Amazon. Un passo indietro per farne due in avanti…..

Personalmente non condivido le valutazioni  di  alcuni osservatori  per il presunto stop alla tecnologia Just Walk Out di Amazon. In realtà sta lasciando la gran parte degli Amazon Go per essere adottata in altri contesti. Andy Jassy il CEO che guida il colosso di Seattle ha ingaggiato l’ex Tesco Tony Hoggett SVP Worldwide Physical Stores & Speciality Fulfilment e il suo team proprio per ridare slancio e nuova identità  all’azienda nella quale l’utilizzo delle singole tecnologie adottate sono parte di un ripensamento perché devono inserirsi in un  disegno complessivo.

Hoggett è stato chiarissimo: “In Amazon, dedichiamo molto tempo ad ascoltare i clienti per capire i loro desideri e le loro esigenze e poi utilizziamo il loro feedback per semplificare loro la vita. Una cosa che i clienti ci hanno detto che apprezzano molto è la possibilità di uscire rapidamente quando acquistano un piccolo numero di articoli, senza dover fare la fila. Nei negozi più grandi, preferiscono la funzionalità del Dash Cart, con la possibilità di utilizzare uno schermo sul carrello per individuare gli articoli e ricevere esperienze di acquisto personalizzate, il tutto monitorando i vantaggi  e le spese in tempo reale. Ognuna di queste tecnologie offre ai nostri clienti un’esperienza di acquisto diversa, ma entrambe risolvono l’annosa lamentela che tutti hanno: alle persone non piace aspettare in fila. Indipendentemente dal fatto che si tratti di ritirare rapidamente alcuni articoli o di fare la spesa settimanale per la famiglia, sia Just Walk Out che Dash Cart offrono la comodità che i clienti apprezzano, motivo per cui continuiamo a investire in entrambe le tecnologie, che si tratti di Just Walk Out nei nostri negozi Amazon Go negli Stati Uniti e Amazon Fresh nel Regno Unito.  o il Dash Cart, in arrivo in tutti i negozi Amazon Fresh degli Stati Uniti”.

Il rapporto apparso su Business Insider afferma che i lavoratori indiani di Amazon avrebbero dovuto rivedere circa 700 transazioni su 1.000 nel 2022,  cosa relativamente frequente nel mondo dell’AI . Amazon ha chiarito  che i dipendenti  hanno il compito di annotare i dati di acquisto reali e generati dall’intelligenza artificiale per migliorare il sistema Just Walk Out, non di gestire tutto attraverso una specie di occhio di Sauron (tipo Signore degli Anelli) che controlla tutto e tutti. “Questo non è diverso da qualsiasi altro sistema di intelligenza artificiale che attribuisce un valore elevato alla precisione, dove i revisori umani sono comuni”, scrive nel post Dilip Kumar, vicepresidente di AWS Applications. Ma tant’è. Come ricorda Fabrizio de André in Bocca di Rosa: “Una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca..”.

In realtà, se oggi parliamo di innovazione tecnologica  nel retail, lo dobbiamo in grande parte ad Amazon. Tanto di ciò con cui ci confrontiamo  è nato a Seattle e dintorni e che, comunque la si pensi,  resta la realtà  trendsetter sul tema. Nell’idea di ecosistema unichannel del gigante di Seattle ripensare complessivamente all’esperienza di acquisto era e resta uno degli obiettivi principali. Tra  inseguire colossi del retail USA con decenni di esperienza sulle spalle, sul loro terreno e provare a cambiare il campo da gioco rendendolo scomodo alla concorrenza, la scelta per Amazon era obbligata. Per questo sono convinto che alcuni  commentatori confondano il necessario passo indietro su un aspetto del percorso (l’applicazione della tecnologia Just Walk Out in ogni formato distributivo) con il tramonto di quel disegno. In realtà, è l’esatto contrario.  Leggi tutto “Amazon. Un passo indietro per farne due in avanti…..”

ALDI negli USA rilancia sull’innovazione tecnologica

Il tempo passato in fila alle casse dei punti vendita  è stato valutato negli USA equivalente a 33 giorni di vita per chi fa la spesa. Troppi. Amazon si è mossa per prima,  circa dieci anni fa (per poi aprire il suo primo store nel 2018 Amazon GO) cercando di trovare una risposta tecnologica  ad un problema semplice: ai clienti in ogni parte del mondo  non piace fare la fila alle casse. Da questa idea di fondo si sono sviluppate diverse tecnologie in diverse parti del mondo. Tutte ancora work in progress.

Non si sono ancora placate le (inutili) polemiche dei conservatori nostrani  sul rallentamento della tecnologia di Amazon, Just Walk Out che ALDI USA rilancia. Insieme a  Grabango  hanno implementato ALDIgo in un punto vendita suburbano dell’area di Chicago, rendendo così ALDI il primo retailer a proporre la tecnologia checkout-free in un negozio full-size esistente. Il negozio si trova al 2275 West Galena Blvd., Aurora, Illinois, un sobborgo di Chicago. Questa volta quindi tocca ai clienti Aldi saltare la fila.

Il sistema proposto da Grabango è stato implementato senza apportare alcuna modifica al planogramma o ai display dei prodotti del negozio e la tecnologia, che utilizza la IA per identificare e tracciare ogni articolo nel negozio, consente agli acquirenti di andarsene senza aspettare in fila o scansionare gli articoli. Un altro passo in avanti. Questa sarebbe la vera novità.  “Il lancio di ALDIgo è un passaggio  cruciale per il retailer”, ha affermato Will Glaser, CEO di Grabango con sede a Berkeley, in California. “Anche se veramente impegnativo, era importante per noi lanciare questa tecnologia in un negozio classico, e non uno appositamente costruito per noi. ALDI è uno dei retailer più innovativi al mondo e siamo onorati di collaborare con loro per dare ai loro acquirenti un nuovo modo di fare acquisti nel negozio.”

“È entusiasmante vedere la funzionalità senza cassa in uno dei nostri negozi”, ha affermato Eric Traxler, Vice President IT di ALDI USA. “ALDI è alla continua ricerca di nuovi modi per essere innovativi e fornire un’esperienza di prim’ordine ai nostri acquirenti, e ALDIgo ne è un ottimo esempio.” Il sistema Grabango è stato quindi implementato in un negozio ALDI esistente senza la necessità di apportare modifiche al planogramma del negozio o all’esposizione dei prodotti. La tecnologia, che utilizza l’AI per identificare e tenere traccia di ogni articolo nel negozio, consente agli acquirenti di uscire dal negozio senza attendere in fila o scansionare gli articoli. I clienti quindi acquistano presso ALDI come fanno normalmente per la spesa settimanale, compresa carne fresca e pesce, prodotti biologici, alimenti di base e tutti i prodotti ALDI. Non ci sono scaffali speciali, carrelli o cancelli all’ingresso. Al termine, gli acquirenti possono pagare con la propria carta di credito o debito o con l’app Grabango, presso la stazione di pagamento Grabango vicino all’uscita. In alternativa, gli acquirenti hanno ancora la possibilità di effettuare il check-out presso una cassa  tradizionale.
Leggi tutto “ALDI negli USA rilancia sull’innovazione tecnologica”

PAM cresce nel franchising grazie a Prampolini…

In una recente intervista a Angelo Frigerio di Alimentando Donatella Prampolini non si è tirata certo indietro quando il direttore le ha chiesto: “Ci sono giunte voci che vorresti prendere il posto in Confcommercio del presidente Sangalli…” Guarda, ha subito risposto: “Carlo Sangalli sta guidando l’associazione da anni e spero continui a farlo ancora per molto tempo. E’ chiaro che l’idea di crescere in Confcommercio mi alletta. Ma per ora è solo un sogno nel cassetto. Sono 20 anni che sono nell’associazione, ho fatto la gavetta, ho percorso tutte le tappe. E’ normale che una persona possa anche aspirare ad altro”…

Era successo anche nel 2014 quando, candidata  sindaca di Reggio Emilia per succedere a Graziano Del Rio, paragonandosi addirittura a  Guazzaloca pensava di poter vincere. Prese il 13,3%. Più o meno gli stessi voti che prenderebbe oggi in Confcommercio. Bisogna dire che non è certo l’ambizione che manca a Donatella Prampolini. In Confcommercio però credo tocchino ferro. Prampolini non è balzata recentemente agli onori della cronaca nonostante la firma del CCNL del Commercio. Aver chiuso cinque anni  di tira e molla sulla testa di qualche milione di addetti non sono bastati. Probabilmente   alcune  incertezze evidenti di leadership nella conduzione del negoziato sono state vissute con fastidio anche in Piazza Belli.

Alle cronache ci arriva per la partnership con PAM dove due suoi negozi  a Casalgrande (RE) e a Gossolengo (PC) gestiranno in franchising, l’insegna di Spinea. Nulla da dire  come piccola imprenditrice. È il suo mestiere. In questi anni ha dimostrato di saperlo fare. L’obiettivo  credo sia di  mettere a fattor comune quello che può produrre in termini di offerta commerciale una realtà come  Pam Panorama con la capacità dell’imprenditore di interpretare correttamente le esigenze di un mercato locale e di prossimità.

Pam Panorama, società che opera con le insegne Pam, Panorama, Pam local e Pam City con oltre 600 punti vendita  tra diretti, in franchising e in master franchising sono presenti in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Puglia e Campania. Andrea Zoratti Direttore Generale PAM Panorama è un manager serio e lungimirante di notevole esperienza in GDO. “Siamo entusiasti ed onorati che imprenditori ed imprenditrici di grande esperienza e tradizione nel settore della Gdo ci abbiano scelto come partner per sviluppare il proprio business.” ha dichiarato. “Questo tipo di partnership ci permette di valorizzare le relazioni tra imprese, imprenditori e territorio, producendo un valore aggiunto superiore alla somma delle singole competenze. Rappresenta inoltre un forte segnale di fiducia nella solidità ed affidabilità della nostra azienda e valorizza l’eccellenza e innovazione dei nostri servizi oltre ad una gamma di prodotti di qualità ampia e a prezzi sempre convenienti senza tralasciare l’offerta dei prodotti a marchio davvero ampia ed in grado di soddisfare le mille esigenze del mercato.”

Leggi tutto “PAM cresce nel franchising grazie a Prampolini…”

Belgio. L’usato è garantito da…. Carrefour.

Sarà mèta del mio prossimo viaggio a Bruxelles. Abitandoci mia figlia è una città che frequento spesso. E, ovviamente, non manca mai un “tour GDO” alla ricerca di novità. Il Belgio è un crocevia interessante per la pluralità di consumatori e di insegne e quindi  adatto a sperimentazioni. Dopo quella sul franchising Delhaize (https://bit.ly/3TiQtpK) e quelle su Carrefour BuyBay (https://bit.ly/3TnV1vw) adesso toccherà a Carrefour Reeborn. Da “semplice” APP a luogo fisico il passo è stato breve.

Il nuovo pop-up Carrefour aperto il 18 aprile offre uno spazio di coworking con wifi gratuito, caffè e un distributore automatico Carrefour Buybye per fare acquisti grab&go. Il negozio situato in 313 Chaussée d’Ixelles a Ixelles è aperto dal giovedì alla domenica, dalle 11:00 alle 18:00, fino al 15 settembre. Spesso gli esperti lamentano il fatto che la GDO subisca l’iniziativa altrui. Dall’industria, dalla logistica e dall’online. Carrefour si smarca facendo propria una battuta di Olivier Dauvers che ne ha accompagnato il lancio dell’app Reeborn l’autunno scorso: “Toujours feindre d’organiser un phénomène plutôt que de le subir”. (meglio fingere di organizzare un fenomeno piuttosto che subirlo).

L’applicazione è stata lanciata  a settembre dell’anno scorso. L’obiettivo prospettato allora da  Arnaud Lesne Director of Innovation & Partnerships Carrefour Belgium,  era di consentire agli utenti di individuare  “buoni affari” nelle scorte di magazzino  dei negozi Carrefour ma anche comprare e offrire articoli di seconda mano. Carrefour aggiunge ad  ogni transazione punti bonus e, gli utenti privati, hanno la possibilità di ricevere una parte dell’importo della vendita in punti bonus che potranno essere  utilizzati per fare la spesa al Carrefour. Una applicazione con cui Carrefour punta ad attirare un pubblico nuovo e più giovane e fidelizzare i clienti esistenti.

“Carrefour Reeborn offre una soluzione semplice per uno stile di vita più sostenibile ed economico”, aveva affermato  Lesne  al lancio dell’APP. “Attraverso una piattaforma user-friendly per acquistare e vendere oggetti di seconda mano, contribuiamo a ridurre l’impatto sull’ambiente e offriamo vantaggi esclusivi ai nostri clienti.” Carrefour Reeborn  era  già stata oggetto di un “soft launch” interno in versione web per i dipendenti di Carrefour.

Leggi tutto “Belgio. L’usato è garantito da…. Carrefour.”

Grande Distribuzione e logistica. Il dovere di ricostruire una credibilità reciproca.

Nell’atto prodotto dai Pubblici Ministeri milanesi Marcello Viola e Paolo Storari c’è un lungo elenco di indagini dello stesso genere che hanno portato a sequestri e iniziative giudiziarie nei confronti di aziende della logistica, della grande distribuzione, del facchinaggio e anche della vigilanza privata, tra cui diversi colossi nei rispettivi settori. L’obiettivo contestato a numerose società, è di aver costituito o utilizzato  false cooperative e società schermo per sottopagare il personale della logistica, non aver versato interamente i contributi sociali dovuti ed aver evaso il fisco grazie anche a un “fraudolento giro di fatture false”.

Nell’ultimo caso che ha coinvolto GS-Carrefour, secondo il procuratore Marcello Viola,  sarebbe stato rilevato che i rapporti di lavoro con GS “sono stati ‘schermati’ da società ‘filtro’ che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative (società ‘serbatoio’), che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’IVA, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale” ai lavoratori. Una cosa ovviamente gravissima se dimostrata in questi termini.

Quello che, solo il processo potrà accertare, è il grado di coinvolgimento e di responsabilità reale del committente nelle contestazioni. Ho già avuto modo di scriverlo. Con le tensioni della logistica in rapporto alla GDO  ho avuto a che fare fin dal 2005. Sono passati quasi vent’anni. Ed è cambiato poco. Non ricordo la quantità di notti passate a Lacchiarella per certificare  che alcune cooperative con cui avevamo un rapporto, che per noi era assolutamente corretto, sostituissero lavoratori regolari contrattualizzati e certificati con irregolari in nero dopo una certa ora. Cercando di operare a totale insaputa dell’azienda committente con lo scopo evidente di risparmiare sui costi della mano d’opera. La mia cautela di giudizio nasce da qui.

Ci sono responsabilità soggettive e precise che vanno dimostrate. Dire assolute banalità come: ”Non potevano non sapere”, significa non avere nessuna contezza della natura del  fenomeno. E soprattutto di come spesso funzionano gli appalti nella logistica.  Secondo la ricostruzione tra il 2018 e il 2022, in particolare, GS spa avrebbe “fatto largo ricorso all’esternalizzazione dei servizi di logistica, movimentazione merci, facchinaggio e trasporto”.

Leggi tutto “Grande Distribuzione e logistica. Il dovere di ricostruire una credibilità reciproca.”

Grande distribuzione tedesca. In Assia tutti i negozi devono restare chiusi la domenica. Il caso Tegut.

Premesso che il riposo dei robot non c’entra nulla. Che si tratti di negozi robotizzati o con personale umano, la maggior parte degli esercizi commerciali in Germania deve essere chiusa la domenica. La “sonntagsruhe” (il riposo domenicale) deve essere rispettata anche se, quel giorno,  non ci sono lavoratori in servizio.  Tre giudici del il tribunale amministrativo dell’Assia hanno confermato questo divieto. Per loro il piccolo self-service si qualifica come “negozio” e quindi,  secondo la legge tedesca, deve rispettare la legislazione sugli orari di apertura e di chiusura. Pur valendo solo per l’Assia è una sentenza che fa riflettere.

Stiamo parlando della principale regione finanziaria dell’Europa continentale. Uno dei Land più prosperi della Germania. Negli ultimi tre decenni, la Germania aveva già abbandonato la maggior parte delle restrizioni che, fino al 1996, costringevano i negozi a chiudere alle 18.30 nei giorni feriali. Il divieto domenicale, tuttavia, è stato mantenuto in vigore per la maggior parte delle aziende, ad eccezione di ristoranti, stazioni di servizio, chioschi e farmacie. Altre insegne in altri land hanno  aggirato il divieto proprio con i chioschi. (vedi articolo su Rewe). In Assia, no.

Il divieto al lavoro domenicale in Germania  risale a  più di 1.700 anni fa ed è stato decretato dall’imperatore romano Costantino il Grande. Il riposo domenicale  è poi stato sancito nella costituzione tedesca dal 1919 ed è stato confermato dalla Corte Costituzionale in una sentenza del 2009. Su questo tema si sono trovati in sintonia sia le Chiese protestante che quelle cattoliche  insieme ai sindacati tedeschi del commercio (la Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft (“Unione dei sindacati del settore dei servizi”), abbreviata in VER.DI, l’equivalente dei nostri tre sindacati di settore (Filcams-Uiltucs e Fisascat). Circa 2 milioni di iscritti. Più del triplo dei nostri messi insieme. VER.DI è il secondo sindacato più grande della Germania dopo l’IG Metall (metalmeccanici). Un’insolita alleanza per impedire le   aperture domenicali in generale,  non solo dei negozi automatici. A marzo, l’alleanza ha addirittura incoraggiato i pastori a criticare, nei loro sermoni settimanali, le paventate aperture  in un Paese in cui l’appartenenza alla chiesa è diminuita di un quarto negli ultimi due decenni e solo un cittadino su 20 partecipa alla messa domenicale.

È  probabile che entro pochi mesi la sentenza del TAR  del land dell’Assia venga riformata e il divieto al lavoro domenicale, almeno nei negozi automatici,  sia destinato a rientrare. “La legge attuale è completamente in contrasto con la realtà della vita di oggi”, ha detto Stefan Naas, capo del gruppo parlamentare liberale FDP in Assia che si sta muovendo per aggirare la normativa. La battaglia legale è stata innescata dal sindacato tedesco del settore dei servizi Verdi dopo l’apertura del primo negozio automatizzato a Fulda quattro anni fa. Il sindacato si oppone allo shopping domenicale, sostenendo che il personale di vendita al dettaglio, che deve già fare i conti con orari di lavoro altamente flessibili durante il resto della settimana, ha bisogno della domenica come giorno libero garantito per trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici.
Leggi tutto “Grande distribuzione tedesca. In Assia tutti i negozi devono restare chiusi la domenica. Il caso Tegut.”

Riprendere un confronto di Filiera con l’obiettivo di tutelare i consumi.

Un incontro interessante quello proposto da IBC, Associazione Industrie Beni di Consumo che riunisce aziende attive in Italia e all’estero nei settori alimentare, bevande, prodotti per la cura dell’ambiente domestico e della persona, tessile e abbigliamento, arredo, prodotti e accessori per la casa. Oltre 35.000 imprese che generano un fatturato al consumo stimato di circa 450 miliardi di euro. Il numero di occupati (28% del totale dell’industria in senso stretto) è pari a 1,1 milioni, di cui 495 mila nel comparto grocery.

Marta Dassù, senior advisor for European affairs di The Aspen Institute e Veronica De Romanis, docente di European Economics all’Università Luiss,  hanno proposto approfondimenti sul quadro geopolitico ed economico. È toccato all’economista  Veronica De Romanis spiegare il contesto e i margini di manovra per il nostro Paese che restano molto stretti. Una crescita che rallenta e una spesa, per interessi sul debito, che è passata dai 63 Mdi (2021) ai 130 previsti per il 2026 secondo il Nadef. Una cifra enorme se si pensa che spendiamo 70 mdi per la scuola e 130 per la sanità. Due assolute priorità per il Paese.

Flavio Ferretti Presidente Ibc ha giustamente sottolineato che “da una parte la volatilità dei costi dovuta all’incertezza del quadro geopolitico-economico e la debolezza del potere d’acquisto delle famiglie. Dall’altra la difesa dei margini e l’esigenza di continuare a investire nella digitalizzazione e nello sviluppo sostenibile” rendono necessarie politiche industriali che favoriscano la crescita della produttività, lo sviluppo dimensionale delle aziende, gli investimenti nel digital e per la sostenibilità”. E ha ribadito che: “centrale è il rilancio del tavolo di filiera creato lo scorso autunno. Adesso è indispensabile entrare rapidamente nel merito dei problemi, analizzando le dinamiche e individuando le soluzioni migliori per sostenere e rafforzare la competitività delle nostre imprese a beneficio della crescita e della creazione di benessere nel Paese”.

Le azioni, individuate sulla base di una gap analysis svolta dal Politecnico di Milano e condivise con Assologistica, sono ripartite in tre ampi capitoli d’intervento:

• Normative. In quest’area rientrano: la semplificazione urgente degli iter autorizzativi per la realizzazione di nuove infrastrutture logistiche, l’armonizzazione delle normative locali e la semplificazione dei processi doganali. I contratti di lavoro dovrebbero evolvere per favorire la flessibilità, le assunzioni e garantire il pieno rispetto delle regole a tutela dei lavoratori.

. Digitale. La digitalizzazione avrebbe effetti positivi sulla trasparenza della filiera, sulla concorrenza, sul dialogo telematico tra imprese e sullo svolgimento dei controlli delle autorità competenti. La dematerializzazione dei documenti è considerata un fattore decisivo per la riduzione dei costi. Oggi il 30% delle aziende è concentrato sulla digitalizzazione dei processi e delle documentazioni, manca ancora, tuttavia, un commitment pubblico che acceleri il cambiamento. Per esempio, promuovendo l’automazione dei centri distributivi.

• Filiera. Ibc sta intensificando la sua azione sugli associati per favorire l’adozione su vasta scala delle soluzioni e dei progetti messi a punto congiuntamente dalle imprese industriali e distributive nell’ambito di GS1 Italy ed Ecr Italia. Negli ultimi dieci anni l’impegno delle imprese del largo consumo nell’ottimizzare e migliorare la logistica ha prodotto: miglioramenti per un valore di circa 160 milioni di euro; 450.000 viaggi evitati ogni anno grazie all’incremento delle unità di carico intere, della saturazione dei mezzi e della percentuale di bilici usati; una riduzione di 97.000 tonnellate di CO2 l’anno. Tra gli obiettivi prioritari GS1 Italy ha identificato l’ottimizzazione delle consegne attraverso attività che vanno dall’adozione di un servizio di Digital Proof of Delivery e della consegna certificata, all’allargamento delle finestre di carico e scarico, alla revisione dei sistemi di prenotazione.

Leggi tutto “Riprendere un confronto di Filiera con l’obiettivo di tutelare i consumi.”

Contratto Nazionale Distribuzione Moderna. Occorre uscire dall’angolo

L’uscita di Lidl da Federdistribuzione si era consumata da pochi minuti che già si è rimessa in moto la manfrina sulle responsabilità della situazione. Mentre il sindacato di categoria ribadisce la “distanza incolmabile” proclamando nuovi scioperi, Federdistribuzione sottolinea in un comunicato  di “avere già espresso la propria disponibilità a riprendere la trattativa ribadendo  che la propria posizione negoziale è sempre stata costruttiva”.  Così però non se ne esce.

L’occasione di questo  rinnovo avrebbe dovuto confermare un momento di convergenza, di unità e di rilancio dell’intera GDO  sul piano politico e sociale pur essendo ancora “dispersa” in ben quattro contratti nazionali. Ci hanno provato Confcommercio e Confesercenti procedendo appaiate fino alla meta, ci ha rinunciato, purtroppo,  Federdistribuzione.  La cooperazione, considerato il contesto, si è intelligentemente  smarcata riuscendo  comunque a realizzare un contratto dignitoso nonostante ci sia da sempre chi  cerca di tenerla ai margini di un percorso unitario per la sua cultura costitutiva. Un errore grave, visti i tempi, le problematiche gestionali e di mercato,  ormai comuni.

Se consideriamo  una sostanziale condivisione e integrazione del welfare già in atto tra le aziende che fanno capo a Confcommercio e quelle che fanno capo a Federdistribuzione (welfare sanitario,  Quadrifor e Previdenza) il processo di avvicinamento avrebbe potuto continuare sul salario e, appunto, sul welfare, gestiti a livello confederale,  e un sottostante specifico gestito dalle diverse associazioni presenti nei  singoli comparti stessi che, nel terziario, sono vari e molto diversi tra di loro. Per fare questo sarebbe stata necessaria una visione e un gruppo dirigente sia in Confcommercio che in Federdistribuzione che sapesse andare oltre l’orizzonte delle rispettive appartenenze con disponibilità e generosità.  Inutile sottolineare che alcune centrali di acquisto della GDO hanno al proprio interno insegne che applicano contratti di lavoro dell’una o dell’altra associazione senza particolari problemi. Alcune altre, addirittura, accettano, al loro interno,  contratti nazionali costruiti localmente su misura…

In fondo l’entrata di Conad in Confcommercio con la vice presidenza a Francesco Pugliese e l’elezione di Carlo Alberto Buttarelli in Federdistribuzione avevano fatto pensare che i tempi di una convergenza, utile all’intero comparto, fossero ormai maturi. Quasi tutte le grandi insegne, in via riservata, mi avevano confermato questa precisa volontà di puntare ad una prospettiva di riunificazione associativa della GDO. E se questo ha funzionato con l’interlocuzione unitaria su altri temi (vedi ADM) e con il Governo, sull’inflazione,  non è riuscita a decollare sul piano della strategia sociale per la mancanza di lucidità di un intero gruppo dirigente sulla materia che ha preferito continuare a ritenere il sindacato di categoria come un semplice portatore di costi e le relazioni industriali come un “derivato inevitabile”  della gestione del personale delle singole aziende.  Non come un tassello di un contesto  complessivo che andava mutando. 

Lidl ci ha messo poco a capire la fragilità e la complessità decisionale di Federdistribuzione. È bastato ascoltare  i CEO delle diverse insegne quando si  misurano  sul lavoro, sul sindacato, sulle prospettive nel comparto  e ha preferito andarsene. Conad, in Confcommercio, vive più o meno la stessa situazione da separato in casa. La differenza è che Conad era ed è più “strutturata” e autonoma  sul piano politico, più considerata in Confederazione per il suo peso a livello locale e quindi più abituata ad assorbire le contraddizioni di un mondo che vuole associare le imprese ma non ne apprezza il protagonismo. Come ho già scritto un contratto nazionale richiede capacità di sintesi complesse.  Non è un contratto aziendale un po’ più grande per cui è sufficiente la competenza dei pur bravi direttori risorse umane. Serve una visione politica complessiva e la conseguente capacità di operare sintesi autorevoli nei passaggi chiave. Altrimenti si pesta l’acqua nel mortaio. Soprattutto non  possono prevalere le tattiche  di singole realtà sugli interessi complessivi dell’associazione.

Federdistribuzione non ha torto quando rivendica  una “distintività” del suo CCNL.  Il suo comitato lavoro (composto  dagli HR)  ha però avuto cinque anni per costruirla e non ha fatto  nulla. Per questo passa dalla parte del torto quando la pretende oggi dal sindacato  senza voler concedere nulla sui temi socialmente sensibili. Così facendo dimostra che non c’è né la volontà condivisa né la capacità di sintesi  politica per chiudere un  contratto nazionale veramente “distintivo” per ENTRAMBE le parti. Scambiare  l’innovazione necessaria con il proprio punto di vista è un po’ poco di questi tempi. In più  deve gestire la contraddizione tra le insegne più impegnate sul fronte dello sviluppo delle loro risorse umane con l’ossessione di altre che vogliono utilizzare la sponda del CCNL per evitare di dover dare risposte nel loro specifico organizzativo, dal franchising al lavoro povero indotto dal part time involontario, alle declaratorie liberamente interpretate fino ai sub, sub appalti. Ed è questo  che ha neutralizzato qualsiasi velleità nel definire una “distintività” condivisa con le organizzazioni sindacali.  Ancora di più, in questa situazione dove,  l’aspetto economico,  è già stato di fatto, individuato da Confcommercio e Confesercenti e condiviso nelle dichiarazioni ufficiali da Federdistribuzione.  Un’impasse nella quale non sarà facile districarsi senza un deciso passo indietro. Come peraltro ha fatto Confcommercio.

Leggi tutto “Contratto Nazionale Distribuzione Moderna. Occorre uscire dall’angolo”

Grande Distribuzione. Famila (Selex) prova a crescere con ritmo…

Spero venga colto anche da altre insegne della GDO alla ricerca di pubblicità particolarmente distintive. Tra quelle cervellotiche che vogliono veicolare messaggi universali, quelle un po’ banalotte che inneggiano al prezzo che più basso non si può, finalmente Selex dopo aver proposto spot ansiogeni in tempi di inflazione, sceglie la leggerezza. C’è troppa pesantezza in giro.

Se anche il piacere di fare la spesa scompare perché siamo costretti ad  una specie di “caccia al tesoro” alla ricerca della convenienza tra facce cupe, uomini mascherati e ragionieri  barbuti ossessionati dal risparmio, è proprio finita. Almeno i discount giocano sulla concessione della patente di  intelligenza ai loro frequentatori, sulla qualità da provare della loro MDD o sulla “Buona Spesa”. Da semplice consumatore che  non ama perdere tempo per fare la spesa preferisco luoghi semplici, trasparenti nelle loro politiche commerciali, con personale disponibile e messaggi positivi.

Famila ha scelto di portare un po’ di  ritmo nei suoi supermercati con “We are Famila – Tutta un’altra musica” (il nuovo spot) adattando  un brano di successo del 1979 delle Sister Sledge. In fondo dopo la pandemia, l’inflazione, la guerra ai confini e i conti che non tornano se anche il semplice entrare in un supermercato diventa un’impresa complicata e dispensatrice d’ansia non se ne può proprio più. In questo spot  nelle corsie, i clienti, diversi per età, etnia, orientamento, genere e comportamento ballano e cantano. Sono sereni.  La spesa può ritornare quindi  ad essere un piacere quotidiano. Almeno nelle intenzioni.

La nuova comunicazione porta la firma creativa del Collettivo +m, con la direzione di Giovanni Bedeschi e la casa di produzione Bedeschi Film. La pianificazione è stata seguita da Geotag Milano. “Famila ha incrementato il budget pubblicitario rispetto agli anni precedenti, arrivando a circa 3-4 milioni di euro. Noi, come Selex, stiamo invece investendo circa 12 milioni di euro complessivi in comunicazione su vari canali” ha dichiarato Massimo Baggi Direttore Marketing del Gruppo Selex.

Leggi tutto “Grande Distribuzione. Famila (Selex) prova a crescere con ritmo…”

CCNL Federdistribuzione. Il paradosso del coccodrillo

Uno storico greco antico Diogene Laerzio ci ha lasciato una delle spiegazioni più interessanti del “paradosso del mentitore”. “Sul Nilo un coccodrillo afferra un bambino che gioca sulle rive; la madre del piccolo si dispera e implora il coccodrillo di restituirle il figlio. Il  coccodrillo replica alla madre disperata: “Se indovini quello che farò, ti restituirò il bambino. Altrimenti lo mangerò”. La madre allora dice al coccodrillo: “Mangerai mio figlio”. Se la madre ha detto il vero, se ha cioè indovinato che il coccodrillo mangerà il bambino, allora in questo caso il coccodrillo dovrà restituire il bimbo. Ma se il coccodrillo restituisce il bimbo, significherebbe che non lo ha mangiato, e quindi la donna non avrebbe indovinato e non potrebbe riavere il figlio. Risultato: in tutti i casi, se la madre dice “tu lo mangerai”, non potrà mai riavere il piccolo se il coccodrillo mantiene la promessa. Né il coccodrillo può mangiarlo”.

L’Articolo 258 – condizioni di concorrenza appena firmato da Confcommercio e i sindacati di categoria fa parte di questo filone filosofico. “…Le parti condividono che gli aumenti contrattuali definiti dal CCNL Terziario, Distribuzione e servizi in quanto Contratto nazionale maggiormente applicato nell’intero settore terziario (secondo i dati dei codici contratto INPS e i dati delle iscrizioni ai fondi nazionali di assistenza sanitaria integrativa costituiti dalle parti) sottoscritto tra le parti stesse, debbano costituire una previsione non diversificabile in altri accordi collettivi di pari livello nazionale. La violazione della previsione di cui al capoverso precedente attraverso minori previsioni a valenza economica , contenuta in contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle parti firmatarie del suddetto contratto nazionale che insistano sulla sfera applicativa dello stesso verrà automaticamente recepita dal suddetto contratto nazionale.  Tale recepimento comporta l’interruzione delle obbligazioni retributive rimanenti in caso di maturazione parziale delle stesse fino al riallineamento ai suddetti valori”.

Questa frase è stata “imposta” da Confcommercio per evitare che il sindacato decidesse di fare “sconti” a Federdistribuzione come in passato. Ovviamente non considera che la frase stessa, proprio per le dinamiche che innesca, possa di fatto rappresentare essa stessa uno sconto in bianco sulle tranche future in caso di prolungamento sine die degli altri tavoli. Un banale autogol formale che non ci  si aspetterebbe da chi vanta la rappresentanza dell’intero terziario italiano. Mi spiego meglio.

Federdistribuzione ha deciso, dopo la rottura del tavolo da parte dei sindacati di categoria, di pagare comunque la prima tranche (delle 6 previste) nel prossimo mese di aprile (https://bit.ly/4az31yO) di ciò che prevede l’accordo firmato da Confcommercio. Lo scopo è evidente. “Convincere” i lavoratori delle insegne aderenti a Federdistribuzione della pretestuosità della proclamazione dello sciopero e che la rottura non è causata dalla rigidità delle insegne ma dai sindacati di categoria. Mossa sgradevole vista dai sindacati ma  assolutamente legittima. Leggi tutto “CCNL Federdistribuzione. Il paradosso del coccodrillo”