accordo di rinnovo del CCNL per i dipendenti da imprese della Distribuzione Cooperativa.

Resta aperto il contratto principale della GDO quello gestito da Federdistribuzione. Quello Coop è importante, non tanto per i numeri che coinvolge (oltre 60.000 dipendenti, 1,8 miliardi di retribuzioni e oneri sociali versati, oltre il 90% di contratti di lavoro a tempo indeterminato) ma per due ragioni fondamentali. Innanzitutto perché  nel panorama delle relazioni  industriali  italiane e per la cultura che permea il sistema cooperativo,  è ritenuto uno dei più rispettosi del ruolo della parti sociali. Il secondo è che i temi che lo caratterizzano sono, in buona parte, gli stessi che coinvolgono le imprese che aderiscono a Federdistribuzione.

L’accordo, che avrà vigenza fino al mese di marzo 2027, prevede un aumento retributivo a regime di 240 euro lordi al quarto livello ed una indennità una tantum di 350 euro riparametrati e riproporzionati per tutte le posizioni. Essendo un testo che taglia trasversalmente le attività del mondo cooperativo tratta argomenti che, in altre situazioni sono coperte dalla contrattazione di secondo livello. È comunque interessante sottolineare ciò che prevede: 

– nuovi compiti per l’Osservatorio nazionale e per la Commissione paritetica nazionale per valorizzarne il ruolo nell’ambito del sistema delle relazioni sindacali settoriale;

– misure di contrasto alle molestie sessuali nell’ambiente di lavoro, nonché ad ogni forma di violenza morale e persecuzione psicologica;

– possibilità di prorogare il congedo indennizzato dall’INPS per donne vittime di violenza di 90 giorni di ulteriori 90 giorni a carico delle imprese;

– riconoscimento del II° livello per i farmacisti abilitati allo svolgimento dell’attività e per gli optometristi laureati in ottica e optometria con abilitazione;

– previsione di una Commissione per la riforma del sistema dell’inquadramento;

– franchising ed appalti più selettivi, poiché saranno oggetto di un confronto strutturato fra imprese e sindacati, nonché condizionati all’applicazione, rispettivamente, di CCNL somministrazione a tempo determinato) per le causali specifiche e ben delineate che sono state pattuite (festività natalizie, pasquali, nuove aperture e sostituzione ferie), per la durata ragionevole (massimo 24 mesi) connesse alle predette causali e, da ultimo, per il tetto massimo di utilizzo di tali figure del 13% dell’organico di singola unità produttiva, che è di gran lunga inferiore rispetto a quanto previsto dalle norme di legge in materia;

– innalzamento dell’indennità annuale per i part-time con clausole elastiche (da 120 € a 155 € all’anno);

– 72 ore di permessi retribuiti per i dipendenti dalle imprese cooperative minori in luogo delle attuali 66, a cui si arriverà col riconoscimento di 6 ore di permesso in più a decorrere dal 1° aprile 2025 e di ulteriori 6 dal 1° aprile 2026;

– durata minima dell’orario di lavoro dei dipendenti part-time delle imprese cooperative minori innalzata da 16 a 20 ore settimanali;

• riconoscimento di una ulteriore mensilità per il dipendente affetto da patologia oncologica con invalidità non inferiore al 50% in caso di superamento del periodo di comporto;

– implementazione delle tutele garantite per legge per congedi di maternità, parentali, deigenitori e di paternità;

– periodo aggiuntivo (a quello previsto dalla legge) di astensione facoltativa per maternità (coperta economicamente con un’indennità corrispondente al 30% della mensilità lorda), nonché congedo non retribuito fino al compimento di un anno del bambino;

– 10 giorni aggiuntivi (al periodo previsto dalla legge) per il padre lavoratore in occasione della nascita del figlio (coperti economicamente da un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione);

– un mese di astensione facoltativa dal lavoro retribuito con la stessa indennità prevista dalla legge per agevolare il reinserimento della madre lavoratrice al lavoro;

– 30 giorni di permesso non retribuito per le lavoratrici ed i lavoratori che ne faranno richiesta dopo aver fruito dei permessi previsti dalla legge per fecondazione assistita;

– congedo non retribuito di 30 giorni continuativi per ricongiungimenti familiari a beneficio dei lavoratori in possesso di permesso di soggiorno;

– introduzione di una Indennità di vacanza contrattuale pari al 30% dell’IPCA al netto degli energetici importati in carenza di rinnovo contrattuale per più di 6 mesi;

  • incremento, a partire dal 1° gennaio 2025, della contribuzione a carico delle imprese di 3,00 € per migliorare le prestazioni sanitarie di Coopersalute (a seguito di tale incremento la quota mensile che le imprese dovranno pagare ammonterà a 14,00 € per ciascun dipendente.

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CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…

L’espressione fiorentina “avere il braccino corto”, guarda caso, nasce proprio nel commercio. La stoffa veniva venduta “a braccia”. Il braccio era ovviamente quello dei venditori. Questi spesso  utilizzavano dei giovani garzoni per misurarla in quanto il loro braccio era più corto, così da far guadagnare di più al commerciante e dare così, meno del dovuto, all’interlocutore. Solo così si spiega lo stallo del CCNL del commercio. Mi è venuto in mente quando ho letto che i  colleghi del comparto alimentare hanno rinnovato il loro CCNL. Ricordo sommessamente che dal 2019 ad oggi, mentre il comparto  alimentare con le sue quattordici associazioni ha rinnovato ben due CCNL, nel Commercio, Terziario e Grande Distribuzione si è rimasti con quello firmato nel 2015 (scaduto nel 2019) da Confcommercio e con quello in dumping di Federdistribuzione. E fino ad ora,  non si è combinato  un granché. Se da più di otto anni non si riesce a firmarne uno  (quello di Federdistribuzione essendo una sostanziale ricopiatura non può essere definito  un CCNL distintivo) è difficile non interrogarsi sui protagonisti, sulle loro sostanziale inadeguatezza e sulla mancanza di capacità o di volontà politica nella gestione di quello che resta il principale CCNL del Paese per numero di lavoratori coinvolti.

Ma procediamo con ordine.

La trattativa finale non stop degli alimentaristi è durata quattro giorni. Intorno al tavolo  Fai CISL, Flai CGIL e Uila UIL con  le 14 associazioni datoriali (Unionfood, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unaitalia). Cristina Casadei lo spiega nel dettaglio sul Sole 24 ore: “L’aumento concordato da dicembre 2023 per i 400 mila addetti sarà di 280 euro riparamentrate. La durata prevista è di quattro anni, con decorrenza dal primo dicembre del 2023 al 30 novembre del 2027. In particolare è stato deciso che a decorrere dal primo dicembre del 2023 arriveranno nelle buste paga dei lavoratori 55 euro di incremento aggiuntivo della retribuzione, il cosiddetto Iar. Oltre a 20 euro sul trattamento economico minimo (Tem). Poi dal primo settembre di quest’anno altri 35 euro sul Tem, dal primo gennaio del 2025 60 euro, dal primo gennaio del 2026 altri 60 euro. A gennaio del 2027 arriveranno gli ultimi 39 euro sul Tem e infine da settembre del 2027 gli ultimi 11 euro dello Iar.

In altre parole questo significa che, la prima tranche,  parte dal 1° dicembre 2023 con un aumento di 75 euro e già nei primi 14 mesi di applicazione contrattuale gli alimentaristi recupereranno un importo di 170 euro, il 60% dell’aumento totale previsto. Per i casi di mancata contrattazione di secondo livello si aggiungono altri 15 euro mensili a quelli già previsti. Il montante complessivo raggiunge così 10.236 euro nel quadriennio. La parte normativa prevede interventi di riduzione dell’orario di lavoro nell’arco della vigenza per alcune categorie di lavoratori e l’impegno a definire «future intese a livello aziendale con le Rsu per ulteriori riduzioni dell’orario di lavoro in caso di investimenti tecnologici che potrebbero impattare su produttività e occupazione».

Nel capitolo relativo al mercato del lavoro sono stati aggiornati e migliorati gli articoli che lo disciplinano «con maggiore contrasto alla precarietà attraverso il dimezzamento della percentuale complessiva che passa  dal 50% al 25% dei contratti a termine, in somministrazione e in staff leasing», spiegano i sindacati nella loro nota unitaria. «L’accordo raggiunto – dichiarano i tre segretari generali di Fai, Flai e Uila, Onofrio Rota, Giovanni Mininni e Stefano Mantegazza – rappresenta un traguardo importante sia per l’incremento economico che per le conquiste ottenute sul piano normativo per valorizzare il lavoro stabile e ben qualificato». Per rivisitare il sistema classificatorio le imprese e i sindacati hanno stabilito di avviare i lavori della Commissione paritetica tecnica per l’aggiornamento delle declaratorie a partire dal 2024. Con il rinnovo le industrie e i sindacati hanno rafforzato e rilanciato anche il welfare contrattuale. Sull’assicurazione sanitaria FASA è stato previsto un incremento del contributo a carico delle aziende di 4 euro al mese a partire dal primo gennaio del 2025, il sostegno alla maternità e paternità con incremento di un euro del contributo dal primo gennaio del 2025, la previdenza complementare ALIFOND con un incremento di 0,3% del contributo a carico delle aziende dal primo gennaio del 2025. Infine è stato previsto l’incremento del contributo a carico delle imprese destinato all’Ente Bilaterale di Settore dal primo gennaio del 2025 a fronte della implementazione delle attività di formazione professionale svolte dall’ente”. (Sole 24 ore) Leggi tutto “CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…”

Shopper. Da semplice “lavoretto” sotto pagato al contratto nazionale. Un passaggio fondamentale..

In principio non era nemmeno ritenuto   un “lavoretto”. Prima in famiglia, affidato ai più giovani che andavano volentieri nei negozi per poter trattenere per sé il resto del conto della spesa. Poi  affidato esclusivamente a volontari che, soprattutto in agosto in città con tutti i negozi di vicinato chiusi, facevano gli acquisti indispensabili per anziani o persone impossibilitate a muoversi. Un’attività gratuita. Al massimo gratificata da una piccola mancia. L’innovazione nella logistica, l’evoluzione dei servizi, un confine sempre più sottile tra negozi fisici e opportunità offerte dalla tecnologia  l’hanno trasformata in un business molto interessante. Mancava un tassello per completare il puzzle. Il suo riconoscimento come “lavoro”. Questa storia nasce a Verona  nel 2014.  Da una piattaforma web in grado di consentire  a chiunque di ordinare la spesa al proprio supermercato preferito e riceverla a casa in pochissimo tempo che si chiamava “Supermercato24“. Era guidata da Federico Sargenti, ex manager Amazon che aveva lanciato il business del largo consumo in Italia e Spagna. Da luglio 2021, Supermercato24 ha poi cambiato nome in Everli.

Everli oggi punta al rilancio attraverso l’internazionalizzazione e la collaborazione con i gruppi della grande distribuzione organizzata. L’azienda è stata acquisita da poco da Salvatore Palella (fondatore di Helbiz).  Il primo step è stato nominare Jonathan Hannestad  CEO del marketplace. “Sono certo, afferma Hannestad – che, grazie a specifici investimenti per migliorare la tecnologia e il branding ed ad un solido piano strategico di rafforzamento del nostro network di partnership, riusciremo a rendere Everli un punto di riferimento per la spesa online sempre più riconosciuto, con un focus sul mercato italiano ma con obiettivi di crescita anche in ambito internazionale”. “Vogliamo trasformare Everli non solo in un leader indiscusso del mercato italiano, ma anche in un punto di riferimento per l’innovazione e la qualità nel servizio di consegna della spesa a domicilio”, ha commentato Salvatore Palella. “La sfida passa per la profittabilità della piattaforma nel breve termine e prevede investimenti in tecnologia, nell’interfaccia utente e nelle partnership strategiche per ottimizzare ogni aspetto dell’esperienza di acquisto”.

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Patrizio Podini e gli auguri della sua MD …

Dopo Bologna la discussione su discount è marca privata è salita di tono. Realisti e anticipatori di tendenze si confrontano animatamente. Un dato però emerge indiscutibile. In un comparto  dove si fatica a guardare al di là del proprio perimetro un imprenditore, bolzanino di nascita, sfata tutti i pregiudizi e sceglie il sud come punto di partenza della sua azienda. E partendo da lì, risale la penisola. Nessuno prima di lui ci era riuscito. Anzi. La maggior parte sono “scappati” dal sud lasciando le loro insegne a capaci imprenditori locali o non ci hanno mai  nemmeno provato ad affrontare quel mercato. L’esperienza maturata nella GDO aiuta Podini a costruire un modello originale di discount.

Al momento giusto, ne sa prendere lui stesso  le distanze definendo la sua azienda “uno dei più importanti player della grande distribuzione italiana, ormai lontana dai canoni del discount ma sempre più marchio della buona spesa”. Ecco. La “buona spesa”, una sua ossessione. Protagonista degli spot televisivi da lui stesso interpretati nel filone aperto nel 1993 da Giovanni Rana che alla richiesta del regista di trovare un attore che gli somigliasse  replicò: “Ma quale attore, ci vado io a fare lo spot!”. La stessa reazione di  Fabrizio Podini. Un’ossessione, quella della buona spesa, tradotta poi in un brand per una linea di prodotti a marchio del distributore. 150 prodotti per la spesa quotidiana, sugli scaffali degli oltre 800 punti di vendita MD a partire da Pasqua 2024 con l’obiettivo di offrire la migliore qualità al giusto prezzo”.

A dimostrazione di come più che il formato e le discussioni che si trascina dietro conta la capacità di comprendere al “meglio possibile il momento storico e il cambiamento della domanda in evoluzione con il contesto economico” come ha dichiarato  Giuseppe Cantone, direttore commerciale di MD.

Fabrizio Podini oggi  compie 85 anni ed è ancora in campo a competere, non solo con Eurospin ma con due Amministratori Delegati veramente in gamba, uno davanti e uno (per ora) ancora dietro, come Massimiliano Silvestri di LIDL e Michael Gscheidlinger di ALDI che insieme superano di poco la sua età e che interpretano con le loro aziende le traiettorie future del formato nel mondo. Lui resta uno dei migliori interpreti del presente. Non ha sbagliato  praticamente nessuna mossa. Mentre Eurospin punta sull’intelligenza di chi deve fare la spesa, Lidl alle nuove generazioni, Aldi ai nuovi modelli di consumo e Penny al risparmio, MD  mette in campo un modello nazional popolare ingaggiando fin dal 2017, Antonella Clerici subentrata a Massimo Ranieri. Un altro tassello del suo successo. Leggi tutto “Patrizio Podini e gli auguri della sua MD …”

Perché Marca 2024 è stato un successo per la Grande Distribuzione

La domanda è legittima e in molti se la stanno ponendo. A cosa è dovuto il notevole successo di Marca 2024 in quel di Bologna? Per capirlo occorre fare qualche passo indietro. Per chi non vive quotidianamente il settore, la Grande Distribuzione è semplicemente l’insegna maggiormente frequentata come cliente e cosa si mette nel carrello della spesa. Nelle sue dinamiche interne è, al contrario, un mondo dove tutti si conoscono, si passa professionalmente da un’insegna all’altra, ci si vede ai convegni dove si parla di tutto ma poi si torna a lavorare come sempre. Alcuni piccoli imprenditori sono passati dalla penna dietro l’orecchio al Suv ma restano quelli che sono sempre stati. Altri si industriano, si associano, si alleano e crescono. Si fatica però a superare una certa soglia di fatturato. Pochi hanno una dimensione multi regionale. Le leadership sono essenzialmente locali. Il grande pubblico oltre a conoscere le insegne quando fa la spesa filtra il comparto attraverso gli spot di Conad, Lidl, MD e pochi  altri. O le inchieste delle associazioni  dei consumatori. Il settore, la comunicazione  e la  business community vivono dinamiche e liturgie proprie. Hanno un loro linguaggio. Si parlano addosso.

In quello che sembra un  “piccolo” cortile  dove non succede mai nulla di rilevante accadono tre fatti che lo scuotono dalle fondamenta. Innanzitutto la pandemia. Nella confusione generale che si determina i punti vendita della GDO diventano un servizio sociale. Un punto di riferimento della comunità. Si fanno trovare tutti pronti, perdono la caratteristica di insegna e acquisiscono uno status differente. Le cassiere vengono addirittura paragonate al personale medico  per l’abnegazione messa in campo e nonostante i rischi per la loro salute. La spesa per milioni di persone diventa l’unico momento di svago. Ci si mette in fila anche dove non ci si era mai avventurati. Si scoprono i discount e le insegne diverse da quelle abituali. 

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Mercadona. Il coinvolgimento dei lavoratori su obiettivi di redditività soddisfa azienda, clienti e lavoratori…

Quando le insegne italiane organizzano tour all’estero di solito vanno per osservare i punti vendita, la merce sui lineari, le politiche commerciali seguite. Pochi chiedono il livello retributivo e di soddisfazione del cosiddetto “cliente interno”. E spesso, alla base degli ottimi risultati raggiunti, c’è anche il trattamento complessivo degli addetti. “L’essenziale è invisibile agli occhi” e l’essenziale è spesso chi, con il proprio lavoro, contribuisce al successo dell’insegna e rappresenta l’azienda agli occhi del cliente.

Da noi la scelta è sempre stata contraddittoria. Se osserviamo il comparto nel suo insieme vince il “paternalismo” nella gestione del personale. Nelle insegne piccole e medie prevale un modello che vede nell’imprenditore e, a volte, nell’impegno diretto di alcuni suoi famigliari, il perno della gestione dei collaboratori. D’altra parte lavorare con un imprenditore che ha intuito commerciale e visione del business, ma spesso non ha alcuna formazione specifica nella gestione delle persone, modella un sistema relazionale difficile da cambiare. Intorno a chi decide si creano gerarchie il cui scopo è di garantire il risultato  mettendo, a volte, i problemi di gestione sotto il tappeto. Nella strutture di vendita, soddisfare le esigenze e le volontà di chi sta sopra prevale sempre sulla necessità di ascoltare chi sta sotto. Spesso le contraddìzioni nascono proprio da questo. 

In Italia poche realtà credono nella contrattazione aziendale intesa come strumento di condivisione degli obiettivi aziendali, soddisfazione dei propri collaboratori e quindi di miglioramento complessivo del clima aziendale.  Qualcuna, poco più delle dita di una mano, rappresenta il meglio del comparto. La stragrande maggioranza delle insegne gestisce unilateralmente il lavoro più o meno  in linea con quello che prevedono i diversi CCNL.  Infine c’è chi, soprattutto al sud, ha fatto ricorso a contratti locali che derogano alcuni istituti dei contratti nazionali più rappresentativi. Lo scopo evidente è, attraverso questi contratti laschi, spostare parte del rischio di impresa sul lavoro (part time involontario, tempo determinato, sotto inquadramento, ore pagate vs. ore la orate, ecc. ). Non è così dappertutto ma è evidente che questo crea una situazione di concorrenza sleale tra insegne.

E così, mentre da noi, associazioni datoriali e sindacati si “accapigliano” sul rinnovo del CCNL scaduto  e sull’aumento previsto dall’IPCA (indice dei prezzi al consumo) nel mese di dicembre, la più importante catena di supermercati spagnola, Mercadona, ha concordato con i sindacati un aumento dei salari del 6%, fino al 2028 in parte automatico e in parte legato alla soddisfazione  di  determinati obiettivi di redditività dell’insegna. La misura entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 e durerà cinque anni, fino al 2028. Leggi tutto “Mercadona. Il coinvolgimento dei lavoratori su obiettivi di redditività soddisfa azienda, clienti e lavoratori…”