Esselunga tenta la mossa del cavallo….

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Nella mia recente visita in via Spadari  a Milano il bar con la pasticceria Elisenda, pur piccolo, era strapieno. Semivuoto Il locale annesso con i top di gamma della linea “Cucina Esselunga” il nuovo brand che comprende e contraddistingue i prodotti della gastronomia dell’azienda. L’ideale per poterlo osservare con calma. C’è un po’ di tutto. Le eccellenze della produzione a marchio Esselunga, dalla produzione della paella al sushi fino al pane fresco. Dalla pasta al vino fino alle novità vegetariane. Tutto ciò che è anche possibile consumare sul posto. Il top di gamma della produzione aziendale. La soluzione ideale per la pausa pranzo o per chi a poca voglia di cucinare.

Non c’è ostentazione, c’è sobrietà; il giusto “understatement” di chi sa che non è lì per competere con altri in una via dove la Grande Distribuzione tradizionale non avrebbe ragione d’esserci se non con temporary shop specifici.

Assediata dai discount e dalle loro logiche, Esselunga prova la mossa del cavallo per uscire da una situazione che, alla lunga, potrebbe diventare critica, con una serie di sperimentazioni che probabilmente ritiene di poter consolidare nei suoi superstore. È una corsa contro il tempo. Esselunga vive la stessa “crisi” delle altre insegne. Pur indubbiamente in vantaggio, rispetto ai concorrenti, l’elemento di assoluta differenziazione e la cura dei dettagli che aveva  fatto la sua fortuna nel tempo si sta un po’ perdendo.

È come se passato e presente  non trovassero un linguaggio  comune per affrontare il futuro. Qualche segnale contraddittorio si percepisce girando per i punti vendita. Le motivazioni che portano molti consumatori a considerare i discount come opportunità alternativa li spingono anche a considerare altre insegne tradizionali, che in questi anni hanno lavorato per ridurre il gap con la prima della classe. Oggi, gastronomie ben servite, ad esempio,  si trovano in numerose insegne su piazza. E non credo che questo gap qualiquantitativo, che si va riducendo,  sia rimontabile in tempi brevi senza un vero cambio di marcia al vertice.

Via Spadari è una piccola viuzza tra le più antiche di Milano. Rappresenta per il cibo quello che via Montenapoleone è per la moda. È un vero e proprio polo delle eccellenze del gusto in città. Il nome le deriva dalla forte concentrazione nella contrada di botteghe di armaioli e specialmente di “spadari” soprattutto dalla seconda metà del XV secolo, quando gli Sforza diedero nuovo impulso a quell’industria. Nel 1883 in quella piccola e trafficata via, Francesco Peck, salumiere proveniente dalla Repubblica Ceca, decise di aprire un laboratorio di gastronomia con annesso una piccola bottega. E fu un successo.  Nel 1918, il negozio-laboratorio passa a Eliseo Magnaghi, salumiere milanese e nel 1956 a Giovanni e Luigi Grazioli. Ma è dal 1970, con l’arrivo dei fratelli Stoppani (Angelo, Mario, Remo e Lino), che Peck raggiunge il suo massimo successo che conserva ancora oggi alla quale l’attuale proprietà, la famiglia Marzotto, subentrata nel 2013, oltre a puntare a confermare il marchio  come riferimento dell’enogastronomia di qualità, lo  sta proponendo in diverse location internazionali quale “sinonimo di eccellenza del gusto e della cucina italiana”. 

Non è il Peck dei fratelli Stoppani come profondità dell’assortimento e forse nemmeno come estensione ma il nome è ben difeso. Per noi milanesi resta il negozio di gastronomia per eccellenza, sinonimo di alta qualità  frequentato quotidianamente  da chi può permetterselo ma, almeno una volta all’anno, magari a Natale, la platea dei consumatori tende ad  allargarsi. Peck nell’immaginario collettivo è sempre stato il tempio della gastronomia dove assaggiare qualcosa di speciale che diventa ancora più speciale proprio se acquistato in quel negozio. È la forza del brand. 

C’è tutto un mondo tramandato nei racconti dei milanesi. Non solo della Milano che conta. Il salumiere vestito a modo, dall’altra parte del bancone, la cassiera sorridente e gentilissima con tutti. Il pacchetto infiocchettato esibito sul tram mentre si torna a casa in periferia sempre oggetto di sguardi carichi di curiosità e un po’ di invidia. Questa forma di “poesia” è unica e resta però saldamente da una parte della strada.

Esselunga è dall’altra e non è certo lì per competere. È lì perché Milano è cambiata. Starbucks in piazza Cordusio nulla toglie ai migliori bar che, nel centro storico, rispondono alle esigenze dei turisti e dei clienti che li frequentano. Sono mondi diversi. Esselunga non copia né insegue Peck. Lo stesso layout, molto essenziale, fa pensare più ad una vetrina di ciò che è oggi in grado di produrre e offrire questa insegna ai suoi clienti.  Si rivolge ad una città che va di fretta. Entri, consumi, acquisti  ed esci. Il temporary shop di Elisenda dell’anno scorso è stato sostituto da un progetto più impegnativo.

Il locale è più piccolo de “La Esse”. Un format quindi più pensato per la pausa pranzo e la spesa veloce sostenuto dalla  linea  “Cucina Esselunga”, un marchio ideato per identificare ed raggruppare  i piatti pronti dell’insegna disponibili nei punti vendita  Esselunga. Un’ampia scelta di oltre 200 ricette, presenti a rotazione e preparate da chef esperti. Una capacità produttiva che è giusto mettere in mostra e che può essere sfruttata ancora di più. Una offerta sviluppata intorno a prodotti premium per un pop up store che esprime i valori e l’impegno dell’insegna. Tattica o strategia lo vedremo in seguito.

Continua inoltre lo sviluppo della rete Esselunga in città: l’8 novembre è stato  inaugurato un market LaEsse in Corso Vercelli a Milano ed entro la fine di novembre un altro PDV in via Calzecchi sempre a Milano, in Città Studi. Sarà lo stress tipico del mese di dicembre a mostrare come le due attività messe a fattor comune sotto l’insegna “Le Eccellenze di Esselunga” e gli  oltre venti addetti, lì impiegati, reagiranno. Soprattutto se il rapporto prezzo/qualità e la tipologia dell’offerta funzionerà ben oltre il “mordi e fuggi” dei milanesi che oggi destinano ai supermercati.

Ormai in quasi ogni quartiere esiste una sostanziale riproduzione in sedicesimo di Peck. Le migliori salumerie/gastronomie di Milano  hanno capito che alla Grande Distribuzione si tiene testa solo puntando su offerta, qualità, e servizio. Chi le frequenta, almeno  in questo mese, di solito   non guarda il prezzo. E sono (quasi) tutte ottime.  Ma come Esselunga tiene ancora in fila le altre insegne nel cuore dei milanesi, Peck, non solo in quella via, gode di un vantaggio molto difficile da colmare.  

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *