La partecipazione del lavoro (e del risparmio) per lo sviluppo dell’impresa, del comparto e del Paese

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Non sono molte le aziende che hanno, nel tempo, scelto la strada del coinvolgimento dei dipendenti attraverso proposte di  partecipazione economica o gestionale. Argomento complesso e ostico che compare ciclicamente anche nel dibattito sindacale italiano sopratutto per merito della CISL.

Luigi Sbarra lo ha rilanciato ultimamente annunciando che “nelle prossime settimane inizieremo un’articolata campagna nazionale di raccolte firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione, che deve diventare diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini; leva centrale di un progresso socialmente sostenibile verso una prospettiva di vera democrazia economica. Abbiamo voluto concretizzare ciò che già è presente nella nostra Costituzione (articoli 41 e 46). Con il nostro disegno di legge intendiamo definire e promuovere iniziative contrattuali nazionali e di secondo livello per la partecipazione gestionale, economica, organizzativa e consultiva dei lavoratori”.

Intanto le imprese più sensibili si muovono. Le ultime in ordine di tempo sono Campari e Carrefour. Campari fondata in Italia nel 1760 è oggi il sesto player mondiale per importanza nell’industria degli Spirit di marca.  22 impianti produttivi, 4.000 persone, in  Italia è presente con la sede centrale di Sesto San Giovanni e i 4 stabilimenti di Canale, Novi Ligure, Alghero e Caltanissetta. Per il segretario generale della Fai Cisl nazionale, Onofrio Rota: “Il piano rappresenta un salto di qualità per le relazioni industriali in chiave innovativa e partecipativa, come da sempre promosso dalla Fai e dalla Cisl, e si affianca al già rodato integrativo di Gruppo con il premio di risultato e i piani di welfare aziendale, ampliando i principi fondamentali di partecipazione e democrazia economica. E’ una strada che ci auguriamo venga intrapresa presto anche da altre realtà produttive”.

Carrefour attraverso Carrefour Invest propone  a suoi quasi 335.000 dipendenti in Francia e altri paesi, di associarli a condizioni privilegiate alla performance dell’azienda coinvolgendoli nel suo successo economico e finanziario attraverso piani di compensazione collettiva e di risparmio dei dipendenti. Alexandre Bompard, CEO del Gruppo ha dichiarato che: “Questo programma di azionariato dei dipendenti arricchisce il modello sociale di Carrefour, che è già molto interessante e consente ai nostri dipendenti di essere coinvolti ancora più direttamente alla performance del gruppo. Proponendo condizioni di investimento privilegiate e sicure per diventare azionista di Carrefour, questo piano si rivolge a tutti i nostri collaboratori, e costituirà un fattore di successo del nostro piano Carrefour 2026”.

Pur non essendoci ancora un  coinvolgimento diretto del sindacato (almeno nel nostro Paese) sulla proposta è altrettanto evidente che troverà orecchie attente e sensibili essendo questo tema all’ordine del giorno soprattutto in casa CISL. 14 milioni di  azioni disponibili da fine maggio per un importo complessivo che raggiungerà i 130 milioni di euro la metà  andrà a finanziare progetti ambientali o sociali del Gruppo, in linea con gli obiettivi pubblicati nel nuovo piano strategico 2026. Saranno coinvolti Paesi come Argentina, Belgio, Brasile, Spagna, Francia, Italia, Monaco, Polonia e Romania. Nel comparto GDO la strada è stata aperta da Auchan che fin dal 1977 ha scelto di associare al  proprio capitale i suoi dipendenti. Altre aziende di diversi settori hanno scelto da tempo questa strada.

Oltre a questo ci sarebbe però una sfida su un terreno nuovo in grado di coinvolgere le rappresentanze datoriali e sindacali. La previdenza complementare oggi cuba parecchie decine di  miliardi. Risorse che per i diversi statuti degli enti coinvolti finiscono esclusivamente in investimenti speculativi. Una cifra importante che potrebbe essere investita nelle imprese e nel lavoro. In altri Paesi questo è già una realtà. Basterebbe affrontare il problema della tutela del rischio che questo tipo di investimenti comporta gestendolo come oggi avviene per il “rischio mutui” e coinvolgendo, ad esempio,  la Cassa Depositi e Prestiti. Un rischio a carico pubblico intorno al 5/6% ma un ritorno importante per la nostra economia.

Il nostro sistema industriale ha una quantità di aziende sia giovani che meno giovani che faticano a trovare strumenti locali in grado  di finanziarne lo sviluppo. Non a caso molti asset italiani sono considerati ad alto potenziale dalla finanza internazionale.  Nel frattempo continuano a diminuire i prestiti bancari alle piccole e micro imprese. Tra il 2021 e il 2022 gli impieghi vivi alle aziende con meno di 20 addetti sono scesi di 5,3 miliardi di euro (-4,3 per cento). Lo stock complessivo dei prestiti erogati a questo segmento di aziende è passato da 124 a 118,7 miliardi di euro.

E, all’opposto, il collocamento del Btp Italia marzo 2028 in corso, continua a ritmi sostenuti. A dimostrazione di dove viene indirizzato il risparmio degli italiani. A questo proposito è interessante l’articolo su Corriere Economia di Stefano Caselli che affronta il tema più generale del risparmio come risorsa in grado di  sostenere l’economia reale che conclude rilanciando la “rilevanza decisiva di mettere il risparmio come fattore di sviluppo sociale in senso ampio con le conseguenze che ne seguono sia di politica che di disegno degli incentivi fiscali che di disegno del sistema finanziario. Ed è su questi campi che l’Europa potrebbe giocare una partita che lasci un segno decisivo”. 

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