Il Carrello tricolore ha tolto la GDO dal banco degli accusati. Adesso occorre andare oltre..

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Continuo a pensare che siano due facce della stessa medaglia. Da una parte le dichiarazioni del Ministro Urso. La politica che cerca di sfruttare il fatto di essere nel posto giusto al momento giusto. Dall’altra gli opinionisti che spaccano il capello in quattro per ribadire una cosa ovvia: l’inflazione segue traiettorie molto complesse  impossibili da mettere sotto controllo soprattutto in un contesto geopolitico come quello che stiamo vivendo. Non sarà certo per un accordo di buon senso come quello  del “carrello tricolore” che ha coinvolto la quasi totalità della Grande Distribuzione e solo una parte dell’industria alimentare di marca.

Anziché cercare di capire, se e quanto, il “carrello tricolore” ha favorito, e in che modo, la ripresa di fiducia dei consumatori  nei confronti della GDO pur nei diversi formati si insiste  in esercizi inutili.  Italia Fruit news ha pubblicato (https://bit.ly/49oNCle) un’analisi proposta da Quick Service (il servizio “espresso” del Monitor Ortofrutta di Agroter) sull’analisi settimanale delle vendite di ortofrutta. Dopo tre settimane dall’applicazione del provvedimento, il non coinvolgimento dell’ortofrutta nell’iniziativa l’ha penalizzata. E sono solo tre settimane. Io aspetterei dicembre per tirare conclusioni.

Ci sono addirittura giornalisti che si sono  presentati nei punti vendita a poche ore dell’avvio del “carrello” per sostenere  che l’iniziativa  era fallita prima ancora di cominciare. O poco sentita dalla stessa GDO solo per aver rilanciato le dichiarazioni di  qualche manager che parlava a titolo personale. Cattiva comunicazione da entrambe le parti. Ovviamente la polemica  è solo contro la strumentalizzazione  interessata  del ministro.  Ma cosa ha detto, in concreto?  Che il calo dell’inflazione in Italia è merito del Governo. Cosa ovviamente non vera.  Quando ho letto le dichiarazioni del ministro, ho dato al tweet il peso che meritava e sono passato oltre.  Ma tant’è.

Anche perché ci sono top  manager che non si ricordano le enormità che vengono “sparate” nelle convention aziendali per motivare la truppa. Lo stesso fa la politica. Per i detrattori, nell’industria  alimentare e in parte della GDO,  il Patto, come il matrimonio tra Renzo e Lucia, non era da fare. Anche dopo la firma, non sentono ragioni. Inutile spiegare loro che con questo accordo la GDO ha evitato di finire sul banco degli imputati. Inutile ricordare che le promozioni e gli impegni messi in campo  fino all’accordo, e che avevano inciso pesantemente sui margini, non erano state nemmeno colte dai consumatori. Inutile spiegare che il patto, come ho già scritto, ha messo tutte le insegne e i formati distributivi sullo stesso piano agli occhi dei clienti. Ancora più inutile spiegare loro che essere interlocutori della politica  con un Governo che,  durerà e legifererà su materie cruciali anche per la GDO fino alla fine della legislatura, se non ancora più a lungo, è fondamentale. E non lo si sarebbe mai diventati alzandosi da quel tavolo..

C’è una parte della GDO che gioca per sé fuori dai canali associativi, altri che non hanno mai compreso il ruolo politico dell’associazionismo di categoria e sono abituati a non considerarne più di tanto l’apporto. Oppure a rifuggire dalle mediazioni che, i tavoli politici,  impongono. Andare a misurare il peso effettivo del “carrello tricolore” sul calo dell’inflazione per arrivare a dimostrare, di fatto, la sua inutilità concreta è uno dei tanti autogol comunicativi che quella parte della GDO rischia, a volte, di fare. Il messaggio forte e chiaro  diventerebbe   quindi che lo sforzo di un intero comparto  pubblicizzato ai quattro venti non sarebbe servito a nulla, o quasi. Addirittura una grande presa in giro dei propri clienti. Almeno per quella parte che compra i prodotti del “carrello tricolore” sia per risparmiare che per scelta consapevole. Un messaggio equivalente nella sua vacuità a quello imputato al Ministro.

Ne potrei elencare altri di potenziali autogol. Faccio qualche esempio. Dichiarare in tutti i “press day” bilanci chiusi alla grande in GDO mentre si sta discutendo sulle responsabilità e sulle cause  degli aumenti dei prezzi. Una totale mancanza di sobrietà che fortunatamente l’industria alimentare non ha strumentalizzato più di tanto.  Così come accettare di prendere sonori  “schiaffi” dall’industria nelle negoziazioni 2022 con i listini al rialzo, non sempre a proposito, restando  in silenzio o a “borbottare” sulla skrinflation insegna per insegna. Infine non comprendere  che, se non ci fosse stata Federdistribuzione, Confcommercio e le altre 25 associazioni che hanno capito l’importanza di non alzarsi da quel  tavolo, l’industria di marca  avrebbe preso a schiaffi tutte le insegne, o quasi, anche per tutto il 2023 con ben altri effetti sui margini. Invece con il loro tira e molla sulla sottoscrizione del patto non ci hanno fatto una gran figura e hanno dovuto soppesare con grande attenzione  le richieste di aumento dei listini, almeno dalla sottoscrizione del patto. E di questo la GDO ne ha beneficiato.

E oggi, grazie a quel  tavolo,  Buttarelli, a nome di Federdistribuzione può alzare la voce come ha ribadito in una recente intervista: “..Serve un’inversione di tendenza sui prezzi, l’unica che potrebbe dare un aiuto a tutta la filiera. È ancora “Onestamente faccio fatica a pensare che qualcuno possa proporre aumenti di listino, se non in condizioni particolarmente gravi per le materie prime, che in questo momento non mi sembra ce ne siano».

Ma è ancora presto per dare dei numeri finali sull’operazione: «Avremo un tavolo di confronto col Mimit specifico per la misurazione dell’andamento del trimestre anti-inflazione previsto dal protocollo e penso che a breve ci vedremo». E ha concluso: «Questo trimestre l’abbiamo vissuto come elemento di continuità, abbiamo fatto qualcosa in più ma il nostro impegno era partito contestualmente con l’aumento inflativo. Diciamo che aveva un senso comunicativo per certi versi, ora quello che ci aspetteremmo in prospettiva è un impegno di tutta la filiera nel suo insieme a contrastare l’inflazione. Un patto anti-inflazione che vede ancora solo noi come protagonisti francamente la vedo come una cosa superata».

È chiaro che bisogna andare oltre. Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia ed Economia monetaria all’Università Bocconi, intervistato dal Corriere spiega perché il calo dell’inflazione è solo illusorio e che nei prossimi mesi potremmo andare incontro ad uno scenario di stagflazione: “Probabilmente ci sarà un nuovo rialzo dell’inflazione perché non ci saranno quei fattori che distorcono il dato di ottobre che nel 2022 registrò un’impennata dei prezzi dei beni energetici (+71 per cento). Il fatto poi che l’inflazione cali oggi, non significa che i prezzi stiano diminuendo. Anzi.  Oggi è penalizzato soprattutto chi ha redditi fissi, come i dipendenti e i pensionati. Siccome è improbabile che i prezzi scenderanno ai livelli di prima, dovranno inevitabilmente adeguarsi i redditi. Saranno  gli stipendi che dovranno salire. E questo alla luce dei rinnovi del contratti nazionali (a cominciare da quello della Grande Distribuzione)  non trova le aziende particolarmente sensibili. Quindi è interesse di tutta la filiera rilanciare quel tavolo e restarci incollati proprio per consentire un intervento su più fattori. Nn solo sulle retribuzioni. Altro che “misurare”  le percentuali…

 

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