Grande Distribuzione. La lotta si fa dura … se non si punta su frutta e verdura

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Croce e delizia della Grande Distribuzione lo spazio dedicato all’ortofrutta in tutte le sue declinazioni è ritenuto, a torto o a ragione da molti, il biglietto da visita di un’insegna. Non a caso è il reparto piazzato all’entrata del punto vendita. Trasmette, anche al cliente distratto e frettoloso, una sensazione di freschezza che lo accoglie e lo accompagna nel suo giro tra i banconi e i lineari carichi di merce.

L’ortofrutta rappresenta il cuore del reparto dei freschi con un’incidenza nelle vendite vicina al 30%, seguita dalla macelleria. dai formaggi e dai salumi, pane, pasta e pasticceria, gastronomia e pescheria. Secondo la recente ricerca di Bain & Company Italia “Net Promoter Store” (https://bit.ly/41NTMGP)  se un supermercato migliorasse il reparto ortofrutta incrementerebbe i ricavi complessivi di oltre il 2%. Quindi il tema è centrale.

Nel 2022 i consumi di ortofrutta si sono attestati su 5,47 milioni di tonnellate. iper, super, discount e superette hanno veicolato circa  4 milioni di tonnellate, il 9% in meno rispetto al 2021. Più o meno il 75% dei consumi sono passati dalla GDO. Il resto dei consumi lo hanno coperto principalmente  i fruttivendoli (11%), i mercati ambulanti e rionali (circa il 10%). I primi hanno perso il 18% sul 2021 e i secondi circa il 20% sempre sul 2021. La GDO ha perso il 9% dei volumi. (Dati tratti da Rivista di Frutticoltura e Ortofloricoltura). L’aumento dei prezzi ha sostanzialmente coperto il calo dei volumi. Hanno comprato meno gli over 65 che rappresentano un terzo degli acquisti e  di più gli under 34 che però ne rappresentano solo il 17% l’unica fascia d’età che ha registrato una variazione positiva.

Sull’esposizione, sulla qualità, sulla redditività e sulla professionalità necessaria o meno per il reparto ortofrutticolo nella GDO si è aperto un dibattito che attraversa il settore da qualche decennio. Decine di convegni dedicati. Modesti i cambiamenti. Tutti concordano che l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere un reparto ortofrutta curato, ben disposto e con un buon rapporto prezzo qualità. I clienti vorrebbero anche che il sapore, il gusto di frutta e verdura ritornasse ad essere una vera e propria riscoperta. Soprattutto nella GDO.

Qualità, freschezza e gusto diventano  particolarmente importanti proprio in questa  fase di incertezza economica dove l’attenzione ai costi da parte delle imprese e le scelte attente dei clienti per i prezzi che schizzano verso l’alto dovrebbero spingere a ripensare il servizio di quel reparto come leva strategica e di incremento del business. C’è chi punta a ricreare una dimensione più tradizionale e chi  spinge con decisione sull’innovazione, privilegiando un’esposizione che metta al centro le referenze di IV gamma (Insalate, verdure e frutta già confezionate in vaschetta, prezzate e pronte per essere acquistate. Con tutte le referenze innovative come zuppe fresche, succhi, smoothies ecc. oppure altri che cercano un mix tra le due nella convinzione di rendere il reparto più completo.

Quasi tutte le insegne della  GDO, chi più chi meno,  sono riuscite a riprodurre al proprio interno, pur in un contesto attualizzato, l’atmosfera e la relazione con il cliente   al banco carni, a quello del pesce  e della gastronomia. Persino l’area dedicata all’enoteca, spesso vede la presenza di esperti che possono consigliare un acquisto. In quei reparti la professionalità di chi vi opera può fare la differenza. Non è così per il reparto ortofrutta.

Difficile imitare il mercato ambulante solo sul piano estetico senza creare quel rapporto di fiducia con l’addetto al reparto per un consiglio sulla maturità di un prodotto, sul suo utilizzo in cucina o quale verdura scegliere tra tante esposte per una possibile ricetta.  Figuriamoci poter contare su un assaggio in un ambiente di passaggio asettico tra guanti, carrelli  e bilance anonime. Capisco le difficoltà, i margini del reparto e la difficoltà ad investire  però non consentire un’esperienza sensoriale, di relazione umana, di conoscenza del prodotto e di prova rende a mio parere freddo e scontato  il passaggio.

Mi sono ripromesso da tempo  di visitare con maggiore attenzione il sud visto che non lo frequento da diverso tempo. Gli  amici e gli ex colleghi che vi operano mi parlano di cambiamenti significativi. Vedremo. A Milano  la scelta è molto ampia. Non c’è solo la GDO. Se, come cliente voglio spendere meno, ho l’alternativa dei fruttivendoli nordafricani. Lì trovo l’ortofrutta spesso brutta d’aspetto ma altrettanto buona. Se cerco la qualità posso andare  al mercato contadino dove trovo chi mi propone la verdura giusta o la frutta idonea per ciò che intendo cucinare.

Per comprendere le traiettorie future di un comparto importante come quello dell’ortofrutta ormai bisogna ricorre all’onomastica. La scienza che studia i nomi propri… In 50  anni, nei mercati ambulanti o rionali del milanese, i nomi del fruttivendoli sono passati da quelli tipici del territorio, a quelli del sud, pugliesi in particolare  e oggi sono i nomi dei giovani arabi nord africani ad animare le urla tra i banchi di vendita. Soprattutto nell’ambulantato e nei mercati rionali. All’ortomercato di Milano questa trasformazione è già evidente. Cambia con il cambiare della città. Già da questo si può comprendere una tendenza inarrestabile. Cambiano i produttori, i lavoratori dei campi, le botteghe e, infine, cambieranno i reparti GDO e gli addetti.  La stessa tendenza che accompagna  i prodotti  e le filiere che da sud risalgono il Paese.

Forse sarebbe meglio prepararsi anticipando questi cambiamenti. Sui prodotti esposti molta strada è stata fatta. Posizione nel punto vendita, esposizione,  pesatura dei prodotti ortofrutticoli e consigli per gli acquisti spingono per un ripensamento complessivo. Attendiamo il prossimo convegno?

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