Grande distribuzione. Il futuro è anche dietro di noi…

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Patrizia Pedergnana è una giovane imprenditrice della val di Pejo con idee ben chiare su ambiente e sostenibilità. La si incontra spesso nei mercatini che, in tutta la Val di Sole, in estate, accolgono i turisti e i residenti con i loro prodotti locali. Ortaggi e frutta della sua azienda agricola ma anche formaggi, salumi sempre nel rispetto della provenienza. 

L’idea del supermercato senza packaging, sacchetti di plastica, dai prodotti sfusi e reperiti in Trentino, vicino al punto vendita, non poteva che venire da una persona come lei e trovare orecchie attente dal Comune di Ossana, da anni impegnato, sulla scia delle teorie introdotte da Mathis Wackernagel e William Rees  nel loro libro, pubblicato nel 1996 (Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth), sul tema dell’impronta ecologica.

Da qui la scelta del Comune di assegnare un piccolo immobile a basso impatto. Niente confezioni di plastica, obbligo di vendere prodotti sfusi e provenienti dalla zona. Per questo motivo il bando sotto questo punto di vista, prevedeva percentuali alla vendita per prodotto e per provenienza estremamente precise.

Mentre risalivo la valle alla ricerca della piccola frazione di Fucine nel comune di Ossana riflettevo sul mondo della Grande Distribuzione e della scelta che alcune imprese stanno facendo sulle confezioni di plastica da ridurre o addirittura eliminare. E la fatica che fanno.

Per alcune di loro l’innovazione sta nel rapporto tra on line e off line, tra fisico e virtuale. Per altre nel come affrontare la concorrenza della logistica dei giganti del web. Infine c’è chi pensa di investire in automazione alle casse. Al centro di tutto questo c’è “come” fare la spesa. In altri termini come continuare ad essere uguali a se stessi reiterando in modo diverso abitudini e comportamenti di acquisto grazie alla tecnologia, alle metodologie di consegna e ai sistemi di pagamento.

Poi arrivi ad Ossana e fai un tuffo nel passato. E, per chi come me, viene dalla città ci metti un po’ a capire che, volente o nolente, questo è il futuro che ci attende. Più che solo  “come” comprare, anche “cosa”. Senza plastica non è facile.

C’è il contenitore dove scaricare la pasta nel sacchetto di carta, c’è l’ortofrutta ottima ma brutta da vedere, il vasetto di vetro per i prodotti sfusi, le bottiglie da riconsegnare e i prodotti per la pulizia da riempire portando il contenitore da casa.

Fatta la spesa occorre attrezzarsi con contenitori di stoffa, carta o farsi prestare una cassetta di legno. Tutto è sfuso come prima dell’avvento dei supermercati. L’impulso consumista è compresso dalla complessità dei movimenti necessari alla scelta e all’acquisto.

La spesa è per persone calme e riflessive. Discuti con la commessa della qualità e della provenienza delle ciliegie; Assaggi il formaggio di alpeggio e ascolti il rumore che fanno i fusilli integrali mentre scendono dal grande contenitore di vetro nel sacchetto di carta. La spesa, i consigli del negoziante, la velocità con cui il lineare si svuota e ti lascia a secco su di un prodotto ti impongono di avere le idee chiare prima di entrare.

Osservi una persona che entra nel negozio carica di bottiglie  per riconsegnarle al dettagliante scambiandolo per un piazzista della Pejo. Invece  è un cliente che riconsegna i vuoti.  Il titolare si è messa poi in rete con altri, produttori di piccoli frutti di bosco, marmellate o aceto di mele selvatiche. L’acquisto così diventa un momento formativo.

Finalmente  si può perdere tempo ascoltando e imparando. O meglio a fare la spesa ci si aggiorna sulla fatica, il lavoro e la passione di tante persone. Quindi per eliminare la plastica non basta indignarsi davanti al disastro degli oceani o o al disagio di  portare un sacchetto con marchio annesso da casa. Occorre cambiare prospettiva e atteggiamento.

I miei genitori acquistavano tutto sfuso. La spesa sotto casa era continua e, alla bisogna, il negoziante segnava su di un libretto l’importo. Ci ho messo un po’ a capire che quella era anch’essa una forma di credito importante per la fidelizzazione del cliente. In Francia la stanno riprendendo. Vorrà pur dir qualcosa. Quindi il futuro, proprio prendendo per buona l’impronta ecologica, ci riporta anche indietro.

Ecco quando sono uscito dall’Agrimarket “la Dispensa” di Ossana frazione Fucine ho subito pensato che il futuro della GDO non è solo nei formati o nella tecnologia. È in un cambio di mentalità dell’insieme di una comunità. La sfida che hanno davanti gli amici come Mario Gasbarrino, Francesco Pugliese o Giorgio Santambrogio con tutti gli altri con cui ci confrontiamo spesso non è facile. Coinvolge l’intera filiera. Dal produttore al consumatore passando dai rispettivi lavoratori.

Ed è nella capacità di trovare una sintesi tra innovazione, tecnologia, modalità di offerta, costi per i diversi player e per i consumatori che sta la soluzione ottimale. Ma anche il futuro per tutti noi.

 

 

 

 

 

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Una risposta a “Grande distribuzione. Il futuro è anche dietro di noi…”

  1. Giusto Mario, sarà uno dei canali di vendita a disposizione del consumatore, andiamo verso la pluralità piuttosto che la unicità, la formula prevalente fa parte del passato

Rispondi a Luigi Rubinelli Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *