Grande Distribuzione. Domenica, maledetta domenica…

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Ci risiamo. Se dovessero passare le proposte di legge così come sono state  presentate dai due gruppi di maggioranza, per Natale, avremmo qualche migliaio di persone senza lavoro nella GDO. Senza dimenticare che Mall, Outlet, Centri Commerciali e Ipermercati segnerebbero un risultato negativo con altrettante conseguenze facili da immaginare.

Infine la rinnovata querelle, ripresentata nelle proposte,  tra ciò che è turistico e ciò che non lo è in un Paese come il nostro. Mi immagino, ad esempio, Milano città turistica fino ad una certa via e poi chi ha la sua attività, piccola o grande, a poche centinaia di metri dal centro costretto a subire comunque una concorrenza sleale. Come in passato.

Così come i piccoli esercizi o attività che, ad esempio nei Centri Commerciali, hanno fatto i loro investimenti pensando di poter fare un determinato fatturato su 365 giorni all’all’anno. E infine il rischio di  un contraccolpo immaginabile nel franchising.

Tutto da rifare. Sembra che l’occhio di Sauron (dal Signore degli Anelli) del Governo pentaleghista dopo aver tolto  lo sguardo minaccioso dal comparto industriale lo stia posando con intenzioni bellicose sulla Grande Distribuzione. Lo dico subito senza se e senza ma. Farlo nel modo che sembra prevalere oggi è un grave errore.

Questo è un momento pesante per le imprese del comparto. Pensare che un colpo di spugna sulle liberalizzazioni di Monti possa servire a qualcosa, se non a fare danni,  è una follia. Giorgia Andreuzza, capogruppo della Lega in Commissione Attività Produttive della Camera pensa ad una rivisitazione della normativa che “da una parte non penalizzi il commercio, in particolare quello di prossimità e le botteghe storiche e, dall’altra, restituisca ai cittadini e alle famiglie una dimensione socio-economica più a misura d’uomo, riscoprendo il gusto e il valore della domenica e delle festività”.

L’idea che spetti alla istituzioni imporre la riscoperta del gusto e del calore della domenica è semplicemente assurda.

Davide Crippa, deputato grillino, veste i panni del poliziotto buono e propone di riportare “la competenza legislativa e la potestà regolamentatrice nel settore del commercio alle regioni e agli enti locali, ai quali spetterebbe il compito di una pianificazione della turnazione delle festività lavorative che non ricada pesantemente sui diritti dei lavoratori e che tuteli contemporaneamente i diritti dei consumatori”.

La sua proposta prevede per ogni Comune l’apertura di non oltre il 25% dei negozi, nei giorni festivi e nelle domeniche. Esclusi dalla riforma i Comuni turistici, mentre sullo shopping online verrà emanata una regolamentazione restrittiva che pur consentendo l’acquisto nei giorni festivi, sposterebbe la lavorazione dell’ordine nei successivi giorni feriali. A suo tempo la proposta è stata addirittura discussa e concordata con i Cobas dal sottosegretario al lavoro. (Sic!)

I sindacati confederali, pur contrari da sempre, seppure con sfumature differenti, non sono stati nemmeno consultati.

Diverse le posizioni in campo. Le associazioni dei consumatori sono in subbuglio. Secondo il Codacons vicino ai 5S: “Se il Governo vuole uccidere il commercio in Italia, l’iter avviato è sicuramente quello giusto”. Confesercenti sembra soddisfatta per la presentazione della proposta di legge della Lega. Così com’è.  Mi viene da pensare che non l’abbiano nemmeno letta…

Le aziende della GDO sono molto preoccupate. Le divisioni interne, le diverse associazioni che le rappresentano, il peso che queste hanno a livello locale e nazionale le ha fatte procedere in ordine sparso. La guerra tra di loro sulla rivendicata rappresentatività del settore le ha indebolite sul piano della capacità di lobby.

Forse pagano anche l’ingenuità di aver pensato che una decisione dall’alto, a loro favorevole, non avesse potuto essere sostituita da decisioni, sempre dall’alto, ma successivamente, di segno opposto. Siamo sempre lì.

Alcune gruppi della GDO hanno pensato nel tempo di plasmare una federazione, piuttosto che l’altra sulle loro specifiche esigenze impedendo, alle stesse, di muoversi con maggiore autonomia pensando all’insieme del comparto. Questo ha inciso pesantemente sulla loro autorevolezza.

La GDO gode di ottima fama tra i consumatori e di pessima fama in parte dell’opinione pubblica e non è mai riuscita ad affrancarsi da questo paradosso sia per limiti interni ma anche per scelte precise e di corto respiro delle imprese.

Confcommercio da parte sua punta a giocare un ruolo di mediazione che potrebbe essere indispensabile per trovare una sintesi finale praticabile. Per questo “auspica che ci sia una fase di dialogo e di ascolto per affrontare il tema nel merito evitando gli errori del passato con l’obiettivo di tenere insieme le esigenze di servizio dei consumatori, la libertà delle scelte imprenditoriali e la giusta tutela della qualità di vita di chi opera nel mondo della distribuzione commerciale”.

Dialogo e ascolto.

Questa credo sia l’unica strada da percorrere. Anche per la politica. Per non restare con il cerino in mano la pletora di associazioni, federazioni, grandi aziende dovrebbero almeno parlarsi. Concordare con le associazioni dei consumatori una linea comune. Farsi sentire. Produrre dati credibili e non raffazzonati. Possibilmente dovrebbero saper coinvolgere anche i sindacati confederali che aspettano da tempo di chiudere il loro contratto nazionale azzerando e ripartendo su altre basi.

L’ora del dilettante allo sbaraglio volge al termine.

Che se ne rendano conto almeno gli Amministratori Delegati. Prima che sia troppo tardi. La partita è ancora tutta da giocare come insegnano tutte le recenti vicende fatte di esternazioni apocalittiche da parte di esponenti dei due partiti di Governo seguite da mediazioni e da soluzioni, tutto sommato, praticabili.

Occorrerebbe un lavoro serio di raccordo e di proposta. L’obiettivo è semplice: “Stesso mercato, stesse regole” e deve valere per tutti e su tutto, vecchi e nuovi player.

Altrimenti sarà come sparare sulla Croce Rossa.

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