Contratto metalmeccanici. La firma nel Black Friday?

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Forse ci siamo. I prossimi giorni potrebbero essere decisivi per la conclusione del CCNL dei metalmeccanici.

Mi verrebbe da dire, dando corpo ad una facile ironia, che la scelta del 25 novembre, un venerdì, come possibile fine della corsa non è affatto casuale. Si tratta di un giorno particolarmente importante, soprattutto per i consumi. Il famoso Black Friday.
Negli USA ha sempre costituito un valido indicatore sia sulla predisposizione agli acquisti, sia indirettamente sulla capacità di spesa dei consumatori. Ed è tenuto in grande conto tanto dagli analisti finanziari che dagli ambienti borsistici statunitensi ed internazionali.

Il Black Friday indicherebbe quindi un giorno di grandi guadagni per le attività commerciali. In altri termini, un giorno importante per i consumi.

Da qui il legame significativo con i rinnovi contrattuali. Consumi e reddito sono un binomio inscindibile. E, nella formazione del reddito i contratti nazionali rappresentano, per molti, la certezza di poter mantenere, in tutto o in parte, il proprio potere di acquisto.

Quindi un giorno importante anche per il mondo del lavoro.

Questo venerdì in particolare perché ci indicherà, inevitabilmente, alcuni orientamenti di fondo condivisi sia dalle imprese che dai sindacati metalmeccanici che contribuiranno a segnare la qualità delle relazioni sindacali nei prossimi anni.

Senza dimenticare che una lettura attenta di ciò che produrrà questo negoziato ci dimostrerà che, su diversi temi, altre organizzazioni datoriali e sindacali hanno già precorso tempi e argomenti ma sui metalmeccanici pesa la loro storia che in larga parte è la storia di tutti e quindi le loro conquiste costituiscono, inevitabilmente, un punto di svolta riconosciuto e sottolineato dai media e dall’opinione pubblica coinvolta come particolarmente significativo.

Quello che resta da vedere e se, l’importanza di questa storia passata riuscirà ad andare al di là della pur significativa probabile firma unitaria per consentire all’intera categoria di affrontare gli inevitabili cambiamenti del lavoro, dei luoghi del confronto e del modello di relazione necessario oppure se, questo nuovo contratto, approfondirà gli ancora gravi limiti emersi nel dibattito e nelle strategie tra le differenti sigle sindacali.

Ma, soprattutto, tra le nuove esigenze delle imprese e delle persone e la capacità di interpretarle e di governarle delle diverse organizzazioni sindacali di categoria. Il vero “rinnovamento” passerà da qui più che dai testi scritti.

Per Federmeccanica è comunque una scelta coraggiosa e un investimento. È una scelta coraggiosa perché, di fatto, rinuncia a trascinare la vertenza in una palude in cui potrebbe rischiare di restarne impantanata.

Falchi e colombe incrocerebbero immediatamente le spade tra di loro mettendo fuori gioco la capacità di mediazione dell’associazione datoriale proprio mentre il Paese sta cercando, faticosamente, una sua via tra globalismo intelligente e populismo mediocre.

E questo non potrebbe non riflettersi anche su di una Confindustria in evidenti difficoltà di ruolo e di movimento. Esito positivo del referendum e accordo con CGIL, CISL e UIL sono due pesanti fiches messe sul tavolo dal Presidente Boccia. I risultati ne segneranno inevitabilmente la sua autorevolezza e il percorso che lo attende. Il contratto dei metalmeccanici è certamente uno snodo importante; utile ma non certo sufficiente.

Per Federmeccanica è però anche un investimento. Aver posto al centro del negoziato le persone, la loro formazione, il loro benessere, la loro crescita e il loro contributo al successo delle imprese e non più il concetto fordista del lavoratore anonimo e uguale a tutti gli altri rappresenta un cambio di paradigma culturale.

Averlo proposto (e forse condiviso) ad un tavolo contrattuale rappresenta un segnale di grande disponibilità. Certo Federmeccanica non parla esplicitamente di “corresponsabilità” ne di coinvolgimento diretto del sindacato nelle imprese né garantisce esigibilità o livelli aggiuntivi della contrattazione ma non impedisce che ciò avvenga nelle forme e nelle modalità che le singole imprese potranno decidere.

Resta una grande incognita tutta di parte sindacale. La FIM ha disegnato un possibile nuovo campo da gioco forse un po’ troppo ardito e complesso per i differenti compagni di viaggio anche perché, dall’altra parte, molti imprenditori sono incuriositi ma anche perplessi sulla disponibilità e sulla determinazione messe in campo dallo stesso Marco Bentivogli.

Per dirla tutta, nella convinzione generale degli imprenditori, la navigazione verso industry 4.0, prevederebbe un ruolo assolutamente marginale per le organizzazioni sindacali. E il sindacato, tutto il sindacato, è percepito, al di là dei convegni, come un freno che si aggiunge a tutti i freni già tirati che in questo Paese circondano l’impresa.

Il segretario generale della FIM sta cercando di sparigliare le carte ma la diffidenza è ancora molto diffusa. E, spesso, i sindacalisti, anziché cercare di comprendere tutto ciò che avviene dentro un’azienda o le vere difficoltà delle imprese di oggi si accontentano di una caricatura datata di ciò che preoccupa il singolo imprenditore o il manager che devono affrontare situazioni complesse.

Oppure di continuare a leggere la realtà con lo specchietto retrovisore. E questa distanza è certamente da colmare. Per questo la firma del contratto, pur importante in sé, si misurerà sugli affidamenti che sul quel tavolo verranno concordati e condivisi.

È lì, come su altri importanti tavoli negoziali, che si gioca una parte del futuro delle relazioni sindacali del nostro Paese. Credo che questo sia chiaro a tutti.

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