Lavoratori azionisti coinvolti su obiettivi e risultati. Negli USA funziona in Publix. Potrebbe funzionare anche da noi, secondo la CISL.

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Nel sud est degli Stati Uniti c’è una azienda che piacerebbe a Luigi Sbarra segretario generale della CISL: Publix Super Markets. Ha generato vendite per circa 54,5 miliardi di dollari USA nell’anno fiscale terminato il 31 dicembre 2022. Un aumento del 13,6% rispetto al 2021. Impiega 240.000 persone, ha 1380 punti vendita, scuole di cucina, centri di distribuzione e undici impianti di produzione. Publix è la più grande azienda di proprietà….. dei dipendenti negli Stati Uniti.

Ha una forte cultura aziendale costruita sul fatto che, almeno 220.000 persone delle 240.000 impiegate possiedono azioni che vengono concesse annualmente al personale. Fondata da George Jenkins nel 1930 come piccolo negozio in Florida, Publix è cresciuta fino a diventare la più grande catena di supermercati di proprietà dei dipendenti e continua a essere uno dei principali retailer del Paese. Uno dei cinque supermercati leader in termini di vendite e dimensioni.Il top management ha una lunga esperienza in azienda. Il suo CEO, Todd Jones, lavora a Publix da 41 anni, avendo iniziato come commesso di negozio. Il 60enne è pagato “modestamente” secondo gli standard USA per i CEO. Ha guadagnato $ 3,6 milioni nel 2020, contro $ 22,4 milioni per il capo di Kroger, Rodney McMullen.

Jones ed è il primo amministratore delegato a non essere un membro della famiglia Jenkins. Sebbene le azioni della società esistano, sono disponibili per l’acquisto solo da parte di dipendenti, membri del consiglio e parenti della famiglia Jenkins. Barron’s stima che il dipendente medio  detiene $ 150,000 in azioni e che alcuni fedelissimi  possano averne per importi a sette cifre. I vantaggi  azionari aiutano a differenziare Publix dagli altri retailer. L’azienda non è sindacalizzata, afferma David Livingston di DJL Research, un consulente del settore. “I loro salari sono inferiori a quelli dei loro concorrenti sindacalizzati, ma i dipendenti sanno che nel lungo periodo ne traggono un vantaggio grazie ai bonus azionari”, afferma.  Nel 2022, Publix ha aperto 40 nuovi supermercati, ristrutturato 117 punti vendita  e chiuso 11 negozi.Il prezzo delle azioni è aumentato da 13,19 dollari per azione a 14,55 dollari per azione, a partire dal 1° marzo. 

Per restare  in Italia,   potrebbe essere una evoluzione interessante del modello  Conad e Coop dove  i protagonisti sono i soci, imprenditori  o clienti. Non i lavoratori in quanto tali.  Fantascienza? Che sia un coinvolgimento tramite azioni, legato ai risultati dell’insegna o del sito o, come in Svizzera, attraverso una retribuzione legata alla cifra d’affari (https://bit.ly/45VlV0R) siamo certamente di fronte ad un interessante evoluzione del rapporto di lavoro. Ovviamente considerando culture e  differenze tra settori. Tutto questo nell’esperienza Publix, oltre agli importanti risultati economici, produce un tasso di  fidelizzazione, coinvolgimento, responsabilità e impegno molto maggiore dei concorrenti. Difficile, se non impossibile,  poterlo replicare da noi. Soprattutto nella Grande Distribuzione.

Sulla  carta sembrerebbe il momento storico meno adatto per parlare di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle aziende. La contrattazione nazionale è ferma al palo, quella aziendale è praticata, secondo le stime più ottimistiche, in un’azienda su cinque. E in queste ultime, per una buona parte, i contenuti innovativi sono dettati dall’azienda. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito, per varie ragioni, ad uno spostamento del rischio di impresa su terzi,  lavoro compreso (terziarizzazioni, sub sub appalti, cooperative spurie, part time involontario, ecc.). La stessa azione sindacale si è andata via via spegnendo nelle imprese confinata in alcuni settori o realtà medio grandi. In alcuni comparti crescono forme autonome e radicali di sindacalismo di base e lo stesso sindacalismo confederale appare complessivamente in difficoltà sul piano politico e dell’iniziativa sociale.

Anche le strategie sembrano sempre più divergere. CGIL e UIL puntano a riproporre le loro identità tradizionali contrapponendole  ad un populismo di governo che invade gli spazi sociali. La CISL ha in mente altre traiettorie. Da qui la  proposta di legge di iniziativa popolare: “Partecipazione al lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori” (https://bit.ly/47BMzNX).

Per la Cisl è quindi arrivato il momento di dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione in base al quale “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Il Disegno di legge prevede 22 articoli suddivisi in 9 titoli. L’ art. 2 elenca le diverse forme di coinvolgimento possibili: gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva. Percorsi diversi per realtà caratterizzate da culture aziendali, modelli organizzativi e dimensioni differenti. Nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge si può apprendere che una parte del cammino, di ciò che la CISL pensa possibile,  è stato già fatto. Le esperienze sul campo in molte aziende sono significative è più diffuse di quanto si  pensi nella realtà del nostro sistema imprenditoriale. Da qui la necessità, secondo il sindacato, di una cornice legislativa utile al rilancio e alla loro estensione.

“Siamo a un tornante in cui la transizione verso un modello più solidale e sostenibile non è più una opzione, ma un percorso obbligato da governare insieme, nel segno della concertazione. Progresso economico ed equità sociale marciano necessariamente insieme” ha sostenuto  Luigi Sbarra, segretario generale Cisl, al Meeting di Rimini. 

Sul versante della partecipazione economica e finanziaria che rappresenta la parte più innovativa per il nostro Paese, sono ipotizzati due interventi. Le somme percepite dai lavoratori, entro il limite di 10 mila pro capite, a seguito della distribuzione di non meno del 10 per cento degli utili lordi, sono assoggettate all’Irpef, comprese le addizionali comunali e regionali, con l’aliquota del 5 per cento. Diventerebbero del tutto esentasse se impiegate in forme pensionistiche complementari o in contributi di assistenza sanitaria. Viene inoltre regolamentata la possibilità per i lavoratori di sottoscrivere quote del capitale sociale delle imprese che li occupano. La partecipazione ai piani finanziari può avvenire attraverso la trasformazione in azioni dei premi di risultato oppure destinando a questo scopo una parte della “retribuzione aggiuntiva alla retribuzione ordinaria, in misura non superiore al 15 per cento della retribuzione globale di fatto”. I lavoratori possono dedurre dal loro reddito, per non più di 10 mila euro l’anno, gli importi investiti nei piani finanziari.

Entro lo stesso limite di importo le imprese sono incentivate a promuove i piani finanziari con la deduzione dal loro reddito ai fini “fiscali dell’intero valore dei titoli in caso di assegnazione gratuita o la differenza tra il loro valore e quello al quale sono state offerte al dipendente per la sottoscrizione oppure l’importo della somma, e dei relativi interessi, prestata al lavoratore per consentirgli l’acquisto delle azioni o delle quote di capitale” (articolo 19). Quanto alla copertura della legge, calcolata in 50 milioni di euro, la proposta del sindacato è quella di attingerli dal «Fondo per interventi strutturali di politica economica (legge 282/2004)» alla voce «Definizione degli illeciti edilizi», in pratica dai soldi del condono edilizio.

“Il lavoratore cerca oggi tre cose in azienda: dignità, benessere e protagonismo. La dignità di un salario adeguato e di un riconoscimento reale concreto, anche economico, dell’apporto della persona ai risultati dell’azienda. Il benessere di un ecosistema sicuro, di una formazione continua e di qualità, di un welfare negoziato che lo accompagni anche fuori dal posto di lavoro, di flessibilità organizzative capaci di coniugare meglio genitorialità, tempo libero, e lavoro. E poi, il protagonismo di chi non è solo un ingranaggio e dunque ambisce a strumenti di partecipazione attiva e creativa, alla vita, agli utili, alle decisioni dell’impresa. Questo è il sentiero tracciato nella nostra proposta di legge sulla partecipazione” ha concluso  Sbarra “su cui chiamiamo governo, imprese, forze politiche a convergere responsabilmente in un ampio e costruttivo fronte per un cambiamento equo. 

C’è molto da fare, quindi. Soprattutto sul piano culturale. Anche perché alla sconfitta della cultura sindacale antagonista del secolo scorso non è seguita una nuova cultura. La legge del pendolo ha spostato tutto il potere all’impresa. Alcune ne hanno approfittato. Altre hanno costruito modelli con al centro le risorse umane e il loro coinvolgimento. Sbarra propone una quadro legislativo che consenta sperimentazioni e incentivazioni mirate nelle forme e nelle costruzioni possibili nel nostro Paese. Personalmente non credo vadano fatte cadere. Magari correndo il rischio  che il “pendolo”, prima o poi  si risposti altrove.  

 

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