Grande Distribuzione. È ora di fare un passo in avanti su inflazione, spreco alimentare e CCNL

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Navigare a vista in tempi di inflazione per una compagnia eterogenea come quella della Grande Distribuzione abituata a rincorrersi a colpi di promozioni e sconti come non ci fosse un domani non è cosa facile. Ciascuno pensa di agire in proprio per contendere ai concorrenti diretti clienti e fatturati. Questi ultimi, gonfiati dall’inflazione, possono trarre in inganno chi non ha vissuto, in passato, le fasi di lacerazione del tessuto sociale in tempi di alta inflazione e la difficoltà delle forze sociali per ricomporlo.

Con il recente accordo con il Governo le associazioni hanno fatto un modesto ma significativo passo in avanti. Non hanno subìto la situazione, non hanno accettato il ruolo dell’”insensibile sociale” in commedia e hanno dimostrato una apprezzabile capacità di iniziativa collettiva. L’inflazione checché ne dicano alcuni è destinata a farci compagnia per lungo tempo. Le cause geopolitiche che la alimentano sono tutt’altro che alle spalle. Ha ragione Massimo  Scolari Presidente di Ascofind “Affermare come qualcuno sostiene in questi giorni che “i prezzi al consumo scendono” denota lo spirito propagandistico-ignorante del messaggio. Si sta riducendo il ritmo di crescita di alcuni prezzi non il livello assoluto”. L’inflazione continuerà ad avere, ovviamente, un andamento altalenante dove speranze e delusioni accompagneranno, deprimendoli, i consumi delle famiglie. Sopratutto quelle meno abbienti. È bastato il mancato accordo sul trasporto del grano  ucraino per far schizzare in su il prezzo di cinque euro al quintale. E parliamo di pane, pasta, pizza, ecc. 

In questa situazione è inutile insistere  con risposte tattiche che non convincono i consumatori  contro gli aumenti dei prezzi come fosse possibile combattere un fenomeno planetario dal cortile di casa ma è ovvio che ogni insegna metterà in campo le risposte tattiche che riterrà più opportune. La realtà però ci presenta, da un lato,  chi riversa sui listini gli inevitabili aumenti e chi ne assorbe in piccola parte gli effetti. Dall’altro lato, la ripresa del fenomeno della shrinkflation (in italiano sgrammatura da inflazione) dove numerose aziende lasciano invariato il prezzo del prodotto ma riducono il contenuto nella confezione. I consumatori così non si sentono  trattati  da adulti consapevoli ma secondo la massima: “se non puoi convincerli, confondili”. Così  non si fidano più di nessuno. La Grande Distribuzione rischia quindi di restare in un angolo e di restarci a lungo. Soprattutto se la situazione geopolitica internazionale resterà instabile e l’inflazione continuerà a pesare sui consumi giornalieri delle famiglie.

Se però decidesse di continuare a giocare unita, ha due mosse importanti a disposizione. La prima è certamente quella di rafforzare l’interlocuzione che si è aperta con il Governo proponendo soluzioni su due temi: sostegno  ai consumi delle famiglie soprattutto attraverso la marca del distributore e rinnovo del CCNL. In mancanza di accordi con l’industria a monte, la MDD (marca del distributore)  è la “trincea” dove attestarsi in tempi di inflazione costante. C’è in tutte le insegne, dà un segnale di volontà di collaborazione del comparto su un tema rilevante per l’intero Paese, ha in sé i margini di manovra necessari e spinge i consumatori ad una maggiore maturità di scelta. Aggiungo che contemporaneamente fa riflettere l’industria  a monte sulle pretese meno giustificate e, in tempi medi, aiuta a modificare il mix dei volumi, favorendo di fatto, tutte le insegne. Il punto è che,  un conto è farlo autonomamente insegna per insegna, un altro è concordarlo e sottoscriverlo con il Governo nei tempi e nei modi necessari. Il protagonismo del comparto è fondamentale.

È, in sostanza, l’esempio francese: definito autonomamente un paniere di prodotti che si aggiunge a quanto già concordato c’è un ulteriore impegno ad arricchirlo e a sostenerlo nel tempo. A questo, a mio parere,  andrebbe aggiunto un ulteriore elemento di sensibilità sociale. Troppi alimentari invenduti ma consumabili vengono ancora gettati quotidianamente, contribuendo allo spreco di cibo. Un peccato mortale di questi tempi e molte insegne provvedono meritoriamente e volontariamente a fare delle donazioni. Anche su questo occorrerebbe muoversi come comparto proponendo un accordo quadro che vada al di là del limitarsi a muoversi ciascuno in casa propria.

In Belgio, ad esempio,  a partire dal 2024, su iniziativa del ministro  Alain Maron, queste donazioni saranno “obbligatorie” e questo consentirà di aiutare in modo più sostanziale le associazioni attive nell’aiuto alimentare, e allo stesso tempo di intensificare la lotta contro lo spreco alimentare. Le insegne con una superficie superiore a 1000 m2 saranno tenute a donare i loro alimenti invenduti ancora consumabili. Questa nuova regola riguarderà quindi più di un centinaio di grandi superfici a Bruxelles. Giustamente Maron ha dichiarato: “L’Europa ci chiede anche di ridurre lo spreco di cibo entro il 2030 fino al 30%. Rendendo obbligatoria la donazione, otteniamo due risultati: sosteniamo le associazioni di beneficenza che ne hanno bisogno, e riduciamo anche lo spreco di cibo, che è anche un problema ambientale. Dando un quadro generale a queste donazioni tramite convenzioni, permettiamo così sia ai grandi supermercati che alle associazioni di avere punti di riferimento”, precisa Alain Maron.

C’è poi il tema del rinnovo del CCNL. È chiaro che con la prossima manifestazione del 21 luglio a Bologna i sindacati di categoria propongono la classica “spallata” di fine luglio. Il tentativo cioè di forzare la mano sapendo che esiste (se non vogliamo prenderci in giro) una sorta di condivisione tra le parti sulla necessità di addivenire ad un’intesa prima di agosto. La liturgia classica lo prevede prima della volata finale insieme a qualche “notte” passata a negoziare.

Ma questa disponibilità, se si concretizzasse, non andrebbe vissuta come cosa a parte rispetto agli altri temi  ma  inserita nel quadro della relazione con il Governo. Un atto di responsabilità dell’intero comparto non può essere lasciato cadere o “ceduto” ad altri. Andrebbe gestito politicamente. Altrimenti sarà ancora una volta colpa della “insensibilità” della Grande Distribuzione e merito dei soli sindacati l’aver sbloccato la situazione. Il rinnovo di un CCNL è, al contrario, un segnale di consapevolezza reciproca e merito di entrambe le parti e così andrebbe gestito anche dalle associazioni di categoria.

Quindi rilancio di un’iniziativa sulla marca del distributore in funzione anti inflativa, lotta agli sprechi e firma del CCNL possono essere parte di un “pacchetto”  complessivo che va preparato e impostato in modo da dare alla politica la possibilità di chiuderlo formalmente nell’interesse generale. Solo così si esce dalla trincea riprendendo a fare “politica”. Al Governo un’intesa di questo tipo serve molto in questa fase. Così come all’associazionismo di categoria. Ma serve anche al Paese e, per le insegne, ai propri collaboratori. Io ci rifletterei seriamente. 

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