È arrivato il momento di accendere i riflettori sull’ultimo miglio.

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Un recente studio dell’’INAPP (https://bit.ly/3UNLo88) ci permette di circoscrivere le dimensioni del fenomeno dei platform worker in Italia sul versante degli addetti. Nel 2020/21 rientravano in questa categoria 570.000 lavoratori, così suddivisi: 36,2 % consegna pasti a domicilio (i rider), 14% consegna prodotti o pacchi, 4,7% autisti (tipo Uber), 9,2 % lavori domestici, 34,9% attività on line, 1% altre attività). Se restiamo nel cosiddetto ultimo miglio (quell’ultimo tassello della consegna delle merci che le porta da un centro di stoccaggio al cliente finale) stiamo parlando di circa trecentomila persone che a vario titolo si muovono per trasportare cose nel nostro Paese.

Un mercato in espansione, che ha generato in Italia oltre 2 miliardi di euro di business solo per il settore ristorazione nel 2022 destinato a crescere. Secondo McKinsey (https://mck.co/43MasAr) il mercato globale della consegna dell’ultimo miglio nel mondo  dovrebbe raggiungere i 66 miliardi di dollari entro il 2026, dai 39.5 miliardi del 2020. A Milano e provincia la ristorazione è il settore più attivo indicato dal 62%, seguito dal grocery al 36% e dal retail per il 20%. Oltre 6.000 rider che lavorano per l’online food delivery solo in città. (Secondo una recente indagine Confcommercio/Glovo). Consegne ecologiche quindi? Le loro certamente si.

Il discorso si fa più complesso se alziamo lo sguardo all’insieme del comparto.  I veicoli a motore che fanno consegne rappresentano quasi un terzo del traffico totale delle città. Mezzi che viaggiano spesso semivuoti e che in media rientrano al magazzino con parte delle merci non consegnate. Un contributo  tra il 20 e il 30% all’inquinamento dell’aria nelle aree urbane da non sottovalutare. Altri studi che comparano l’inquinamento prodotto dagli acquisti tramite l’e-commerce con i negozi negozi fisici non alimentari riducono fortemente la percentuale (https://owy.mn/41JSLj0) così come il traffico generato. In generale, quindi, l’ultimo miglio, indipendentemente dalla tipologia della modalità di acquisto è il tratto che impatta maggiormente sull’ambiente rispetto all’intero processo logistico. È quindi un problema serio.

La prima soluzione è legata all’avvento delle consegne con veicoli elettrici, per ridurre l’inquinamento e per decongestionare le strade. Ma la vera rivoluzione arriverà più avanti con i veicoli automatizzati. Ma mentre aspettiamo i droni occorre lavorare per  ottimizzare questo processo. L’ultimo miglio è l’elemento meno efficiente della maggior parte delle catene di approvvigionamento, e comporta una spesa, come parte finale del trasporto, che incide pesantemente (https://bit.ly/3Abnr0K) sul costo totale di trasporto del prodotto. Oltre a questo costo di natura economica, il traffico nelle aree urbane, la distanza tra zone lontane, gli indirizzi non validi o errati, le destinazioni difficili da localizzare e la mancanza di persone che firmino le consegne fanno sì che il processo sia tutt’altro che ottimale.

In altri termini, se per acquistare online basta un click sul PC, il processo di consegna a domicilio è molto più complesso. E, con utenti finali sempre più esigenti in termini di qualità e personalizzazione del servizio, le aziende devono affrontare sfide logistiche importanti per rispondere da un lato all’aumento dei volumi di consegna e, dall’altro, alla richiesta di una distribuzione capillare e dislocata sul territorio.

Ogni giorno a Milano avvengono 155 mila consegne a domicilio derivanti dall’e-commerce che creano un ingorgo di furgoni. Per questa ragione, e perché «la logistica urbana e la circolazione dei veicoli commerciali rappresentano una delle principali sfide per il trasporto e la mobilità sostenibile», come chiarisce l’assessora alla Mobilità Arianna Censi, «Abbiamo concluso un progetto pilota per testare la ciclologistica nelle consegne di ultimo miglio attraverso l’individuazione di hub per il cambio di modalità di consegna, passando da furgone a cargobike»Il test si è svolto durante i mesi di ottobre-dicembre 2022, coinvolgendo l’operatore di ciclo-logistica Urban bike messenger (UBM). 

Sono state effettuate complessivamente 4.117 consegne per 4.784 pacchi, all’interno di un’area in una zona centrale della città di 3 km² di estensione, utilizzando cargo bike elettriche. Dalle analisi sui dati condotte da AMAT, con il supporto del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, è emerso che le consegne di ultimo miglio in ambito urbano effettuate con le cargo bike sono più efficienti delle consegne effettuate con il tradizionale van dal punto di vista trasportistico, economico ed ambientale. Un progetto pilota innovativo che potrebbe venire incontro alle esigenze sia delle imprese sia degli abitanti delle città, con pacchi consegnati più velocemente del 23%, al 60% del costo, riducendo al contempo le emissioni fino al 90%.

“Le città di tutto il mondo – spiega Caroline Watson, Direttore dei trasporti, C40 cities – stanno adottando misure ambiziose per ridurre al minimo l’impatto del trasporto urbano di merci che rappresenta una delle maggiori fonti di inquinamento atmosferico e climatico. C40 è lieta di sostenere Milano nella sperimentazione e nell’analisi di un modello innovativo per la consegna di merci urbane a zero emissioni. I risultati del pilota dimostrano che le cargo bike rappresentano un’alternativa efficace e meno impattante rispetto ai veicoli a combustibile fossile e possono offrire una soluzione competitiva, anche economicamente, alle imprese più piccole per ridurre le emissioni dell’ultimo miglio”.

Questo l’obiettivo del progetto “Punto di consegna di vicinato” (parte del progetto C40 sulla logistica urbana) lanciato da Amat, l’Agenzia mobilità e ambiente del Capoluogo lombardo e che vede coinvolti tre operatori del cargo bike e tre punti strategici della città in cui le aziende del trasporto merci depositeranno i pacchi per lasciare ad apposite biciclette concepite per trasportare carichi pesanti con emissioni pari a zero il compito di percorrere l’ultimo miglio logistico fino al cliente finale senza scordare che l’ultimo miglio contribuisce grandemente alla reputazione dell’azienda.

Il cliente quindi al centro, sempre. Può sembrare una frase fatta, ma in nessuna fase del processo come nella logistica dell’ultimo miglio è vera. Questo è il momento della verità, quello in cui l’azienda entra indirettamente in contatto con il cliente. È il momento in cui tutti gli sforzi fatti prima portano al successo e alla soddisfazione delle aspettative, oppure a un fallimento che potrebbe costare la customer retention. Il 59% dei consumatori non farà mai più acquisti con un’azienda dopo massimo due o tre esperienze negative. Il 13% non torna ad acquistare dallo stesso brand se la consegna arriva in ritardo (https://bit.ly/3mLJx74). E quindi un’area da monitorare con attenzione per le ricadute (positive e negative) strategiche non solo per i brand ma anche per gli addetti e per l’intera comunità. 

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *